Читать книгу Il Clan Del Nord - Jessica Galera Andreu - Страница 4

Vianta

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Il sole era già iniziato a calare sul firmamento del piccolo villaggio di Vianta, quando gli zoccoli di cavalli fecero rimbombare la terra e i mormorii tra gli abitanti del villaggio si accesero come polvere da sparo, di bocca in bocca. Le voci sull'arrivo del giorno più atteso per loro stavano per diventare una realtà palpabile e tangibile, ma tennero a freno le loro emozioni affinché non ne avessero avuto la totale certezza. I primi soldati entrarono al trotto nel villaggio, facendo si che la gente del posto si fermassero nelle loro faccende per non perdere i dettagli dell'accaduto. La moderazione era palpabile nell'atmosfera, e le risate nervose si combinavano con la paura e il sospetto per quello che alla fine sarebbe stato il futuro di quel luogo remoto.

A poco a poco i soldati si fermavano e accettavano i doni che gli abitanti del villaggio gli offrivano al loro arrivo, dopo cinque giorni di assenza, anche se nessuno di loro osò chiedere quanto accaduto. All'improvviso un destriero nero entrò velocemente nel villaggio, obbligando i soldati e gli abitanti a ritirarsi rapidamente, molti di essi trattennero le loro imprecazioni appena scoprirono di chi si trattava.

“Jaren!”gridò una voce tra la folla.

Il ragazzo rallentò e ritornò sui passi del cavallo, finché non fu accanto a colui che lo aveva chiamato.

“Erik” lo salutò, “Buongiorno”

Erik notò, poi, il sangue che macchiava il viso del suo amico dalla tempia sinistra al mento, tracciando un inquietante solco sulla sua guancia. Sembrava ancora fresca e si chiese se la ferita fosse grave, anche se il sorriso sul volto dell'altro giovane gli fece scartare la possibilità.

“Che è successo?”chiese il ragazzo, accigliandosi. “E' vero quello che dicono?”

Jaren scese da cavallo senza perdere il sorriso che gli illuminava il volto, nonostante i lividi e le contusioni.

“Quasi mai” rispose “Cos'è che dicono?”

Erik non disse nulla e continuò a scrutare il viso del ragazzo in cerca di una risposta, un indizio, che rivelasse ciò che avrebbe poi finito per raccontare.

Jaren si posizionò vicino al pozzo al centro della piccola piazza e si aggrappò alla fune che si aggrovigliava intorno alla carrucola per sollevare e abbassare i secchi.

“Signore e signori di Vianta” gridò “la guerra è finita. Likara si è arresa e non ci saranno più attacchi.”

La moderazione lasciò il posto a un'esplosione di gioia ed euforia; alcuni piangevano increduli dopo diversi mesi di sofferenza, morte e distruzione, mentre altri si abbracciavano e correvano a dare la bella notizia a coloro che non lo avevano ancora saputo.

Non furono in pochi che circondarono Jaren quando scese dal pozzo, riempiendolo di gratitudine, lacrime di gioia e abbracci.

Quando riuscì a liberarsi dal tumulto, tornò da Erik, che lo stava aspettando appoggiato alla sua stampella. A volte la sua lesione non gli dava problemi e poteva camminare senza alcun aiuto o sostegno; altre volte, invece, la gamba malconcia gli faceva male e soffriva al punto che non era nemmeno in grado di camminare. A Jaren sarebbe piaciuto che quel giorno fosse uno di quelli in cui poteva correre e saltare, perché nei tre mesi in cui era stato lì era arrivato ad apprezzarlo davvero e a sentirlo come un fratello.

“Non posso crederci!”disse Erik, mentre lo abbracciava, lasciando andare anche la stampella. “Non posso credere che questo giorno sia giunto alla fine.”

“Beh, credici Erik. E' finita.”Jaren raccolse di nuovo la stampella e la restituì al ragazzo.

“I messaggeri sono arrivati da mio padre nelle ultime ore. Likara si è arreso. Abbiamo espulso i suoi ultimi soldati e Vianta ha resistito. Adesso regna la pace.”

Un uomo si avvicinò per prendere le redini di Donko, il cavallo di Jaren, e portarlo via, dopo aver fatto una leggera riverenza davanti al ragazzo.

Erik aveva visto ripetersi quella scena da molto tempo, ma restava comunque incapace di abituarsi a uomini adulti del doppio dell'età di Jaren, che gli rendevano omaggio in questo modo e gli offrivano tali segni di rispetto. Non avrebbe dovuto essere strano, si ripeteva, poiché Jaren era il figlio del re di Isalia e nonostante fosse giovane, aveva accompagnato i suoi uomini in guerra in numerose occasioni, da quando suo padre l'aveva mandato per la prima volta quando aveva solo quattordici anni, come lui stesso gli aveva spiegato.

I ragazzi camminavano tra la gente, che continuava ad avvicinarsi per ringraziare il giovane principe per la difesa del loro villaggio e per la fine di quella guerra che li aveva flagellati per tanto tempo, e che aveva raccolto lì le loro ultime forze.

Avanzarono lentamente, mentre Erik zoppicava con la gamba sinistra, conseguenza, secondo quanto aveva raccontato, della caduta da cavallo.

“Suppongo che ve ne andrete adesso, giusto?”chiese Erik, guardando dritto davanti a sé.

Jaren lo osservò, portando la mano sul sangue che ancora sgorgava dalla tempia e che lo faceva sentire leggermente stordito.

“Si” rispose “Mio padre ha ordinato di tornare immediatamente. Come ho detto, qui abbiamo finito.”

“A mia sorella mancherai”, aggiunse Erik sorridendo. Questa volta il ragazzo lo guardò negli occhi.

“Anche a me mancherà Sylvaen, e tante cose a Vianta.”

“Stai scherzando!”rispose Erik “Nessuno sano di mente sentirebbe la mancanza di questo posto, tanto meno se si vive a Isalia, in un castello circondato da ogni sorta di lusso.”

“Lusso, responsabilità, doveri, cose che non mi interessano nemmeno.”disse Jaren. “Passo la vita ad accompagnare mio padre a incontri con persone che non conosco, ma che ucciderebbe pur di accontentare e compiacere. Questo è l'opposto, isolato dal mondo, lontano da tutto, libero. Tutto è così semplice, così facile, nonostante le difficoltà. Credimi, non esiterei a cambiarlo.”

“Solo qualcuno che ha sempre avuto tutto parlerebbe così.”

“Non è come pensi Erik.”

“Si...beh, che mi dici di Sylvaen?”

Jaren si fermò e si guardò intorno prima di riportare lo sguardo su Erik.

“Sai che sono fidanzato con la figlia del re di Esteona. Non posso offrire niente a tua sorella.”

“Ma pensavo che tu e lei...”

“Sono sempre stato sincero Erik, con lei e con te. Non ho ingannato nessuno.”

