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CAPITOLO XLVII

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Come non si possono observare i comandamenti che non si observino i consigli. E come in ogni stato che la persona vuole essere, avendo sancta e buona volontá, è piacevole a Dio.

—Costoro ti dixi che col coltello di due tagli (cioè con l’odio del vizio e amore delle virtú) per amore tagliavano el veleno della propria sensualitá, e col lume della ragione tenevano e possedevano. E acquistavano l’oro in queste cose mondane, chi le voleva tenere; ma chi voleva usare la grande perfeczione le spregiava actualmente e mentalmente. Questi ti dixi che observavano el consiglio actualmente, il quale lo’ fu dato e lassato da la mia Veritá. Costoro che possedevano sonno quelli che observano e’ comandamenti e i consigli mentalmente ma non actualmente. Ma però ch’e’ consigli sonno legati co’ comandamenti, neuno può observare i comandamenti che non observi e’ consigli: non actualmente ma mentalmente. Cioè che, possedendo le ricchezze del mondo, egli le possegga con umilitá e non con superbia, possedendole come cosa prestata e non come cosa sua, come elle sonno date a voi per uso da la mia bontá. Unde tanto l’avete quanto Io ve le do, e tanto le tenete quanto Io ve le lasso, e tanto ve le lasso e do quanto Io vego che faccino per la salute vostra. Per questo modo le dovete usare.

Usandole l’uomo cosí, observa el comandamento, amando me sopra ogni cosa e ’l proximo come se medesimo. Vive col cuore spogliato e gictale da sé per desiderio, cioè che non l’ama né tiene senza la mia volontá, poniamo che actualmente le possega. Observa el consiglio per desiderio, come decto t’ho, tagliandone il veleno del disordinato amore.

Questi cotali stanno nella caritá comune. Ma coloro, che observano e’ comandamenti e i consigli mentalmente e actualmente, sonno nella caritá perfecta. Con vera simplicitá observano el consiglio che dixe la mia Veritá, Verbo incarnato, a quel giovano quando dimandò dicendo: «Che potrei io fare, Maestro, per avere vita etterna?» Egli disse: «Observa e’ comandamenti della Legge». Ed egli rispondendo dixe: «Io gli observo». Ed Egli dixe: «Bene, se tu vuogli essere perfecto, va’ e vende ciò che tu hai, e dállo a’ povari». El giovano alora si contristò, perché le ricchezze che egli aveva le teneva ancora con troppo amore, e però si contristò. Ma questi perfecti l’observano abandonando el mondo con tucte le delizie sue, macerando el corpo con la penitenzia e vigilia, umile e continua orazione.

Questi altri che stanno nella caritá comune, non levandosi actualmente, non ne perdono però vita etterna, perché non ne sonno tenuti; ma debbonle possedere, se eglino vogliono le cose del mondo, per lo modo che decto t’ho. Tenendole, non offendono, perché ogni cosa è buona e perfecta e creata da me, che so’ somma bontá, e facte perché servano alle mie creature che hanno in loro ragione, e non perché le creature si faccino servi e schiavi delle delizie del mondo; anco perché le tengano (se lo’ piace di tenere, non volendo andare alla grande perfeczione) non come signori ma come servi. E ’l desiderio loro debbono dare a me, e ogni altra cosa amare e tenere non come cosa loro ma come cosa prestata, come decto t’ho.

Io non so’ acceptatore delle creature né degli stati, ma de’ sancti desidèri. In ogni stato che la persona vuole stare, abbi buona e sancta volontá, ed è piacevole a me. Chi le terrá a questo modo? coloro che n’hanno mozzato el veleno con l’odio della propria sensualitá e con amore della virtú. Avendo mozzo el veleno della disordinata volontá e ordinatala con l’amore e sancto timore di me, egli può tenere ed eleggere ogni stato che egli vuole: e in ognuno sará acto ad avere vita etterna.

Poniamo che maggiore perfeczione, e piú piacevole a me, sia di levarsi mentalmente e actualmente da ogni cosa del mondo, chi non si sente di giognere ad questa perfeczione, ché la fragilitá sua non el patisse, può stare in questo stato comune, ogniuno secondo lo stato suo. E questo ha ordinato la mia bontá acciò che veruno abbi scusa di peccato in qualunque stato si sia. E veramente non hanno scusa, però che Io so’ consceso alle passioni e debilezze loro per sifacto modo che, volendo stare nel mondo, possono e possedere le ricchezze e tenere stato di signoria e stare allo stato del matrimonio e notricare ed affadigarsi per li figliuoli. E qualunque stato si vuole essere, possono tenere, purché in veritá essi taglino el veleno della propria sensualitá, la quale dá morte etternale.

E drictamente ella è uno veleno che, come el veleno dá pena nel corpo, e ne l’ultimo ne muore se giá egli non s’argomenta di bomitarlo e di pigliare alcuna medicina, cosí questo scarpione del dilecto del mondo: non le cose temporali in loro, che giá t’ho decto che elle sonno buone e facte da me che so’ somma bontá, e però le può usare come gli piace con sancto amore e vero timore; ma dico del veleno della perversa volontá de l’uomo. Dico che ella avelena l’anima e dálle la morte se esso non el vomita per la confessione sancta, traendone il cuore e l’affecto. La quale è una medicina che ’l guarisce di questo veleno, poniamo che paia amara a la propria sensualitá.

Vedi dunque quanto sonno ingannati! ché possono possedere e avere me, e possono fuggire la tristizia e avere letizia e consolazione, ed essi vogliono pure male, socto colore di bene, e dánnosi a pigliare l’oro con disordinato amore. Ma perché essi sonno aciecati con molta infedelitá, non cognoscono el veleno; veggonsi avelenati e non pigliano el rimedio. Costoro portano la croce del dimonio, gustando l’arra de l’inferno.

Libro della divina dottrina: Dialogo della divina provvidenza

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