Читать книгу Un Abbraccio Per Gli Eredi - Морган Райс, Morgan Rice - Страница 10
CAPITOLO DUE
ОглавлениеSofia fissava la città oltre la porta, oltre i normali spazi del mondo. Sienne le stava appoggiato alla gamba, mentre Lucas e Kate erano rispettivamente ai suoi fianchi. Sofia non sapeva cosa pensare della città che aveva davanti, anche se l’aveva vista prima nelle sue visioni. La città era radiosa, del colore dell’arcobaleno in certe parti e dorata in altre. La gente, alta ed elegante, camminava per le strade, con abiti radianti e d’oro.
Era tutto bellissimo, ma non era niente di ciò che Sofia era venuta qui a cercare. Niente di tutto questo era il motivo per cui aveva lasciato sua figlia, suo marito e il suo regno per attraversare mare e deserto, oltre la città di Morgassa e fino alle terre desolate. Lo aveva fatto per trovare i suoi genitori.
E loro erano lì.
Si trovavano in una strada, in uno spazio sgombero in mezzo al resto della gente e guardavano l’ingresso che Sofia e gli altri avevano appena attraversato. Erano più vecchi di quanto apparissero nei suoi ricordi, ma era passato tanto tempo da allora: come poteva essere diversamente? La cosa più importante era che ancora assomigliavano a loro. Suo padre si appoggiava a un bastone ora, ma era ancora alto e dall’aspetto forte. Sua madre aveva gli stessi capelli rossi, sebbene vi si vedessero delle sfumature grigie, e sembrava sempre la più bella donna del mondo per Sofia.
Corse verso di loro senza neanche pensarci, e non fu sorpresa di vedere che anche Kate e Lucas correvano con lei. Gettò le braccia attorno a sua madre e a suo padre, e gli altri si unirono all’abbraccio, fino a sentirsi raccolti in una grande massa in mezzo alla strada.
“Vi abbiamo trovati,” disse Sofia, stentando quasi a crederlo. “Vi abbiamo trovati sul serio.”
“Sì, tesoro,” disse sua madre tenendola stretta a sé. “E avete dovuto passarne così tante per farlo.”
“Lo sapete?” disse Sofia facendo un passo indietro.
“Non sei l’unica della famiglia a vedere le cose,” disse sua madre con un sorriso. “È il motivo per cui abbiamo lasciato il mondo.”
Sofia poteva sentire come Kate si sentisse preoccupata al riguardo.
“Avete visto tutto questo e non siete venuti?” chiese Kate.
“Kate…” iniziò Sofia, ma suo padre rispose prima che potesse dire altro.
“Ci saremmo stati se avessimo potuto, Kate,” le disse. “Avete sofferto, tutti voi, e avremmo interrotto ogni momento di quella sofferenza se ci fosse stato possibile. Vi avremmo portati con noi… vi avremmo dato una vita perfetta se avessimo potuto.”
“Perché non potevate?” chiese Sofia. Pensò all’orfanotrofio e a tutte le cose che erano successe dopo l’attacco alla loro casa. “Perché non l’avete fatto?”
“Vi dobbiamo una spiegazione,” disse loro madre, “e ci sono cose che dobbiamo raccontarvi, ma non qui in strada. Venite con noi, tutti.”
Lei e suo padre fecero strada lungo la via, le folle che si aprivano come in segno di rispetto, o forse nel modo in cui qualcuno potrebbe tirarsi indietro davanti a qualche ammalato. Sofia e gli altri li seguirono fino a una grande casa con intagli all’esterno che sembravano incresparsi alla luce del sole. Non c’erano porte, come se la gente lì non temesse l’arrivo di possibili ladri: c’era una semplice tenda a tenere fuori il vento.
All’interno i loro genitori li condussero a una stanza con il pavimento che sembrava una grande versione in metallo della mappa sul disco che Sofia e gli altri avevano seguito per arrivare fino a lì. Un largo e basso tavolo si trovava al centro della stanza, con sedie disposte attorno. C’era anche un divano, sul quale si accomodarono sua madre e suo padre, una sedia pieghevole che Kate prese senza tanti complimenti e uno sgabello intagliato dall’aspetto strano davanti al quale Lucas sorrise un momento prima di sedervisi a gambe incrociate. Poi c’era una bella poltroncina dall’aspetto comodo con un tappeto davanti, dove Sofia si sedette, con Sienne accoccolato davanti ai piedi.