“Già...immagino sarebbe stato da ingenui pensare che avresti cambiato una principessa per una semplice contadina.”

“Non c'entra niente e lo sai perfettamente. Sai chi sono.”

“Vuoi quella principessa?”

“Non la conosco nemmeno , ma sai come funzionano queste cose. L'accordo sarà redditizio per Isalia ed Esteona e questa è l'unica cosa che conta. Mio padre ne ha bisogno. Ha troppi fronti aperti, e se non trova alleati non resisterà.”

“E' l'unica cosa che conta?”

“Non per me, Erik, ma in questa faccenda sono legato mani e piedi.”

“Non vuoi quella principessa perché non la conosci nemmeno. E Sylvaen?”

Jaren tirò un profondo respiro e non riuscì a incontrare lo sguardo del suo amico, che annuì comprendendo l'evasione del ragazzo.

“Dovresti almeno andare a salutarla, fare le cose come si devono, lo sai. Entro i limiti.”

Senza nemmeno salutare, Erik se ne andò zoppicando e si mescolò alla folla, che continuava a correre da una parte all'altra, immersa in un'attività insolita, diversa dalla quotidianità che Jaren aveva vissuto a Vianta sin da quando era arrivato. Si guardò intorno e tirò un profondo respiro. Anche se la guerra era finita, il villaggio avrebbe impiegato molto più tempo a cancellare i segni della sofferenza e della devastazione. Le capanne crollate, gli edifici distrutti, la polvere e la crescita del cimitero avrebbero dato mostra di tutto ciò che Vianta aveva sofferto, ma Jaren sapeva che sarebbe bastata la volontà del suo popolo per ricostruire quel luogo e instaurare una pace più che necessaria.

Ricordò poi il giorno in cui suo padre lo aveva informato della sua decisione di mandarlo lì per salvaguardare il passaggio alle più grandi miniere della zona, un obbiettivo prioritario nella guerra che Isalia stava combattendo contro Likara. Difendere un villaggio così insignificante era stato un fastidio per Jaren più che una sfida, persino un'umiliazione. Non aveva mai capito perché suo padre si sforzasse così tanto per mantenere un posto che rappresentava solo un grande fastidio a causa della lontananza stessa da Isalia, e in cambio non apportava quasi nulla che potesse essere di beneficio per lui. Nemmeno le miniere d'argento erano preziose per Isalia, che poteva importare quel minerale da qualsiasi altra parte, ma a quanto pare era un argento unico al mondo per le sue strane proprietà e questo era un motivo sufficiente per lottare per la sua salvaguardia. Nemmeno il fatto che il crescente regno di Isalia fosse troppo lontano rappresentava un ostacolo, non solo per il re, per inviare lì una difesa più che sufficiente, ma perché fosse guidato da suo figlio, dando una buona spiegazione dell'importanza che il sovrano conferiva a Vianta.

Tre mesi dopo l'incarico del re, Jaren era interiormente grato a suo padre che portasse cosi tanta stima verso quella piccola città. Andare in quel luogo gli aveva permesso di vivere in modo diverso rispetto a Isalia, mescolandosi tra la gente, sentendosi uno come tanti, chiamato per nome, trattato senza quel rispetto esacerbato, quasi al limite della paura con cui sembravano trattarlo i pochi cittadini di Isaia che avevano contatti con lui: solo i servi e alcuni mercanti o soldati.

Avanzò di qualche passo fino a raggiungere la umile casetta dove viveva Erik con sua sorella Sylvaen e sua madre Elessa, un luogo dove aveva trascorso molti pomeriggi, come aveva fatto in tante altre case, le più umili, i cui proprietari lo invitavano con le migliori intenzioni, nonostante il poco che potevano offrire. Bussò alla porta senza ricevere risposta e si sporse per guardare dentro, sul fuoco ribolliva una pentola di stufato. L'odore lo travolse, entrò chiudendosi la porta dietro di sé.

“Hey. Sylvaen!”chiamò “Elessa!”

Si avvicinò lentamente alla pentola ci infilò un dito per assaggiare il delizioso brodo che bolliva dentro. Esaminò con calma l'ambiente circostante mentre si appoggiava al tavolino a quattro posti che occupava la parte centrale della stanza. Il mormorio dalla strada arrivava fino a lì, un po più sommesso, e Jaren pensò allora che forse anche le due donne erano uscite. Nello stesso momento Sylvaen apparve dalla dispensa che si trovava sul retro e quando incontrò il ragazzo si fermò all'improvviso.

“Jaren!”esclamò. Lasciò la treccia che stava raccogliendo e corse tra le sue braccia.

“Oh Dio, ero così preoccupata! Quando sei arrivato?”

“Solo pochi minuti fa.”rispose. “Tutto è finito. Likara si è arresa e gli attacchi a Vianta non ce ne saranno mai più.”

Sylvaen afferrò Jaren per il viso e lo baciò intensamente, quasi disperatamente, come se in qualche modo avesse intuito quello che stava per accadere e volesse approfittare degli ultimi momenti di desiderio che si era scatenato dal primo momento. Ma Sylvaen non sapeva niente, e in quel momento per la felicità che appariva nei suoi occhi, non sembrava nemmeno prendere in considerazione l'opzione. Spostò la ciocca di capelli che le cadeva sul viso e fissò con i suoi occhi scuri quelli di Jaren, cercando di mostrare una calma che non sentiva.

“Sei ferito”mormorò, accarezzando il sangue che ancora colava sul viso del giovane. “Siediti, ti ricucirò quel taglio”.

Obbedì senza fare domande, cercando di trovare dentro di sé le parole per comunicarle ciò che era venuto a dirle. In numerose occasioni avevano discusso circa la questione, come lui stesso aveva ricordato ad Erik, ma Sylvaen fingeva che quelle conversazioni non fossero mai avvenute, omettendo quella parte della vita di Jaren che non gli piaceva e su cui non fantasticava.

Il principe la guardava mentre preparava gli strumenti per curare la sua ferita, come aveva fatto tante volte prima. Sylvaen non passava inosservata alla maggior parte dei giovani di Vianta, e l'aveva constatato lui stesso di persona nei tre mesi che era stato lì: occhi scuri, capelli rossi lisci, pelle chiara, labbra carnose, curve generose. “Cosa si può chiedere di più?”pensava. Ma al di là della semplice attrazione tra di loro, Jaren non aveva mai sentito quello che sentiva lei, quello che voleva Erik stesso. Sylvaen era sempre stata un angelo per lui, come il resto di Vianta. In numerose occasioni gli aveva offerto un piatto di cibo caldo e lo aveva tenuto sveglio nelle notti in cui era stato ferito e aveva la febbre dopo gli attacchi subiti nel villaggio. Rendersi conto di tutto questo e non riuscire ad innamorarsi di lei, come avrebbe voluto Erik, lo portò a chiedersi se fosse mai possibile che potesse provare qualcosa di sincero , importante e vero, non solo per Sylvaen stessa, ma per qualsiasi giovane donna, al di là della semplice attrazione e del divertimento che aveva cercato fino ad allora in loro, trovandolo un modo così facile che a volte lo faceva stare male con se stesso.

