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VII – LA FUGA

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Quando Bennie giunse al campo, Back aveva già fatto alzare il bestiame a gran colpi di frusta, e stava attaccando i cavalli al carro monumentale, avendo l’abitudine di obbedire prontamente al vecchio scorridore di prateria, che sapeva molto prudente e molto pratico in fatto di pericoli. Bennie lasciò che il giovane prigioniero si occupasse dello scotennato, e si mise ad aiutare febbrilmente il compagno, essendo ansioso di prendere il largo al più presto, presentendo, col suo infallibile istinto di cacciatore, una imminente sorpresa. La minaccia di Coda Screziata, la fuga dei lupi e la rapace avidità nonché lo spirito vendicativo degli indiani, erano motivi sufficienti per fargli sospettare un improvviso ritorno di Nube Rossa, il quale non doveva essersi così facilmente rassegnato a perdere il prigioniero che aveva votato alla morte. A quei due uomini bastarono dieci minuti per attaccare i cavalli e per radunare il bestiame. Stavano per dare il segnale della partenza, quando il giovane prigioniero, che aveva avuto un colloquio, con lo scotennato, comparve dicendo:

– Vedo che vi preparate a lasciare questo posto.

– È vero, – rispose Bennie. – Bisogna premunirsi contro un nuovo attacco da parte degli indiani.

– Dove andate?

– Sulle rive occidentali del lago, per ora.

– Passerete accanto al nostro carro?

– Vi preme?…

– C’è là una cassa che gli indiani non hanno forse potuto sfondare e che potrebbe più tardi essere per noi, e anche per voi, d’immensa utilità, nel caso vi decideste a seguirci.

– Che cosa diavolo può contenere?… – chiese Bennie. – Ho sentito vostro zio parlare di tesori favolosi.

– Che cosa ci sia dentro, lo ignoro, ma mio zio vi pregherebbe di non abbandonarla nella prateria.

– Se lo desidera, passeremo vicino al carro e cercheremo di caricarla sul nostro. Come sta vostro zio?…

– Si lamenta di acuti dolori, però è un uomo forte, di una robustezza eccezionale, e mi ha detto che in caso di pericolo potrete contare su di lui.

– Ecco una buona promessa, giovanotto.

– Corriamo qualche pericolo?

– Lo temo.

– Disponete della mia vita.

– No, giovanotto, cercheremo di risparmiarla, – disse Bennie, ridendo. – Corna di bisonte!… Valeva forse la pena di aver giocato così bene Nube Rossa e Coda Screziata per poi farvi riprendere e aggiungervi anche le nostre capigliature?… Salite a cassetta e guidate i cavalli del carro, mentre io e Back ci occuperemo del bestiame, ma… ditemi. come vi chiamate?

– Armando Falcone.

– Benissimo, Armando, a posto e affrettiamoci a partire.

A un fischio del cow-boy i sei cavalli si misero in cammino trascinando il carro, mentre Back, armato di un lungo scudiscio, la cui correggia non misurava meno di cinque metri, sferzava vigorosamente il bestiame cercando di spingerlo dietro al pesante carro. Bennie, quando vide tutti in movimento, passò alla testa e galoppò per parecchie centinaia di metri, per esplorare le erbe della prateria, e per poter evitare il pericolo che subdorava. La luna era allora tramontata, e una fitta oscurità era piombata sull’immensa pianura. In cielo scintillavano solo le stelle, però la loro luce, velata da una leggera nebbia, non era sufficiente a rompere le tenebre. Bennie, con gli occhi bene aperti e gli orecchi tesi, ascoltava attentamente e guardava dovunque, seguendo con lo sguardo le capricciose linee di fuoco delle lucciole, e porgendo ascolto alle strida monotone dei grilli in festa, alle lontane urla dei coyote, ai muggiti del bestiame, – il quale pareva niente affatto soddisfatto di quella marcia improvvisa – e al cigolare delle ruote del pesante furgone.

