Читать книгу Il Travestimento Perfetto - Блейк Пирс - Страница 8

CAPITOLO CINQUE

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Jessie vide subito che la gente era stupita di vederla.

Mentre attraversava la sala principale della centrale, diretta verso l’ufficio di Decker, le parve di scorgere anche qualche occhiataccia. Finse di non accorgersene.

Quando aveva lasciato il dipartimento, era stata scagionata dall’accusa di aver postato dei commenti razzisti su Facebook. Le prove mostravano che il suo account, che usava di rado, era stato hackerato. Ma alcuni degli ex-colleghi chiaramente avevano ancora dei dubbi. Jessie sospettava che fosse questo il motivo dei loro sguardi torvi. Ma la maggior parte delle persone sembravano semplicemente scioccate di vederla lì dopo soli tre giorni che aveva dato le dimissioni dal Dipartimento di Polizia di Los Angeles.

Bussò alla porta di Decker, che era già leggermente aperta, e aspettò una risposta. Nonostante avesse deciso di non farlo, si voltò a guardare l’area di lavoro della Sezione Speciale Omicidi. Era attualmente vuota, il che suggeriva che tutti erano attualmente fuori per lavorare sul caso. La sua vecchia scrivania era spoglia. Di fronte c’era quella di Ryan, dove ancora erano appoggiate delle carte, come se le avesse lasciate lì per fare una pausa caffè e dovesse tornare al lavoro da un momento all’altro.

“Avanti,” la chiamò una voce familiare.

Jessie entrò nell’ufficio e chiuse la porta alle sue spalle. C’erano due persone nella stanza. Il capitano Roy Decker era in piedi dietro alla sua scrivania. Sembrava in qualche modo più vecchio di quando l’aveva visto venerdì: alto e magro, il petto incavato che sembrava ripiegarsi su se stesso. Aveva sessant’anni, ma le profonde rughe sul suo volto lo facevano sembrare più vicino ai settanta. Sulla testa aveva pochi ciuffi di ribelli capelli grigi.

Nonostante tutto questo, era ancora in qualche modo impressionante. Indossava un completo di giacca e pantaloni perfettamente inamidato, con la cravatta al collo, come se fosse pronto per entrare nella sala riunioni di un’azienda di Fortune 500. Le narici del suo naso aquilino vibravano leggermente, come un segugio in continua caccia di prove. E i suoi freddi occhi da falco erano fissi su di lei.

“Felice di vederti, Hunt,” le disse. “Grazie per essere venuta. So che il nostro Trembley qui ne è stato felice quando gliel’ho detto.”

Jessie si voltò verso il detective Alan Trembley, che si stava alzando dal logoro divano addossato alla parete. Anche se entrambi avevano iniziato a lavorare alla centrale più o meno nello stesso periodo, due anni prima, Jessie non poteva fare a meno di pensare sempre a lui come a una matricola. Forse era solo perché sembrava decisamente privo di esperienza rispetto a Ryan. O forse perché aveva quell’aspetto da bambino con un corpo da uomo.

Trembley aveva ventinove anni, solo uno meno di lei, ma sembrava un ragazzino del college. Aveva disordinati capelli biondi e ricci, gli occhiali perennemente sporchi e una giacca che sembrava più grande di due taglie, come se l’avesse presa in prestito dal papà. Alzandosi in piedi, quasi inciampò goffamente sui suoi stessi mocassini consumati.

“Ciao Jessie,” le disse con un sorriso timido. “Sono contento che ci aiuti.”

“Come va, Trembley?” gli chiese.

“Oh, beh, da matti come al solito.”

“Giusto,” commentò, riportando poi l’attenzione su Decker. “Allora, prima che entriamo nei dettagli, voglio solo essere chiara. Sono venuta a sentire cos’avete da dire. Non sto ancora prendendo nessun impegno. Giusto perché siamo tutti sulla stessa linea.”

Decker annuì.

“Non te l’avrei proprio chiesto, ma siamo davvero in difficoltà. Tutta l’unità HSS, eccetto Trembley, è già impegnata in altri casi. Il detective Reid sta lavorando a due corpi trovati al Parco Statale di Los Angeles. Pare che siano stati tagliati in pezzetti che poi sono stati sepolti in tutta l’area. Roba divertente, insomma.”

Jessie non disse niente. Aveva la netta sensazione che non fosse finita lì, e aveva ragione.

“Il detective Pointer sta gestendo una serie di furiosi omicidi a L.A. Live,” continuò. “Con Hernandez fuori uso, abbiamo addirittura chiamato Parker da Vice perché ci dia una mano. E con la morte di Moses e le tue dimissioni, abbiamo fatto richiesta per avere un profiler da un’altra divisione, ma non abbiamo ancora avuto riscontro. Ma ad essere sincero, dopo aver avuto a disposizione te e Moses, non sono entusiasta all’idea di accaparrarmi la squadra B.”

“Chiaro,” rispose Jessie, rifiutandosi di lasciarsi indurre a fare promesse. “Allora, qual è il caso?”