Cedevano al suo fascino, e non in poche, o cedevano solo al titolo che deteneva? Con dei bellissimi occhi verdi e capelli castani, Jaren si era guadagnato la predilezione di molte principesse come prima opzione alla pressione dei suoi genitori. I loro matrimoni sarebbero stati, come il suo, atti organizzati per soddisfare gli alleati e raggiungere obiettivi lontani dalla loro felicità, in modo che il minimo che potessero sperare fosse assegnarle a uno dei principi più desiderabili di quelle vaste terre. Forse, pensava, innamorarsi non era qualcosa di destinato a lui, e siccome era fidanzato con una ragazza che non conosceva nemmeno, forse era meglio così, perché come avrebbe poi portato avanti il suo fidanzamento se era innamorato di qualcun'altra? Non si era nemmeno curato di sapere come fosse quella giovane donna che non aveva mai visto in vita sua e che probabilmente avrebbe incontrato non appena fosse tornato a Isalia.

“Questo ti farà male.” la voce di Sylvaen lo ridestò dai suoi pensieri. Annuì e sentì immediatamente l'ago perforargli la tempia. Chiuse gli occhi per il dolore e sbuffò. “Mi dispiace”si scusò lei.

“Non preoccuparti.”

“Prometto di farmi perdonare. Domani possiamo passare la mattinata alla cascata, e poi ho pensato che potremmo mangiare al lago Issen.”La giovane donna lo guardò, fermandosi un attimo.

“Non ci basterà una vita per poterti ringraziare di tutto quello che hai fatto per noi, Jaren.”consluse, prima di baciarlo ancora sulle labbra.

“Sylvaen, devo tornare ad Isalia.”

Si fermò di nuovo e senza aprire bocca, senza fare il minimo gesto, Jaren vide che le sue parole furono come uno schiaffo, l'avevano fatta tornare a quella realtà che Sylvaen ignorava con tanto accanimento.

“Te ne vai?”

“Mio padre ci ha ordinato di tornare subito, ora che tutto è finito. Lascerò alcune guardie al confine finché tutto non si sarà sistemato, ma devo ritornare a casa.”

Con sollievo di Jaren, Sylvaen continuò a risanare la sua ferita fino a quando non ebbe finito in un paio di minuti. Poi incrociò le braccia davanti a lui e la sua espressione si trasformò in un blocco di ghiaccio, lottò con le lacrime che cercava di trattenere.

“E...noi?”alla fine osò chiedere.

Jaren si alzò.

“Mi dispiace. Ne avevamo già parlato prima. Devo tornare.”

“Chiederti...di portarmi con te sarebbe assurdo, vero?”

“Sylvaen lo sai cosa mi aspetta a Isalia.”

Lei sorrise e scosse la testa.

“Stai ancora pensando di sposarla?”

“Non ho scelta. Non è qualcosa che ho deciso io.”

“Ma tu lo accetti e basta.”

“E cosa potrei fare?”

“Non posso credere che tu sia così bellicoso in battaglia e così diligente con il re.”

“Non è in gioco solo il mio futuro, ma quello di Isalia. L'alleanza con Esteona conviene al regno di mio padre. La guerra si è complicata e ha bisogno di alleati che...”

Sylvaen si avvicinò a lui, che quasi inciampò con la sedia dietro di lei e lo abbracciò forte, coprendogli di baci il viso, le labbra, il collo. Jaren chiuse gli occhi e cercò dentro di sé un modo per troncare lì. Forse ascoltare Erik era stato un errore, e dare a Sylvaen l'opportunità di provare a convincerlo avrebbe finito per ferire di più la giovane donna.

“Sylvaen, ti prego...”

“Ti amo Jaren. Lo so che è una follia, tu sei un principe e io...io una contadina, ma ti amo. Non lasciarmi, ti prego.”

La porta si aprì in quel momento e Sylvaen si allontanò, davanti al muto ringraziamento di Jaren alla persona appena arrivata: Elessa, la madre della ragazza e di Erik, una donna dal corpo voluminoso, che aveva fatto perdere la testa a molti uomini di Jaren.

“Maestà!”esclamò con entusiasmo

In due lunghi passi la donna fu accanto al ragazzo e lo abbracciò forte dandogli una pacca sulla schiena con tanta veemenza, che le poche parti del corpo che non gli facevano male cominciarono a farlo.

“Mia signora...”

“Ho appena scoperto che è tutto finito!”esclamò con il suo vocione. “Congratulazioni, e che gli dei ti benedicano!”

“Grazie. Abbiamo solo fatto il nostro dovere.”

“Si, si...Lunga vita al re di Isalia, e a suo figlio, ovviamente, al suo glorioso esercito. Ho sentito che ve ne andrete a breve. Spero che almeno stasera rimanete a festeggiare.”

“Certo.”

“Sylvaen”urlò di nuovo. “E' pronta la cena. Jaren potrebbe restare con noi oggi.”

“Lo apprezzo, mia signora, ma vorrei fare un bagno e riposarmi un po'. Ceneremo durante la celebrazione, quindi Sylvaen non dovrà preoccuparsi di cucinare nulla.”

“Per lei non è un fastidio, ma un onore, vero, figlia?”

La donna mise un braccio intorno alla figlia e la strinse contro il suo petto, mentre guardava Jaren, con volto imperscrutabile.

“Esatto.”mormorò, quasi senza voce.

“Comunque”insistette”non ce n'è bisogno.”

“Va bene”concordò la donna”Ci vediamo stasera allora”.