Come era sua abitudine, teneva in sella il fucile, anzi, non contento, aveva alzata la fascia per mettere allo scoperto la cartucciera, per essere più pronto a ricaricare l’arma. Mentre esplorava il terreno, il carro, tirato da sei cavalli guidati dal giovane Armando, avanzava lentamente attraverso la prateria, oscillando ai due lati a causa dell’ineguaglianza del terreno, e dietro camminava confusamente il bestiame, aizzato dalle frustate di Back. Di tratto in tratto, qualche giovenca capricciosa, o qualche vitello, usciva dal gruppo mettendosi a correre tra le erbe, ma il messicano, che non li perdeva di vista, ben presto era loro addosso e, con una frustata sapientemente somministrata, li costringeva a rientrare nelle file più che in fretta. Quando Bennie potè distinguere il carro degli emigranti che giaceva ancora allo stesso posto, tornò indietro al galoppo, dicendo ad Armando:

– Ci siamo; è pesante la cassa?…

– Credo – rispose il giovanotto.

– Credete che sia proprio necessaria a vostro zio? Mi spiacerebbe perdere del tempo, specialmente in questo momento.

– Mi ha raccomandato di non abbandonarla.

– Che contenga qualche tesoro?

– Ne dubito; ma se mio zio ci tiene tanto a non lasciarla nella prateria, avrà le sue buoni ragioni.

– Così deve essere, ma… ditemi, voi non siete americani.

– No, signore.

– Me ne accorgo dal modo con cui storpiate la lingua inglese – disse il cow-boy, ridendo.

– Siamo emigranti italiani.

– Ah!… Italiani?… E da dove venivate?…

– Da Blattleford, dove mio zio Guglielmo era direttore d’una officina meccanica che poi fu distrutta da un incendio.

– E dove andavate?…

– Nell’Alaska.

– Corna di bisonte!.... Avete detto?…

– Nell’Alaska.

– Quella regione è ben lontana, mio caro!… Corna d’antilope!… Voi avete avuto il coraggio d’intraprendere un simile viaggio!… Non sapete che ci vogliono almeno due mesi per arrivare alle frontiere di quel territorio?…

– Lo sapevamo e contavamo di arrivare verso la metà di giugno, salvo imprevisti, ossia al principio della buona stagione. Siamo ai primi d’aprile, dunque vedete…

– Silenzio, giovanotto!…

– Che cosa avete?…

– Corna di bisonte!… Ecco un’altra banda di lupi che fugge!… Chi può aver spaventato quei predoni? Uhm!… Ecco un mistero che mi mette addosso delle serie inquietudini. Giovanotto, occupatevi della cassa e non dimenticatevi, al primo sparo, di tagliare le corregge ai sei cavalli e d’inforcarne uno voi e uno vostro zio.

– Contate su di me.

Bennie lanciò il mustano al galoppo, dirigendosi verso il carro degli emigranti, e oltrepassatolo, si arrestò al margine del bosco, mettendosi in ascolto. Rassicurato dal silenzio che vi regnava, si inoltrò lentamente scrutando le macchie vicine. Aveva appena fatti pochi passi, quando gli sembrò di udire uno smuovere di foglie secche. S’arrestò di colpo puntando il fucile, però ogni rumore era cessato. Rimase alcuni istanti immobile, sapendo quanto gli indiani siano pazienti all’agguato, ma senza alcun risultato.

– Forse sarà stato qualche tacchino selvatico – mormorò. – Bah!… Non commetterò l’imprudenza di avventurarmi in questo bosco e mi terrò nella prateria finché spunta l’alba.

Tornò indietro e vide Back e il giovane Armando che si affaticavano a trascinare giù dal carro abbandonato una cassa di quercia lunga un metro, che pareva piuttosto pesante.

– È quella? – chiese.

– Sì, – rispose Armando.

– Potete portarla?

– Il giovanotto è forte, – rispose il messicano. – Sorveglia i dintorni e lascia fare a noi.

