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ACQUA
IL NOVELLINO
ОглавлениеIL MARE GLI DA' la nausea, le vertigini, il panico, ha una mappa che pare un labirinto. L'orizzonte è così ampio che gli sembra infinito. Lo travolge. Lo riempie di disperazione e di impotenza il desiderio di voler conquistare i suoi domini e scoprire se stesso così inesperto e insignificante di fronte alla vastità delle onde. Lui, proprio lui, che ha appena iniziato a muovere i primi passi nel mondo della pirateria. La sua ambizione è enorme, sproporzionata e quindi ridicola. Intende conquistare i sette mari. Vuole coprirli, quindi, nel loro insieme, e non può guardarli con la brevità degli occhi e la limitatezza della sua navigazione. Così sceglie di ricordare quelli che ha attraversato, anche se solo in sogno, un viaggiatore alle prime armi che si affida più alla memoria che alla capacità della sua inventiva: il Mar Nero, il Mar Rosso, il Mar Caspio, il Mar Mediterraneo, il Golfo Persico, il Mar Arabico, l'Adriatico.
E opta per la fantasia rifugiandosi nella taverna dei sogni, dove i menestrelli cantano storie molto strane e fondanti di esseri bifronti che si forzano e si metamorfosano, che sono allo stesso tempo elementi, animali e divinità, figure invocate in riti immemorabili che sono venuti nel mondo antico per contaminare tutto, loro, proprio loro, così colti nella loro cultura portata giù dall'Olimpo e forgiati e perfezionati nelle fucine di Roma; storie metafisiche e spirituali che infettano per sempre la pacifica acutezza materialistica e razionale della loro saggia competenza; O favole più vicine a lui, l'apprendista dell'ostruzionista che vuole spiccare il volo come un gabbiano e poi precipitarsi sulla preda sfuggente, come quella del pirata mendicante che, per le risate di tutti, sosteneva di essere stato uno schiavista e di aver svelato un nuovo emblema che dava valore e trasformazione agli accoliti che lo prendevano come loro vessillo, o quella dell'uomo nero sfuggito ai suoi padroni e diventato re, o quella dell'omino infelice con il volto sfigurato e le vesti tristi che dichiarava di essere stato vittima di un incantesimo malvagio, come se la sua anima valesse più di quella di Faust. Povero lui, innocente creatura piena di ottimismo che conosce a malapena il mondo e che crede che gli affluenti siano gradevoli come le vene delle sue gengive, arterie salate che portano alla verità. Di cosa hai paura, marinaio, di indebolirti davanti allo sguardo del tuo stesso volto riflesso nella calma dell'oceano? Che la schiuma delle onde si schianti nel tuo cranio e rompa le rocce di un'isola vergine, o che gli uccelli impazziscano e comincino a beccarti gli occhi? Che i corsari della parola si innalzino come supremi esecutori, come demiurghi ineguagliabili che considerano il mare di loro proprietà? Tu, mio esitante amico, devi essere il pirata per eccellenza, quello che sabota tutte le lingue e i codici stabiliti nei regni degli altri: devi appropriarti di quei regni. Sarai tu a costringere il pesce e l'albatros a copulare per generare una nuova prole, una creatura mitologica nata dalle tue stesse viscere.
Poi, il nostro amico, di fronte alle sue paure, con una visione rinnovata ma sbagliata, si aggrappa e beve dal suo labirinto, ed è deciso a inventare i mari in cui navigherà, un viaggiatore sollecitato dalle esperienze altrui, e che ora confida pienamente nella capacità della sua inventiva piuttosto che nella sua nebulosa memoria e crea e crede: l'Oceano Atlantico, l'Oceano Indiano, l'Oceano Artico, il Mar Mediterraneo di nuovo, l'Oceano Pacifico, il Mar dei Caraibi, il Golfo del Messico. Sì, la sua realtà inizierà dove è culminata la sua immaginazione. Salperà per le coste di quel mondo da loro appena scoperto, ma abitato dall'immemorabile.