Jaren indietreggiò lentamente e salutò con un silenzioso cenno del capo. Uscendo di casa, si appoggiò al muro e chiuse gli occhi. L'immagine di Sylvaen che lo supplicava di portarla con sé riecheggiava nella sua testa più e più volte. Avrebbe dovuto averlo previsto prima di accettare la richiesta di Erik di andare a salutarla, anzi, quello che non avrebbe mai dovuto accettare era di abbandonarsi tra le braccia di Sylvaen o di qualsiasi altra ragazza di quel luogo, dove solo il più severo dovere avrebbe dovuto portarlo. Non erano pochi i soldati che avevano fatto lo stesso con tante altre ragazze del paese, molte di loro ingannate solo dall'idea di farli innamorare e farsi portare a Isalia, lontano da Vianta e dalle poche possibilità che il villaggio offriva. Obiettivo che molte ragazze si erano proposte verso lo stesso Jaren. Lui lo sapeva, ma sebbene avesse cercato di essere chiaro con loro sin dall'inizio, pensava anche che fosse inevitabile per loro mantenere la speranza nel fare innamorare il principe e farsi portare a Isalia, affrontando il re e qualunque altra cosa necessitasse, o almeno, farsi portare a vivere nel castello o in qualsiasi altra bella casa, potendo usufruire del denaro necessario per garantire il loro benessere per il resto della vita. Inoltre non usciva vuoto da quegli incontri con quelle giovani donne, dalle quali aveva ottenuto momenti piacevoli e divertenti senza impegni, ma quando si era imbattuto nella sorella di Erik le cose erano cambiate. Il ragazzo era diventato come un fratello per lui, e trattare Sylvaen nello stesso modo di qualsiasi altra giovane sarebbe stato offensivo nei confronti di Erik, che inizialmente era sospettoso riguardo a ciò che sua sorella potesse aspettarsi dal principe. Jaren aveva rinunciato ad altre possibilità e prolungato troppo il suo divertimento con Sylvaen, qualcosa che lei aveva comprensibilmente interpretato in modo diverso.

Nel mezzo dei suoi pensieri, Jaren sussultò quando l'anta della finestra sbatté contro il muro a pochi centimetri dalla sua testa e poté udire le voci di Sylvaen ed Elessa.

“Domani partirà e lo farà da solo con la sua gente”esclamava quest'ultima, mentre la sua mano batteva furiosamente sul tavolo. “Era l'unica opportunità che avevamo per uscire da tutta questa miseria, per abbandonare tutta questa povertà e marciume, e tu l'hai sprecata. Non sei più brutta delle altre, ragazza, e non capisco perché non hai saputo mettere un po' più della tua parte invece di limitarti ad essere una di quelle che gli scaldano il letto.”

“Non sono stata una di quelle!”si difese Sylvaen.”Jaren ha avuto con me molto di più di quanto non abbia avuto con chiunque altra e questo è già un gran trionfo.”

“E a cosa servirà questo trionfo se non ti porta con sé o non ti prende come moglie?Non ti capiterà mai più un principe sotto il tetto di questa disgustosa capanna, capisci?Non fai nemmeno in modo che qualcuno ti prenda in moglie.”

“Madre, è determinato a sposare quella nobildonna. Non posso fare nient'altro. Ho sempre seguito le tue istruzioni ma...”

“Ma niente. Non te ne rendi conto?Lo faccio per te e tuo fratello. A Isalia potrebbero curarlo i migliori guaritori.

“Erik dice che Jaren glielo ha promesso e mio fratello gli crede sulla parola.”

“Sciocchezze!Credi che quando il principe se ne sarà andato da qui si ricorderà di noi?”

“Beh, se sei cosi disperata da voler lasciare Vianta e raggiungere Isalia, dovrai accontentarti di quell'altro soldato, Atsel. Pende dalle mie labbra, mamma, e potrebbe darci una bella vita.”

“Un soldato...quando abbiamo un principe. Stai abbassando di molto il livello, non credi? Abbiamo un'ultima opportunità. Digli che sei incinta, che aspetti un figlio suo, un nipote del re. Non potrà disinteressarsi così.”

“Madre, non è un idiota. Se ne accorgerà.”

“Come? Non hai fatto tutto ciò che deve esser fatto perché ciò accada? Una volta che ti accetta, se non sei incinta, vai avanti e se non ne vuole più sapere di te, rivolgiti al tuo soldato per darti quella prole.”

Jaren si raddrizzò e si allontanò lentamente e serenamente, disgustato da tutto ciò che aveva sentito. Poteva aspettarsi simili trucchi da tante giovani donne lì che, spinte dal bisogno cercavano di capire come procurarsi una vita migliore, ma da Elessa, Sylvaen e quindi da Erik non se lo sarebbe mai aspettato. Si scostò i capelli dal viso e accelerò il passo, non prestando più attenzione alle persone che ancora lo ringraziavano per la pace raggiunta passandogli accanto. L'accampamento era a nord del villaggio, e tutto ciò che voleva era sdraiarsi nella sua tenda, chiudere gli occhi e dimenticare il mondo per un pò.

Ma era riuscito a fare a malapena qualche passo quando la voce familiare di un bambino lo fece fermare e voltare.

“Jaren” gridava mentre correva”Jaren devi venire a vedere!.”

“Che c'è Phileas?”

“Lora è morta” rispose il ragazzo. Il suo respiro era ancora accelerato per la corsa che aveva fatto per arrivare fino a lì, probabilmente dalla vecchia fattoria di Lora, situata dall'altra parte del ponte, fuori Vianta. Le dicerie si erano diffuse rapidamente, come le voci della pace giorni prima, o all'arrivo del principe di Isalia in persona più di tre mesi prima. La felicità era durata solo pochi minuti e di nuovo un evento oscuro incombeva sul villaggio. Le donne si portarono le mani alla bocca, inorridite dalla notizia che quel ragazzo stava portando, e nemmeno gli uomini nascosero la loro espressione di grave preoccupazione.

“Avevi detto che la guerra era finita!” esclamò una voce dal tumulto che si era creato lì.

Jaren afferrò Phileas per il braccio e camminò, con lunghi passi, nella stessa direzione da cui era venuto.

“Porta il mio cavallo”disse.

*****

Stava davanti al corpo senza vita di Lora, la vecchia con cui aveva parlato solo un paio di volte, dato che la sua fattoria non si trovava nel villaggio, ma un po' più lontano, dall'altra parte del ponte. Tuttavia gli occhi verdi di Jaren si erano persi nel nulla, incapace com'era stato, di continuare a guardare. Andava in guerra da quando aveva quattordici anni, la prima volta che suo padre l' aveva mandato, ma nessun cadavere l'aveva impressionato in quel modo, perché non aveva idea di cosa potesse averla uccisa.

Giaceva supina in cucina, i suoi occhi vitrei rivolti al soffitto e una successioni di enormi morsi sul viso, sul collo e su tutto il corpo. Il sangue aveva sporcato tutto, nonostante alcune donne avessero cercato di ripulirlo. Jaren si mise a sedere e si guardò intorno, la piccola stanza dove lo scialle della vecchia, anch'esso macchiato di sangue, indicava che qualunque cosa fosse accaduta, l'avevano portata fino a lì. Tuttavia tutto era in ordine. Non dava la sensazione che qualcuno fosse entrato a rubare, e le ferite che avevano causato la morte di Lora lo confermavano. Doveva trattarsi di un animale, senza dubbio, ma come aveva fatto ad entrare in casa per fare tutto quello alla povera donna? Jaren entrò in soggiorno e si fermò sulla soglia della porta che era rimasta aperta. Notò allora che la fattoria si trovava sorprendentemente vicino alla foresta, ma in tutto il tempo che era stato lì non aveva mai incontrato lupi o altri animali che avrebbero potuto fare tutto ciò. Sette dei suoi uomini camminavano avanti e indietro, cercando di trovare qualcosa che li aiutasse a capire cosa fosse successo; alcuni abitanti del villaggio li avevano accompagnati, e sebbene fossero riusciti ad individuare alcune tracce nel fango, la pioggia persistente che era caduta durante la prima mattinata ne aveva cancellate una buona parte.

