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CAPITOLO UNO

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Il Maestro dei Corvi si guardò attorno contemplando Ashton e sorrise vedendo come stesse iniziando a essere all’altezza del suo nome. Nubi di fumo si stavano levando dai punti che i suoi uomini stavano spazzando via con il fuoco, dalle forge che stavano producendo anche ora nuove armi, dai falò che alimentavano i numeri dei suoi soldati: marchi a fuoco per i prigionieri o ferri ardenti per coloro che tentavano di opporsi a loro.

“Venite a me,” disse tendendo un braccio. “Fatemi vedere.”

I corvi scesero dal cielo, atterrando sul lembo teso del suo grande mantello, i loro artigli che si piantavano nella carne sottostante e le loro voci gracchianti che riempivano l’aria tutt’attorno. Man mano che si posavano, portavano la vista e i rumori e gli odori di una città in rovina, e ogni immagine non faceva che alimentare il sorriso del Maestro dei Corvi, trasformandolo in qualcosa di simile a un appuntito becco aperto.

Il primo corvo gli mostrò le rovine della periferia della città, dove bambini affamati scappavano da altri bambini affamati, coltelli e mazze nelle mani sudicie. Gli edifici erano macerie, pezzi di legno e cumuli di pietra ammucchiati qua e là, con i corvi che vi razzolavano attorno alla ricerca di corpi. Il Maestro dei Corvi sentiva i momenti in cui ne trovavano e si cibavano, percependo scosse di vita perduta scorrergli dentro.

Altro potere gli arrivava dai patiboli e dalle ruote di tortura, dai pali per le esecuzioni e dalle gabbie. Un intero battaglione dei suoi soldati ci lavorava, costringendo i criminali ad entrarvi, e praticamente tutti ad Ashton erano criminali sotto le leggi del Nuovo Esercito. Si sentivano gli spari dei moschetti mentre i soldati giustiziavano i condannati, con conseguente e costante riversarsi di corvi sui corpi caduti.

Altri provenivano dai posti dove la gente che era rimasta in città lavorava duramente, costretti a trasportare e forgiare, scavare e costruire. Non c’era tempo per pause, e ben poco per dormire. Quelli che cadevano venivano picchiati fino a che non si rialzavano, e coloro che non lo facevano diventavano cibo per le sue bestiole.

“Ancora,” disse, perché la fame era sempre lì. I corvi chiedevano di più, e lui doveva nutrirli. Le sue parole riecheggiavano per la città, attraverso le gole di migliaia di uccelli. “Dacci ancora da mangiare.”

Non ne aveva bisogno solo per la fame. La sua mente si estraniò alla ricerca di ogni singolo corvo, allargandosi oltre la città, permettendosi di vedere il resto del Paese. Vide campi e città, l’avanzata dei suoi eserciti e i punti dove la gente del regno cercava di riorganizzarsi.

“Meglio che vi annienti ora o più tardi?” si chiese. Ora avrebbe estinto facilmente qualsiasi ribellione. Più tardi però, se avessero tirato su più seguaci… l’ondata di morte sarebbe stata ancora maggiore. Il potere sarebbe stato ancora di più.

Un altro corvo gli mostrò il motivo per cui aveva bisogno del potere. Casapietra era al suo posto, sana e salva all’interno delle grandi mura che la circondavano, le alte pietre poste a intervalli che servivano da ancoraggi per lo scudo che poteva essere invocato da coloro che risiedevano all’interno. Il Maestro dei Corvi vide più gente di quanta ce ne sarebbe potuta generalmente stare, almeno la metà, o forse più, di coloro che erano fuggiti da Ashton, e il re, Sebastian, e…

Anche da lassù il chiaro bagliore della bambina era impossibile da ignorare. La figlia di Sofia Danse brillava di quel genere di potere capace di eclissare il sole, e che di certo avrebbe saziato per sempre i corvi. Con quel genere di potere un uomo poteva ritrovarsi immortale anche senza il bisogno di uccidere ancora, senza l’ulteriore dispiegarsi di ali nere.

Avrebbe potuto avere abbastanza potere da permettergli di prendere ogni cosa.

