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CAPITOLO LI

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Come i tre scaloni figurati nel ponte giá decto, cioè nel Figliuolo di Dio, significano le tre potenzie dell’anima.

Alora, raguardando la divina bontá con l’occhio della sua misericordia el desiderio e la fame di quella anima, diceva:—Dilectissima figliuola mia, Io non so’ spregiatore del desiderio, anco so’ adempitore de’ sancti desidèri. E però Io ti voglio dichiarare e mostrare di quel che tu mi dimandi.

Tu mi dimandi ch’Io ti spiani la figura de’ tre scaloni e che Io ti dica che modo hanno a tenere a potere escire del fiume e salire il ponte. E poniamo che di sopra, contiandoti lo ’nganno e ciechitá de l’uomo e come in questa vita gustano l’arra de l’inferno, sí come martiri del dimonio, e ricevono l’etterna dannazione (de’ quali Io ti contiai el fructo loro che essi ricevono delle loro male operazioni); e narrandoti queste cose, ti mostrai e’ modi che dovevano tenere: nondimeno ora piú a pieno tel dichiararò, satisfacendo al tuo desiderio.

Tu sai che ogni male è fondato ne l’amore proprio di sé, el quale amore è una nuvila che tolle el lume della ragione; la quale ragione tiene in sé el lume della fede, e non si perde l’uno che non si perda l’altro.

L’anima creai Io a la imagine e similitudine mia, dandole la memoria, lo ’ntellecto e la volontá. L’intellecto è la piú nobile parte de l’anima: esso intellecto è mosso da l’affecto, e l’intellecto notrica l’affecto. E la mano de l’amore, cioè l’affecto, empie la memoria del ricordamento di me e de’ benefizi che ha ricevuti. El quale ricordamento el fa sollicito e non negligente; fallo grato e none scognoscente. Sí che l’una potenzia porge a l’altra, e cosí si notrica l’anima nella vita della grazia.

L’anima non può vivere senza amore, ma sempre vuole amare alcuna cosa, perché ella è facta d’amore, però che per amore la creai. E però ti dixi che l’affecto moveva lo ’ntellecto, quasi dicendo:—Io voglio amare, però che ’l cibo di che io mi notrico si è l’amore.—Alora lo ’ntellecto, sentendosi svegliare da l’affecto, si leva, quasi dica:—Se tu vuoli amare, io ti darò bene quello che tu possa amare.—E subbito si leva, speculando la dignitá de l’anima, e la indegnitá nella quale è venuta per la colpa sua. Nella dignitá de l’essere gusta la inextimabile mia bontá e caritá increata con la quale Io la creai, e in vedere la sua miseria truova e gusta la misericordia mia, che per misericordia l’ho prestato el tempo e tracta della tenebre.

Alora l’affecto si notrica in amore, aprendo la bocca del sancto desiderio, con la quale mangia odio e dispiacimento della propria sensualitá, unta di vera umilitá, con perfecta pazienzia, la quale trasse de l’odio sancto. Concepute le virtú elle si parturiscono perfectamente e imperfectamente, secondo che l’anima exercita la perfeczione in sé, sí come di socto ti dirò.

Cosí per lo contrario, se l’affecto sensitivo si muove a volere amare cose sensitive, l’occhio de l’intellecto a quello si muove, e ponsi per obiecto solo cose transitorie, con amore proprio, con dispiacimento della virtú e amore del vizio; unde traie superbia e impazienzia. La memoria non s’empie d’altro che di quello che le porge l’affecto. Questo amore ha abbaccinato l’occhio, che non discerne né vede se non cotali chiarori. Questo è il chiarore suo: che lo ’ntellecto ogni cosa vede e l’affecto ama con alcuna chiarezza di bene e di dilecto; e se questo chiarore non avesse, non offendarebbe, perché l’uomo di sua natura non può desiderare altro che bene. Sí che il vizio è colorato col colore del proprio bene, e però offende l’anima. Ma perché l’occhio non discerne per la ciechitá sua, non cognosce la veritá; e però erra cercando el bene e i dilecti colá dove non sonno.

Giá t’ho detto ch’e’ dilecti del mondo senza me sonno tucti spine piene di veleno; sí che è ingannato l’intellecto nel suo vedere e la volontá ne l’amare (amando quel che non die) e la memoria nel ritenere. Lo ’ntellecto fa come il ladro che imbola l’altrui; e cosí la memoria ritiene il ricordamento continuo di quelle cose che sonno fuore di me: e per questo modo l’anima si priva della grazia.

Tanta è l’unitá di queste tre potenzie de l’anima, che Io non posso essere offeso da l’una che tucte non m’offendano. Perché l’una porge a l’altra, sí com’Io t’ho decto, el bene e ’l male, secondo che piace al libero arbitrio. Questo libero arbitrio è legato con l’affecto, e però el muove secondo che gli piace, o con lume di ragione o senza ragione. Voi avete la ragione legata in me, colá dove el libero arbitrio con disordinato amore non vi tagli; e avete la legge perversa, che sempre impugna contra lo spirito. Avete dunque due parti in voi, cioè la sensualitá e la ragione. La sensualitá è serva, e però è posta perché ella serva a l’anima, cioè che con lo strumento del corpo proviate ed exercitiate le virtú.

L’anima è libera (liberata da la colpa nel sangue del mio Figliuolo), e non può essere signoreggiata se ella non vuole consentire con la volontá, la quale è legata col libero arbitrio; e esso libero arbitrio si fa una cosa con la volontá, acordandosi con lei. Egli è legato in mezzo fra la sensualitá e la ragione; e a qualunque egli si vuole vollere, si può. È vero che, quando l’anima si reca a congregare con la mano del libero arbitrio le potenzie sue nel nome mio, sí come decto t’ho, alora sonno congregate tucte l’operazioni che fa la creatura, temporali e spirituali. E il libero arbitrio alora si scioglie da la propria sensualitá e legasi con la ragione. Io alora, per grazia, mi riposo nel mezzo di loro. E questo è quello che dixe la mia Veritá, Verbo incarnato, dicendo: «Quando saranno due o tre o piú congregati nel nome mio, Io sarò nel mezzo di loro». E cosí è la veritá. E giá ti dixi che neuno poteva venire a me se non per lui, e però n’avevo facto ponte con tre scaloni; e’ quali tre scaloni figurano tre stati de l’anima, sí come di socto ti narrarò.

Libro della divina dottrina: Dialogo della divina provvidenza

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