Читать книгу Un Abbraccio Per Gli Eredi - Морган Райс, Morgan Rice - Страница 11

CAPITOLO TRE

Оглавление

Sebastian cercava di celare la sua frustrazione mentre parlava con Asha e Vincente. Ovviamente non era facile nascondere qualcosa a quei due, dato che sapevano leggere le menti.

“I rifugiati non possono starsene nelle tende per sempre,” disse.

“Non è per sempre,” disse Vincente. “Solo fino a che l’esercito che ci minaccia non avrà sloggiato.”

“E se non è di loro gradimento,” disse Asha, “possono sempre andare in prima persona ad affrontarli. Non sono loro a tenere uno scudo attorno a Casapietra. Non sono loro che danno la caccia ai nostri aggressori. Dovrebbero essere riconoscenti.”

Riconoscenti di essere incastrati nelle tende. Riconoscenti di aver perso le proprie case e i propri cari. Riconoscenti di essersi trovati costretti a chiedere aiuto.

“Non è questo che intendo,” disse Asha, e ancora una volta era ovvio che si era immersa a fondo nei suoi pensieri.

Sebastian guardò verso il punto in cui Emeline e Cora stavano sedute, con sua figlia Viola rannicchiata tra le braccia di quest’ultima. Cora sembrava felice con lei lì, e Sebastian le era riconoscente per questo, perché aveva visto quanto fosse rimasta ferita dalla morte di Aidan.

“Emeline, puoi aiutarmi?” le chiese. “Asha sta spiando nei miei pensieri.”

Emeline si avvicinò lanciando un’occhiata poco amichevole alla donna che stava a capo di Casapietra. Sebastian sentì qualcosa che gli si avvolgeva attorno alla mente come un mantello, e immaginò che servisse a bloccare le intrusioni da parte di Asha.

“Potrei benissimo passarci attraverso,” disse Asha.

Emeline sorrise a denti stretti. “E invece no, e se tu usassi le dovute maniere, non ce ne sarebbe stato bisogno.”

“Perché la gente dovrebbe voler nascondere i propri pensieri se non sta pensando a niente di sbagliato?” ribatté Asha, ma non sembrava particolarmente convinta.

“Stiamo cercando ogni spazio possibile per la gente,” disse Vincente. “Sei il nostro re, Sebastian.”

Asha lo guardò con evidente sorpresa, e Sebastian ebbe la sensazione che fosse in atto una conversazione silenziosa tra i due. Emeline gliene fornì il contenuto.

“Asha sostiene che Sofia potrebbe anche essere la loro regina, ma tu sei il figlio della vedova, e lei non può seguirti. Dice che entrambi sanno che Viola è la loro vera regina.”

Emeline fece un sorrisino e Asha la fulminò con lo sguardo.

“Non sono imbarazzata,” disse Asha. “La principessa Viola è una di noi. Appartiene a questo posto, e sarà una grande regina.”

“Un giorno,” confermò Sebastian. Però non gli piaceva il modo in cui Asha lo aveva detto. Lo faceva suonare come se lui e Sofia non contassero, come se la loro esistenza fosse veicolata solo a portare Viola nel mondo.

“Sebastian è il nostro re,” disse Vincente a voce alta. “Sofia è la nostra regina, e Casapietra supporta la corona. Creeranno un mondo dove potremo vivere, Asha.”

“Non hanno neanche un mondo dove poter vivere loro,” disse Asha indicando le tende. “Li abbiamo salvati e loro si lamentano. ‘Abbiamo solo delle tende’. ‘Perché non c’è altro cibo?’ ‘E se stessero leggendo i miei pensieri?’ Ci esauriamo per proteggerli, e loro si meravigliano quando ci ribelliamo.”

“Ci vorrà tempo, Asha,” disse Emeline. “Ci vorrà solo…”

Sebastian la vide rimanere immobile sul posto, gli occhi fissi su qualcosa dietro di lui. Sapeva cosa significava: stava vedendo qualcosa ben oltre i confini della città nascosta.

“Cosa c’è?” disse quando vide Emeline sbattere le palpebre ritornando in sé. “Cos’hai visto, Emeline?”

“Qui non siamo al sicuro,” disse Emeline. “Ho visto… ho visto gli scudi che cadevano. Ho visto il Nuovo Esercito che li spazzava via.”

“Impossibile,” disse Vincente. “Gli scudi sono indistruttibili. Abbiamo respinto il nemico con facilità l’ultima volta.”