Ritornò nel proprio corpo e si rivolse agli assistenti che aspettavano poco più in là. Diversi dei suoi capitani erano tra loro, apparentemente nervosi, come tutti i suoi seguaci imparavano ad essere, con il passare del tempo.

“Che progressi ci sono stati?” chiese, sentendo la propria voce roca e gracchiante. Era sempre peggio dopo essere stato a lungo nelle menti dei suoi uccelli. Indicò uno dei capitani a caso, immaginando che altrimenti avrebbero passato il tempo a discutere su chi dovesse rispondere per primo, o per ultimo.

“I miei uomini continuano a dare la caccia ai chi è rimasto indietro,” disse l’uomo. “La gente continua a vivere negli spazi più angusti della città e nei bassifondi, come dei topi, ma…”

“Avanti,” disse il Maestro dei Corvi interrompendolo.

“Il nostro controllo sulla campagna circostante è quasi al completo,” disse un altro capitano. “Le nuove leggi sono state implementate, e abbiamo iniziato a…”

“Avanti,” disse il Maestro dei Corvi.

“C’è un nobile che si è dichiarato re, e…”

“Pensate che non lo sappia?” chiese, l’irritazione crescente dentro di lui. “Ci occuperemo di tutto questo, ma non è rilevante.”

“Ci perdoni, mio signore,” disse uno dei suoi servitori, “ma cos’è che volete sentirci dire?”

“Voglio sentire dei progressi nell’attacco a Casapietra. Voglio sentire che avete trovato una soluzione per abbattere quel dannato scudo.”

“Abbiamo inviato degli ingegneri per tentare di minare le mura,” disse il servitore.

Il Maestro dei Corvi guardò l’uomo. “E?”

“E sono rimasti uccisi, attaccati dagli abitanti. C’era la nebbia, e…”

“E quando si è sollevata, erano morti. Sì, sì,” disse il Maestro dei Corvi con crescente irritazione. “Cos’altro”

“I cannoni non funzionano contro lo scudo,” disse uno dei suoi capitani. “Neppure qualsiasi altro genere di attacco fisico.”

“Non raccontatemi di ciò che non funziona,” disse il Maestro dei Corvi. “So che il mio esercito non è in grado di fare irruzione.”

“Stiamo cercando qualcuno che possa avere una soluzione,” disse un servitore. “Ma sono riluttanti a farsi avanti, anche con le promesse di ricchezze.”

Certo che erano riluttanti. Chiunque avesse quel genere di conoscenza, aveva di certo anche una scintilla di talento magico, e qualcuno del genere non avrebbe di certo desiderato aiutare il Nuovo Esercito ora. Avrebbero avuto troppa paura di ciò che sarebbe successo loro dopo.

“Scartabellate ogni registro,” disse il Maestro dei Corvi. “Voglio che scoviate opere di magia. Voglio che ogni uomo capace di leggere, ogni servitore, ogni capitano che non stia attivamente combattendo, vada nelle biblioteche della città. Offrite una ricompensa. Qualsiasi uomo o donna porti informazioni relative allo scudo che circonda Casapietra sarà risparmiato, riceverà oro e un posto nel mio esercito, anche se possiede la magia, anche se sono sacerdoti della Dea Mascherata, o nobili, o qualsiasi altra cosa. Trovatemi una soluzione e perdonerò ogni cosa. Devo avere quella bambina!”

Tornò nel palazzo di Ashton, che era diventato contorto e diverso come il resto della città. Non si curava dei buchi che erano stati creati nelle mura nel corso della battaglia, o degli uffici e alloggi militari che erano stati collocati al posto di quelle che prima erano stanze dei nobili. Da una delle stanze provenivano delle grida mentre i suoi addetti agli interrogatori lavoravano su una servitrice per scoprire cosa sapesse della città. Il Maestro dei Corvi scrollò le spalle e andò avanti.

Fece una breve pausa passando davanti a uno specchio dorato, momentaneamente incuriosito dalla sua immagine lì riflessa. La struttura alta avvolta nel mantello scuro e ricoperta di corvi era la stessa di sempre, ma ciò che colse la sua attenzione fu il segno rosso che appariva evidente contro il pallore della sua pelle.

