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LIBRO DECIMONONO
CAPITOLO V
Politia ecclesiastica dal decimoterzo secolo insino al Regno degli Angioini

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La potenza de' romani Pontefici si stese in questo secolo tanto, che non fu veduta in altri tempi maggiore: volevan esser creduti Monarchi non meno nello spirituale che nel temporale, e s'arrogavano perciò la facoltà di poter deporre i Principi da' loro Stati e Signorie: chiamargli in Roma a purgarsi de' delitti, dei quali erano stati accusati: assignar loro certo termine a comparire, sentenziargli, e nel caso non ubbidissero, di dichiarargli decaduti da' loro Reami: assolvere i loro vassalli da' giuramenti dati, ed invitar altri alla conquista delle Signorie, ond'erano stati deposti. Riputandosi Signori del Mondo, non aveano difficoltà d'investire i loro devoti di province, e di Regni in tutta la terra, ed in tutto il mare d'isole e golfi, e d'altre province sconosciute e lontane. Bonifacio VIII avendo Ruggiero di Loria famoso Ammiraglio di mare conquistata Gerba ed alcune altre isole dell'Affrica, tosto nel primo anno del suo Ponteficato 1295 essendo in Anagni gliene spedì Bolla d'investitura, per la quale gli concedè in Feudo le isole suddette con obbligarlo a prestar il giuramento di fedeltà ed omaggio, e di pagarli cinquanta once d'oro l'anno al peso del Regno di Sicilia, per censo, in ricognizione del dominio diretto, ch'egli vi pretendeva, siccome lo pretendeva in tutte le altre province del Mondo; e la carta di quest'investitura è rapportata dal Tutini[144]. E da questo principio nacque, che Alessandro VI nell'anno 1493 si facesse lecito di concedere la terra ferma e l'isole insino a' suoi tempi sconosciute, e tirar una linea da un Polo all'altro, assegnandole e donandole a Ferdinando ed Isabella Re di Castiglia[145]. Quindi surse la nuova dottrina professata da' Dottori Guelfi e dai Canonisti che il Papa fosse Signore di tutto il Mondo contrastando a' Dottori Ghibellini, che ne facevano Signore l'Imperadore.

La Cattedra di S. Pietro volevano che si riputasse la Reggia universale del Cristianesimo, ed a questo fine ingrandirono i Cardinali e depressero i Vescovi, per rendere più maestosa la loro Sede. I Cardinali, come si è veduto, sdegnavano di andar di persona a trattare con Manfredi, dicendo, che ciò non era di loro stima ed onore; ed Innocenzio IV ad onta di Federico, che s'ingegnava abbassargli insieme con tutto l'Ordine ecclesiastico, volle dargli il cappel rosso, la valigia e la mazza d'argento quando cavalcavano, volendo che alla regia dignità fosse la loro agguagliata; ed essendosi da poi proccurato d'innalzar assai più la loro dignità a gradi ed onori Eminenti, vennero dagli adulatori della Corte romana anche chiamati Grandi Senatori, che venerati con regali onoranze eleggono il Supremo Principe, che così chiamano il Papa, ed assistono al suo gran soglio.

Divenuto il Papa Monarca, i Cardinali grandi Senatori, e la Sede Appostolica Reggia e Corte universale del Cristianesimo, Gregorio IX per maggiormente stabilire la Monarchia applicò l'animo ad una compilazione e pubblicazione di Decretali, le quali terminarono di mettere interamente in rovina il diritto antico de' Canoni, e stabilirono la possanza assoluta e senza termine de' romani Pontefici; poichè considerando, che siccome l'Imperador Teodosio formò la politia dell'Imperio, con far raccorre le costituzioni ed editti, così suoi, come degli altri Imperadori predecessori in un libro, che fu poi chiamato il Codice Teodosiano; e l'Imperador Giustiniano, oltre la compilazion delle Pandette, che contenevano le leggi antiche accomodate al suo tempo, ridusse ancora in un corpo le sue costituzioni e quelle de' predecessori Imperadori nel suo Codice; così bisognava formar una nuova politia per la Chiesa accomodata a' suoi tempi (giacchè, mutate le cose, la compilazione del Decreto non era a proposito) e di ridurre perciò in un corpo tutte l'epistole decretali de' suoi predecessori, con separarle da' canoni, e dall'altre epistole de' Pontefici, le quali non potevano servire, come queste, ch'egli trascelse, per stabilire la Monarchia romana, e massimamente per la materia beneficiale e per lo Foro episcopale, e per maggiormente stendere la conoscenza nelle cause e la loro giurisdizione; ond'egli, ad imitazione di que' due grandi Imperadori, ordinò la compilazione d'un nuovo Codice; ed aboliti tutti gli altri rescritti, volle, che questo suo libro, che chiamò Decretale, avesse tutta la forza e vigor di legge; nel quale vi è molto più intorno a quello che concerne l'edificazione de' processi, che l'edificazione dell'anime.