“Ti do la versione breve,” rispose Decker. “Questo perché, anche se sulla scena c’è già un team di detective della centrale di Hollywood, ci hanno richiesto l’intervento dell’HSS.”

“Ci hanno richiesto?” ripeté Jessie incredula. “Pensavo che fosse lei a decidere quali casi debbano essere gestiti dalla Sezione Speciale Omicidi.”

“Avrei preso questo caso anche se non ce l’avessero chiesto,” le assicurò. “Ecco il motivo: la vittima è l’attrice Corinne Weatherly. Hai presente?”

Jessie ci pensò su.

“So chi sia, ma non posso dire di essere esperta del suo lavoro. Magari conosco uno o due film.”

“Trembley può aggiornarti mentre andate sul posto, sempre ammesso che tu accetti l’incarico. Ma pare che sia stata uccisa – strangolata – ai Sovereign Studios a qualche ora ieri sera, dopo aver terminato le riprese della giornata sul set del suo ultimo film. Il corpo è stato trovato solo questa mattina. Le indicazioni iniziali dicono che è stata uccisa nella sua roulotte e poi spostata nel magazzino degli oggetti di scena. A quanto pare, quando l’artista del moulage l’ha trovata, all’inizio non ha neanche pensato che fosse vero. La Weatherly stava girando un film horror e il loro reparto è piano di cadaveri finti. Puoi immaginarti il colpo che si è preso quando si è reso conto che il corpo era vero, e morto.”

“Cos’è un artista del moulage?” chiese Jessie.

Trembley si intromise.

“È una persona che si occupa di trucco ed effetti speciali. Quello che ricrea ferite e sangue facendoli apparire realistici.”

“Ok”, disse Jessie rabbrividendo. “Abbastanza disgustoso direi.”

Trembley parve sorpreso dalla sua risposta.

“Difficile credere che una profiler criminale che ha a che vedere continuamente con brutalità reali sia così schifata da qualcuno che crea ferite finte,” commentò.

“Touché, Trembley,” gli rispose.

“Ad ogni modo,” li interruppe Decker con impazienza, “i dirigenti dello studio stanno facendo un casino. Stanno già trapelando notizie sull’identità della vittima e loro vogliono poter dire pubblicamente che l’unità più specializzata del Dipartimento di Polizia di Los Angeles si prenderà carico del caso. Non è irragionevole, ma se non entriamo nel caso con la gente migliore che abbiamo, la cosa si rifletterà negativamente sulla centrale e su di me. Senza offesa per Trembley, ma Ryan Hernandez è il primo detective della squadra, e senza Moses tu sei ovviamente la migliore profiler che abbiamo.”

“Avevamo,” lo corresse Jessie.

“Avevamo,” le concesse. “Quindi, se non ho Hernandez, ho bisogno almeno di te. È un caso di profilo troppo alto per affidarlo a gente di serie B.”

A Jessie non piaceva l’implicazione.

“Quindi, se la vittima fosse stata un commesso a caso in un supermercato di Hollywood, degli investigatori di, come ha detto, ‘serie B’, sarebbero andati bene?”

“Non mettermi in difficoltà, Hunt. Se si fosse trattato di un commesso di supermercato, non ci avrebbero neanche mai chiamati. Sai di cosa si occupa l’HSS. Questa è la nostra specialità. Allora, sei disposta ad aiutarci?”

Decker aveva iniziato la frase con tono permaloso, ma quando la concluse la sua voce era quasi implorante. Da quello che Jessie poteva ricordare, era la prima volta che lo sentiva parlare così. Non poté fare a meno di provare una certa comprensione. In quel momento, nonostante tutti i campanelli dall’arme che stavano suonando nella sua testa mettendola in guardia di non farlo, capì che doveva dire di sì.

“Se accetto,” iniziò, “sarebbe solo un incarico una tantum, in qualità di consulente, come faceva Garland. Non sono una dipendente del Dipartimento di Los Angeles, e non ci sono aspettative che io continui dopo questo caso, d’accordo?”

“D’accordo,” disse Decker immediatamente.

“Ho dei colloqui come insegnante con diverse università la prossima settimana. Non intendo perderle, che la cosa sia risolta o meno. Non intendo sovvertire la mia vita per questa cosa, capitano. È il primo motivo per cui me ne sono andata. Siamo intesi?”

“Chiaro e limpido,” le disse, le labbra che iniziavano a incurvarsi in un sorriso.

“E Trembley qui deve stare al passo,” aggiunse. “Nessuna titubanza da ingenuotto.”

Il detective si fece serio in volto, ma non disse nulla.

“Questo non posso prometterlo,” ammise Decker nervosamente.

“Io sì,” intervenne Trembley, riprendendosi prontamente.

Jessie lo guardò: era entusiasta, quasi saltellava molleggiando sulle punte dei piedi. In quel momento le parve come l’epitomo dell’ingenuità.

“Andiamo,” disse sospirando. “Guidi tu.”

Il Travestimento Perfetto

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