Читать книгу Come Una Preghiera - Diego Maenza, Diego Maenza - Страница 13

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Sono scosso da una scarica di eccitazione che mi parte dalla nuca e lentamente s’irradia per tutta la schiena. I miei tendini si svegliano e mi costringono ad allungarmi per tutta la lunghezza del mio corpo, nel piacevole dolore che si consuma fisiologicamente nelle mutande. Mi rendo conto di come il pene si stia lentamente ritirando, ormai sazio del piacere convulso del mio orgasmo, mentre nell’ anima mi si scava un intollerabile senso di vuoto.

Un freddo alito di vento penetra nella stanza attraverso la finestra aperta, e fa oscillare le tende con un sommesso ululare. Posso vedere il velluto che si appiattisce contro il muro e poi va a sbattere contro il vetro della finestra e la cornice di legno d’abete. Sento la brezza scivolare e nascondersi tra le mie ascelle, scuotermi la pelle in una scarica di minuscole raffiche che mi fanno drizzare tutti i peli del corpo. Così sia. Mi tolgo le mutande imbrattate del mio seme. Mi alzo e prego per la debolezza della mia carne.

*

Il caffè troppo caldo non mi attira. Preferisco bere a piccoli sorsi del succo di pesca. Il ragazzo mi racconta una barzelletta sporca, ma non oso rimproverarlo. Lo guardo e gli faccio un sorriso tirato. Anche oggi non mi ha accompagnato alla Messa e mi mancava così tanto, specialmente quando il vescovo Pio ha benedetto gli astanti. Lo guardo e rimango ammirato dai suoi lineamenti, dal suo aspetto spensierato, dai capelli arruffati del mattino. Mi alzo dal tavolo frettolosamente, cercando di dirigere altrove i miei occhi che sono puntati su di lui ancora e ancora e ancora.

*

Mi è venuta la febbre. Oggi resterò a casa e non mi occuperò dei miei parrocchiani, che si stanno preparando per il Venerdì Santo. Farò solo cose semplici, mettendo da parte tutti gli altri impegni, come mi ha prescritto il medico. Il ragazzo mi ha preparato un the, con cui prendo le medicine. Quando mi volto, riesco a percepire il movimento dei suoi glutei in uno swing provocatorio. Mi arrendo al sonno.

*

Quando mi sveglio vedo il viso del ragazzo. E’ rimasto con me per tutto il tempo che ho avuto la febbre. Mi informa che ha preparato il pranzo e conforta il mio corpo con una zuppa calda, insistendo per imboccarmi, cucchiaio dopo cucchiaio.

Poi arriva un momento antipatico. Lo rimprovero per aver esaminato il quadro di nascosto e lui mi risponde che voleva capire cosa mostrava realmente quel dipinto. Gli dico che non ho intenzione di mortificare la sua curiosità, ma che deve sempre chiedere il permesso a un superiore, prima di fare o guardare cose per le quali potrebbe non essere pronto. Lui risponde che si sente abbastanza pronto e mi implora di guardare il dipinto insieme e aiutarlo a capire. Dopo una lunga tiritera di suppliche e rifiuti, cedo alla richiesta e gli permetto di aprire il trittico davanti a me. Mentre lo guarda, il suo volto esprime un’enorme meraviglia.

“È bello —dice— ma al tempo stesso è orribile”.

“Rappresenta la nostra anima”. mormoro tra me e me, come se pensassi ad alta voce.

Sono ancora intontito dalla febbre. Al momento voglio solo allontanarmi dal ragazzo, gridargli di lasciare la mia stanza e sparire per sempre, che Dio mi ha rivelato che è un emissario del diavolo. Il desiderio di scomunicarlo dalla mia vita mi invade. Cedo al penoso pensiero che invece farò il contrario, perché mi alzo e gli metto una mano sulla spalla e la stringo in un abbraccio pieno di passione.

“Quello che stai guardando qui rappresenta il paradiso, questo l’inferno, e questo —gli spiego dolcemente, indicandogli la parte centrale del trittico— è il Giudizio Universale. Per ora ti basti questo, la prossima volta lo analizzeremo punto per punto”.

Il mio corpo non resiste all'impulso e lo bacio sulla guancia mentre spingo la mano verso la parte bassa della sua schiena. Inaspettatamente, non si sottrae a me. Anzi, mi chiede di benedirlo.

