Читать книгу Guerra e pace. Ediz. integrale - Lev Tolstoj, Lev Tolstoj - Страница 26

XXI

Оглавление

Nel salotto non c'era più alcuno, eccetto il principe Basilio e la principessina Caterina, seduti sotto il ritratto dell’imperatrice ed impegnati in un vivace colloquio. All’apparire di Piero e della sua guida, tacquero. La principessina nascose in fretta qualche cosa e bisbigliò stizzosa:

— Non la posso soffrire questa donna.

— Caterina ha ordinato che si serva il tè nell’altro salottino, – disse il principe Basilio alla Drubezkoi. – Andate, andate, povera amica mia; prendete un po’ di forza, altrimenti non vi reggerete in gambe.

A Piero non disse verbo; si contentò di stringergli affettuosamente il braccio al di sotto della spalla. Piero e la Drubezkoi passarono nel salottino.

— Non c’è nulla che tanto rinvigorisca, dopo una notte insonne, quanto una tazza di questo squisito tè russo, – disse Lorrain, sorbendo da una diafana tazzolina cinese senza manico. Stava in piedi presso la tavola di mezzo, sulla quale era il servizio da tè con la cena rifredda. Intorno alla tavola s’erano raccolti, appunto per rimettersi in forza, tutti coloro che in quella notte trovavansi in casa Besuhow. Piero ben si rammentava di questo salottino rotondo, dalle pareti a specchi, fornito di piccole tavole. A tempo dei balli in casa del conte, vi si fermava volentieri, non sapendo ballare, ad osservar le signore, che in abiti da ballo, brillanti e perle sulle nude spalle, si miravano al passaggio di quegli specchi luccicanti, che più volte ne riflettevano la figura. Quella medesima stanza era adesso appena rischiarata da due candele, e nel cuore della notte, sopra una piccola tavola, stavano in disordine tazze, piatti e vassoi, mentre una svariata accolta di persone, tutt’altro che festose, discorrevano sommesso, mostrando in ogni atto, in ogni parola, che non una dimenticava quel che accadeva e quel che stava per accadere nella prossima camera da letto. Piero non mangiò, benchè ne avesse gran voglia. Guardò interrogativamente alla sua guida, e la vide che in punta di piedi tornava nella sala precedente, dove erano rimasti il principe Basilio e la principessina. Suppose che così dovesse andar la cosa, e stato un po’ sopra di sè, la seguì. La Drubezkoi stava presso la principessina, e tutte e due parlavano concitate e ad una voce.

— Lasciate a me giudicare quel che è necessario e quel che no, – disse la principessina, che si trovava evidentemente in quella medesima eccitazione di quando avea sbatacchiato la porta.

— Ma, cara principessina, – con fare umile e insinuante rispose la Drubezkoi, attraversandole la via che menava alla camera da letto, – non gli farà forse troppa impressione al povero zio in questi momenti, in cui ha tanto bisogno di riposo? In questi momenti, parlargli d’interessi mondani, quando l’anima sua è già preparata...

Il principe Basilio se ne stava in poltrona, nel solito suo atteggiamento, una gamba a cavalcioni dell’altra. Gli tremolavano le guance afflosciate e parevano più grasse verso il basso; ma, a vederlo, pareva non prender nessunissimo interesse al discorso delle due signore.

— Ma no, ma no, cara signora Anna, – lasciate che Caterina si regoli come meglio crede. Voi sapete quanto le vuol bene il conte.

— Io non so nemmeno che cosa questa carta contenga, – gli si volse la principessina, mostrando il portafogli a mosaico che aveva in mano. – So invece che il vero testamento è chiuso nell’armadio, e che questa qui è una carta dimenticata, insignificante...

Fece atto di passare oltre, ma la Drubezkoi con un salto le fu davanti.

— Cara, buona amica mia, – disse afferrando così forte il portafogli, che si vedeva chiaro non l’avrebbe lasciato facilmente, – ve ne prego, ve ne scongiuro, abbiate pietà di lui...

La principessina non fiatò. Si sentivano solo i suoi sforzi per strappare all’altra il portafogli. Qualunque parola le fosse venuta alle labbra, non sarebbe stata che un’ingiuria. La Drubezkoi teneva sodo, ma la voce sua era sempre insinuante e melliflua.

— Piero, amico mio, venite qua. Credo che egli non sia di troppo in un consiglio di famiglia... non è vero, principe?

— Ma che fate costì, cugino, che non aprite bocca? – gridò così forte la principessina che tutti si voltarono spaventati. – Che silenzio è il vostro quando qui non si sa che intrusa viene a far delle scene davanti alla camera di un moribondo? Intrigante!

Diè al portafogli una fiera strappata, ma la Drubezkoi per non lasciar presa fece alcuni passi stringendo le dita come tenaglie.

— Ah! – sospirò il principe Basilio in tono di sorpresa e di rimprovero, e nel punto stesso si alzava. – La cosa, insomma, diventa ridicola. Via, lasciate, Caterina, lasciate, dico!