Mentre trasportavano la cassa, Bennie era tornato nel bosco, curioso di sapere se era stato un animale o un uomo a far muovere le foglie. Era assai inquieto e tanto più lo crucciava l’assenza completa dei coyote che aveva sempre trovati numerosi in quel luogo. Spronato da quei timori, era nuovamente avanzato sotto gli alberi, guardando attentamente a destra e a sinistra, fermandosi per ascoltare, quando gli sembrò di udire, in direzione del lago, un sordo rumore che pareva prodotto dal galoppo accelerato di un grosso numero di animali forniti di zoccoli.

– Toh!… – mormorò. – Che siano dei bisonti?…

– Balzò a terra, appoggiò un orecchio al suolo e ascoltò, trattenendo il respiro. Stava per alzarsi, quando il suo mustano si mise a nitrire.

– Sono cavalli!… – esclamò. – Caribou ha l’orecchio acuto e li ha sentiti.

Balzò in sella e spronò il mustano, mentre si guardava alle spalle con ansietà. Ormai aveva compreso di che cosa si trattava: i suoi timori si erano avverati. Attraversò la foresta come un fulmine, e appena vide i compagni, i quali stavano per riprendere la marcia, avendo caricata la cassa, gridò loro:

– Preparatevi a fuggire!… Tagliate le corregge e lasciate il carro!… Gli indiani stanno per piombarci addosso!…

Back si era precipitato verso i sei cavalli; mentre il giovane Armando era scivolato nel carro per avvertire suo zio del grave pericolo che correvano. Lo scotennato, nonostante i suoi dolori, si era affrettato a lasciare il suo giaciglio, dicendo con voce ferma:

– Datemi un fucile.

– Potete montare a cavallo? – gli chiese Bennie, che era già giunto presso il carro.

– Sì.

– Back, un fucile e una cartuccera al signore.

– È fatto, Bennie.

– E voi, Armando?…

– Sono già armato, – rispose il giovane.

– Al galoppo, amici, se vi preme la capigliatura.

– E la cassa?… – chiese lo scotennato. – Sarà la vostra fortuna.

– Ritorneremo a prenderla, se ne avremo il tempo – rispose Bennie. – Su, via, e lasciate che i cavalli del carro galoppino per conto loro. Non ci abbandoneranno.

I quattro cavalieri partirono ventre a terra, seguiti dagli altri quattro cavalli del carro che trascinavano ancora le bardature tagliate. Bennie e Back, che montavano i migliori mustani, erano passati alla retroguardia per proteggere la ritirata, mentre il bestiame, sorpreso di venire abbandonato, si disperdeva per la prateria correndo all’impazzata, credendo forse di venire assalito da qualche banda di lupi.

– Vengono?… – chiese Back, che galoppava a fianco di Bennie.

– Fra qualche minuto li avremo alle spalle.

– Erano molti?…

– Non ho potuto vederli, ma penso che Nube Rossa e Coda Screziata non saranno stati così sciocchi

da lanciarci alle calcagna una dozzina di guerrieri.

– Sicché credi che saranno molti?

– Certo, Back.

– Speri di condurci in salvo?…

– Tutto dipende dalla resistenza dei nostri cavalli e dello scotennato. Quell’uomo è un prodigio di forza per resistere alle scosse disordinate del suo mustano. Tuttavia se possiamo arrivare sulle rive del lago, potremo riderci dei furori della Nube Rossa.

– E perché…

– Conosco un nascondiglio che ci metterà al coperto dai suoi attacchi.

– Salveremo la pelle, ma perderemo il bestiame, Bennie.

– Ciò riguarda il signor Harris. In quanto a noi seguiremo questi emigranti che pare abbiano scoperto qualche prodigiosa miniera. Ah!… Eccoli!…

Back si era bruscamente voltato indietro. In mezzo alle tenebre aveva visto quaranta o cinquanta cavalieri irrompere dal bosco e lanciarsi sulla grande prateria con fantastica rapidità. I loro corsieri, vivamente eccitati, galoppavano furiosamente attraverso le erbe, su due file lunghissime, sfiorando appena il suolo.