*

Ho mandato il ragazzo al mercato per fare la spesa. Sento il vuoto della sua assenza e provo a combattere il desiderio con una preghiera ma, mentre m’ inginocchio, le parole mi muoiono in gola. Questa volta non riesco a pregare. Mi alzo, faccio una doccia calda e mi preparo al suo ritorno nel miglior modo possibile.

*

Finalmente il ragazzo ritorna ma, per pietà di Dio, accompagnato da Miss Raquel, una donna che fa volontariato per la Chiesa, giovanile a dispetto dei suoi quasi quarant'anni, e single malgrado la sua bellezza. Dietro di lei entra a farmi visita anche un gruppetto di mie parrocchiane cariche di dolci e frutta, evidentemente su stimolo della bella zitella. Thomas le accoglie con un abbaio nervoso. Mi mostro contento e grato del gentile pensiero, da bravo sacerdote dispenso loro consigli, gli affido dei compiti per la processione dell’indomani e infine le mando via presto, dicendo che sono stanco e devo riposare. Chiudo la porta dietro di loro, la sprango ben bene con il suo fermo arrugginito e mi metto a cercare il ragazzo per tutta la casa.

*

Lo invito ancora una volta nella mia stanza. Lì ci mettiamo a parlare piacevolmente di alcuni aspetti teologici, che lui conosce appena. Lo istruisco con la mano appoggiata sulla sua coscia muscolosa. Poi lo invito a pregare insieme. Sono dietro di lui, posso sfiorare la sua schiena, condannato dalla mia insana e indomabile voglia. Sento il calore del suo corpo che spande calore nell’ambiente e, nel contempo, rinfresca il calore delle mie viscere.

*

Il corpo mi arde. Mento a me stesso dicendomi che è per colpa della frutta che ho mangiato e che non riesco a digerire. So che non è vero. La mia testa non è qui, ma fissa sul ragazzo. Cammino con passi traballanti verso la sua porta. Entro nella sua stanza e scopro lentamente il bel corpo addormentato in posizione fetale, con il culo rivolto verso di me e che sembra tentarmi ad accarezzarlo, a prenderlo completamente. Sto per farlo, il corpo mi ribolle orrendamente di febbre e di lussuria… In un guizzo di lucidità torno ansimando nel mio letto.

*

Mi sono svegliato con la sgradevole sensazione di sudore, di cui sono madido. Osservo i raggi del sole pomeridiano che si rifrangono nello specchio e inondano la stanza con il loro bagliore, invadendo ogni angolo. Mi rendo conto che devo lavarmi, la mia camera da letto è rovente e il cavallo dei miei calzoni è appiccicoso. La febbre è passata. Imploro un sorso d'acqua fresca.

Ho inviato istruzioni scritte ai fedeli per la processione del Venerdì Santo. Il ragazzo mi ha fatto compagnia mentre scrivevo la lettera, e ha accettato di consegnarla lui, a patto che poi gli illustrassi qualche altro pezzettino del dipinto. Questa volta non sono riuscito a nascondere che lo guardavo, che ero attratto dai suoi movimenti. Un paio di volte, mi è perfino caduta la penna a terra, mentre ero assorbito da lui.

*

La custodia del disco ha come copertina l'immagine di una strada coperta di foglie autunnali, che si perde in un suggestivo orizzonte. Da lì il panorama giallastro sprofonda in una foresta di assoluta dolcezza. Nessun uccello può disturbare tale tranquillità. Nessun animale osa profanare la serenità del piccolo universo di foglie e terra. Tutti stanno per venire alla luce, spalancando la porta a un paradiso infernale.

Inserisco il disco nel mangianastri che lo costringe a girare rapidamente. Quel piccolo oggetto si trasforma in un minuscolo turbine che si muove a migliaia di giri al minuto. La musica invade la stanza, molto lentamente, come se stesse lottando per svegliarsi dall’antico sonno a cui forze maligne l’hanno costretta, instillando serenità, assorbendo il silenzio, librandosi nello spazio su cui a breve imporrà il suo dominio regale. Ma raggela con le sue note. Il basso segna il ritmo, si fa gradualmente parossistico, surclassa con il suo crescendo il timido intervento dei violini: sono i passi del pellegrino oppresso dal peso dei suoi travagli, sono gli scricchiolii del ghiaccio che sta per rompersi. Ora i fulmini scatenati dal violino solista sono fragorosi, la tempesta dell'orchestra ruggisce e scuote lo spazio e vibra ai piedi dello sfortunato. Vi nasce una lotta, segnata dall’impulso del basso che vibra ad una velocità impossibile, costringendo al suo ritmo l’intera esecuzione. Ma ecco che l’assolo del violino si libra nell’aria imponendo il proprio dominio, sferzando gli astanti con le sue raffiche di note gelide e di suoni glaciali, tali da far rabbrividire chi ascolta e costringerlo a battere i denti dal freddo.

