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La struttura del testo
ОглавлениеCome già la Vita di Giovanni di Cantimpré (scritta sempre da Tommaso fra il 1223 e il 1270), questo «liberzolo» è sottoposto all’«anatomia» dei Sermones di Guglielmo di St. Thierry (nel primo libro è descritta la vita inchoans, nel secondo quella proficiens, nel terzo quella perfecta), dando luogo a un percorso in cui la natura animale della sposa di Cristo Lutgarda si evolve fino al raggiungimento della piena perfezione.1
La tripartizione dell’opera dà vita a un gioco di corrispondenze sistematiche: la prima parte di essa coincide con la prima giovinezza della donna nell’abbazia benedettina di St. Trond, la seconda con la permanenza al monastero cisterciense di Aywières e l’ultima con i malanni, la cecità e la morte, correlata a un’appendice ove sono menzionati alcuni miracula post mortem. Come ha notato Jean Baptiste Lefèvre,2 la stessa Santa è, nel primo libro, un’incipiente, mentre nel secondo compie con più ardore il suo ministero spirituale, vale a dire la sua mansione di profetessa neotestamentaria, di esorcista e soprattutto di patrona del Purgatorio. Il sistema di corrispondenze si fa più elaborato nel momento in cui si volessero, eventualmente, ricollegare ai tre stadi della progressione mistica bernardiana i tre digiuni espiatori della monaca (compiuti a partire dalla seconda parte del testo, nel secondo libro): vale a dire quello offerto per riscattare gli Albigesi, in secondo luogo le penitenze spese per i peccatori in generale e infine i digiuni atti a scongiurare enormi flagelli che minacciano la Chiesa (con una probabile allusione all’alleanza istituita fra i Tartari e Federico II).3 Dissentendo dall’idea secondo la quale gli incontri metafisici sarebbero manifesti solo nel primo libro,4 data la presenza inesausta di ratti, levitazioni, profezie, come in seguito dimostreremo, si può segnalare come, dal secondo libro in poi, si intensifichino le visitazioni di Maria, che sorregge la monaca spossata, incapace di reggersi in piedi, assieme al Battista, perché Lutgarda possa ricevere la comunione sacramentale:
Cumque euntem ad altare nullus eam in subsidium debilis corporis sustentaret, manifeste viderunt alique, quibus videre datum est, duos eam Angelos mediam tenere; et ad altare deducere. Consimili modo et alia vice manifestissime visum est, gloriosissimam virginem Mariam, et beatum Ioannem Baptistam, eam in obsequio comitari: sed hoc diu postea, cum scilicet tempus instaret, quo debuit ex hoc mundo transferri.5
Le occorrenze in cui figura la coppia Maria-Giovanni Battista si arricchiscono nel terzo libro. Nel caso qui proposto siamo davanti a un incontro che preconizza la morte della monaca di Liegi: Maria e Giovanni («che ella [Lutgarda] amava di un amore specialissimo») le annunciano l’incombere della «consumazione» e della «corona di giustizia», metafore della sua ascesa al Cielo, che sarebbe avvenuta imminentemente:
Quidecim diebus ante mortem suam apparuit ei gloriosa Virgo Maria, et beatissime Baptista Ioannes, quem amore specialissimo diligebat: qui et dixerunt ei: iam instat consummatio tua, superest tibi corona iustitiae.6
La presenza della Vergine, fra secondo e terzo libro, può essere allora elemento strutturante e fondante in quanto sembra possibile smentire un pregiudizio che pare dilagare sia nella storiografia moderna, sia in quella più datata, un pregiudizio secondo il quale Maria sarebbe assente nei percorsi esperienziali ed interiori delle donne medievali.7
Per tornare al discorso sulla struttura del testo, arriviamo adesso all’epilogo, al transitus della Vita Lutgardis. Siamo al capitolo secondo del terzo libro e, santificata dai sacramenti, l’anima della profetessa vola nelle regioni superne, tra principi celesti e giovani che suonano il timpano e danzano. È il sedici di giugno:
Sabbato autem cum in hora mortis instaret, oculos ad coelos aperuit: et Sacramentis praemunita sanctificis, in medium iuvencularum tympanistirarum principibus caelestis exercitus commixtis, psallentibus, anima felix ad liberas auras exultans, evolat ad superna; anno ab Incarnatione Domini millesimo, ducentesimo, quadragesimo sexto, mense Iunio, sexto decimo Cal. Iulii: Indictione quarta, anno aetatis suae sexagesimo quarto, hora circa vesperam, regnante D. N. Iesu Christo, cui est honor et gloria cum patre et spiritu sancto, per immortalia secula seculorum, Amen.8
Il domenicano Tommaso, nello stesso paragrafo, e quindi in un punto strategico del suo testo, fornisce un’informazione molto precisa: Lutgarda è indicata come «Trini Dei individua veneratrix»9 e cioè «lei che era personalmente veneratrice del Dio trino». Sembra sia stato sancito ormai definitivamente che la mistica trinitaria, quindi la compartecipazione al mistero delle tre persone uguali e distinte, inizi con Caterina Benincasa (1347-1380), essendo quella del Medioevo una mistica del Dio unico (per quanto concerne l’alto Medioevo) o a limite una mistica binaria (se ci riferiamo al basso Medioevo). Se, così come vorremmo, realmente guardassimo alla Vita Lutgardis come a una specie di matrice, modellante e influente rispetto ad agiografie successive, l’autocoscienza trinitaria di Caterina da Siena, la sua preminenza, la sua stessa fortuna, andrebbero forse rimesse in discussione.10