Avvicinandosi di più allo specchio gli era ancora possibile distinguere l’impronta della mano di un infante, rossa anche adesso come nei secondi subito successivi al momento in cui la principessa Viola lo aveva toccato. La scottatura ora non gli faceva male, a meno che non la toccasse, ma era pur sempre un promemoria del potere che lei aveva di ferirlo, e questo non si poteva ignorare.

“Mio signore, mio signore!” gridò un servitore correndo verso di lui. Per un momento considerò l’idea di uccidere quell’uomo per l’interruzione, ma un misero briciolo di potere in più non avrebbe riparato a ciò che era sfuggito dalla sua presa.

“Cosa c’è?” chiese il Maestro dei Corvi.

“Mio signore, c’è un uomo che vuole vedervi. Dice che è urgente.”

Ancora una volta il Maestro dei Corvi resistette all’urgenza di colpire il servitore.

“Io… penso che le potrebbe interessare incontrarlo, mio signore,” aggiunse l’uomo.

Il Maestro dei Corvi lanciò all’uomo un’occhiata priva di vita. “Molto bene. Portami da lui. E se non lo troverò molto interessante, ti ritroverai in una gabbia per corvi.”

Vide l’uomo deglutire. “Sì, mio signore.”

Il servitore fece strada fino alla sala da ballo del palazzo, che era diventata una sala del trono per la sua occupazione. Gli specchi erano ora per lo più distrutti, e riflettevano frammenti scomposti della gente lì presente. Molti stavano indietro, affiancati da guardie del Nuovo Esercito. Uno di loro però si fece avanti, la testa rasata, abiti scuri addosso, la mente chiusa con il genere di scudo che faceva capire la presenza di poteri.

“Hai corso un grosso rischio venendo qui,” disse il Maestro dei Corvi. “Farai bene a parlare velocemente, chiunque tu sia.”

“Chiunque io sia?” chiese l’uomo. “Guardami bene.”

Il Maestro dei Corvi osservò meglio e si rese subito conto di chi aveva di fronte. Aveva già visto quella faccia, anche se al tempo aveva dei capelli in testa, e generalmente solo per brevi frangenti prima che i suoi corvi venissero uccisi.

“Endi Skyddar,” disse. “Hai corso un rischio ancora più grande di quanto pensassi. Parla in fretta. Perché dovrei lasciarti vivere?”

“Ho sentito dire che hai un problema,” disse Endi. “Ti sei imbattuto in un problema con la magia che non riesci a risolvere. Anche io ho i miei problemi: io e i miei uomini non abbiamo un posto dove andare. Magari potremmo aiutarci a vicenda.”

“E come possiamo aiutarci a vicenda?” chiese il Maestro dei Corvi. “Non sei tuo fratello Oli, che conosce la storia e cose del genere. E sei uno Skyddar, uno dei miei nemici.”

“Ero uno Skyddar,” disse Endi. “Ora non ho un nome. E per quanto ne so, i segreti e le cose nascoste erano il mio pane. Può essere che abbia sentito di un uomo a cui è stato richiesto di dare consigli in materia di magia. Può darsi che quando le mie cugine si sono presentate per avere il potere, io abbia tentato dei metodi per rispondere a modo.”

“Quindi cosa mi stai chiedendo?” domandò il Maestro dei Corvi.

“Tu concedi a me e ai miei uomini un posto onorabile nel tuo regno, e il tuo esercito,” disse Endi. “In cambio io ti fornirò un rituale che indebolirà le mura di Casapietra, e qualsiasi altra magia loro ti mettano davanti.”

Questo avrebbe concesso al Maestro dei Corvi l’accesso alla città. Gli avrebbe dato la figlia di Sofia. Con tutto quel potere nelle sue mani, si sarebbe potuto permettere di essere generoso.

“Molto bene,” disse. “È un patto. Se mi deludi, però, ucciderò te e tutti i tuoi uomini.”

Un Abbraccio Per Gli Eredi

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