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CAPITOLO I. IDONEITÀ DELL'ITALIA PENISOLA ALLA GUERRA PER BANDE.

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Fra le varie obbiezioni, da coloro che sono alla guerra per bande contrarj, per l'ordinario, ai favorevoli opposte, quando tiensi di quella ragionamento, una delle principali si è che la fisica situazione della penisola, per quel modo di combattere conveniente non sia, perciocchè lunga e stretta l'italica penisolare configurazione facilmente venir potrebbe da' numerosi eserciti stranieri attraversata, i quali le varie insorte parti separando, le potrebbero con vantaggio bloccare, alle loro communicazioni togliere la via, la loro azione infievolire, parzialmente combatterle, ed alla fine annientarle, mentrecchè la tonda superficie della Spagna, con la capitale nel centro, e la sua grande estensione di terreno, da essere d'uno all'altro opposto punto del littorale attraversata, opportunamente la guarentiva; epperciò potere quest'ultima, quella guerra non meno cominciare, che sostenere, alla quale non trovasi l'Italia per la differenza della sua superficie addattata, questi salamistri Barbassori, da pigrizia e timore signoreggiati, tale sentenza con autorevol contegno ne deducono. Ma quanto assurde e prive affatto di fondamento sieno tali obbiezioni, provare nel corso di questo capitolo speriamo, e che precisamente anche più della Spagna trovasi a quel modo di guerreggiare, il nostro territorio idoneo, e solo per ora quella ferma volontà, ferocia, attività, e pertinacia mancare, che dal popolo spagnuolo furono nella guerra dell'independenza in grado eroico manifestate, onde trarre degl'immensi vantaggi profitto, che le nostre montagne ci forniscono, intendiamo di fare ad evidenza conoscere. L'Italia, dice un commendevole autore, in forma di umana gamba con la parte più larga di se verso il settentrione; unita all'Alpi, che dalla Francia e dalla Germania la disgiungono, e difendono; tutta per lo lungo s'immerge nelle acque, bagnata per tre lati dal mare, cioè dall'Adriatico e dal Ionio a levante: dal Tirreno e dal Ligustico a ponente, e a mezzodì dal Ionio e dal Siculo; nel cui stretto sporge l'estremo del piede formato dalla Calabria. A lei dunque serve di fossa il mare, di mura l'Alpi, e di trincee inespugnabili l'Apennino che da un capo all'altro scorrendole sul dorso, la divide per mezzo, e poi verso il fine in due rami si sparte che vanno l'uno ad Otranto e l'altro verso del Faro; la sua lunghezza, presa dal ducato d'Aosta sino a Reggio di Calabria, è poco meno di mille miglia; la larghezza, dalla bocca del Varo sino all'Arza, è di cinque cento; e nel mezzo, cioè intorno a Roma, di cento e cinquanta. L'esser poi ella situata nel mezzo della Zona temperata, tra il quarto e il settimo clima, le fa godere un'aria temperatissima e salubre sotto un clementissimo cielo: dove una superficie alla guerra per bande più addattata, puossi per avventura rinvenire? Qual riquisito, se non la volontà degli abitanti, a sì favorevole situazione sarà mai per mancare? Come puossi un sito così montuoso, pieno di fiumi, di valli, e di foreste, come disadatto per le bande, avere in conto? Non v'ha dubbio che i numerosissimi fiumi da' quali ad ogni passo ed in ogni verso trovasi quella superficie tagliata, e gl'infiniti secondari che nel Tevere, nel Pò, nell'Arno, nell'Adige, nel Ticino, nel Mincio, etc. dai monti scorrono ed a quelli congiungonsi, per quindi le loro acque nel Tirreno ed Adriatico maestosamente sboccare, mille bizzarre sinuosità descrivendo, ed in tante differenti guise rivolgendosi; grande e convenevol agio, tenendosi in mezzo alle operazioni della guerra leggiera, non possano giornalmente arrecare; che per le tante valli, dalle circostanti cordigliere delle Alpi, dalle Marittime, Cozie, Graie, Rezie, Leponzie, Carniche o Giulie, Liguri e Pennine, fino ai monti del Sannio della Lucania, successivamente formate, non meno che pei moltiplici fertili colli di Monferrato, Euganei, Etruschi, etc., le foreste e selve di Piemonte fino a quelle dell'Apuglia, le risaie, paludi, stagni, le maremme sanesi, paludi pontine, etc., e molti laghi esistenti, nessuno sarà per negare non sia una simile superficie per sua topografica situazione, più di qualunque altra, alla