Goriath arrivò e si fermò accanto a Jaren, Era uno dei soldati più veterani, un generale dell'esercito di Isalia, a cui il re aveva affidato l'addestramento di Jaren in combattimento e il compito di guidare il proprio esercito. Il rapporto con lui non era facile per il giovane principe, poiché Goriath odiava dover finire per essere l'ombra di Jaren sul campo di battaglia, dove lo aveva più volte incolpato della morte di molti dei suoi uomini, per la particolare attenzione che doveva prestare alla sua sicurezza. Il re poteva accettare la morte di un soldato, ma non la morte del proprio figlio, almeno non mentre era sotto la tutela di Goriath.

“Lupi” disse l'uomo “E' già sciocco collocare qui la fattoria, ma se ci cammini di notte, stai gridando a gran voce di voler essere la loro cena.

“Dentro la casa? Pensi che un lupo avrebbe potuto farlo?”

“Uno o più.”rispose Goriath. Iniziò a camminare lentamente verso il recinto dove erano legati i cavalli, ci passò sotto e si avvicinò per preparare il suo cavallo.

“Sai che i lupi vanno raramente da soli. Ma in ogni caso non c'è nessun tipo di mistero qui. Una perdita di tempo la camminata fino a qui. Qualcuno dovrebbe dare a quel ragazzo qualche frustata.”

Jaren cercò con lo sguardo Phileas, il ragazzo che li aveva informati dell'accaduto e lo localizzò dall'altra parte, vicino agli uomini che stavano esaminando le impronte, attaccato alla recinzione e con lo sguardo lacrimante. Poteva vedere il tremito delle sue mani e la forza con cui le sue dita stringevano il legno. Goriath sciolse le redini del suo cavallo e lo montò.

“Ritorno all'accampamento”annunciò bruscamente. “Dirò ai ragazzi di fare le valigie e di prepararsi per la marcia. Il re ci ha esortati a tornare il prima possibile. Suppongo che i preparativi per il tuo matrimonio siano pronti.”

“Il matrimonio? Già!”.

“E' quello che diceva la lettera di sua Maestà.”Stavano per ritornare all'accampamento, ma purtroppo questo...sfortunato imprevisto è venuto fuori. “Tutto è programmato per il nostro ritorno, che non dovrebbe richiedere più di qualche giorno. Congratulazioni.”

Poi spronò il cavallo e tornò al villaggio. Jaren sapeva da diverse settimane del suo fidanzamento con la principessa di Esteona, ma fino a quel momento, l'evento era solo un atto prestabilito nella sua vita, una vita senza un proprio controllo, diretta a colpi di convenienza, d'obblighi. Tuttavia sentire la vicinanza della data del matrimonio gli provocò un disagio e un contenuto desiderio di ribellione. Inspirò profondamente ed assistette all'arrivo di un carro da cui discesero un uomo e una donna, che aiutarono poi a scendere un vecchio dall'aspetto debole e fragile: il vecchio Hans. Lo aveva incontrato solo un paio di volte, ma sapeva benissimo che era il vedovo di Lora, e dovette fare grandi sforzi per non sentirsi male vedendo l'espressione del vecchio mentre correva verso la casa. Ansimò sconsolato e chiuse gli occhi, aprendoli all'istante all'udire una nuova voce.

“Possiamo ritirarci Jaren?”chiese Atsel.

Jaren girò la testa, senza spostarsi e lo guardò con rammarico. Era uno dei soldati più giovani dell'esercito di Isalia, o almeno rispetto agli altri uomini che comandava, scelto da Elessa e Sylvaen per concepire quella creatura che in seguito avrebbero fatto passare per suo figlio.

“Hai scoperto qualcosa?”chiese, cercando di concentrarsi su altre questioni.

“Ci sono impronte di cavallo e anche impronte umane. Niente che possa essere collegato a quello che è successo a quella povera donna.”

“Goriath pensa che siano lupi. Ma come avrebbero potuto arrivarci senza lasciare impronte all'uscita del bosco?”

“Non lo so, Jaren. Ma ad essere sincero l'unica cosa che mi preoccupa a questo punto è tornare alla mia Isalia, dormire tre giorni di seguito, ubriacarmi fino a scoppiare nella taverna di Aurea e tornare alla prossima guerra che il re deciderà.”

Jaren fece un sorriso effimero.

“L'idea di sposarti e condurre una vita più tranquilla non ti passa mai per la testa?”

Atsel ricambiò il sorriso, sebbene la sua espressione fosse più aperta e sincera.

“No” rispose seccamente, “Non voglio mai più vedere una donna, nemmeno da lontano.”

L'effimero sorrise di Jaren era già svanito e il suo sguardo, fisso su Atsel, fece capire al ragazzo perché il suo principe gli aveva fatto quella domanda.

“Lei ha scelto te.”rispose “e io lo accetto. Basta. Non ho intenzione di drammatizzare.”

“Lei e io non...”

“Lo so, Jaren. Sei impegnato, ma in questo caso non è solo quello che vuoi o che smetti di volere che conta. Se Sylvaen sta con te è perché non mi ama. Non ho bisogno di sapere di più. E se sei determinato a tenere uno di quei discorsi che odio, ti dirò che sto bene. Non troverei nulla qui che non riuscirei a trovare anche ad Isalia. “

Jaren rimase in silenzio.

“Possiamo tornare all'accampamento?”

“Certo. Io vengo fra un attimo.”

Mentre lo guardava comandare il resto dei suoi uomini e poi andarsene a cavallo, Jaren non poté fare a meno di sentirsi un volgare traditore.

Non aveva la minima idea di cosa ci fosse tra Sylvaen e Atsel finché non aveva sentito la giovane donna parlare a sua madre, ma Atsel sapeva cosa c'era tra il principe e la ragazza che aveva risvegliato qualcosa in lui. Jaren odiava il fatto che il suo ruolo gli concedesse benefici che gli altri non potevano nemmeno sognare, e dovevano allontanarsi quando lui posava gli occhi su una ragazza su cui in precedenza l'aveva già fatto uno di loro. Se fosse stato uno come tanti, se lo vedessero come uno come tanti, combatterebbero con lui per attirare l'attenzione della suddetta, invece gli lasciavano via libera, e incapaci di vederlo come qualcuno di diverso dal figlio di un re, non avrebbero esitato ad accettare il cambiamento.

Inspirò profondamente, poi guardò l'uomo che gli si avvicinava. Era lo stesso che era arrivato sul carro poco prima con una donna e il vecchio Hans.

