Читать книгу Dal vero - Matilde Serao - Страница 17
IV.
ОглавлениеErano passati tre mesi, il matrimonio di Lulù tirava in lungo. Alle volte la madre, che non ci vedeva chiaro in questi ritardi, chiamava in disparte la figliuola e gliene domandava.
—Voglio aspettare—rispondeva sempre Lulù—ho bisogno di conoscer meglio Roberto.
Infatti la fanciulla era diventata un po' osservatrice. Andava attorno come al solito; come al solito cantava, rideva, scherzava, ma interrompeva spesso queste piacevoli occupazioni per indagare il contegno della sorella, o per ascoltare ogni parola di Roberto. La si vedeva spesso con le labbra strette, le sopracciglia protese, in aria di grande attenzione: ora Lulù si guardava molto d'attorno.
Ed attorno avvenivano strani fatti. Roberto non più sereno ed ilare come il consueto, sibbene pensoso, pallido e turbato. Parlava breve e distratto: molte cose cui prima si interessava, sembrava gli fossero venute indifferenti: a volte, con grande sforzo giungeva a dominarsi ed a ritornare quel di prima, ma per poco. Abitudine di dissimulare non ne aveva mai avuta e ci riusciva male: la passione, l'interno cruccio gli si rivelavano dagli occhi.
Era venuta fuori un'altra Sofia: cioè una Sofia inquieta e nervosa, che a volte abbracciava con effusione la sorella, a volte rimaneva ore senza vederla, anzi fuggendola. Fugaci rossori le passavano sul viso, rossori di febbre; negli occhi le si accendeva una fiamma; la voce ora profonda e commossa, ora stridula e secca: le labbra spesso tremanti; le mani agitate da un continuo brivido. La notte non dormiva: Lulù si alzava a piedi nudi, andava ad origliare presso la porta, e sentiva che Sofia si agitava e piangeva. Richiesta, Sofia rispondeva non aver nulla, esser sempre la medesima.
Quando Roberto e Sofia si trovavano insieme—ed avveniva quasi ogni giorno—allora si chiariva di più il loro cambiamento. Parole rade, risposte o troppo pronte, o troppo vaghe, sguardi singolari; per sere intiere non si parlavano, ma l'uno studiava i moti dell'altro. Non sedevano mai daccanto, ma Roberto trovava sempre modo di prendere il lavoro ed il libro che aveva toccato Sofia; talvolta costei non compariva e Roberto, sempre più irrequieto, fissava la porta chiusa, rispondendo distrattamente a quanto gli si diceva; talvolta cinque minuti dopo la comparsa di Sofia, egli prendeva il suo cappello e partiva. La fanciulla impallidiva, un cerchio nero le si formava sotto gli occhi; si decise a non farsi veder più. Si chiuse ogni sera per otto giorni nella sua stanza, fremente d'impazienza, soffocando i suoi lamenti….
Una sera Lulù entrò nella camera:
—Vuoi farmi un favore?—le disse.
—Che desideri?
—Ho bisogno di scrivere un bigliettino. Roberto è solo, fuori il terrazzo. Va a fargli compagnia tu.
—Ma io…
—Vuoi continuare a star serrata? Tanto ti costa il contentarmi?
—Verrai presto almeno?
—Il tempo per metter giù quattro righe.
Sofia si avviò verso la terrazza cercando di avvalorare il suo cuore per quei pochi minuti. Si fermò sulla soglia. Roberto passeggiava; le si accostò.
—Lulù mi manda—ella disse a bassa voce.
—Veniste forzata?
—Forzata… no.
Essa tremava tutta; Roberto le era vicino, col viso travolto dalla passione.
—Che vi ho fatto, Sofia?
—Nulla, nulla mi avete fatto. Non mi guardate così—supplicò essa smarrita.
—Lo sai, dunque, Sofia, che ti voglio tanto, tanto bene?
—Oh! taci, Roberto, per carità taci! Se Lulù ci sentisse!
—Io non amo Lulù. Amo te, Sofia.
—È un tradimento!
—Lo so, ma ti amo. Partirò…
—Ebbene—gridò di lontano Lulù comparendo sotto un'altra porta—ebbene, è fatta questa pace?
Ma nessuno rispose. Sofia fuggì via, celando il viso fra le mani, e
Roberto rimase immobile, silenzioso, come istupidito:
—Roberto?—chiamò Lulù,
—Signorina…
—Che avviene dunque?
—Nulla; me ne vado.
E senza neppure salutarla, andò via anche lui con un gesto da disperato. Lulù lo seguì con lo sguardo e restò tutta pensosa:
—Uno di qua… uno di là—essa mormorava e prima?… basta, bisognerà che mi ci metta io!