guerra per bande veramente idonea, del tutto comprovato; coperta questa da fiumi, laghi, foreste, colli, e monti, gli abitanti dei quali sono i soli che dei turtuosi giri, e coperti andirivieni di quei dirupati burroni, di quelle balze alpestri, di greppi inaccessibili in profondissimi precipizi terminanti, delle vaste ed intricate selve, degl'incavati e bassi sentieri da spinosissime macchie coperti, delle incerte traccie onde passare nei profondi, ampi, e neri paduli, chiane, stagni, e lagumi, il segreto posseggono, ed il nemico, che non mai potrà perfettamente conoscerli, saranno sempre capaci di contenere, o distruggere, il quale se da tale intricato laberinto, a molestare le bande colà operanti, segua che puote, si ostina, ne dovrà senza dubbio colla peggio sortire; perciocchè se nell'interno senza ben bene la topografia del paese conoscere, marciando in ordine serrato e compatto s'ingolfa, perirà tanto per la difficoltà del terreno, come per lo pericolo che corre il soldato, se isolatamente si stacca, di trovarsi ad ogni momento dagli abitanti circondato, i quali dalle più erte vette, anche soli massi di pietra precipitandogli addosso, quando sù pei macigni rampicarsi temerariamente si voglia, e coll'urto violento di quelle, di schiacciarlo ai piedi, od alle falde, non mancheranno; ed in secondo luogo quand'anche tutte le difficoltà, con sommo coraggio, perseveranza, ed abilità superando, possa fino ad una sommità per sua buona ventura poggiare, da lungi scorgendolo i difensori, e tosto dispergendosi, per andarsi in altro simile e fors'anche più scosceso luogo riunire, l'agio di guizzarli di mano facilmente ne avranno; di niun effetto la sua spedizione diverrà, ed all'inetta truppa che alla lunga non avrà capacità di resistere, sarà gravissimo danno per arrecare. Poichè l'Appennino che per tutta la superficie della penisola si estende, tali e tante convenientissime situazioni ci presenta; non potrà dunque un esercito straniero, collocato in linee traversali, le varie insorte parti d'Italia, in nessun modo dividere, e siccome non puossi con un cordone di truppe, una catena prolungata di monti circondare, nè come abbiam detto, in quelle ingolfarsi senza la certezza di grandi patimenti, ed il pericolo di non venire a capo del tentativo, non gli sarà possibile di giungere al termine d'isolare le insorte parti, ed alle loro communicazioni serrare il passo: può inoltre la forma bislunga ed il tanto esteso littorale della nostra penisola bagnato dal Tirreno ed Adriatico, moltissime facilità alle bande procurare, onde in quei punti dove il nemico si trovi più debole di forze, rapidamente trasportarsi, ed all'improvviso arrivandogli addosso, quello sorprendere, e distruggere; utilissima pur anche esser questa situazione potrebbe, onde la fuga di quelle bande che fossero da vicino inseguite, col mezzo dell'imbarco assicurare, e quel sistema di guerra, che di sparire in questo luogo in fronte a forze superiori consiste, per quindi in un altro punto moltiplicarsi, dove si trovino inferiori, può con successo mantenere non meno che agevolare. I numerosi fiumi navigabili, che con le loro sinuosità in ogni direzione il nostro continente attraversano, e le selve che alle sponde di questi, dai monti dove nascono, per le pianure dove corrono, fino alla foce dove congiungonsi col mare, si prolungano, debbono senza dubbio essere, per favorire i movimenti delle bande, convenientissime considerate; come pure, le tanto estese paludi che in molte parti della penisola esistono, nelle quali può un accorto, e destro condottiero, con dimostrazioni e lusinghe il nemico attirare; per quindi dell'immenso vantaggio, di colui che nel proprio paese guerreggia (cioè di tutti ben conoscere i luoghi praticabili di quei lagumi), trarre conveniente profitto; conciossiacchè se da un nemico forestiero che non gli avrà mai veduti od almeno mai praticati, e dei quali non potrà mai esserne perfettamente al fatto, fosse inseguito, se astuto il condottiero lo cosa scaltritamente dirige, dovranno le schiere avverse nel fango affogate senza fallo rimanere. Altri molti argomenti avremmo in appoggio di quanto abbiam detto rispettivamente ad essere la situazione topografica d'Italia la più idonea, ed una delle migliori per la guerra d'insurrezione per bande, se