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ОглавлениеIL MUQUI
(Poema umano di un minatore peruviano)
Appartengo alle miniere.
L’alba dà fine a tutto o dà inizio a tutto.
Il corollario degli storpi è un cantico di dolore.
Mastico una foglia di coca mentre mi masturbo
rimuginando sulla paralisi del materialismo.
Sono inafferrabile sebbene i miei cugini siano gregari
e circolino per i torrenti come uno sciame di ilarità.
Ho decodificato i loro quipu e le loro passioni,
ho studiato l’oro e l’uomo.
Appartengo all’acqua
che lava anche gli angoli più cupi:
un minatore passa con le sue ascelle puzzolenti,
sbatte la sua testa contro una pietra nerissima.
Come poter parlare quindi della chiusura categoriale
se i suoi figli, giovani e ninfe, non hanno mangiato?
Non ho collo: come poter spiegare l’esistenzialismo?
Loro tremano: gridano per il freddo; loro urlano: sono a digiuno.
Porto il poncho: come credere nel dio sole, se ci abbandona?
Mangio muschio: come confidare in Huiracocha se non c’è mais?
Uso il sombrero: come avanzare se ci permutano le idee?
Sono piccolo: la natura umana fa schifo
tanto quanto la natura degli dei.
Io puzzo, tu puzzi, e così fino all’infinito.
Sono il murik che dà la liberazione
delle trasparenze che si riuniscono dopo la sera.
Il cammino verso la salvezza conduce a una miniera
e loro sono i muriski che si lasciano condurre.
Mi hanno visto a Cuzco, a Cajamarca e Arequipa.
I più audaci sognano di catturarmi nelle loro terre.
Non so se la laringe che ho studiato ieri appartenesse
a un boliviano o ad un peruviano; la presi intatta dal Titicaca.
Mi accusano di rubare gli strumenti dei minatori.
Io mi vanto di commettere malefatte più sublimi.
Oggi ho giocherellato con l’ombelico di uno stagno
e in cambio di tale carità due pepite d’oro.
Il sangue dell’umanità continua a distillare sopra le pietre.
Poi mi sono rinchiuso nell’Uku Pacha.
Il crepuscolo dà fine a tutto o dà inizio a tutto.