“Sua maestà”disse quando lo raggiunse “Mio nonno vorrebbe parlare con voi, se non è sconveniente.”

“Certo”

Jaren rientrò nella casa, controllando che il corpo di Lora non fosse più lì. Gli abitanti del villaggio si erano presi la briga di avvolgerlo in un lenzuolo bianco e prepararlo per la cremazione, che sarebbe avvenuta dopo che il corpo della sfortunata donna fosse stato vegliato nel tempio di Vianta. Hans sedeva sulla vecchia sedia a dondolo, fissando il caminetto che era spento.

“Mi dispiace molto per quello che è successo.”gli disse Jaren, senza fare un solo passo.

Il vecchio si voltò e lo guardò, poi gli fece cenno di avvicinarsi e Jaren obbedì. Gli si avvicinò e si accovacciò accanto a lui.

“Non mi hanno nemmeno permesso di vederla.”mormorò Hans come se parlasse a se stesso.

“E' meglio che tu non l'abbia vista, che la ricordi com'era in vita.”

“Dopo sessant'anni insieme avevo almeno il diritto di salutarla, non credi?”

“Mio padre tende a rimproverarmi perché non accompagno mai mio fratello al Pantheon a vegliare sul riposo di mia madre.”rispose Jaren dopo un lungo silenzio.”Non credo che lei sia lì, e né che tua moglie sia in quel lenzuolo, né in quel tempio, né credo sarà sulla pira che prepareranno per la sua cremazione.”

Il vecchio alzò lo sguardo e scrutò gli occhi verdi di Jaren.

“Allora dove pensi che stiano tua madre e mia moglie?”

“Non saprei dirti dove sia mia madre. Perché ero piccolo quando è morta e riesco a malapena a ricordarmela. Ma tua moglie è in questa casa, nel vostro carro, in lui”aggiunse indicando con la testa il cane che giaceva a terra con la testa china e gli occhi tristi, come se percepisse o come se avesse vissuto la tragica morte della sua proprietaria. “Tua moglie è in tutto ciò che avete condiviso, in ogni luogo in cui hai respirato la stessa aria, nei tuoi figli e nipoti, in ciò che resta, nei suoi ricordi. Credo che una persona sia un'essenza oltre al corpo, Hans. Soffermarsi sui resti significa scegliere la parte più insignificante, e questo non è giusto. Questo è quello che credo.”

L'anziano cercò invano di fare un sorriso con le sue labbra sottili, ma la tristezza che si irradiava dai suoi occhi oscurava ogni altro sentimento.

“Mi piace pensarlo.”rispose con un filo di voce. Jaren lo guardò, incapace di aggiungere altro, perché sapeva che in quel momento, con quel recente dolore, tutto quello che avrebbe potuto dire sarebbe stato formale, qualcosa di cui era già stufo. “Devi aiutarci.”aggiunse poi Hans.

“Cosa?”

“Non puoi andartene adesso. Guarda cosa hanno fatto a mia moglie.”

“Hans, sono sicuramente lupi. Tu...tua moglie avrebbe dovuto essere più attenta e se accetti un consiglio, dovresti trasferirti al villaggio. Questa fattoria è troppo isolata, vicino alla foresta”

“Per favore, ragazzo. Nessuno si preoccuperà per noi come te. Posticipa la tua partenza. Non abbandonarci.”

“Non posso. I preparativi per il mio matrimonio sono già pronti. Ho solo pochi giorni per arrivare ad Isalia e...”

Hans pose la sua mano su quella di Jaren; era fredda e tremava.

“Per favore. Ti prego. E' l'ultimo desiderio della mia vita, dammi la pace per aver fatto giustizia alla mia povera Lora. Verranno a prendermi.”

“Sono animali, Hans. Non sono venuti per lei deliberatamente e non lo faranno nemmeno con te.”

La lacrima che scivolò lungo la sua guancia rugosa cadde sulla mano di Jaren, che la guardò scivolare fino al bracciolo della sedia a dondolo, e si generò tra loro un silenzio complice. Il vecchio si voltò di nuovo in avanti e fissò il suo sguardo vuoto sul caminetto, mentre teneva in grembo lo scialle della moglie, ancora insanguinato.

“Un giorno.”concluse infine Jaren “Posticiperò la nostra partenza di un giorno. Domani mattina i miei uomini esamineranno la foresta, cacceranno o spaventeranno quegli animali e ce ne andremo. E' tutto quello che ti posso promettere.”

Hans annuì in modo appena percettibile. Jaren non sapeva se questo avesse soddisfatto la richiesta del vecchio, o se la sua offerta gli fosse sembrata insufficiente, ma non poteva fare di più per lui e se in soli tre mesi avevano fermato gli invasori, quanto avrebbero impiegato a fermare un branco di lupi?Stimava o sperava in non più di una mattinata.

Jaren si alzò e tornò fuori, dove l'aria fresca e il sole del mattino sembravano ignari di tutte le disgrazie che avevano scosso Vianta.

Sbuffò e dopo aver chiuso la porta dietro di sé, si diresse verso il recinto dove era ancora legato Donko, il suo cavallo. Mentre si preparava per montare, una moltitudine di pensieri lo assalì: sua madre, suo fratello. Raramente pensava a quello e a Isalia, soprattutto alla presenza del re, la questione era severamente vietata, ma era qualcosa che in un modo o nell'altro lo aveva sempre accompagnato. Col passare degli anni l'immagine di sua madre iniziava a sbiadire, era morta quando entrambi i fratelli erano soltanto dei bambini, a seguito dell'attacco di lupi mentre tornavano al castello di Isalia attraverso la foresta. Il coraggio di Zoran era servito a salvare la vita di Jaren, che era un anno più giovane, ma il prezzo da pagare oltre alla vita della regina, morta pochi giorni dopo, era stato eccessivo per il primogenito del re: un'imponente cicatrice gli solcava il viso da un lato all'altro in un ricordo perpetuo di ciò che era accaduto in quella notte piovosa, e quand aveva guardato il suo braccio senza mano, strappata dal morso di uno di quegli animali, aveva perso quasi i sensi . Anche Jaren stesso aveva subito ferite molto meno gravi di quelle che avevano gettato Zoran in una profonda amarezza.