in numerosi particolari spiegativi entrare intendessimo, ma i principali accennati, piucchè sufficienti crediamo, a chiunque in dubbio fosse, sulla territoriale positura del paese, appieno persuadere. La seconda obbiezione quella si è: che nell'inverno sarebbero, le bande sulle nostre montagne, del bisognevole per alla lunga sussistere, scarse, o del tutto mancanti. Egli è vero, che le alte vette delle Alpi sono tutto l'anno di neve coperte, e che sino alle falde, in quella stagione se ne vestono; ma noi a tale obbiezione vittoriosamente opporremo, che i Pirenei trovansi pur anche nello stesso caso, e però le bande che per molti anni tanto in estate, quanto in inverno con somma gloria stettero contro i loro invasori, in armi, non per questo si sottomisero; hanno pure le nostre Alpi una principale, e varie secondarie cordigliere, coi loro contrafforti che in colline finiscono e come speroni di quelle considerare, per la qualcosa non potendosi alla cresta della principal cordigliera mantenere, non ne avviene però, che continuata dimora, non possa una banda in quelle secondarie non meno, che sulle colline stabilire; l'essere poi le Alpi, e l'Appennino di villaggi fino ad una certa altezza seminati, gli abitanti dei quali tutto l'anno rimanendovi prosperi, sani, e robusti si conservano, dovrà chiunque convincere, che se vivono quelli, pure i volontarj delle bande sussistere potranno, e se monti vi sono che o tutto l'anno, o parte di quello, praticare non possansi, poco danno ancora ne sarà alle bande per ridondare, perciocchè se quelle non possono, meno sarà possibile al nemico di mantenersi, con la differenza, che conoscitori i nostri volontarj, del terreno, ed assueffatti all'asprezza dell'atmosfera di quei scabrosi luoghi, tutto in favor loro influirà contro i maledetti, schifosi Tedeschi; e che più difficile a quelle sia, che al nemico, di mancare dell'indispensabile sussistenza, non havvi il minor dubbio, perchè quel poco nei boschi, o campi raccolto, sarà sempre dagli abitanti dei villaggi, coi loro connazionali, coi loro difensori, con quelli che pel popolo combattono, che con lo stomacoso, e lercio straniero, disprezzevole servo, campione della tirannia, con maggior piacere e soddisfazione diviso. Ecco dunque i due problemi che potevano sull'opportunità del sito per condurre la nostra guerra, far titubare, del tutto favorevolmente risoluti.

Ma chè andiamo noi lambiccandoci il cervello pell'idoneità della superficie d'Italia di mostrare, quando la storia ci fa toccar con mano, che già in certe parti di quella, tal sorta di guerra ad un dipresso si sostenne; di fatti non vediamo noi quei Liguri (come intrepidi e feroci dalle antiche cronache non meno, che da Polibio descritti, non mai sommessi ai Tirreni padroni di quasi tutta l'Italia, nè dai Galli tanto bellicosi soggiogati) avere per ottant'anni continui, col metodo da noi indicato, alla formidabile possanza dei Romani, padroni dell'antica Italia, della Sicilia, d'una parte della Spagna, e delle Gallie ostinatamente resistito? E dove mai fecero tal resistenza? dove si trova un tanto idoneo territorio, per favorire coll'asprezza sua un pugno di valenti, contro i gloriosi eserciti vincitori del mondo? Non sarà certamente a rinvenirsi fuori d'Italia; ecco gli Appennini e i ligustici monti, che ancora fanci dell'antica gloria genovese sovvenire, lo stato dei quali tutta quell'estensione di terreno comprendeva, tra il Pò e l'Appennino esistente; i Genovesi sugl'Appennini, nella parte denominata Lunigiana, e nella Liguria occidentale, in oggi riviera di ponente, sempre in guerra, quasi alla da noi proposta, eguale, con vigore, e successo mantenevansi: tal popolo, dice Tito Livio, al libro trentanove, capitolo primo, era un nemico lesto, ed attivo, che si trovava a tempo, dovunque, che non lasciava ai Romani, nè riposo, nè sicurezza: e Strabone pure, al libro quinto, osserva, che avevano poca cavalleria, ch'erano buoni soldati armati gravemente, ma sopratutto eccellenti alla leggiera: infatti, quegli ottimi valorosi guerrieri, favoriti dalle loro montagnose situazioni, erano dai più numerosi eserciti tanto temuti, che appena osavano quelli ai loro paesi avvicinarsi; e pervenne pur anche la Lunigiana a liberarsi, nell'undecimo secolo dai Barbari, che nella generale