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IDA

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Bella come il sorriso della natura, in una serena e tranquilla mattinata di maggio.

(Autore conosciuto.)

O donna! creatura privilegiata, riverita, adorata dall'uomo di cuore—sovente manomessa dal codardo.

Angelo della vita!—L'uomo nella sua presunzione ideò Dio colle proprie forme: eppure l'Onnipotente dovrebbe avere la sembianza d'una donna, s'egli potesse aver forme. Se lo spirito deve comandare alla materia—l'intelligenza alla forza brutale—l'uomo all'elefante—la donna dovrebbe dirigere la famiglia umana.

Se al composto informe d'ermafroditi, che comandano all'Italia, si sostituisse una donna, essa certamente non consentirebbe a tante umiliazioni. Lo straniero, grazie alla concordia degli odierni reggitori, calpesterebbe forse ancora le nostre contrade, ma almeno con la donna governante, non complice, non traditrice de' propri concittadini!

Ida, la bellissima tra le fanciulle di Felsina, la Bulla¹ a 14 anni, aveva veduto il nostro Cantoni nel suo ingresso a Bologna, ed aveva consacrato la sua bella, la sua giovine esistenza al più avvenente dei Volontari. Colle donne bisogna essere belli, bisogna essere valorosi! La bellezza, figlia della natura, non si comanda.—E che colpa ho io se non nacqui bello? Ebbene tranquillatevi, non belli,—siate almeno valorosi, buoni, gentili—e la donna generosa passerà sulle ingiustizie capricciose della natura.

¹ Bulle si chiamano le belle fanciulle di Bologna.

Ida in Cantoni aveva indovinato l'eroe—eroe futuro, poichè egli, anelante di pugne, a pro della Causa Santa del suo paese, ancora non aveva assistito ad un campo di battaglia; ma la marziale fisionomia del Romagnolo non ingannava certo, e col suo tatto d'intelligenza donnesca, la bella fanciulla aveva scandagliata sino nel fondo quell'anima privilegiata.

Il giorno in cui i Volontari da Bologna si dirigevano verso Ravenna, un ragazzo sui quattordici anni avvicinava la staffa del Comandante e diceva: «Comandante arruolatemi tra i vostri militi»—«Come vuoi arruolarti, bambino. Tu sei troppo giovine!»—E quello in uno scoppio di pianto, ma sì sentito, sì commovente da intenerire una tigre,—e certo non era una tigre il Comandante de' Volontari,—talchè mosso a compassione dell'addolorato giovinetto, rivolto al Cantoni, disse: Ebben che venga, esso stia con Aguilan ai bagagli.»

Ida, vestita da uomo, seguiva così Cantoni alla coda della colonna, ove Aguilan trovavasi con un cavallo di rimonta del Comandante ed un mulo carico dei poveri bagagli dello stesso.

Dio mio! che bella coppia camminava silenziosa l'uno accanto all'altra! Cantoni, benchè d'un anno solo più avanzato, superava quasi di tutta la testa la sua vezzosissima compagna.—Egli di quando in quando l'adocchiava, sentiva un indefinito interesse per lei, ma altro non era; chè nei suoi sogni di battaglie, di glorie il giovine Forlinese poco si curava d'affetti che non fossero di bellicosa natura.

Altro era l'affetto sentito da Ida.—Nel suo cuore d'angiolo l'amore era stato originato da quel santo sentimento ch'è la libertà patria, la sua indipendenza dallo straniero, il suo onore ogni giorno contaminato da una casta di codardi che l'educazione pretina ha impiantato in Italia sotto il titolo di Moderati. Ed in Cantoni essa credeva (e non s'ingannava) d'aver trovato il suo ideale, cioè il giovine insofferente di vergogne, pronto sempre a correre ove era chiamato dalla causa sacrosanta dell'Italia.—Poi quella figura del Romagnolo era così bella! così marziale, che non è strano se immenso amore e voluttà s'eran diffusi nel cuore della giovinetta, e fervevano nel suo seno, mentre avvicinavasi e camminava a fianco di colui, che colla velocità dell'elettrico, dal suo occhio scintillante avea stillato nell'anima sensibile della sua adoratrice tutto il fascino d'un assoluto impero.