“L’ho visto,” insistette Emeline. Quando spostò lo sguardo su Sebastian, lui poté vedere quanto fosse seria al riguardo. “Dobbiamo portare Viola fuori di qui.”

Sebastian sbatté le palpebre, ma non poteva che essere d’accordo con lei. Se il Maestro dei Corvi stava per entrare a Casapietra, allora dovevano portare via Viola. Dovevano andarsene tutti.

“Ma non potete prendere Viola,” disse Asha. “È una di noi!”

Sebastian si voltò verso di lei, sorpreso da quell’improvviso tono protettivo. “Viola è mia figlia,” disse. “E non la metterò in pericolo.”

Vide Asha scuotere la testa. “Non è in pericolo. Vincente ha ragione. Nessuno potrebbe entrare a Casapietra.”

“L’ho visto succedere!” ribatté Emeline.

“Dove potremmo portarla?” chiese Sebastian. Se fossero riusciti ad arrivare fino alla costa, allora forse avrebbero raggiunto Ishjemme, ma questo avrebbe voluto dire abbandonare il regno che avevano appena ottenuto. Lo avrebbero perso prima che Sofia potesse anche solo tornare.

“Non c’è praticamente nessun posto forte come questo,” disse Vincente. “L’unico luogo che potrebbe essere più potente sarebbe stato Monthys nei giorni in cui le sue difese erano realmente attive, ma Monthys è caduta.”

“Il che significa che il nemico adesso non è lì,” sottolineò Emeline.

“Lo stesso non sarebbe forte,” ripeté Vincente. “Nei giorni prima delle guerre civili, aveva strati di magia e pietra, ma ora…”

Sebastian aveva sentito da Sofia come era adesso, danneggiata, praticamente in rovina. Ulf e Frig erano andati lì per tentare di ricostruirla, ma ora erano morti, uccisi dal Maestro dei Corvi. Probabilmente il Nuovo Esercito era già passato oltre, ma pensarlo come un posto sicuro era comunque una follia.

“Monthys attirerà la gente,” disse Emeline. “E poi ci saranno ancora le strutture portanti delle difese magiche. Possono essere riattivate.”

“Abbiamo difese magiche anche qui,” insistette Asha. “Viola è il motivo per cui vi abbiamo permesso di venire qui.”

“Non il solo motivo,” disse Vincente.

Asha lo guardò di sbieco, e Sebastian ebbe la sensazione che stessero discutendo. Ma era più interessato a ciò che Asha aveva detto.

“Avete accolto i rifugiati solo per mia figlia? Per un lampo di visione che hai avuto?”

Asha era in atteggiamento di sfida. “Non che ho avuto solo io. Chiunque possa cogliere lampi del futuro ha visto l’arrivo della regina. Non puoi negarlo.”

“Sarà mia figlia a scegliere il suo futuro,” disse Sebastian. “Farò tutto quello che serve per tenerla al sicuro, e per consentirle tali scelte. Combatterò per questo, se proprio devo. Non dimenticartelo, Asha.”

“Non siamo nemici,” disse Vincente. “Siamo…”

Sebastian non poté capire esattamente cosa fossero, perché in quel momento risuonarono delle campane, il segnale che stava accadendo qualcosa oltre le mura della città.

“Dobbiamo andare,” disse Emeline. “Sta arrivando.”

“Siamo al sicuro qui,” insistette Asha. “È solo un qualche piano per portare via la principessa Viola dalla sua gente.”

Sebastian la ignorò e corse verso le mura di Casapietra. Lo scudo che gli abitanti avevano eretto era attivo, sostenuto dagli sforzi delle persone che si trovavano all’interno del cerchio di pietra.

Davanti alla città si trovava un battaglione del Nuovo Esercito, i cannoni puntati, la cavalleria dispiegata come un rete. Sebastian era più interessato alle figure che si fecero avanti. Riconobbe subito il Maestro dei Corvi. L’uomo con la testa rasata che gli stava accanto fu più difficile da identificare, ma se ne stava quasi come fosse un pari del Maestro dei Corvi.

“Quello è Endi,” disse Emeline, “il cugino di Sofia.”

“Quello che ci ha traditi trascinando via mezza flotta dell’invasione?” chiese Sebastian. Aveva sentito le storie, anche se non lo aveva mai incontrato di persona.

“Proprio lui,” confermò Emeline.

“E cosa ci fa con il Maestro dei Corvi?” chiese Sebastian.

“Niente di buono,” rispose Emeline. “Sebastian, dobbiamo uscire da qui.”

