Читать книгу Mater dolorosa - Gerolamo 1854-1910 Rovetta - Страница 5
III.
ОглавлениеMa non era il turbamento dell'amore. Era il turbamento dei sensi.
A Maria il duca Prospero Anatolio non domandò che due cose: il piacere e un figlio maschio.
Egli non pensò mai a farsene un'amica, la cara compagna e l'inspiratrice del suo lavoro, la consigliera, il conforto nelle ore della sconfitta e dello scoraggiamento.
Nè alla donna, a sua moglie, a questo essere, ch'egli a torto o a ragione giudicava inferiore all'uomo, si degnò mai di stender la mano per inalzarlo; invece si compiacque, autocrate capriccioso, di dominarlo dall'alto della propria superiorità. Carezze, baci, moine, specialmente in principio; ma i tesori della mente e dell'anima di sua moglie nè prima nè dopo conobbe o curò, forse distratto, forse incapace d'intenderli; confidenza insomma gliene concedeva pochina, stima del pari, autorità punta.
In questo mezzo, i fatti d'Aspromonte avevano suscitata più viva, più accanita che mai, la lotta per la questione romana. L'avvenire, secondo il duca d'Eleda, si preparava torbido assai. Con la corrente delle riforme, la Chiesa combattuta, il suo potere discusso, minacciato, scemava per necessaria conseguenza anche l'autorità morale della religione. Egli allora sentiva il popolo, che per lui era sempre la plebe, i contadini, dei quali inconsultamente si voleva far tanti dottori, intonare il ça-ira della repubblica. Questa benedetta paura della repubblica gli faceva perder la testa: abbandonò sua moglie, che incinta non poteva seguirlo, e corse a Torino, per opporsi all'irrompere delle idee nuove. È inutile il dire che tutti i suoi sforzi riuscirono vani. Però l'audacia, l'energia ch'egli seppe dimostrare in questa occasione lo misero, come si dice, sul candelliere, ed egli divenne il leader dell'estrema destra.
In una terra di ciechi, un miope fa certo fortuna; ed il partito clericale, forte, disciplinato, minaccioso fuori della Camera, nell'aula parlamentare era impotente, nè avrebbe trovato nel proprio seno chi per l'influenza del nome e delle ricchezze potesse rappresentarlo meglio di lui. Il duca dunque fu riconosciuto e accettato come capo della fazione, e così, o bene o male, se non una celebrità, divenne una notorietà della Camera. Il Governo lo aveva in considerazione, gli avversari in molte occasioni ne cercavano l'alleanza, i giornali, amici o nemici si occupavano di lui assiduamente, per combatterlo o per difenderlo: in una parola, mentre prima la sua vita parlamentare si perdeva intera nella monotonia di un voto dipendente, ora gli presentava tutte le commozioni della battaglia, con un piccolo esercito da guidare: e attorno al suo nome cresceva quel rumore tanto lusinghiero per le piccole ambizioni, quel rumore che precede la fama.
Durante la prima settimana della sua assenza, Prospero Anatolio fece due corse a Borghignano, ed una ne fece nella seconda; poi gli giunse il telegramma che lo avvertiva del parto imminente. Appena lo ebbe ricevuto lasciò senza indugio Torino; ma, prima che egli fosse giunto a Borghignano, la duchessa si era già felicemente sgravata.
Maria aspettava suo marito, come ogni donna in quel momento supremo aspetta il padre della propria creatura. Prospero Anatolio invece entrò in camera con un fare ben poco espansivo e con un'aria soddisfatta ancor meno. Sua moglie gli aveva dato una bambina, mentre sapeva pure ch'egli voleva un maschio ad ogni costo! Due giorni dopo, egli dovè ripartire; e poichè i giornali portarono ai sette cieli l'abnegazione colla quale il duca d'Eleda sapeva anteporre alle gioie ineffabili della famiglia i doveri dell'uomo pubblico, così egli rimase molto tempo senza farsi vedere a Borghignano.
Maria volle allattar lei la creatura, e nell'affetto e nelle cure di madre non si accorse nemmeno della solitudine che la circondava.
Intanto la vita dell'uomo politico alla quale Prospero si era ormai dato interamente, lo teneva, in quei primi anni, quasi sempre lontano dalla famiglia. Solamente nelle vacanze parlamentari egli viveva con sua moglie e colla piccola Lalla; ma poi, finchè restava aperta la Camera, non domandava e non si prendeva congedi; e così ogni giorno crescevano gli insidiatori al talamo trascurato. Ce ne furono di tutte le età e di tutti i metodi: i vecchi coll'astuzia scaltrita, i giovani colla passione, gli uni colla lusinga del mistero, gli altri collo stimolo della vendetta tentarono il cuore di Maria, ma contro la rocca assediata si spuntarono ingloriosamente tutte le arti nemiche.
La virtù di Maria, come tutte le virtù delle donne che resistono, aveva alleati fortissimi. I suoi erano la fierezza di carattere, la nobiltà dei sentimenti e una sagacità molto fine: e fu allora che, con la ripugnanza dell'ermellino, per non aver inzaccherate dal fango neppur le balzane della veste, si ritirò dal mondo, si rinchiuse nella sicura tranquillità della sua casa e, con un pretesto o coll'altro, mise alla porta tutta la buona società di Borghignano.
Si fece una sola eccezione per il conte Giorgio Della Valle, che, quantunque giovanissimo ancora, nutriva da molto tempo per la duchessa Maria un'affezione quasi fraterna. Di ciò, s'intende da sè, la mattina all'ora di colazione, e la sera dopo il teatro, nel gran caffè di Borghignano, si faceva ogni sorta di commenti. Ma anche la maldicenza non faceva a Maria nè caldo nè freddo: aveva quella sua bimba che veniva su vispa come un demonietto; aveva un marito che, elevandosi dalle mediocrità inconcludenti, sapeva tener alto l'onore della casa; aveva un amico onesto, sincero, affezionato, al quale poteva confidare e gioie e timori, con cui discorrere del suo bel sogno di madre… Che cosa poteva desiderare di più?