*

“Vedi quest’area qui? —mi dice, e mi mostra la zona in alto sul lato destro del trittico che stiamo studiando—. Quest’immagine simboleggia le torture del peccatore. Invece questa parte qui, in basso, è quella stereotipata, comune, che abbiamo dell'inferno. Una pioggia continua di fuoco e zolfo, alte montagne che si sgretolano e rovinano giù nel buio e le anime che gridano, oppresse da indicibili tormenti. Invece qui… —e fa un cerchio con il dito su una zona più sotto— c’è l’inferno di ghiaccio che fa da tremendo contrasto alla pioggia di fuoco perché, nella concezione classica dell'inferno come luogo di tormento senza fine, forse l’orrore del ghiaccio eterno è più temibile di una fornace ardente. Guarda qui come la povera anima sventurata si congela e si frantuma, annegata nel gelo mortale del ghiaccio...

Ancora più sotto c’è quello che nell’arte viene chiamato inferno musicale, perché vi si usano degli strumenti musicali come oggetto di tortura. E’ un’immagine che troviamo spesso nei cosiddetti pittori mistici. Vedi, questa è la cornamusa, qui c’è il liuto, ed ecco l'arpa. E in fondo, se riesci a vederlo, c’è un piccolo flauto…”

Mi chiedo se l'inferno sia davvero così. Dalla finestra noto che si è fatta sera.

“Bene, —continua lui— la disperazione e il martirio sono sicuramente ben rappresentati dall'artista, o meglio, dal pittore che ha copiato così mirabilmente il quadro originale, interpretandolo a modo proprio”.

Gli chiedo come vede l'inferno lui, sulla base di ciò che dicono le Sacre Scritture. Ma non risponde. Sembra essere immerso in un mondo proprio che in questo momento non capisco. Forse si sta chiedendo anche lui come sia davvero l'inferno.

“La Bibbia parla dell’inferno come un luogo di eterna sofferenza, in cui le anime verranno gettate nei laghi di zolfo. È così che il pittore lo raffigura sulla parte superiore del quadro. In effetti, anche il Cristo ne parla spesso nei Vangeli come il fuoco che non si spegne mai, in cui c’è lamento e digrignare dei denti, e lo cita come punizione senza fine”.

Parla senza guardarmi, come se stesse discutendo con se stesso.

“Per secoli, il fuoco e il ghiaccio, cioè il caldo insopportabile e il freddo glaciale, sono stati considerati come la tortura più atroce e più adatta ad una sofferenza eterna. Un grande poeta dell'antichità immagina un girone infernale come la solita pioggia di fuoco ma, in un girone più in basso, quello dei traditori, addirittura come un’ enorme distesa di ghiacci eterni. Lucifero, che è il sovrano di questo luogo di perdizione, è egli stesso prigioniero del ghiaccio e da lì piange e si dispera con i suoi sei occhi e le sue sei ali di pipistrello”.

Immagino un inferno di ghiaccio. L'Ade sarebbe un paradiso al confronto. Una tortura senza fine nel torpore perenne. Ma ciò che il mio corpo non riesce a tollerare, ora, è questo caldo. Un intenso calore che m’investe mentre sto qui ad ascoltare gli insegnamenti di padre Misael, e che cresce e mi opprime allo stretto contatto col suo corpo. Lo ringrazio per le sue parole illuminanti. Gli dico che non ho più intenzione di disturbarlo con le mie sciocche domande. Gli chiedo di benedirmi e lui mi accontenta con ardore, stampandomi un bacio casto sulla bocca.