§. I. Della compilazione delle decretali; e loro uso ed autorità

Epistole decretali erano ne' primi tempi chiamate quelle lettere, che i Vescovi delle Sedi maggiori scrivevano a' Padri della Chiesa, che gli richiedevano di qualche parere intorno alla dottrina, e disciplina della Chiesa[146]. Ma da poi il Pontefice romano, come Capo della Chiesa essendosi innalzato sopra tutti i Vescovi e Patriarchi, e facendo perciò valere la sua autorità più di tutti gli altri, s'appropriò egli solo di mandar sue epistole ai Padri ed a' Vescovi, che ricorrevano a lui per consultarsi di qualche affare delle loro Chiese; e pervenute queste epistole a qualche numero, sin ne' tempi di Papa Gelasio nel Sinodo di 70 Vescovi tenuto in Roma nell'anno 494 furono quelle confermate, acquistando vigore non meno che i Canoni, che ne' Concilj erano stabiliti[147].

Ma a' tempi di Carlo M. che favorì cotanto i Pontefici romani, acquistando vie più forza le loro decretali, si cominciò a separarle da' Canoni, e riputandosi non esser mestieri per aver vigore, di esser confirmate da' Concilii, o da' Sinodi, si credette, che esse sole bastassero per regolare la dottrina e la disciplina della Chiesa, onde maggiormente i Pontefici stabilirono la loro autorità, e vie più crebbe il lor numero, tanto che bisognò pensare ad unirle insieme, e farne raccolta, con introdursi perciò un nuovo dritto Pontificio, lasciando da parte stare i Canoni de' Concilii[148].

La prima compilazione di queste lettere decretali separate da' Canoni la fece Bernardo Circa Preposito di Pavia, e poi Vescovo di Faenza, il quale sotto certi titoli dispose le decretali de' Pontefici, cominciando da Alessandro III, insino a Papa Celestino III il qual pervenne al Ponteficato nell'anno 1191. Non ebbe egli altro scopo, se non perchè quella servisse, come un supplemento al decreto di Graziano; onde questa Raccolta fu chiamata libro delle Stravaganti, perchè le Costituzioni ivi racchiuse, vagavan fuori del Decreto[149]. Antonio Augustino la diede alla luce, dandole il primo luogo fra le altre Raccolte delle antiche decretali. In questo decimoterzo secolo ne surse un'altra, di cui si nominano tre Autori, Gilberto, Alano e Giovanni Gallense. Questi imitando Bernardo, raccolsero le decretali di quelli Pontefici, che vissero dopo Bernardo; ma sopra i due primi si distinse Giovanni, che ne fece più ampia Raccolta[150]. La terza la dobbiamo a Bernardo Compostellano il quale da' Registri d'Innocenzio III Pontefice il più dotto, e 'l maggior facitore di decretali, le raccolse, fu chiamata Romana[151].

Tutte queste Collezioni essendosi fatte per privata autorità, allegate nel Foro o altrove, non avevano vigor alcuno; onde era di mestieri da' scrigni della Chiesa di Roma cavar gli esemplari perchè facessero autorità. Per la qual cosa i Romani pregarono Innocenzio III perchè di sua autorità comandasse una nuova Compilazione: Innocenzio loro compiacque e diede la cura a Pietro Beneventano suo Notajo, che la facesse: questi nell'undecimo anno del suo Ponteficato intorno il 1210 la fece, e fu la prima raccolta del jus Pontificio, che si facesse con pubblica autorità[152]. Passati cinque anni, coll'occasione del Concilio tenuto in Laterano sotto il medesimo Pontefice, se ne fece un'altra nel 1215, nella quale furono aggiunte tutte le decretali e rescritti, che per lo spazio di que' cinque anni eransi emanati. Da poi nell'anno 1227 Tancredi Diacono di Bologna ne fece un'altra, nella quale unì le Costituzioni d'Onorio III successor d'Innocenzio; ma quantunque fosse stata terminata in quell'anno, nel quale morì Onorio IX suo successore, che meditava oscurar la fama de' suoi predecessori con una più ampia o nuova compilazione, la fece supprimere, nè mai vide la luce del Mondo, se non negli ultimi tempi, quando Innocenzo Cironio nell'anno 1645 la fece imprimere in Tolosa colle sue dottissime chiose[153].

Gregorio IX adunque per maggiormente stabilire la Monarchia romana, ordinò, che si compilasse un nuovo Codice, nel quale ad imitazione dell'Imperadore Giustiniano, volle, che risecate le altre Costituzioni dei Pontefici suoi predecessori, le quali non erano più confacenti a' suoi tempi, s'inserissero in quello le sue e l'altre de' suoi predecessori, che egli stimò più a proposito; ed oltre a ciò, perchè non s'avesse occasione di ricorrere al jus civile, statuì da se molte cose ancorchè non richiesto[154], affinchè con questo suo Codice si regolassero i Tribunali ne' giudicii, e le Scuole nell'insegnar a' giovani la giurisprudenza. Commise la compilazione di quest'opera a Raimondo di Pennaforte del Contado di Barcellona, Frate Domenicano, gran Canonista, ed Inquisitore in Catalogna, e molto caro a Giacomo Re d'Aragona, che lo trascelse per suo Confessore[155]. Gregorio tratto dalla fama della sua dottrina e bontà de' costumi, lo fece venire in Roma, e lo creò suo Cappellano e Penitenziero, dignità che a que' tempi non si conferiva se non che ad uomini riguardevoli e letteratissimi. Costui eseguendo la sua commessione la ridusse a compimento. Divise l'opera in cinque libri, e seguitò l'istesso metodo appunto, che tenne Triboniano nella compilazione del Codice di Giustiniano[156].

