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II – SCOTENNATO DAGLI INDIANI

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Le immense praterie del nord-ovest americano, come quelle non meno immense della Patagonia e dell’Australia, offrono risorse infinite ai grandi allevatori di bestiame. Quelle pianure sterminate, sparse di alte graminacee e di erbe succolente chiamate buffalo-grass, sono il vero paradiso dei cavalli, dei buoi e dei bisonti che vi ingrassano rapidamente, quasi senza spesa per i loro proprietari. Essendo per lo più lontane dai centri abitati, e di proprietà esclusiva delle tribù indiane che le considerano come loro territori di caccia, i grandi allevatori, per mandarvi le numerose mandrie, hanno imitato i loro compatriotti dell’America del sud, gli Argentini. Questi affidano i loro cavalli e i loro buoi ai gauchos, cavalieri indomiti della pampa; gli americani del nord hanno invece i cow-boys. Gli uni valgono gli altri. Se i primi sono quasi dei selvaggi, dotati di temperamento violento e battagliero, sempre in armi, pronti a respingere gli assalti dei patagoni e degli araucani, i cow-boys dell’America del nord non sono da meno. In ogni caso si tratta di coraggiosi che sfidano intrepidamente la morte e che difendono strenuamente il bestiame loro affidato, contro i lupi e gli orsi e la rapacità degli indiani.

Sempre in sella, essendo tutti instancabili cavalieri, non hanno altra cura che di impedire al bestiame di disperdersi, poiché ogni capo che si allontana può considerarsi perduto. I lupi seguono con ostinazione quelle mandrie, per mesi e mesi, sempre pronti a piombare sull’animale che rimane indietro, o che di notte si allontana dall’accampamento. I cow-boys si fermano dove le erbe sono migliori, e l’acqua è vicina. Un carro colossale serve loro di casa; due sassi bastano per improvvisare il fornello su cui faranno friggere il lardo e cucineranno le focacce impastate alla meglio, o arrostiranno qualche pezzo di selvaggina. Sono uomini frugali, che si accontentano di poco; d’altronde il proprietario della mandria non fornisce loro di più, forse vi aggiunge qualche sacco di legumi. Finché la stagione è buona, i cow-boys non abbandonano le praterie. Continuano ad avanzare, di pianura in pianura, attraverso territori quasi vergini, lottando coraggiosamente contro tutti gli ostacoli, battendosi quasi costantemente contro gli indiani che non li vedono di buon occhio, e non ritornano se non quando le prime nevi cominciano a coprire la prateria, e anche molte mandrie sono passate nelle mani dei pellirossa, ma che importa? Sono semplici incidenti che non scoraggiano gli altri cow-boys, nè i proprietari del bestiame. Sembra che quella vita libera, indipendente, piena di emozioni, di lotte, di avventure, eserciti su di loro un’attrattiva irresistibile. Il cow-boy, anche diventato ricco, il che è un caso rarissimo, non lascia più il suo mestiere. Tornerà sempre nella prateria finché ci lascerà la pelle o la capigliatura; tutt’al più diventerà un cacciatore di qualche compagnia di pellicce. Bennie e Back erano dunque due cow-boys. Il primo non era alle prime armi. Canadese d’origine, era stato prima cacciatore di professione, poi minatore nelle miniere d’argento del Colorado, quindi, perduti tutti i suoi risparmi, era diventato vaccaro. Bell’uomo quel Bennie, il vero tipo dello scorridore della prateria. Alto, muscoloso, dalle braccia poderose, il petto ampio, con una testa energica, coperta da una lunga capigliatura nera, inanellata, che cominciava già a brizzolarsi, con occhi penetranti e una barbetta tagliata a due punte.