Accanto a loro i guerrieri di Casapietra e quelli tra i rifugiati che potevano combattere iniziarono a prendere posizione. Lo fecero con un sorprendente senso di sicurezza, ma poi, pensò Sebastian, si trovavano dietro allo scudo. Fintanto che quello teneva, non c’era nulla da temere. Erano al sicuro.

Allora perché Emeline aveva avuto una visione di distruzione?

Sebastian rimase lì, cercando di mostrare sicurezza anche mentre la sentiva sfumare via. In assenza di Sofia, c’era lui a capo di quel regno, e aveva il dovere di fornire la forza da cui potessero trarre tutti gli altri. Se avesse dimostrato paura, allora si sarebbe scatenato il panico.

Lentamente Endi iniziò a camminare attorno al perimetro di Casapietra, fermandosi a intervalli di pochi passi per fare qualcosa con degli ingredienti che venivano portati da un paio di servitori. Usava un bastone dorato per fare dei segni, leggendo da un libro man mano che si spostava.

“Qualcuno può sparargli con un moschetto?” chiese Sebastian.

“A questa distanza?” chiese Vincente. Iniziò a caricare il suo. “Improbabile, ma possiamo provarci.”

Gli altri guerrieri di Casapietra iniziarono a preparare le loro armi. Sembrarono metterci un penoso lunghissimo tempo per prepararsi.

“Fuoco!” gridò Vincente, e una raffica di colpi sfrecciò attraversando la brughiera, ma nessuno di essi andò a colpire Endi. “È troppo lontano. Forse un cannone potrebbe riuscirci.”

Sebastian vedeva chiaramente che non ce l’avrebbe fatta. Endi si stava muovendo troppo rapidamente perché un cannone potesse restare puntato correttamente contro di lui, e l’idea di colpire un uomo con un’arma da artiglieria era comunque ridicola. Non potevano neanche tentare un assalto là fuori per fermarlo, perché avrebbe significato abbassare lo scudo.

Tutto ciò che potevano fare era aspettare.

Sebastian guardava il cugino di Sofia mentre completava il suo percorso attorno a Casapietra. Aveva quasi finito un giro intero. In qualche modo Sebastian aveva la sensazione che dovessero fermarlo prima che completasse tutto il giro. La forza non avrebbe funzionato, ma magari l’ingegno sì.

“Endi,” gridò. “Endi, sono Sebastian, il marito di Sofia.

Vide Endi fermarsi e voltarsi a guardarlo.

“So chi sei,” gridò Endi in risposta.

“Sarebbe più facile parlarti se fossi più vicino.”

“Sarebbe più facile anche spararmi,” precisò Endi. “E hai già dimostrato di essere intenzionato a farlo.”

“Cosa stai facendo, Endi?” chiese Sebastian. “Sei il cugino di mia moglie. Mia figlia è sangue del tuo sangue. Non dovresti dare una mano ai nostri nemici.”

Endi lo guardò a lungo. “Se i parenti fossero l’unica cosa che conta, saresti morto insieme ai tuoi, e i miei non mi avrebbero cacciato.”

“Ma stai aiutando il Maestro dei Corvi!” gridò Sebastian. “Sai quanto sia malvagio. Ha attaccato Ishjemme, e la tua famiglia, e i tuoi amici!”

“Almeno lui ha un posto per me!” gridò Endi, e riabbassò il bastone dorato facendo un’ultima serie di segni. Sembrava mormorare delle parole tra sé e sé, e rapido quasi come un serpente si girò, pugnalando prima un servitore e poi l’altro, versando il loro sangue a terra.

Delle strisce di potere scorsero negli spazi che aveva percorso, colorate di un rosso sangue intenso. Sembrava che l’aria soprastante fosse carica di energia vorticante, e per un momento Sebastian pensò di sentire grida di morte oltre i limiti del loro insediamento. Risentì quelle grida riecheggiare dietro di sé, e si voltò vedendo la gente che barcollava nel cerchio di pietra nel cuore di Casapietra, stringendosi la testa come colpiti da estremo dolore. Uno cadde in avanti e non si rialzò.

Sebastian fece giusto in tempo a rigirarsi per vedere lo scudo che lampeggiava e poi si estingueva, brillando nell’aria per un secondo prima di cadere del tutto. Corni e trombe risuonarono nella brughiera, riecheggiando mentre annunciavano i loro comandi. Il tuonare degli zoccoli dei cavalli lanciati al cavallo si unì al frastuono generale.

Sebastian vide che il Nuovo Esercito iniziava ad avanzare, e ora non c’era nulla che loro potessero fare per fermarli.

Un Abbraccio Per Gli Eredi

Подняться наверх