Читать книгу Come Una Preghiera - Diego Maenza, Diego Maenza - Страница 7
ОглавлениеL'oscurità è la cecità dei pensieri, è il tuono del silenzio. L'oscurità è una pestilenza che diventa vertigine, una carezza del nulla, un vento gelido che striscia sulle ossa, un'amarezza che viene ingoiata dalle lacrime. L'oscurità è una condanna delle paure del passato, un'incertezza verso le calamità del futuro, una nube che annienta i sensi. E’ il buio.
E improvvisamente, figli miei, potete contemplare il mondo. Apro gli occhi e mi sveglio come se fossi espulso dall'abisso dell'utero. Mi sento rinascere, sebbene consapevole dell'inganno dei miei sensi. Percepisco l’odore del mio alito pesante attaccato ai miei peli, impregnato nel tessuto del cuscino o semplicemente diffuso per la stanza. Nel frattempo, il mondo rimane lì.
Mi siedo e il bagliore che entra dalla finestra mi acceca e mi costringe a coprirmi il viso. Mi sono destato da una notte agitata, che ha riempito la mia anima di terrore. Osservo quasi stupito, come se fosse la prima volta, l'aridità delle pareti della stanza, la tristezza delle vecchie crepe sul soffitto, le foto in bianco e nero dalle cornici colorate, il dipinto del Giudizio finale racchiuso in una teca di cristallo a protezione dai pericoli esterni o, forse, a isolamento dal mondo stesso, in modo che tutti i mali che in esso sono raffigurati ne rimangano prigionieri e nessuno, curioso di scoprire questo vaso di Pandora, possa di nuovo liberarne il fetore.
Sullo sfondo, dietro il mondo, osservo ancora una volta l'immagine di Dio. Chiudo gli occhi, prego. “Amato Padre, liberami da ogni peccato, perché tuo è il regno della terra e del cielo, e i tuoi disegni sono puri e indiscutibili. Purifica la mia anima, in modo che io possa essere liberato dalla tentazione e benedire ogni mio giorno”.
Mi siedo e riesco a percepire l'amarezza del vino che dimora nel mio intestino, da qualche parte nei miei tessuti. Scivolo in bagno, dove lo specchio mostra borse che mi appesantiscono gli occhi, e che cerco di stirare così violentemente con la punta delle dita da farle tremare. Lavo energicamente il viso con acqua e sapone. Il dentifricio mi risciacqua la bocca ed elimina il fetore del mio alito mattutino, a cui sono ormai abituato.
Esco con piacere, e noto sul davanti della biancheria intima i residui della mia polluzione notturna, come avviene quasi ogni giorno, che rivelano la loro viscosità alla luce del mattino e sembrano colorarsi di strani bagliori.
Oh Signore, quanto sono belli e crudeli i sogni! Il sogno è l'unico spazio in cui posso mostrarmi come sono davvero.
*
Il giornale parla sempre delle stesse cose. Ma un c’è il titolo di un articolo che mostra le ultime dichiarazioni del Santo Padre, che attira la mia attenzione. Ne leggo il contenuto stampato in lettere minuscole ed esamino la foto a colori posta vicino al trafiletto.
Adornato da un mantello e affacciato, come da tradizione, al balcone principale della Basilica di San Pietro, il Papa ha annunciato l’inizio della Settimana Santa. Padre Misael, da ora in poi lo chiameremo col suo nome, prega e si prepara per la messa.
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Non riesco a cancellare quell'immagine. È in me e non mi abbandona. Quanto soffro sull'altare al pensiero di questo ricordo! Come posso sopportare quel tormento nel momento in cui pronuncio le frasi trite e ritrite di ogni messa, e che il parrocchiano ascolta come fossero ogni volta parole nuove! Riesco a resistere pochi secondi prima che il sangue e il corpo di Dio mi purifichino. E tutto per quell'immagine. È scolpita in me e mi tormenta, è una maledizione che nasce dal male e che piega il mio spirito, e posso solo implorare l’aiuto dell'onnipotente, affinché illumini il mio cammino.
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Seduto a tavola, dopo aver messo da parte uno dei piatti di verdure, mi accorgo di avere cucinato troppo. Mi soffermo con pignoleria sulla pulizia dei mobili, del pavimento, della mensola lucida e brillante, dell'imitazione della porcellana imperiale che brilla di un insolito splendore e che mostra i cherubini nudi con i loro pallidi volti spettrali. Tomas, disciplinato, sbuffa da sotto, trasformando la coda in un'imitazione di saluto. Il ragazzo sorseggia il succo d'arancia che si addensa in piccole gocce all'angolo delle labbra e sorride alla sua goffaggine.
