Читать книгу Il Nostro Sacro Onore - Джек Марс - Страница 15
CAPITOLO OTTO
Оглавление7:30 ora della costa orientale
Sala operativa
Casa bianca, Washington DC
L’ascensore si aprì e Luke entrò nella sala operativa a forma di uovo.
Il grosso Kurt Kimball si trovava in fondo alla stanza, in piedi, la testa calva che splendeva, e scorse subito Luke. Kurt di solito teneva quelle riunioni con mano di ferro. Aveva una tale profonda, agevole ed enciclopedica padronanza delle cose del mondo, che la gente tendeva a seguire la sua guida.
“Agente Stone,” disse. “Sono contento che si sia potuto unire a noi a quest’ora.”
C’era un sottotesto, sarcasmo persino, nell’affermazione? Luke decise di lasciar perdere.
Scrollò le spalle. “Mi ha chiamato la presidente. Sono arrivato appena ho potuto.”
Guardò la stanza.
Ultramoderno, il luogo era molto più che una sala conferenze – era organizzato per il massimo utilizzo dello spazio, con grandi schermi incassati nelle pareti ogni sessanta centimetri, e un gigantesco schermo di proiezione sulla parete in fondo al tavolo. Sulla tavola, tablet e sottili microfoni che sorgevano da degli slot – potevano essere reinseriti al loro posto se il partecipante desiderava utilizzare il proprio dispositivo.
Ogni lussuosa poltrona in pelle della tavola era occupata – qualche uniforme militare, molte giacche con cravatta. La maggior parte della gente era di mezza età e sovrappeso – tipi da carriera nel governo che trascorrevano molto tempo seduti su comode poltrone e a pranzo. Quelle poltrone sembravano tutte la sedia del capitano del modulo di comando di una nave spaziale che attraversava la galassia. Braccioli grossi, pelle profonda, alti schienali, supporto per le lombari corretto ergonomicamente.
I posti lungo le pareti – sedie di lino rosso più piccole con schienali più bassi – erano occupati da assistenti giovani e ancora più giovani, per lo più che bevevano rumorosamente tazze di caffè Styrofoam digitando messaggi nei tablet o mormorando al telefono.
Susan sedeva su una sedia in pelle sul margine più vicino della tavola oblunga. Indossava un gessato azzurro. Teneva la gamba destra incrociata sulla sinistra, e si sporgeva in avanti per sentire quello che le stava dicendo un giovane assistente. Luke cercava di non fissarla.
Dopo un attimo, alzò lo sguardo e gli fece un cenno.
“Agente Stone,” disse. “Grazie di essere venuto.”
Luke annuì. “Signora presidente. Si figuri.”
Kurt batté le grosse mani, come se l’entrata di Luke fosse stato il segnale che aspettava. Il suono parve un pesante libro che cadeva su pavimento in pietra. “Ordine, tutti! All’ordine, per favore.”
La stanza si fece silenziosa. Quasi. Un paio di militari alla tavola da conferenze continuarono a parlare l’uno con l’altro, le teste vicine.
Kurt batté le mani di nuovo.
CLAP. CLAP.
Lo guardarono entrambi. Sollevò le mani come a dire, “Avete finito?”
Nella stanza finalmente scese un silenzio di morte.
Kurt fece un cenno verso una giovane seduta alla sua sinistra. Luke l’aveva già vista, diverse volte. Era l’indispensabile assistente di Kurt, praticamente una sua appendice. Aveva i capelli ramati tagliati in un corto caschetto come quelli di Susan – i caschetti corti come quello di Susan erano all’ultimo grido tra le giovani donne, ultimamente. Editor di riviste e programmi di notizie fuffa non si erano esattamente lasciati sfuggire la cosa. I critici cui piaceva lo chiamavano Caschetto alla Hopkins, quelli cui non piaceva Elmo alla Hopkins. Sembravano tutti essere d’accordo su come chiamare le donne che si facevano fare i capelli così, comunque.
L’Esercito di Susan.
A Luke questa piaceva. Lui il caschetto non ce l’aveva, ma immaginava di far parte anche lui dell’esercito di Susan.
“Amy, vediamo,” disse Kurt. “Israele e Libano, per piacere.”