Non aveva ancora abbandonato il pittoresco costume dei cacciatori della prateria. Invece del largo cappello usato dai cow-boys, aveva conservato il suo berretto di pelle di raccoon, adorno della coda che gli pendeva su di una spalla; aveva il petto racchiuso dentro una comoda giacca di panno grosso, azzurro-cupo, stretta alla cintura da una cartuccera e da un’alta fascia sostenente uno di quei lunghi coltelli, chiamati dagli americani bowie-knife: calzoni di pelle, adorni ai lati di piccole strisce di pelle e alti stivali muniti di speroni messicani, dalla grande rotella. Il suo compagno Back, era invece tutto l’opposto: forse di dieci o dodici anni più giovane, era molto bruno, paffuto, con baffetti appena nascenti, con gli occhi nerissimi, il vero tipo ispano-americano. Messicano d’origine, avido di emozioni e di avventure come i suoi compatriotti, era emigrato, nelle regioni occidentali degli Stari Uniti, attiratevi dalla febbre dell’argento. Dopo aver fatto il minatore nelle ricche miniere argentifere della Nevada e del Colorado, ma con poca fortuna, a causa della sua giovinezza e della poca esperienza, s’era associato o meglio aggrappato ai panni di Bennie, dividendo con lui i pericoli. I due amici, diventati inseparabili, avevano già esercitato il loro duro mestiere sulle falde delle Montagne Rocciose, per due stagioni di seguito, alle dipendenze di un grande proprietario di Lytton, poi erano passati ai servigi del signor Harris, uno dei più grandi allevatori dell’Alberta. Partiti da Edmonton, piccola città situata sulle rive dello Saskatchewan del Nord, insieme con due altri compagni, duecento buoi e ventiquattro cavalli, ai primi di marzo 1897, avevano già attraversato il fiume Athabasca, dirigendosi verso il piccolo lago degli Schiavi, dove contavano di passare la buona stagione in quelle ubertose praterie. Durante il viaggio però, in uno scontro con gli indiani, avevano perduto un compagno, mentre l’altro era stato costretto a tornare indietro, per curarsi una grave ferita.

Alla metà dello stesso mese si accampavano presso le rive del lago.

. . . . . . . . . . . . . . .

Udendo quella voce fioca che chiedeva da bere, i due cow-boys avevano trattenuti i loro cavalli, guardando lo scotennato che essi avevano ritenuto morto da parecchie ore.

– Corna di bisonte!… – esclamò Bennie, al colmo dello stupore. – Che i miei orecchi mi abbiano ingannato o che io sia in preda a qualche sogno?… Un uomo che ha subito quella spaventevole mutilazione, dopo quattro ore dà ancora segno di vita!… Ecco un caso straordinario!…

– Ma che sia lui che ha parlato?… – chiese Back con viva emozione.

– Se l’hai udito anche tu, vuol dire che non sono sordo. Tieni il mio cavallo. Back, e andiamo a vedere questo miracolo.

Il canadese balzò a terra, senza però abbandonare il fucile; gettò un rapido sguardo all’intorno, poi s’avvicinò all’uomo scotennato e si curvò su di lui. Quel disgraziato, dopo aver pronunciato quelle due parole, e dopo lo sforzo del gesto compiuto, pareva fosse morto o svenuto.

– Diavolo, – mormorò il cow-boy. – Che sia spirato?…

Estrasse il bowie-knife e accostò la lama lucida sulle labbra dello scotennato. Un istante dopo la vide leggermente appannarsi sotto il debole respiro del ferito.

– Ebbene!… – chiese Back, con ansietà. – È vivo ancora?…

– Ma sì, – rispose Bennie. – Corna di Bisonte!… Mi pareva impossibile che un uomo così solido, e che pare non abbia ricevuto altre gravi ferite, fosse morto così presto. Back, amico mio, noi possiamo ancora salvarlo.

– Lo credi?…

– L’uomo è robusto.

– Che cosa dobbiamo fare?…

– Issarlo su uno dei nostri cavalli e condurlo al campo.

– Forse ci sono altri feriti nel bosco.

– Per ora occupiamoci di questo. Da bravo, aiutami.

Back balzò a terra, legò i due cavalli l’un l’altro con le briglie, poi s’affrettò ad accorrere in aiuto del camerata. Lo scotennato fu delicatamente alzato. Si vide allora che era un uomo di costituzione robustissima, tale da dare dei punti allo stesso canadese. Poteva avere quarant’anni. Aveva spalle larghe, membra poderose, un volto ardito, leggermente abbronzato, coperto in gran parte da una barba lunga, nerissima. Si poteva crederlo un ispano-americano; però poteva anche essere un emigrante dei paesi meridionali dell’Europa. Bennie e Back, riunendo le loro forze, lo sollevarono fino al cavallo più vicino e lo misero in sella, tenendolo da ambo le parti per impedirgli di accasciarsi e cadere. Lo scotennato non aveva dato segno di vita durante quell’operazione. Pallido, anzi livido, con gli occhi semichiusi, la fronte increspata per lo spasimo, si era lasciato mettere in sella, senza fare il minimo gesto, e senza pronunciare una sola parola.

– Presto, al campo – disse Bennie. – Fortunatamente questo poveruomo non ha ricevuto nè una palla, nè un colpo di lancia.