Mangio solo l'insalata e mezzo bicchiere di succo di frutta e metto da parte il pesce di cui non ho voglia, e che va a fare compagnia all’altro cibo che ho riposto. Il mio occhio destro è di nuovo cisposo, e io me lo pulisco con discrezione e anche con un po’ di fastidio, dal momento che il ragazzo mi guarda con stupore, mentre gli leggo alcuni passi della Bibbia. Tom mi segue in cucina con passo marziale, supplicandomi con un sospiro di riempirgli il vuoto dello stomaco, e farlo smettere di sbavare dalla fame.
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Salgo le scale e vado in camera da letto. Provo a riposare. Invano. Torno al sogno che mi pesa addosso come una roccia e spero che si dissolva, quando mi sveglierò. Il buio. E all'improvviso ecco che torna incessantemente la stessa l'immagine, che si ripete come se la guardassi dentro un caleidoscopio le cui rifrazioni me la offrono chiara e senza distorsioni.
Prego Dio di liberarmi da questo tormento e che il mio spirito possa finalmente trovare pace! Orecchie ciclopiche divise dalla lama di un coltello. È l'immagine che mi assilla e so da dove viene. Dai miei ricordi del dipinto che è in camera da letto, senz’alcun dubbio. Dalla sua analisi minuziosa e continua del pomeriggio, che faccio ogni volta che entro là dentro.
È una imitazione bastarda e quasi scadente del famoso trittico del grande pittore, ma che io ho pagato con i risparmi di una vita. Bisogna riconoscere che è un oggetto mediocre rispetto all'originale, se si parla di arte, nonostante sia una copia fedele e di uguali proporzioni. Contemplo la fine del mondo che vi è raffigurata. Ogni volta che apro il trittico con il suo dipinto realizzato su legno di quercia, mi sembra di entrare in un universo parallelo: quello del paradiso, del purgatorio e dell'inferno. Resto estasiato a quella vista, come ogni pomeriggio. L'arte del pittore è così incisiva che riesce a penetrare in me, anche se non ne capisco nulla di quadri… Analizzo il tramonto dipinto esplorando i particolari della sua trama, cercando di decifrare l'alchimia che ha portato il pittore a dipingere quel paradiso ormai devastato, e la sua capacità di demiurgo che ha forgiato l'inferno. E fingo di capire, perché solo nella comprensione è insita la libertà di scelta, il percorso di perdizione che porta a questo calvario.
*
Esco dal sogno con il corpo dolorante, con la sonnolenza che fa ribollire la mia carne e mi incita al peccato. Ho la sensazione di non essere più lo stesso, di voler scappare in qualche luogo lontano, senza preoccuparmi di portare sulla fronte lo stigma che devo affrontare davanti agli uomini. Fuggite dallo sguardo di Dio, possano i suoi occhi non posarsi più su di me cosicché io possa accettare le mie sconfitte…
Il pensiero sacrilego mi tormenta ogni giorno. Prego che il demonio si allontani da me e sento che Dio mi rianima nella fede, che strappa via Lucifero dalla mia carne, su cui ricomincio a riprendere il controllo... E prego. Non posso fare altro che implorare il Cielo di aiutarmi a sfuggire dalla trappola del mio corpo, di placare le perfidie che bramo nel mio peccato, di allontanarmi dalle tentazioni a cui i miei poveri sensi mi attirano. Faccio ricorso a qualche pensiero di redenzione che mi salva, almeno per il momento. Prego e mi preparo per la messa.
*
Il ragazzo passa davanti alla mia porta, si ferma un attimo e si accovaccia per sistemarsi le pantofole. Il pigiama bianco e trasparente conferisce alla sua figura l'aspetto di un efebo voluttuoso. Ma nella sua faccia c'è l'innocenza, la castità. La luce artificiale fa risaltare le sue guance rosa pallido, che quasi brillano nell’oscurità del corridoio.
Lui ignora completamente i suoi poteri di seduzione, la pericolosa attrazione che scatena in me, quando cammina. Mi vede, si rimette in piedi, guarda verso la mia stanza e nella sua eterna timidezza cerca di salutarmi con un rispetto che percepisco con grande fastidio. Con un gesto lo incoraggio ad avvicinarsi. Gli dò una benedizione, tracciando il segno immaginario della croce sui suoi occhi. Abbasso la mia mano quasi trasformata in un pugno all'altezza della sua bocca, e mi pare che lui con le labbra accarezzi le mie dita, e mentre contemplo il suo viso così vicino al mio vengo scosso da un tremito, perché quel viso innocente mi appare sempre più come il volto di un arcangelo. Lo prendo per le spalle, e questa volta gli traccio il segno della croce con quattro baci che gli stampo sulla fronte. Non posso fare altro che lasciarlo andare e rifugiarmi nella preghiera.
*
Il giovane Manuel confida nelle parole di padre Misael. Quegli, ogni notte, lo invita a unirsi a lui nella preghiera. Lo ha iniziato all'arte mistica della contemplazione, all'interiorizzazione spirituale che, sostiene il sacerdote, purificherà la sua anima e lo assolverà da ogni peccato, consegnandolo mondo al cospetto di Dio… E Manuel si arrende a lui, senza condizioni. Il reverendo gli ha imposto un dogma. Gli ha mostrato che la fede è l’unica cosa che conta e che bisogna confidare negli imperscrutabili disegni del Signore. E il ragazzo gli crede.