Sullo schermo, per il Libano meridionale e a nord fino al margine meridionale di Beirut, cominciarono ad apparire delle icone azzurre e gialle che rappresentavano esplosioni, esplosioni che si facevano più rade a mano a mano che si saliva verso nord.
“Ore fa, la forza aerea israeliana ha cominciato una campagna di bombardamenti attaccando i sistemi di tunnel e le fortificazioni di Hezbollah lungo la Linea Blu, così come i quartieri dominati da Hezbollah della Beirut meridionale. Nessuna sorpresa; in effetti ieri notte la notizia ci è stata telegrafata dal governo di Yonatan Stern.”
Sullo schermo cominciarono ad apparire per tutta Israele delle grosse icone rosse della stessa forma di quelle di prima. Potevano essercene in tutto quindici. Un attimo dopo, delle icone rosse più piccole, minuscoli starburst, cominciarono ad apparire nel nord di Israele. Ce n’erano a dozzine.
“Poco dopo l’attacco aereo di Israele, Hezbollah ha iniziato a lanciare attacchi missilistici all’interno di Israele. Non è straordinario, soprattutto in occasione di scambio di fuoco tra le due forze. La guerra del 2006 ha seguito più o meno la stessa traiettoria. Ma è sorto un problema. Negli anni intercorrenti, Hezbollah ha ottenuto una maggiore potenza di fuoco.”
Apparve la foto di un grosso missile su una rampa di lancio mobile.
“Questo è il missile Fateh-200. Si tratta di un sistema d’arma di costruzione iraniana, missili a lungo raggio con testate multiple che ammassano una potente energia. Lanciati dall’interno del Libano, possono raggiungere quasi ogni punto di Israele, tranne forse lo scarsamente popolato deserto del Negev del sud. Ha funzionalità di controllo e guida sofisticate che per la prima volta danno a Hezbollah la capacità di un colpo di precisione.”
Kurt fece una pausa. “A quel che possiamo raccogliere, adesso pare che Hezbollah abbia ottenuto il Fateh-200. Crediamo che finora abbiano lanciato ovunque dai venti ai trenta missili, ognuno con almeno una dozzina di testate. Hanno puntato infrastrutture civili e militari in centri popolati in tutta Israele, inclusi Tel Aviv, il margine occidentale di Gerusalemme e il centro di Haifa, tra gli altri. Il sistema di difesa missilistica a medio raggio di Israele, noto come Fionda di Davide, forse ne ha abbattuti la metà o i due terzi dal cielo. Ma non è bastato.
“Sono stati colpiti molti quartieri civili e distrutti molti edifici. Una testata è atterrata a mezzo miglio dalla Knesset, il congresso israeliano, mentre era in sessione.”
“Quali sono le vittime attuali?” disse Haley Lawrence, il segretario della Difesa.
“Finora, tutto ciò che abbiamo sono le cifre ufficiali rilasciate. Più di quattrocento civili uccisi, migliaia feriti, in mezzo a distruzione e panico estesi. Non è stata rilasciata alcuna cifra sulle vittime militari, ma gli israeliani si sono mobilitati per la guerra totale, chiamando in servizio tutti i riservisti e i veterani di guerre precedenti non disabili. Hanno intensificato drammaticamente la campagna di bombardamenti nel Libano, probabilmente nel tentativo di distruggere qualsiasi altro Fateh-200 prima del lancio.”
“Funziona?” disse Luke, conoscendo già la risposta.
Kurt scosse la testa. “Non lo sappiamo. Ne dubitiamo. Mentre noi parliamo, Hezbollah sta ancora lanciando piccoli missili e razzi senza guida nel nord di Israele, dimostrando che la loro capacità di risposta persiste. Crediamo che stiano conservando i Fateh-200 per il futuro, ma che continueranno i lanci secondo un programma da loro scelto.
“Israele biasima pubblicamente gli iraniani per aver fornito a Hezbollah i nuovi missili. In tutta probabilità, è una stima accurata. Hezbollah è un burattino dell’Iran. Trenta minuti fa Israele ha minacciato di attaccare l’Iran se un altro Fateh-200 o un missile simile viene lanciato in territorio israeliano.”