Subito una donna con gli stessi abiti radianti uscì da una porta laterale portando cibo e acqua. Di nuovo Sofia ebbe la sensazione che il cibo fosse stato preparato in modo specifico per ciascuno di loro. Lucas ricevette una specie di piatto di pesce, Kate un abbondante stufato e lei una pietanza delicata che le ricordava le cose che era solita mangiare al palazzo di Ashton.
“È come se ci conosceste meglio di quanto ci conosciamo noi stessi,” disse Sofia. La colse un pensiero orribile. “È tutto reale, vero? Non è un sogno causato dalla febbre, mentre stiamo morendo nel deserto? Non è un altro tipo di prova?”
“Niente di tutto questo,” la rassicurò sua madre. “Non vi avremmo neanche sottoposti al primo test, se non che la porta lo richiede. Viviamo qui, ma non abbiamo alcun controllo su questo posto.”
“Siamo dovuti passare anche noi attraverso quella dannata porta allo stesso modo,” disse suo padre. “Per me il guardiano aveva la stessa voce del mio vecchio tutore, Valensis.”
“Ci ha fatto scegliere chi sarebbe dovuto morire,” disse Kate.
Loro padre annuì. “La città perduta non ammette coloro che non mettono l’amore al primo posto.”
“Almeno non attraverso quella porta,” disse sua madre. “E notate che vostro padre non ha fatto cenno a quanto siamo rimasti all’interno di quelle maledette prigioni prima di riuscire a scegliere. Ma non è questo che volete sentirci raccontare. Dovremmo dirvi perché non siamo venuti a prendervi.”
“Non potevamo,” disse loro padre.
“Perché la vedova vi avrebbe uccisi se vi avesse trovati?” chiese Lucas.
“Sì,” rispose sua madre, “ma non nel modo che pensi. Quella notte… ha fatto uccidere così tanta gente, ma con noi ha fatto qualcosa di peggio. Ha cercato di spezzare la connessione che ci rende quello che siamo. Ha cercato di avvelenare le nostre connessioni alla terra. Ha cercato di distruggere ciò che ci rende quello che siamo.”
“L’ho sentito,” ammise Sofia. “È come se… potessi toccare tutto nella terra, e addirittura ricavarne potere se ne ho bisogno.”
Kate allora si intromise. “Siobhan mi ha fatto insegnare da un vecchio stregone che tutta la magia consiste in spostamenti di potere. Mi ha insegnato a guarire dando potere alla gente, e a uccidere rubandolo. Anche io ho sentito quella connessione. È come un’enorme bilancia.”
“È lo stesso e non è lo stesso,” disse loro padre. “Alcuni di coloro che hanno la magia lo capiscono, e altri la usano per prolungare le loro vite. Una vecchia creatura come Siobhan aveva il potere per questo. Una cosa come il Maestro dei Corvi ha il potere per questo. Hanno i loro collegamenti: Siobhan alla fontana, il Maestro ai suoi corvi. Per noi è diverso: noi siamo collegati alla nostra terra e al nostro popolo. Equilibriamo questo potere e lo tocchiamo, ma dobbiamo fare attenzione a non prenderne troppo, a non danneggiarlo.”
Sofia l’aveva percepito quando si era connessa con la terra: aveva sentito la fragilità di quei collegamenti, e quanto facile sarebbe stato danneggiarli.
“Non capisco,” disse Lucas. “Come ha fatto la vedova ad avvelenare quel legame pur non avendo la magia? E perché non ha avuto effetto su di noi?”
“L’ha fatto fare a qualcun altro,” disse loro padre. “Ci è voluto un sacco di tempo e di sforzo per scovarlo e fargli eliminare ciò che aveva fatto. Per quanto riguarda il motivo per cui non ha effetto su di voi, immagino che fosse mirato solo a noi. Sono riconoscente a tutti i vecchi dei per il fatto che questa cosa non vi abbia toccato.”