Jaren si rimboccò la camicia e guardò il nome della regina Mara inciso sull'avambraccio, accanto alla ferita provocata dal taglio su cui, come anche per Zoran, più e più volte il guaritore di suo padre aveva fatto loro applicare un preparato per tenere lontana la malattia, perché secondo lui quei lupi potevano trasmettere tutti i tipi di male che avrebbero potuto mettere in pericolo la vita dei principi di Isalia, come era successo con la regina. Jaren era convinto che ciò non fosse necessario; era sano, come Zoran, ma il re insisteva sulla necessità di essere cauti, preoccupato com'era soprattutto per il trono di Isalia. Il pensiero del fratello gli restituiva anche una percezione egoistica di sé: Zoran doveva esser l'erede al trono, quello destinato a sposare la principessa di Esteona, quello scelto per guidare gli eserciti e quello che avrebbe accompagnato suo padre ad innumerevoli riunioni e incontri tutt'altro che interessanti; ma il carattere di Zoran si era completamente trasformato dopo l'incidente coi lupi, e il giovane era diventato cupo e scontroso,suo padre non poteva, appunto, esporlo come la migliore lettera di presentazione. Non si può nemmeno dire che il re non abbia avuto la sua parte nella depressione del figlio: relegato ad un piano secondario degli eserciti, dove la mancanza della mano destra gli aveva tolto un gran valore. Inoltre il suo volto deformato dalle cicatrici non lo rendeva la prima scelta del re quando cercava alleanze con altri regni attraverso matrimoni, in cui il prescelto era di solito Jaren. Tutti gli ripetevano che doveva sentirsi privilegiato, ma quei privilegi non facevano altro che pesargli sulle spalle come una lastra, la lastra che supponeva la disgrazia del suo fratello maggiore, al quale sentiva di spogliarlo di tutto ciò che gli apparteneva per diritto. L'attacco dei lupi a Vianta riportò in vita gran parte di quanto accaduto quella notte, di cui aveva un vago ricordo, di quando aveva appena otto anni.

Girò la testa e scorse una figura che avanzava a cavallo: era Erik, e contrariamente a quanto gli accadeva di solito, in quel momento era la persona che meno voleva vedere. Il ragazzo scese dal destriero e gli si avvicinò.

“Non posso crederci.”disse, guardandosi intorno nella fattoria. “Hai visto il corpo di Lora? Mi sono appena imbattuto in quelli che lo trasportano e non ci credo. Pensi che possano essere lupi?”

“Cos'altro sennò?”rispose seccamente.

“Pare che siamo maledetti.”

Jaren gli lanciò un'occhiata fugace mentre slegava Donko e camminava, tenendo le redini. Erik lo seguì con il suo cavallo.

“Non dire sciocchezze!”rispose il principe.

“Sciocchezze?Prima la guerra e ora questo. Cosa succederà dopo?”

Jaren sorrise scuotendo la testa.

“Scommetto che tu non vedi l'ora di andare via da qui, giusto? E che saresti capace di tutto pur di lasciarti alle spalle Vianta. Passeresti sopra qualunque cosa o chiunque.”

“So che ti sei innamorato di questo villaggio e di nient'altro.”rispose, non privo di meno sarcasmo.”Ma io la odio.”

Jaren si fermò e gli lanciò uno sguardo fulmineo, cosa che gli sarebbe costata molto. Sentì il sangue ribollirgli nelle vene quando si ricordò del trabocchetto che lui, sua sorella e sua madre gli stavano preparando, ma non potè fare a meno di vedere Erik, il primo che gli aveva parlato al suo arrivo a Vianta, quello che gli aveva aperto le porte di casa sua e presentato così tante persone che ora era grato di conoscere, lo stesso che gli aveva confidato mille segreti e che ne aveva ascoltati tanti di più, comportandosi infine come quel fratello maggiore che Zoran non voleva essere, perché a malapena scambiava qualche parola con Jaren, solo, rinchiuso come viveva in una camera da letto.

“Già!”

“Hai parlato con Sylvaen?chiese il ragazzo.”Sono stato a casa un attimo fa e non è uscita dalla sua stanza.”

“La tua pressione insopportabile affinché io stia con lei fa parte del vostro piano di cambiare vita?”

“Come?”

“Andiamo! Ho sentito tua madre e tua sorella parlare. Potrei aspettarmelo da molte persone in questo villaggio, Erik, e lo capirei sicuramente, ma da voi...da te...”

Erik lo prese per un braccio quando Jaren stava per andare via.

“Di cosa stai parlando?”chiese.

Il principe si liberò con un brusco movimento.

“Accetti che tua sorella cerchi di farmi credere che sia incinta in modo che io possa portarla a Isalia con me? Per prenderla in moglie o per mantenere lei, tua madre e te per il resto della mia vita?Non la amo, e anche se fosse il vostro piano mi disgusta. Sono disgustato da voi e da tutte le vostre bugie. Non accetterò alcun tipo di ricatto.”

L'espressione sul viso di Erik gli fece dubitare che fosse a conoscenza dei piani di sua madre e di sua sorella, anche se trovava difficile credere il contrario, data la sua testardaggine nel volere che Jaren prendesse sul serio Sylvaen e riconsiderasse il suo futuro con lei. Erik zoppicò per un paio di passi fino ad allontanarsi dalla strada che conduceva al villaggio e cadde a terra, voltando le spalle a Jaren.

“Se ti ho insistito con mia sorella è perché ha confessato di essere innamorata di te”. Jaren lo guardava in silenzio.”Non lo nego: il fatto che Sylvaen ti amasse...la possibilità che tu ricambiassi...Voglio una vita migliore per lei e per mia madre. E come posso ignorare il fatto che tu sia un principe. Ma da lì a...usare sporchi trucchi per costringerti...non lo permetterei mai e poi mai.”

“Immagini una realtà idilliaca che non esiste ad Isalia, Erik. Mio padre è un uomo estremamente retto e severo. La vita accanto a lui non è una favola. Nemmeno mio fratello rende le cose facili; lui...”

“Andiamo!Cosa ti mancherebbe?”esclamò Erik, voltandosi.

“Se intendi materialmente, niente. Se dai valore ad altro, sei molto più ricco di me.”

Erik distolse lo sguardo e dopo aver guardato attraverso la foresta tornò a fissarlo.

“Ascolta, tua sorella è una bella ragazza”aggiunse Jaren “coraggiosa, determinata. Può avere qualsiasi ragazzo lei voglia e...”

“Tranne te”lo interruppe Erik.

Jaren inspirò profondamente.

“Può innamorarsi e far innamorare praticamente chiunque lei voglia”continuò “condurre una vita veramente felice nonostante tutto. Non lasciare che si venda per poche monete d'oro, Erik, non ne vale la pena, te lo assicuro.”

Il ragazzo tirò un respiro profondo mentre Jaren si avvicinava e gli tendeva la mano. Erik la accettò e si mise a sedere.

“Mi dispiace. Ti giuro che non avevo la minima idea che lei e mia madre stessero...Sanno che non sarei mai stato d'accordo.”

“Ti credo”concluse Jaren, mettendo una mano sulla spalla del suo amico. Non poteva negare che quella necessaria conversazione avesse alleviato una strana sensazione che gli aveva stretto lo stomaco per molto tempo. Elessa e Sylvaen lo avevano deluso, ma non Erik, e questo era già qualcosa; a dire il vero era molto. Jaren tornò da Donko e lo montò.