Kurt fece una pausa. “Dieci minuti fa, l’Iran ha informato gli israeliani che controbatteranno a ogni attacco israeliano lanciando armi nucleari. Nella stessa dichiarazione, hanno indicato che qualsiasi attacco israeliano sarà ragione perché l’Iran lanci armi nucleari alla base aerea americana di Doha, nel Qatar, così come alla grande ambasciata americana di Bagdad.”
Nella stanza scese un silenzio di morte per molti secondi. Luke, in piedi in un angolo, osservava gli sguardi sui loro volti. Molti arrossirono, come se fossero imbarazzati. Altri fissavano con occhi sgranati e le bocce leggermente aperte.
“L’Iran non ha armi nucleari,” disse qualcuno. “Non possono averle.”
Kurt scosse la testa. “Ogni accordo e trattato internazionale afferma che l’Iran non è uno stato con armi nucleari, e che gli è proibito diventarlo. Ma ciò non significa che non abbiano acquisito armi nucleari. Amy, dacci l’Iran, per favore.”
Sullo schermo apparve una nuova mappa – l’Iran. La mappa diede a Luke la sensazione di affondare. C’era stato, in Iran. Non era il suo posto preferito.
“Lo Stato Islamico dell’Iran è una teocrazia musulmana sciita. Sappiamo che covano l’ambizione di acquisire armi nucleari almeno dalla rivoluzione islamica del 1979.”
“Ma se avessero testato un’arma nucleare,” disse Susan, “noi lo avremmo saputo.” Era la prima volta che parlava dall’inizio della riunione.
“Bello, se fosse vero,” disse Kurt. “Ovunque nel mondo proliferano strutture di collaudo situate nelle profondità della terra – difficilissime da trovare e mappare. Sistemi avanzati di rilevamento radioattivo possono dar conto delle radiazioni rilasciate nell’atmosfera, fino a pochissime quantità. Possiamo combinare questo con la nostra capacità di misurare la forza e la direzione dei venti dominanti, e determinare con una certa accuratezza da dove proviene la radiazione. Ma quando dico con una certa accuratezza, quello che voglio dire è nel raggio di molte centinaia di miglia. Data la prossimità dell’Iran al Pakistan – noto e accettato stato con armi nucleari – è difficile individuare la fonte di una radiazione e dire con certezza che si tratta dell’Iran.”
“Ma quei test presentano alterazioni sismiche,” disse Susan. “Praticamente sono come terremoti.”
Kurt annuì. “Ed è questo a rendere l’Iran doppiamente gravoso. È uno dei posti più sismicamente attivi del pianeta. Lì i terremoti sono comuni, e di frequente devastanti. Il disastro più recente è occorso nel 2003, quando un terremoto di magnitudine 6.6 ha ucciso almeno ventitremila persone nella città di Bam. Ma disastro a parte, in Iran l’attività sismica è quasi costante. La monitoriamo su base quotidiana. Tendere l’orecchio in cerca di un rimbombo sotterraneo in Iran è come tendere l’orecchio in cerca delle acque che si infrangono sulla spiaggia. Succede di continuo.”
“Cosa stai dicendo, Kurt?” disse Susan. “Dillo e basta.”
“L’Iran potrebbe costruire e testare armi nucleari,” disse Kurt. “E noi potremmo non scoprirlo.”
Istantaneamente, a Luke venne in mente un’idea. Era solo una, tra quelle cose. C’è una domanda, e la testa ti consegna la risposta. La risposta non ti deve piacere per forza, ma eccotela davanti.
“Perché non ci mandiamo una squadra di infiltrazione sotto copertura?” disse. “Potrebbero entrare e scoprire se si tratta di un bluff oppure no. Se non è un bluff, scoprono l’ubicazione delle testate nucleari e chiamano un raid aereo.”
In effetti, non aveva riflettuto bene sull’interno piano, ma una volta detto ad alta voce, riusciva a vederne la saggezza.
“Non abbiamo le persone adatte necessarie per uno schieramento del genere,” disse un uomo in uniforme. “Ci vorrebbero settimane o persino mesi…”
“Generale, devo dissentire,” disse Luke. “Ce le abbiamo, le persone adatte. La mia organizzazione, lo Special Response Team, è pronta.”