invasione d'Italia avevanla soggiogata; i sanniti, attuali abbruzzesi, che tanto nei tempi antichi diedero che fare ai Romani; i Calabresi che nei moderni per molti anni dell'immensa forza del sorgente impero francese, si fecero beffe, oltre tanti, e tanti altri esempi che ancora citar potremmo, tutti l'idoneità del nostro territorio alla guerra di che teniamo ragionamento, assai chiaro confermano. Quanto poi deve il già detto certamente avvalorare, la certezza di fatti, cioè esistenza continua, di tante schiere di banditi che per anni la nostra Italia infestarono, e tuttavia varie parti di quella, ne sono anco in oggi vessate, dimodochè un solo stato in quella, contare non puossi nel quale varie quadriglie di masnadieri, non siansi per lungo tempo mantenute; od attualmente ancor non esistano! Sulle Alpi che dominano il Mondovì, il famoso Michele Mamino per sei o sette anni, contro la gendarmeria, e le numerose colonne mobili francesi spedite a combatterlo si sostenne, aveva egli preso il titolo d'imperatore delle Alpi, e l'autorità sovrana esercitava; facevasi dai villaggi, e fino dalle città circonvicine, puntualmente obbedire; imponeva balzelli, che per paura della sua banda, venivangli a puntino pagati; finchè non cadde per mano d'uno de' suoi compagni da cui fù per tradimento ammazzato. Altra sulle stesse montagne dal ben noto Dragone diretta ebbe pure molti anni di durata, e solo per aver dato alle promesse dei Francesi troppa fede, cessò d'esistere, la non men celebre banda, detta di Narsole: di quanto, grave danno non fù cagione ai francesi che la perseguitavano? E quanti anni non ha essa durato, sebbene altro in realtà non fosse, che una masnada di rubatori che correvano le campagne? e quanti francesi nella Frascea vicino a Pozzuolo, tra Marengo e Novi non caddero, per le mani della quadriglia del rinomato Maïno che per cinque o sei anni esistette? E quella sì fattamente inseguita e temuta: che tanti gendarmi, colonne francesi e dopo il ritorno del tiranno, tanti carabinieri piemontesi distrusse, che sotto la direzione dei due fratelli Bosio, situata sul monte Bracco, alle falde del Monviso dominante il paese di Barge, durò più di dieci anni, e non fù mai possibile di annichilare, se non con la morte data per inganno ad ambi i fratelli da loro stessi parenti, al soldo della polizia sarda! In quanto alle altre parti d'Italia, chi non sa, essere quel territorio, sempre, in ogni dove da tali masnade infestato? Nelle pianure, alle rive dei fiumi, sulle colline, e sulle montagne, trovarsene? La Lombardia, la Toscana, lo Stato Papale, e Napoletano rigurgitarne? Parecchi capi delle quali al punto giunsero di essere quai più famosi briganti d'Europa celebrati? Recentemente un Massaroni nello stato papale, ed i fratelli Verdarello, nello stato di Napoli pochi anni fa, tale celebrità s'acquistarono; i luoghi e le operazioni di quest'ultimi, più specialmente accenneremo, potendosi da quanto venne operato da uno, più o meno il resto agevolmente dedurre.

Gaetano Verdarello, e due suoi fratelli, nativi della città d'Andria nella Puglia, soldati al servizio di Ferdinando, tiranno di Napoli, quando dalle truppe francesi fuori del regno cacciato, avea in Sicilia la sua dimora stabilita, disertarono, e nel territorio napoletano portatisi, una banda a cavallo, di trenta e sei uomini, quasi tutti disertori, misero tosto in piede: la Puglia Basilicata, gli Abbruzzi, il contado di Molise, e più particolarmente il bosco di Montemelone, la foresta, e valle di Bovino, erano da quella frequentate; contro tutte le colonne mobili di truppa di linea francesi, di guardia nazionale, e di gendarmi, che pel corso di circa sei anni, non cessarono di perseguitarla, senza poterla mai prendere, nè danneggiare, con estraordinaria protervia si mantenne; nel 1815, al ritorno del tiranno in Napoli, dell'indulto generale dato a tutti i fuorusciti, i Verdarello profittarono; ma penetrata dal Gaetano, l'intenzione del governo, che temeva un tanto feroce uomo alla testa d'un certo partito, ed avea deciso di farlo in beffe dell'indulto, trucidare, con i suoi fratelli nella Puglia, ove formò un'altra banda di cinquanta uomini, misesi di bel nuovo in campo; una colonna mobile di fanteria e cavalleria di Napoletani e Tedeschi composta fù dal governo, immantinenti