Il cavallo, a un fischio di Back, si mise in marcia, ma al passo, come se l’intelligente animale avesse compreso quale delicato carico portava in sella. La traversata della prateria si compì senza incidenti e senza che il ferito fosse tornato in sè. Giunti al carro, levarono di sella il disgraziato e, con mille precauzioni, lo issarono, deponendolo su un materasso situato sotto la grande tenda bianca.

– Back, – disse Bennie, – il signor Harris deve averci fornito degli antisettici, se non m’inganno.

– Sì, del cotone fenicato – rispose il giovane cow-boy.

– Presto, dammelo. Hai anche una spugna?

– Deve esserci.

– Portamela dopo averla imbevuta d’acqua. Cercheremo di calmare l’infiammazione.

Il giovane cow-boy, in pochi istanti, portò tutto quello che gli era stato chiesto e parecchi pezzi di tela. Bennie passò delicatamente la spugna su quel povero cranio denudato, levando il sangue già coagulato che lo copriva e ripetendo più volte l’operazione. Alla quarta, lo scotennato mandò un lungo sospiro e provò un forte tremito, prodotto forse dallo spasimo.

– Bene – disse Bennie. – Il nostro uomo torna in sè.

Pulito il cranio, lo avviluppò con del cotone fenicato, poi lo fasciò. Non avendo a portata di mano rimedi migliori, non poteva fare di più. Coricò, sempre con grandi precauzioni, lo scotennato, procurando che la sua testa rimanesse un po’ alta, poi attese che rinvenisse. Non erano trascorsi due minuti, che il ferito emise un secondo sospiro, facendo contemporaneamente un gesto con le mani, come se avesse voluto allontanare qualcuno.

– Ritorna in sè, – disse Bennie, che lo osservava attentamente.

– Disgraziato!… Chissà quali atroci dolori soffrirà.

– Lo credo, ma guarirà. Back, te lo assicuro.

In quel momento, dalle labbra del ferito uscì un sordo brontolio.

Pareva tentasse di far agire la lingua per pronunciare qualche parola.

– Volete bere?… – gli chiese Bennie, curvandosi su di lui.

Il ferito, udendo quelle parole, dopo qualche sforzo aprì gli occhi due bellissimi occhi neri, vividi, e li fissò, con stupore, sul cow-boy. Lo guardò per alcuni istanti in silenzio, poi aprì le labbra mormorando con voce rotta:

– Da… bere!…

Bennie prese una fiaschetta che Back gli porgeva, contenente dell’acqua mista a whisky e gliela introdusse fra le labbra. Il ferito bevette avidamente parecchi sorsi, poi sorrise ai due cow-boys, facendo con una mano un gesto come per ringraziarli.

– Potete parlare?… – gli chiese Bennie.

Lo scotennano fece un cenno affermativo.

– Sono stati gli indiani ad assalirvi?…

– Sì – rispose il ferito.

– Eravate in molti?…

– Cinque.

– Sono stati uccisi gli altri? Il ferito fece con una mano un gesto negativo molto energico, poi pronunciò un nome:

– Armando.

– Chi?… – chiese Bennie. – Uno straniero forse?…

– Sì, – confermò il ferito.

– È stato ucciso?…

– No!… No!… – ripeté il ferito con suprema energia.

– Forse fatto prigioniero dagl’indiani?…

– Sì!… Sì!…

– Corna di bisonte… – esclamò Bennie, aggrottando la fronte. – È un uomo questo Armando?…

– Un ragazzo.

– E gli indiani ve l’hanno rapito?…

– Sì.

– Furfanti!… Era stato ferito?…

– No.

– E gli altri vostri compagni, sono stati tutti uccisi?

– Lo credo.

– Back, – disse il canadese. – bisogna che facciamo un’altra corsa sulle rive del lago. Forse ci sono altri feriti.

– Sono pronto a seguirti, Bennie.

Il canadese si curvò sul ferito, dicendogli:

– Noi andremo nel bosco a vedere che cosa è accaduto dei vostri compagni. Non temete nulla; gli indiani, almeno per ora, non verranno qui, siatene certo. D’altronde la nostra assenza sarà breve.

Il ferito fece un cenno d’assenso, poi mormorò con un tono di voce nel quale si sentiva vibrare una profonda angoscia:

– Armando!…

– Sì, vi comprendo, voi siete preoccupato per lui, ma non lo abbandoneremo, ve lo prometto. Nube Rossa mi conosce e forse mi teme.

– Grazie – rispose il ferito.

– Vieni, Back, – disse il canadese. – Vedremo come finirà questa triste avventura.

I minatori dell' Alaska

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