– Corna di bisonte!… – esclamò Bennie. – Sono troppi per noi, pure i loro cavalli non devono essere più freschi dei nostri. Ehi, Back, gli indiani sono cattivi tiratori, però bada alla tua testa.

– Procurerò di tenermi fuori portata dei loro winchester. I loro ninnoli non mi fanno paura.

– Ah!.. Scherzi?… Buon segno, amico mio. Eh!… Caribou, allunga un pò il passo, se non vuoi ricevere una scarica nel ventre. Là, benissimo!… Ehp!… ehp!… In caccia, Nube Rossa!… Bennie e compagni ti faranno correre a lungo!…

– E lo scotennato, potrà resistere, Bennie?

– Corna di bisonte!… – esclamò il cow-boy, il cui entusiasmo era di colpo svanito. – Non avevo pensato a quel povero uomo!… No, è assolutamente impossibile che possa resistere a una lunga corsa, nelle condizioni in cui si trova.

– E così?....

– E così siamo in un bell’imbarazzo, Back!… Corna del diavolo!… Non avevo pensato a lui!

– Uno svenimento può coglierlo.

– È vero. L’uomo è robusto, energico, senza dubbio, ma le forze possono venirgli meno!

– Bennie!

– Bisogna prendere una decisione estrema, prima che spunti l’alba e gli indiani si avvicinino.

– Che cosa vuoi fare?

Il cow-boy, invece di rispondere, si volse sulla sella e guardò dietro di sè. Gli indiani avevano allora formato un ampio semicerchio e acceleravano la corsa, trovandosi ancora a notevole distanza, a circa un miglio. Guardò dinanzi a sè e vide, a circa cinquecento passi, elevarsi una piccola altura, che si stendeva in direzione dei boschi costeggiami il lago.

– Possiamo approfittarne, – mormorò.

Poi volgendosi verso Back:

– Tu conosci bene le rive del lago?… – gli chiese.

– Sì, Bennie.

– Sai dove si trova l’insenatura delle Volpi?…

– L’ho visitata due settimane or sono. Si trova dietro i pini giganti.

– Hai visto quella washingtonia che s’innalza per ottanta e più metri su di un isolotto, e che è tanto grossa da poter contenere quaranta o cinquanta persone?…

– Ho ammirato quel colosso vegetale.

– Sappi dunque che quella washingtonia è vuota alla base, e che verso il lago ha un’apertura prodotta dal tarlo, capace di lasciar passare comodamente un uomo. Appena avremo attraversata quell’altura, che per alcuni minuti ci toglierà alla vista degli indiani, tu e lo scotennato vi getterete nel bosco, vi spingerete sulle rive del lago e andrete a cercare un rifugio nella washingtonia. Non sei tu che Nube Rossa vuol prendere, nè lo scotennato, che ormai non ha per gli indiani alcun valore, essendo stato già privato della capigliatura, quindi nessuno, molto probabilmente, si curerà di voi. Mentre vi porrete in salvo, io e Armando ci faremo inseguire per allontanare gli indiani, riservandoci più tardi di venirvi a raggiungere.

– Potrete resistere a tanti uomini?

I nostri mustani sono corridori infaticabili, e poi abbiamo quelli del carro che ci seguono sempre. Lascia a noi la cura di far correre Nube Rossa e i suoi guerrieri.

– Non oso lasciarti, Bennie, – disse Back con voce commossa.

– Vuoi lasciare nelle mani degli indiani lo scotennato?… Poiché lo abbiamo raccolto dobbiamo pensare a proteggerlo. Ecco la collina: un’ultima galoppata in compagnia, poi separiamoci. Ehp!… Ehp!… Avanti Caribou!…

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