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LIBRO DECIMONONO
CAPITOLO IV
Re Carlo entrato nel Regno comincia a reggerlo con crudeltà e rigori; onde il suo governo è abborrito, e gli animi si rivoltano, ed invitano alla conquista Corradino

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Sparsasi intanto la fama della rotta dell'esercito di Manfredi, e la sua morte, non fuvvi città così dell'uno, come dell'altro Reame, che non alzasse le bandiere de' Franzesi.

(Le Lettere del Re Carlo scritte a Clemente, per le quali gli dà avviso di questa vittoria, sono rapportate, oltre il Summonte, da Lunig[115]).

Tutti gridavano il nome di Carlo, e promettendosi nel nuovo dominio franchigia e dovizia grande, credevano dover vivere sotto i Franzesi non solo liberi da straordinarie tasse, ma d'essere ancora liberati dai pagamenti ordinari. Non era città, ove Carlo conducevasi, che non fosse ricevuto con segni d'estrema allegrezza, e giubilo. Tosto da Benevento parte, e viene in Napoli, e non ancor quivi giunto, che i Napoletani mandarono a presentargli le chiavi della loro città. Entrò in quella con la Regina Beatrice sua moglie, con gran pompa e fasto, accompagnato da tutti i Nobili della città, che 'l gridarono loro Re, e dall'Arcivescovo di Cosenza assistito, si portò nel Duomo di S. Restituta a render grazie al Signore di così segnalata vittoria. Creò da poi Principe di Salerno Carlo suo figliuol primogenito il quale uscito da Napoli cavalcò per tutto 'l Reame per affezionarsi i nuovi vassalli: e con non interrotto corso di felicità tutte le cose succedono ai loro desiderii. Le reliquie del rotto esercito erano ritirate in Lucera, dove anche erasi salvata la Reina Elena moglie di Manfredi con Manfredino suo picciolo figliuolo, ed una figliuola[116]. Re Carlo tosto mandò ivi Filippo di Monforte con la maggior parte dell'esercito ad assediarla, ma difendendosi i Saraceni, ch'erano dentro, valorosamente, bisognò abbandonar l'impresa, lasciandola però strettamente assediata, la qual città insieme colla Regina e 'l figliuolo non si rese, se non dopo la rotta data a Corradino, come diremo.

I Siciliani ancora, intesa la morte di Manfredi, subito alzarono le bandiere Franzesi, ed i primi furono i Messinesi. Mandò perciò Re Carlo Filippo di Monforte in quell'isola, e non passò guari, che tutta la ridusse sotto l'ubbidienza di Carlo[117].

Ecco come in un tratto si rese Carlo Signore di ambedue questi Reami, con allegria e giubilo de' Popoli, che si credeano liberati dal giogo, come dicevano, del Re Manfredi e de' Saraceni, e di vivere sotto il Regno di Carlo franchi d'ogni pagamento, in una perpetua ricchezza, ed in una tranquilla e quieta pace.

Ma restarono tosto delusi, poichè i Franzesi scorrendo per tutti i luoghi, portavano co' loro transiti danni e ruine insopportabili agli abitatori[118]. Ed il Re chiamando i Baroni dell'uno e l'altro Regno, che venissero a servirlo, impose ancora un pagamento straordinario alle terre del Regno contro la loro espettazione e lusinga, falsamente stimando, che non solo non s'avessero da veder più soldati, nè pagar pesi estraordinarj, ma d'essere ancora liberati dagli ordinarj. Ma il novello Re all'incontro badando unicamente ad arricchire per questi mezzi il suo Erario, chiamò a questo fine tutti i Tesorieri e Camerari del Regno, e volle da quelli essere minutamente informato de' proventi del Regno, degli Ufficj, delle giurisdizioni, e di tutte altre sue ragioni del Regno; e poichè era stato informato, che un di Barletta nomato Giezolino della Marra era di queste cose instruttissimo, e che per tal cagione da Manfredi era stato adoperato in simili affari, valendosi della di lui opera per le nuove imposizioni d'angarìe, taglie e contribuzioni; fecelo a se venire, il quale per applaudir all'avidità sua ed acquistarsi perciò merito presso il novello Principe, portogli non solo tutti i Registri, ove erano notati i proventi degli Ufficj, delle giurisdizioni, e delle altre ragioni regie; ma anche i registri, ov'erano rubricate tutte le estraordinarie imposizioni d'angarìe, parangarìe, collette, taglie, donativi, e contribuzioni, colle quali sovente erano stati oppressi i miseri Regnicoli[119]. Furon tali le insinuazioni, ed i consigli di Giezolino, che Carlo per porgli più speditamente in opera levò tutti gli Ufficiali, che prima erano nelle province, e creò nuovi Giustizieri, Ammirati[120], Protonotari, Portolani, Doganieri, Fondachieri, Secreti, Mastri Giurati, Mastri Scolari, Baglivi, Giudici e Notari per tutto il Regno, a' quali prepose altri Ufficiali maggiori che sopra di loro invigilassero. Questi esercitando le loro commissioni con inudita acerbità e rigore, gravarono di peso insopportabile i Popoli, scorticandogli e cavando loro il sangue e le midolle[121].

Ecco ora mutati i giubili in continui lamenti, gemono sotto il grave giogo i Regnicoli, e tosto mutano volere, e desiderano già, e sospirano Manfredi. In ogni angolo si sentono lagrimevoli querele: O Rex Manfrede (con amaro pianto dicevano) temet non cognovimus, quem nunc et ter etiam deploramus. Te lupum credebamus rapacem inter oves pascuae huius Regni, secuti spem praesentis dominii, quod de mobilitatis, et inconstantiae more sub magnorum profusione gaudiorum anxie morabamur, agnum mansuetum te jam fuisse cognoscimus, dulcia tuae potestatis mandata sentimus, dum alterius, et majora gustamus. Conquerebamur frequentius nostram partem, partem in dominii tuae Majestatis adduci, nunc autem omnia bona, quod prius est, et personas alienigenarum convertere debemus in praedam[122].

115

Cod. Ital. Diplom. tom. 2 pag. 970.

116

Costanzo lib. 1. V. Inveges Annal. di Paler. tom. 3.

117

Anonym. Mittit in Siciliam Dominum Philippum de Monforte.

118

Anonym.

119

Di questi Registri fassi anche memoria in una carta rapportata dal Summonte.

120

Anonym. Legem ponit Regnicolis, novosque Secretarios, Justitiarios, Admiratos, Protonotarios, Portulanos, Dohanerios, et Fundigarios, Magistros Scholariorum, et Magistros Juratos, Bajulos, Judices, et Notarios ubique per regnum, et super hos majores Praepositos statuit.

121

Anonym. Subjectos gravant indebite, ac eis importabilia onera imponentes exigenda plus debito, cruorem eliciunt, ac medullas.

122

Anonym.

Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5

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