“Erik” disse “ti ho promesso che quando tutto si sarà sistemato a Isalia, tornerò per portarti lì e mettere la tua gamba nelle mani dei migliori guaritori. Te l'ho promesso e lo manterrò. Qualunque cosa dicano, non dimenticarlo.”

“Lo so”

Il giovane principe sorrise.

“Ah, Erik!”esclamò voltandosi mentre se ne andava “Mi mancherai anche tu. Di più”.

Erik gli sorrise e prese una pietra che poi gli lanciò.”

“Hey!”si lamentò Jaren.

“Potrei ucciderti per avermelo detto davanti a tutte queste persone.”

“Non c'è nessuno qui.”

“A Vianta le foreste hanno occhi e orecchie.”

*****

“Non puoi parlare seriamente”esclamò Goriath Non possiamo prolungare la nostra permanenza qui un altro giorno.”

“Si tratta solo di poche ore, il tempo di far fuori quel branco o cacciarlo via da qui.”

“Jaren, no!”

Goriath balzò in piedi allontanandosi di qualche metro dal cerchio di Jaren e quattro dei suoi uomini che stavano masticando in silenzio.

“Quel vecchio ha paura, e anche le altre persone. Hanno appena messo fine alla guerra e ora si vedono minacciati da quegli animali.”

“Sono contadini”disse il soldato “cacciare i lupi non dovrebbe essere un problema per loro. Lo faranno.”

“Mi ha chiesto aiuto, Goriath, e io glielo darò.”

“Tuo padre non lo approverebbe.”intervenne Atsel per la prima volta.

“Sono io quello che risponde di questa situazione, quindi non dovete preoccuparvi di nulla.”rispose Jaren.

“Tu rispondi davanti al re, ma anch'io, e lui ha ordinato di ritornare” affermò Goriath dalla sua posizione.

In controluce al sole che stava già tramontando dietro le altissime colline, sembrava ancora più grosso di quello che era. Più alto degli altri, schiena larga e corpo muscoloso, nonostante non fosse più un ragazzo, la sua testa glabra mostrava la quantità di cicatrici che lo avevano segnato durante i numerosi anni di guerra. I suoi occhi scuri erano la caratteristica più evidente su un viso freddo come il ghiaccio e minaccioso, incapace di esprimere compassione, o un sentimento che non si avvicinasse alla rabbia perenne.

Ci fu un momento di silenzio dopo le parole di Goriath, assicurando che rispondeva davanti al re, allo stesso modo del principe.

“Che cosa vuoi dire con questo?”chiese Jaren.

“Chi mi comanda è il re, non tu.”ripeté Goriath.

“Il tuo re ti ha posto sotto il mio comando.”

“Per essere più precisi, mi ha messo sotto la tua tutela, non sotto il tuo comando. E lo ha fatto, in questo caso, per difendere questo villaggio maledetto dagli attacchi di Likara e tornare indietro, non per salvare queste persone da un branco di cani.”

“Mio padre mi ha messo al comando, ma se non sei d'accordo, allora vattene.”

Atsel sbuffò e abbassò la testa, mentre Goriath, questa volta si, obbedì ed entrò nel villaggio, dove quella notte Vianta avrebbe festeggiato la fine della guerra, ignara come la maggior parte degli abitanti del villaggio, di quello che era successo alla vecchia Lora.

“Vuoi davvero che restiamo a cacciare i lupi?”chiese Atsel.

“Me l'ha chiesto quel vecchio. Era l'immagine del dolore.”

“Posso immaginare ma...non credo che il re sarà molto contento.”

“Anche tu puoi andartene se è a mio padre che obbedisci.”rispose Jaren, mettendosi a sedere.

Gli altri quattro uomini, come tutti quelli che stavano nell'accampamento, si erano già alzati e diretti verso il villaggio. Anche Atsel si alzò.

“Io obbedisco al re, ma devo anche la mia obbedienza a te, mio principe.”disse “Combatto al tuo fianco da quando avevo quattordici anni. Giusto?”

Sul viso di Jaren si formò qualcosa di simile ad un sorriso. I suoi uomini erano stufi della guerra e, come gli aveva detto lo stesso Atsel quel pomeriggio, sognavano di tornare a casa e prendersi un meritato riposo, ma non poteva abbandonare tutti quelli che da tre mesi vedevano lui e il suo esercito come salvatori. Prima di allora, una domanda aleggiava insidiosa nella sua testa: sarebbe rimasto lì per quelle persone o per se stesso?Per entrambi? Tornare ad Isalia lo avrebbe catapultato in una vita che già conosceva perfettamente e che era arrivato ad odiare: doveri, protocolli, false adulazioni, apparenze, ostentazione, distanza dalle persone, un trattamento diverso. In confronto, Vianta, quel villaggio che Erik tanto detestava, rappresentava qualcosa di molto più piccolo ma allo stesso tempo più grande: la libertà. Tuttavia sapeva che non sarebbe stato giusto equipaggiare la sua gente li solo perché voleva fuggire dalla sua vita nel regno del padre.

“Jaren!”quando si rese conto che Atsel lo chiamava”Non vieni?”

“Non so come le persone abbiano voglia di festeggiare dopo quello che è successo!”

“Non lo sanno”rispose Atsel “Il corpo di quella donna resterà nel capanno fino a domani. Poi lo comunicheremo a tutti.”

“Ma cosa stai dicendo?”

“Dai, non è difficile capirli. Sono in guerra da mesi, subendo attacchi e devastazioni . Vogliono un po di gioia, e la morte di quella donna rovinerebbe tutto. Chiedono una tregua e non credo sia da pazzi concedergliela, visto che ci tieni tanto.”

“Ma come possono lasciare il suo corpo in quel luogo abbandonato! E' una mancanza di rispetto.”

“Dici sempre che i morti non stanno qui. No? Che sono solo resti.”

Jaren non rispose. Lui stesso aveva detto ad Hans che le persone erano qualcosa di più di un corpo, legato alle debolezze e alle difficoltà della vita, ma pensare al cadavere di Lora, sbranato, avvolto in un lenzuolo e nascosto affinché il resto dei suoi vicini, ad eccezione del marito e dei parenti più stretti, potessero godersi la festa, era un'altra cosa.

Si accorse che Atsel era già partito, e nonostante sentisse la testa scoppiargli e non avesse voglia di festeggiare, si ricordò anche che quelle sarebbero state le ultime ore a Vianta e che la notte gli offriva, appunto, tutto ciò che gli piaceva in mezzo a gente che, salvo eccezioni che vedevano in lui uno strumento verso una libertà ingannevole, lo apprezzavano per quello che realmente era, interessandosi più alla sua persona che al suo titolo nobiliare.

Il Clan Del Nord

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