Papa Gregorio, vedendo terminata l'opera a seconda del suo genio, tosto promulgò una Costituzione, che la propose all'istesso Codice, per la quale, abolendo tutte le altre, comandò a tutti, che solamente di questa compilazione si servissero così ne' giudicii, come nelle scuole: proibendo ancora con molto rigore, che per l'avvenire niuno abbia ardimento di farne altra, senza spezial autorità della Sede Appostolica[157]. Comandò ancora, che per tutto il Mondo si divolgasse, ed in tutte l'Accademie ed Università d'Europa si legesse[158], infiammando allo studio di quella non meno i Professori, che gli scolari.

Non vi fu parte d'Europa, che per la potenza e credito di Gregorio non la ricevesse con ardore; e si mossero i Professori da tutte le parti, non meno ad insegnarla nelle scuole, che a farvi copiose chiose. I primi furono Ruffino, Silvestro e Riccardo inglese: Rodovico cognominato di pocopasso, e Pietro Corbolo, ovvero Boliato spagnuolo: Bertrando, Damaso ed Alano inglese: Pietro Preposito di Pavia, Pietro Gallense di Volterra, Bernardo Compostellano, Vincenzo Castiglione di Milano, Giovanni Teutonico e Tancredi. Seguitarono appresso le costoro pedate Guglielmo Naso e Giacomo di Albenga Vescovo di Faenza, Vincenzo Goffredo, Filippo, Innocenzio Ostiense, Pietro Sampso, Egidio bolognese, Bonaguida d'Arezzo, Francesco da Vercelli, Boatino di Mantua, e l'Arcidiacono. Ma surse poi sopra gli altri Bernardo Bottone da Parma, il quale raccogliendo tutte le costoro Chiose, ne fece egli, intorno l'anno 1240, una più ampia, trasferendo a se la gloria di tutti[159].

Anche i Monaci per secondare il genio de' Pontefici v'impiegarono i loro talenti, e sopra queste Decretali composero un'opera intitolata Suffragium Monachorum; ma come mancante delle cose sustanziali, e ripiena di molti errori e di cose vane e superflue, riuscì molto inetta ed inutile. Frate Giacomo Canonico di S. Giovanni in Monte pure intorno a ciò volle affaticarsi: ma così egli, come tutti coloro, che vi s'erano affaticati riuscirono inetti, e siccome per quelli, che s'erano impiegati sopra il Decreto, ne nacque il proverbio Magnus Decretista, Magnus Asinista, così ancora, secondo che ci testifica Giacomo Gujacio[160], non vi furono Dottori più inetti di coloro, i quali a questi tempi si posero a scrivere sopra questo nuovo Diritto Pontificio

144

Tutini degli Ammir. del Regno, pag. 90 data in Anagni a' 11 Agosto 1295.

145

Bolla di Aless. VI presso Franc. Lopez Istor. dell'Indie, cap. 19.

146

Jo. Costa Comment. in decretal. Greg. IX pag. 1.

147

Synod. Roman. sub Gelasio ann. 494. Item decretales epistolae, quas beatissimi Papae diversis temporibus ab Urbe Romana pro diversorum Patrum consultatione dederunt, venerabiliter suscipiendae sunt. Can. Sancta Romana 3 dist. 15.

148

V. Baluz. in praefat. ad Ant. Augustini Dialogos, § 2.

149

V. Mastricht. hist. Jur. can. num. 238. Fr. Florent. de Methodo et Aut. Collect. Grat. § 4.

150

Mastricht. loc. cit.

151

Guido. Pancirol. lib. 3 c. 8. Mastric. loc. cit. num. 349.

152

Mastric. num. 349.

153

Mastric. num. 351.

154

Cujac. ad c. ult. X de sent. et re jud.

155

And. Schottus Bibl. Hispan. tom. 2 p. 186.

156

Fr. Floren. dissert. de Metho. et Auct. Collect. Grat. in fine.

157

Greg. IX. Volentes igitur, ut hac tantum Compilatone universi utantur in judiciis, et in scholis, districtius prohibemus, ne quis praesumat aliam facere, absque auctoritate Sedis Apostolicae speciali.

158

Math. Paris hist. Angl. ann. 1233 p. 352. Solemniter, et authentice per totius Mundi latitudinem legi praecepit, et divulgari.

159

Guid. Pancirol. de Clar. leg. Interp. lib. 3 c. 8. Mastric. num. 356, 357.

160

Cujac. ad cap. X extr. de sept. et re judic.

Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5

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