“Questo ancora non spiega perché non siate venuti a cercarci,” insistette Kate.
“Oh, Kate, bambina mia,” disse loro madre alzandosi e avvicinandosi a lei in modo da poterla abbracciare. “Non potevamo portarvi con noi, e poi vi abbiamo perduti per così tanto tempo. Non sapevamo neanche noi dove foste nascosti, non dopo che voi e la balia siete arrivati dagli amici che avrebbero dovuto farvi sparire dalla circolazione.”
“Poi non abbiamo avuto la possibilità di tornare a cercare,” disse suo padre. “Più a lungo stavamo lontani dalla nostra terra, e più lentamente il veleno avanzava. Questo ci ha concesso il tempo per cercare un antidoto, ma questo ha anche significato che non potevamo venire da voi.”
“E c’era dell’altro. Tu hai visto il futuro, Sofia. E anche tu, Lucas.” Lo disse come fosse una constatazione, non una domanda. “Avete visto le cose che succederanno, che potrebbero succedere, che può darsi che succedano.”
“Siobhan parlava di possibilità,” disse Kate.
Sofia vide loro madre annuire.
“Possibilità, influenzate dal minimo tocco,” disse loro madre. “Quando Alfred e io abbiamo discusso del tornare da voi, io ho visto… ho visto il mondo in rovina, una terra dopo l’altra in fiamme, ho visto che morivamo prima di trovarvi. Quando abbiamo deciso di restare e aspettare, abbiamo visto il potenziale di un ritorno a bellezza e pace. Ho visto te, Sofia, e ho visto dopo di te…”
Sofia deglutì al pensiero di sua figlia, Viola, e delle visioni che aveva avuto su di lei. Aveva visto la possibilità di un’età di pace ineguagliabile, e anche la possibilità di qualcosa di decisamente più oscuro. Aveva cambiato il nome che avrebbe potuto dare a sua figlia solo per evitare la seconda. Poteva biasimare i suoi genitori per quello che avevano fatto loro stessi sulla base della bilancia del fato?
“Quindi ci avete lasciati?” chiese Kate, ovviamente non molto propensa a perdonarlo.
“Avrei voluto essere stata con te,” disse sua madre. “Avrei voluto poterti insegnare della magia invece che lo facesse… lei. Avevamo così poco tempo, e non osavamo lasciare la città…”
“Altrimenti la vedova vi avrebbe trovati?” chiese Kate.
Non è codardia voler evitare un combattimento, disse Sofia a Kate con il pensiero.
A me sembra così, ribatté Kate.
“Non è stato un atto di codardia, Kate,” le disse sua madre, e Sofia sorrise al pensiero che ovviamente sua madre dovesse avere i loro talenti. “Era l’unico modo in cui avremmo potuto vedervi tutti. Il disco… l’attesa… pensi che lo volessi, piuttosto che allungare la mia mente a voi e portarvi qui?”
“E allora perché non siete venuti quando Sofia ha inviato i nostri messaggeri a cercarvi?” chiese Kate. “Lucas è venuto.”
“Non potevamo,” disse loro padre. “Non potevamo andarcene da questa città.”
“Perché no?” chiese Sofia.
“Il veleno,” rispose lui. “Stare in un posto come questo, isolati dal mondo, era l’unico modo per rallentare gli effetti quanto bastava per vedervi. Era l’unico modo per arrivare a raccontarvi tutto quello che dovevate sapere.”
Sofia deglutì al solo pensiero, all’idea dei suoi genitori costretti a scappare non solo dal regno, ma dal mondo stesso per poter sopravvivere. Ma una delle parole pronunciate da suo padre le rimase in testa.
“Aspetta, hai detto che il veleno è stato rallentato restando qui. Non fermato?”
“No, mia cara,” disse loro madre. “Il veleno è ancora in noi, e sta ancora agendo per ucciderci. Anche solo il breve momento di collegamento con il mondo tramite la momentanea apertura della porta l’ha accelerato. Vorrei… vorrei così tante cose, ma non c’è tempo per nessuna di esse. Vostro padre e io… stiamo morendo.”