Читать книгу Libro della divina dottrina: Dialogo della divina provvidenza - Caterina da Siena - Страница 49
CAPITOLO XLVI
ОглавлениеDe’ mali che procedono da la cechitá dell’occhio de l’intellecto. E come li beni che non sono facti in stato di grazia non vagliono ad vita etterna.
—Questo t’ho decto acciò che tu cognosca meglio e in che modo costoro gustano l’arra de l’inferno, de’ quali Io ti dixi lo inganno loro. Ora ti dirò unde procede lo inganno e come ricevono l’arra de l’inferno. Questo è perché hanno aciecato l’occhio de l’intellecto con la infedelitá tracta da l’amore proprio. Come ogni veritá s’acquista col lume della fede, cosí la bugia e lo inganno s’acquista con la infidelitá. Della infedelitá, dico, di coloro che hanno ricevuto el sancto baptesmo, nel quale baptesmo fu messa la pupilla della fede ne l’occhio de l’intellecto. Venuto el tempo della discrezione, se essi s’exercitano in virtú, costoro hanno conservato el lume della fede e parturiscono le virtú vive, facendo fructo al proximo loro. Come la donna che fa el figliuolo vivo, e vivo el dá allo sposo suo; cosí costoro dánno le virtú vive a me, che so’ sposo de l’anima.
El contrario fanno questi miserabili che, venuto il tempo della discrezione, dove essi debbono exercitare el lume della fede e parturire con vita di grazia la virtú, ed essi le parturiscono morte. Morte sonno perché tucte l’operazioni loro sonno morte, essendo facte in peccato mortale, privati del lume della fede. Hanno bene la forma del sancto baptesmo ma none il lume, però che ne sonno privati per la nuvila della colpa commessa per amore proprio, la quale ha ricoperta la pupilla unde vedevano.
A costoro è decto, e’ quali hanno fede senza opera, che è morta la fede loro. Unde, come il morto non vede, cosí l’occhio, ricuperta la pupilla, come decto t’ho, non vede, né cognosce se medesimo non essere né i difecti suoi che egli ha commessi. Né cognosce la bontá mia in sé, donde ha avuto l’essere e ogni grazia che è posta sopra l’essere.
Non cognoscendo me né sé, non odia in sé la propria sensualitá; anco l’ama, cercando di satisfare a l’appetito suo: e cosí parturisce i figliuoli morti di molti peccati mortali. Né me non ama; non amando me, non ama quel ch’Io amo, cioè il proximo suo, né si dilecta d’adoperare quel che mi piace: ciò sonno le vere e reali virtú, le quali mi piacciono di vedere in voi, non per mia utilitá, però che a me non potete fare utilitá, però che Io so’ colui che so’, e veruna cosa è facta senza me, se non el peccato, che non è cavelle, perché priva l’anima di me che so’ ogni bene, privandola della grazia. Si che per vostra utilitá mi piacciono perché Io abbi di che remunerarvi in me, vita durabile.
Sí che vedi che la fede di costoro è morta, perché è senza opera; e quelle operazioni, le quali fanno, non vagliano a vita etterna, perché non hanno vita di grazia. Nondimeno il bene adoperare o con grazia o senza la grazia non si debba però lassare, però che ogni bene è remunerato come ogni colpa punita. El bene che si fa in grazia, senza peccato mortale, vale a vita etterna; ma quello che si fa con la colpa del peccato mortale non vale a vita etterna: nondimeno è remunerato in diversi modi, sí come di sopra ti dixi.
Unde alcuna volta Io lo’ presto el tempo. O Io li mecto nel cuore de’ servi miei per continua orazione, per le quali orazioni escono della colpa e delle miserie loro. Alcuna volta, non ricevendo el tempo né l’orazioni per disposizione di grazia, a questi cotali l’è remunerato in cose temporali, facendo di loro come de l’animale che s’ingrassa per menarlo al macello. Cosí questi cotali che sempre hanno ricalcitrato in ogni modo a la mia bontá, pure fanno alcuno bene; none in stato di grazia, come decto t’ho, ma in peccato. Essi non hanno voluto ricevere in questa loro operazione il tempo né l’orazioni né gli altri diversi modi co’ quali Io gli ho chiamati; unde, essendo riprovati da me per li loro difecti, e la mia bontá vuole pure remunerare quella operazione, cioè quel poco del servizio che hanno facto, unde li remunero nelle cose temporali e ine s’ingrassano; e non correggendosi, giongono al supplicio etternale.
Sí che vedi che sonno ingannati. Chi gli ha ingannati? essi medesimi, perché s’hanno tolto el lume della fede viva, e vanno come aciecati palpando e actaccandosi a quel che toccano. E perché non veggono se non con l’occhio cieco, posto l’affecto loro nelle cose transitorie, però sonno ingannati e fanno come stolti che raguardano solamente l’oro e non el veleno. Unde sappi che le cose del mondo e tucti e’ dilecti e piaceri suoi se sonno presi e acquistati e posseduti senza me o con proprio e disordinato amore, essi portano drictamente la figura degli scarpioni, e’ quali al principio tuo, doppo la figura de l’arbore Io ti mostrai, dicendoti che portavano l’oro dinanzi e ’l veleno portavano dietro; e non era il veleno senza l’oro né l’oro senza el veleno, ma el primo aspecto era l’oro. E neuno si difendeva dal veleno, se non coloro che erano illuminati del lume della fede.