A volte, quando si inginocchia di fronte al letto, il sacerdote si pone proprio dietro di lui e gli stringe le mani .
“Così preghiamo meglio —gli sussurra all'orecchio— così Dio ascolterà meglio te, come se fossi un figlio e me, come se fossi un padre”, farfuglia ogni volta, quasi impercettibilmente, tenendosi dentro il segreto che non può confessare davanti all'immagine agonizzante dell'uomo inchiodato sulla croce, appeso sulla testata del letto.
Nelle notti fredde, Manuel trova piacevole la compagnia di quella preghiera a mani unite, ma nei giorni caldi quel contatto gli sembra insopportabile, non riesce a tollerare il corpo muscoloso e sudato del prete appiccicato ai suoi glutei, il desiderio ardente e appassionato che il sacerdote esprime nella preghiera, e poi quando lo saluta, mentre gli appoggia le labbra umide sulla nuca.
Ma ora, inginocchiato ai piedi del letto e con i gomiti sul materasso, il ragazzo sta pregando da solo, di fronte all'immagine di Gesù, perché il prete non è ancora arrivato.
*
Stasera non mi alzerò. Dio ha rafforzato la mia fede. Dio è il mio pastore, la mia guida, la mia luce e la mia via. Ascolta la mia preghiera e lascia che sia forte, non mi lascia a cadere nelle tenebre del peccato! Oh diletto Dio, oh diletto Padre!
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“Che sogno orribile, per l'amore di Dio! Salvami, Signore! Guardami e proteggimi, padre!
Abbi cura di me, Signore. Che sogno orribile. Aiutami, Signore, te ne prego! Non cederò mai alle lusinghe del peccato! Lo giuro, perché non sopporto più questa oscurità. I miei occhi non sopportano tutte queste tenebre!”
Mi alzo e cammino per la stanza, e sento il mio letto quasi freddo, ora che è privo del calore del mio corpo. Sbatto contro l'armadio, duro come l'oscurità che mi soffoca. Non riesco a trovare l'uscita che mi porta alla luce.
“Signore, guidami in questo esilio. Non lasciarmi vagare da solo!” Tocco il muro freddo con le mani, che subito mi si congelano. “Guidami, Signore! —continuo a urlare, invano— questa casa è così triste, così sola e così grande che Padre Misael non può sentirmi. Ma tu, Signore, mio amato Padre, che ascolti i lamenti di tutti i tuoi figli, guida le mie gambe verso la tua luce, portami fuori da questa oscurità e promettimi di starmi vicino fino alla fine dei miei giorni! Prometto di offrirti la mia vita ogni mattina. Prometto di adempiere le penitenze del tuo mandato divino. Confido in te, Signore, diletto Padre. La tua parola sarà una lampada ai miei piedi e una luce nel mio cammino. Lo so, Signore, confido pienamente in te. Dirigimi verso la luce. Guidami alla tua luce!”
*
La porta si apre e il ragazzo, scalzo, bussa alla camera da letto del sacerdote. Ha dovuto attraversare il lungo purgatorio del corridoio che separa le stanze come se fosse la soglia infinita tra inferno e paradiso.
*
E viene da me con le membra tremanti e i denti che battono, gelidi e spettrali.
“Ho fatto un sogno orribile, padre. Ho sognato un burattino tra i denti di un'enorme bestia. Sono quasi morto dal terrore. Aveva enormi occhi rossi e mi guardava, mentre mi teneva in bocca, perché quel fantoccio ero io! E come mi guardava! Sbuffava come un toro e la sua bava era liquida e appiccicosa, disgustosa! Era tutto buio. Ma i suoi occhi no, oh Dio, i suoi orrendi occhi!”
Allora io gli dico: “Vieni, figlio caro”.
E lo accolgo nel mio letto e sorrido dentro di me, per la sua paura infantile del buio.
*
Vieni, giovanotto. Entra, trionfante nella tua Gerusalemme, dove sei acclamato.
*
Ancora una volta, padre Misael non riuscirà a dormire mentre, guardando fuori dalla finestra e con il ragazzo che riposa nel suo letto, brama solo un bicchiere di vino; non il sacro calice che si trasforma nel sangue del Signore, ma quello materiale, che placa i nervi e allenta il desiderio represso di penetrare un uomo.
Laggiù, anche la città sta dormendo. Non si vede nessuna luce alle finestre, e così lui capisce che è l’unico a non dormire, che è solo nel suo tormento. È una solitudine senza pause o interruzioni. Non ne esiste una uguale...
Il mondo non lo avrebbe mai capito. Neanche lui capiva. E perfino Dio, nella sua infinita saggezza e con il suo sguardo onnipresente, non avrebbe capito. Nessuno poteva capirlo...