ad attaccarlo spedita; avvertito a tempo di questa spedizione posesi Gaetano in imboscata: lasciò la vanguardia tutta di Napoletani liberamente passare; sui Tedeschi quindi, con furore avventossi, quelli alla prima giunta messi in isbaraglio, i Napoletani, che già eransi di troppo allontanati, alle spalle con vigore assalì, ed a precipitosa fuga li costrinse; varie volte furono simili attacchi ripetuti, ed ebber sempre la stessa riuscita; stanco alla fine il governo Napoletano, della continuata esistenza di questa banda colla forza, invincibile, a far pratiche col Verdarello si decise, e mandogli una bellissima capitolazione a proporre, ma vennegli a tutte le vantaggiose promesse negativamente risposto, e solo a negoziare qualora il governo austriaco, la parola del tiranno, ed il trattato mallevasse, mostravasi il capo della quadriglia propenso. Fra le tante sozze male azioni che il regno di Ferdinando disonorarono, sonvene senza dubbio delle crudeli, ed ai cuori onesti sommamente repugnanti, ma una di questa più abbietta vergognosa, e vile non crediamo nel registro delle nequizie di quel tiranno lazzarone trovare si possa; stretto dalla pertinacia del Verdarello, il codardissimo governo di Napoli alle sue pretese acconsentì, e fù il comandante Tedesco della piazza di Foggia, certo Tilla, una convenzione in nome del lazzaronico tiranno sotto la guarentigia dell'Austria a distendere, e firmare incaricato; conferiva questa convenzione a Gaetano Verdarello, il grado di colonnello negli eserciti del tiranno; tutti i suoi soldati come uffiziali, riconosceva; ed assegnava una paga corrispondente ai loro gradi con obbligo però di tenere quei cammini sgombri dai ladri. Furono da ambe le parti pel corso di mesi sei le condizioni mantenute, finchè passando un bel giorno Verdarello colla sua banda nel villaggio d'Ururi, diretto verso la Puglia, troppo nel trattato confidente, senza quelle precauzioni, che prima di essere al tirannico servizio solito era di prendere, fù da un'imboscata di militi, tesagli d'ordine del governo dalle finestre d'una casa, a schioppettate ammazzato. Basti questa narrazione per provare, non sola la possibilità, ma ben anche la facilità di ordinare, e mantenere le bande in campo; delle Calabrie, dei famosi fra Diavolo, abate Pronio, e Giuseppe da Furia non parleremo, perchè abbastanza per la loro resistenza, e pei luoghi dov'erano stabiliti, sono a tutti notissimi; noi di proporre questi masnadieri, per esser nel loro scopo imitati certamente non intendiamo, ma gli abbiamo ai nostri leggitori, citati, affinchè si vegga, non essere il luogo, nè i mezzi per la riunione, independenza, e libertà d'Italia, ma la sola buona e ferma volontà degl'Italiani, mancante; riflettendo inoltre che se gentaglia simile screditata, e da tutti aborrita, (perchè il solo bene da quella operato, fra i moltissimi mali, consisteva in ammazzare di tanto in tanto qualche straniero occupatore) buona accoglienza in tutti i luoghi villaggi, e città per dove passava, solita era siffatta canaglia di trovare; a cagione solamente del timore che pel presente, o pell'avvenire incuteva, e se per tal modo, esatte informazioni, vettovaglie, ed armi non mai gli mancavano; che facilità, che accoglienza, che soccorso, non dovrà quella banda, composta di veri amanti del paese, promettersi, il cui unico scopo sia lo sterminio dello straniero, la patria dai cattivi purgare, e la libertà, unione, independenza sinceramente bandire? Si verrà quella fuor di dubbio nella capanna del contadino, nel tugurio del pastore, sotto il villesco tetto del bifolco, nell'abituro del villico senza timore ricettata, e con giubilo, anzi con trasporti di gioja, dai semplici, ma sinceri e forti Alpigiani festevolmente accolta; a dovizia pure sarannogli dalle città le bisognevoli grascie con frequenza mandate; ed ove del tutto per mezzo del timore, al loro mantenimento tali masnade provvedevano, cui gl'abitanti la richiesta retribuzione, per via di spaventevoli, e villane minaccie porgevano tremanti, le bande rigeneratrici della patria, dalla massa dei contadini, appoggio troveranno, offerte volontarie, provviste, benedizioni ed applauso.

Della guerra nazionale d'insurrezione per bande, applicata all'Italia

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