La principessina allentò la stretta.

— E voi pure!

La Drubezkoi non gli diè retta.

— Lasciate, dico... Prendo tutto sopra di me. Andrò io e lo interrogherò... Io... Mi pare che debba bastarvi.

— Ma, caro principe, dopo un sacramento così importante, dategli almeno un minuto di respiro. Via, Piero, parlate, dite anche voi la vostra opinione.

Piero si accostò e guardò stupito al viso della principessina che avea perduto ogni contegno, e alle guance tremolanti del principe Basilio.

— Badate, – disse questi, – che voi risponderete di tutte le conseguenze: voi non sapete quel che fate.

— Femmina abbietta! – urlò la principessina, slanciandosi improvvisa sulla Drubezkoi e strappandole il portafogli.

Il principe abbassò la testa e allargò le braccia in atto di dolorosa rassegnazione.

In quel punto, la porta paurosa che tratto tratto si apriva con un leggiero cigolio, si spalancò con fracasso battendo contro la parete, e la seconda delle nipoti ne uscì frettolosa e strinse insieme le mani.

— Che fate voi costì! – esclamò desolata. – Egli muore, e voi mi lasciate sola!

La principessina Caterina si lasciò cadere il portafogli. In un lampo, la Drubezkoi si chinò, lo agguantò, scappò nella camera da letto. Quella, riavutasi, le corse dietro, e così pure il principe Basilio. Di lì a pochi minuti riapparve. Era pallida, disfatta, si mordeva il labbro inferiore. Alla vista di Piero, un’ira irrefrenabile le contorse la faccia.

— Sì, gloriatevi ora! – esclamò; – questo aspettavate! – e scoppiando in singhiozzi, si coprì il viso col fazzoletto e scappò via.

Subito dopo, uscì il principe Basilio. Si avanzò barcollando verso il divano dove era seduto Piero, vi si lasciò cadere, e si pose una mano sugli occhi. Era pallido, la mascella inferiore avea sussulti e sbattimenti come nel ribrezzo della febbre.

— Ah, amico mio! – disse, e nella voce fioca gli suonava una insolita sincerità. – Di quanti peccati ci macchiamo, di quanti inganni, e tutto perchè?... Io non aspetto più i sessantanni... Io... Tutto termina con la morte, tutto. La morte è una cosa terribile.

E si mise a piangere.

Ultima di tutti, venne fuori la Drubezkoi, e pianamente si avvicinò a Piero.

— Piero! – chiamò.

Piero alzò gli occhi. Ella lo baciò sulla fronte, inondandola di lagrime.

— Egli non è più! – balbettò dopo un silenzio.

Piero la guardò di sopra agli occhiali.

— Venite, io vi guiderò... Sforzatevi di piangere... Niente solleva tanto quanto le lagrime.

Lo menò così dicendo nell’oscuro salotto, ed egli fu contento che nessuno potesse vederlo in viso. La Drubezkoi lo lasciò, e quando fu di ritorno, lo trovò con la testa appoggiata ad una mano, profondamente addormentato.

Il giorno appresso gli disse:

— Sì, amico mio, è una gran perdita, e non per voi solo, per tutti. Ma Dio vi darà forza... Voi siete giovane, ed ora, così ho fede, vi trovate in possesso di un ingente patrimonio. Il testamento non ancora è stato aperto. Io vi conosco abbastanza e so che non per questo perderete la testa... Ma dei nuovi doveri vi s’impongono, e bisogna mostrarsi uomo.

Piero taceva.

— Dopo forse vi dirò, che se non era per me, Dio sa quello che sarebbe successo. Voi già sapete che lo zio l’altro ieri mi promise che non avrebbe dimenticato Boris, ma non fece a tempo. Spero, amico mio, che manterrete la promessa di vostro padre.

Piero nulla capiva. Muto, rosso in viso, guardava alla sua interlocutrice. Costei, lasciato che l’ebbe, se ne tornò dai Rostow, e andò subito a letto. La mattina appresso, narrò a tutti i parenti e conoscenti i particolari della morte del conte Besuhow. Disse che il conte avea fatto una morte come ella stessa avrebbe voluto fare; che quella morte era stata non solo commovente, ma edificante. L’ultimo incontro poi del padre col figlio era stato così tenero, così doloroso, che non potea ricordarsene senza lagrime. Non sapea chi dei due si fosse condotto meglio in quei terribili momenti: se il padre che di tutti e di tutto s’era rammentato e avea detto al figlio parole così toccanti, ovvero Piero, che facea pietà a vedere, tanto era accasciato, e tanto nondimeno sforzavasi di nascondere il proprio strazio, per non amareggiare il vecchio morente. «Una scena angosciosa, ma istruttiva, – diceva; – l’anima si eleva, quando si vedono uomini quale il vecchio conte e il suo degno figliuolo». Quanto alla principessina e al principe Basilio, raccontò pure ogni cosa, ma a bassa voce e sotto il suggello del segreto.

Guerra e pace. Ediz. integrale

Подняться наверх