Essa pure adocchiava il suo idolo camminando, ma il suo occhio d'improvviso s'adombrava, i suoi piedi più non sentivano il suolo calpestato—e barcollando, quasi precipitava boccone sul davanti della via senza la robusta destra del Romagnolo che la sorreggeva. Ida era confusa, ma felice! e di quella felicità più pura, più sublime, direi quasi, la sola: quella che risiede nella immaginazione e nella speranza! E qual altra felicità esiste sulla terra!

Aguilan, il nero, era uno di quelle paste d'uomini che natura formò per essere amati. Tranquillo, buono, freddo al pericolo era prevenente per tutti coloro che sapevano destare la sua simpatia.—Il suo colore era il puro nero ebano, senza mescuglio, colore che vale il biondo ed il bruno delle diverse razze europee. Aguilan era di forme atletiche e perfetto cavaliere, non di quei ridicoli cavalieri, di cui son sempre piene le quarte colonne del giornali ufficiali, e che non si sa perchè diavolo sieno stati creati cavalieri, ma cavaliere nel vero senso della parola, cioè di coloro che quando inforcano un cavallo, v'innamorano per la leggiadria ed il garbo con cui si lanciano e si posano in sella.

Egli era nero, ma non africano; nato nella campagna di Montevideo da genitori africani, possedeva la venustà delle forme caratteristiche del creolo. Destinato sin dall'infanzia per domatore di cavalli nella Estancia¹ dal generale Aguilan,—di cui i parenti del nostro nero erano schiavi, poi liberati dall'avvenimento della Republica—egli avea passata tutta l'attiva sua gioventù in quell'arduo e marziale maneggio. Domatore di cavalli non era strano ch'egli fosse perfetto cavaliere. E chi ha percorso l'America Meridionale ricorderà, che gran parte dei domatori appartengono alla razza nera, certo indebitamente per tanto tempo disprezzata e manomessa.

¹ Estancia stabilimento pastorizio.

Aguilan ricevendo gli ordini del suo capo—trasmessi da Cantoni—fissò i grandi e foschi suoi occhi nella bella figura del nuovo assistente e con un sorriso benevolo lo accolse. Poi una lagrima cristallina discese dalla sua pupilla, di fuoco.—Forse l'incantevole volto della giovinetta lo trasportava in quell'istante tra le bellissime creole d'una patria ch'egli non doveva rivedere mai più. Povero Andrea!

Aguilan cominciò subito ad iniziare Ida nei doveri dell'acquistata carica, cioè: la conduzione e cura dei bagagli del quartier generale.

Grande era la felicità della nostra eroina! essa aveva ottenuto il suo intento e trovato l'adorato de' suoi pensieri.—Viveva una vita d'avventure, di pericoli, di gloria accanto a colui che padroneggiava l'intiera sua anima e la cui vista era divenuta il supremo bisogno della sua esistenza.

In quei giorni sui giornali di Bologna si leggeva il seguente avviso:

«Chi potesse dar notizie d'una giovinetta sui quattordici anni—di statura media—occhi e capelli neri—viso regolarissimo—svelta e robusta della persona, infine di bellezza piuttosto rara, non solo solleverà una famiglia onesta di questa città da immenso cordoglio, ma riceverà una ricompensa adequata al servizio reso.»

Io lascio pensare a qual disperazione trovaronsi i genitori della fanciulla quando un giorno si succedeva all'altro senza veruna nuova di lei che idolatravano.—Ida, o non lesse l'avviso, o leggendolo si contentò di bagnarlo d'alcune lacrime di reminiscenza e di rimorso, ma non cambiò di proposito. I figli generalmente poco o nulla corrispondono all'amore degli autori della lor vita…

Cantoni il volontario

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