*

Abbiamo deciso di mangiare del pane, io ho del vino e lui ha una bottiglia di succo di frutta. A tavola chiacchieriamo su argomenti di particolare interesse per lui. Guardo i suoi occhi e mentre gli spiego certe verità teologiche sullo Spirito Santo, gli sfioro il dorso della mano. Lui si volta a guardarmi ed io arrossisco di botto. Gli accarezzo le guance e lo bacio di nuovo, ma questa volta in bocca.

*

L'orrendo bacio che delimiterà la soglia del peccato e la discesa nei meandri infernali.

*

Sono nella sua stanza e lui mi mostra un pigiama beige. Mi dice che sono adatto a servire un rappresentante di Dio nel mondo, e che d'ora in poi sarà il mio maestro spirituale. Mi spiega che l'abito talare è l'unico abito sacro che l'essere umano possa indossare. La mia nuova mansione sarà quella di aiutarlo a spogliarsi e a indossare il pigiama. Trovo che sia un compito facile e accetto di servire il sacerdote, un Unto del Signore.

*

Le sue mani scivolano lentamente lungo le mie cosce. Mi sento caldo, rinfrescato, eppure così eccitato e ricettivo. Contengo un gemito. Mi sento vivo quando sento il suo respiro nell'area delle mie mutande, vivo nella trepidazione dei miei capelli che ondeggiano attratti dall'ondata di fascino che emana dalla sua pelle che tocca la mia, con le sue caste e rosee dita. Ora è il mio petto a sentirsene grato, si rallegra per un piacere di cui mi è proibito godere, in questo mondo. I peli mi si drizzano. Sono totalmente paralizzato dal piacere del suo tocco. Ammaliato dal contatto con la sua pelle immacolata. Le pieghe della mia camicia vibrano lievemente, quando me la sbottona con calma. Urlo dentro di me, ma non mi ascolta. Sembra che abbia iniziato a tormentarmi come fa il carnefice con la sua vittima, impedendole di fuggire. Percepisco questi attimi della mia esistenza come se fossero vitali. Lo abbraccio e lo tengo stretto così a lungo, che non saprei dire quanto.

Ma poi io stesso mi stacco da lui, con una furia che non riesco a controllare. Una vampata di vergogna brucia il mio corpo. Come se niente fosse, lui s’inginocchia davanti a me e mi chiede di benedirlo. Gli poso un bacio sui suoi folti capelli. Intuisco che la mia anima non avrà mai pace finché non permetterò al mio corpo di soddisfarsi, e che il mio corpo non riuscirà mai a godere se l’anima continuerà a vietarglielo. Non ce la faccio più e cedo alla dolce tortura del piacere solitario. Poi annego nel vuoto. Prego tutta la mattina per la salvezza della mia anima.

*

Il sacerdote accetta la sconfitta della sua anima, si è rassegnato e si affida alla volontà di Dio. Si prostra sul pavimento di piastrelle fresche e prega, con la faccia per terra.

“Padre mio, se puoi allontana da me questo calice! Tuttavia, sia fatta non la mia, ma la tua volontà”.

Confortato dal pensiero di non avere responsabilità reali nel suo tormento interiore, padre Misael cerca di riposare, ma non riesce a dormire. Guarda fuori dalla finestra e finalmente sente la brezza che colpisce il suo viso e placa il fuoco che gli brucia dentro.

Il giovane è entrato in un sonno profondo e, dietro di lui, arriva l’orrore dell'incubo che non lo abbandona. Questa volta cerca, nonostante la sua fragilità, di sfuggire ai rantoli della bestia ciclopica che è a un passo dal raggiungerlo con le zanne bavose. Ma conosce già l’inevitabile finale della storia. Il suo sudore sarà una goccia di sangue che cadrà sulla terra. L’ondata di calore che si diffonde improvvisamente nell’aria non riuscirà a scaldare il suo corpo freddo.

Sappiamo tutti che Dio, essendo spirito e il più supremo di tutti, non prova tormento. Almeno non come questo miserabile uomo, non come questo povero giovane che soffre le pene di un inferno che non brama nemmeno. È ora di dormire, padre, riposa, che domani il mondo porterà nuove tribolazioni. Dio non comprende il peso delle prove che invia.

Le spalle di padre Misael si piegano sotto l’enorme macigno delle sue tribolazioni. Esausto, crolla sul letto e chiude gli occhi. L'incubo del coltello e delle orecchie riemergerà ben presto dal suo mai sopito senso di colpa.

Come Una Preghiera

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