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CAPITOLO OTTAVO

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Erin sedeva all’esterno e osservava le pale del mulino a vento con la lancia sulle ginocchia. Un casolare giaceva accanto a esso, ai margini di una piccola fattoria anch’essa di proprietà di Harris e sua moglie. Questo significava che c’era abbastanza spazio perché potesse stare da sola, almeno per il momento.

Era un bene, perché meno tempo passava con Odd e meglio era. Era andata da lui per essere allenata, ma poi lui aveva osato trattenerla nella piazza dove Ravin aveva ucciso sua madre.

Se Odd non l’avesse fermata, sarebbe corsa al centro della piazza e magari sarebbe arrivata in tempo per salvare sua madre. Avrebbe potuto almeno abbattere Ravin per quello che aveva fatto. Non essere intervenuta… essere rimasta da una parte a guardare… le faceva ribollire il sangue.

Non era finita lì, però. Tutta la rabbia del mondo non sarebbe bastata a soffocare il dolore che provava. Le lacrime minacciavano di traboccare, ma persino lì, così lontana da chiunque altro, Erin si rifiutava di lasciarle cadere. Accartocciò il suo dolore invece, seppellendolo sotto alla sua ira, usandolo per alimentarla.

Sfilò la custodia dalla punta della sua lancia e si alzò in piedi, iniziando a muoversi con essa, esercitandosi con i colpi e le parate che prevedeva una lotta contro un vero avversario. Mentre si dava a quella danza da battaglia, Erin immaginava il nemico, vedendo il modo in cui si muoveva e ricreando mentalmente ogni suo movimento.

All’inizio, quell’avversario era una cosa amorfa e informe, solo una sagoma anonima che impugnava una spada. Ma non era sufficiente, però, non bastava a farla muovere rapida, né a farle elaborare la rabbia che le si era accumulata nel cervello, mentre si abbassava e saltava, tagliava e affondava.

Lentamente, il suo avversario immaginario assunse le sembianze di Re Ravin, ed Erin accelerò, pensando a tutti i modi in cui avrebbe potuto colpirlo. Nella sua mente, lo uccise un centinaio di volte, trafiggendolo al cuore o alla gola, tagliandogli le arterie del braccio o della gamba con la lama della sua arma. La sua lancia sfrecciò nell’aria davanti al mulino a vento, girando come imitasse le sue pale. Erin immaginò tutte le strade che la lotta avrebbe potuto percorrere, tutte le strade che avrebbero potuto abbattere l’uomo che aveva causato tanta miseria alla sua famiglia.

Lentamente, il volto del suo avversario mutò di nuovo, ed Erin si ritrovò di fronte all’immagine di Odd, lì in piedi con quella sua calma imperturbata, con quel suo sguardo che sembrava associare i suoi sforzi a quelli di una bambina. Erin accelerò di nuovo, colpendo e parando con una velocità violenta adesso, mentre balzava, volteggiava e allungava la sua lancia verso il volto di colui che si stava avvicinando.

Erin trattenne l’arma e riuscì per un soffio a risparmiare Tess, la moglie del mugnaio. Abbassò la lancia e fissò la donna, che teneva in mano un tagliere con una ciotola di stufato e del pane.

“Ho pensato… ho pensato che poteste essere affamata,” disse, suonando un poco spaventata, come se temesse che la furia dentro Erin si riversasse su di lei per consumarla.

“Grazie,” replicò Erin e ricoprì la lunga lama della sua mezza lancia.

“È un’arma insolita,” affermò l’altra donna.

“Un maestro di spada l’ha scelta per me,” rispose Erin. “Ha detto che mi si adattava meglio che una spada lunga. Un giorno la infilerò nel cuore di Ravin.”

Non menzionò l’altra figura contro cui aveva immaginato di combattere. Mangiò, invece, e Tess rimase con lei a tenerle compagnia.

“Vostra sorella è fortunata ad avervi a proteggerla,” disse Tess.

Erin alzò le spalle. “Ciò di cui ha davvero bisogno è un esercito.”

“Beh, potrebbe esserci un inizio almeno su quel fronte,” replicò Tess. “Gli altri volevano che vi riportassi a casa, ma ho pensato fosse meglio farvi mangiare in pace.”

“Cosa intendi con ‘un inizio’?” chiese Erin.

“Venite a vedere,” rispose Tess.

Le fece strada fino al casolare, ed Erin trovò Lenore e Odd di fronte a esso. Lenore era lì in piedi come un generale al comando di un esercito, mentre Odd era appoggiato alla sua spada ricoperta dalla custodia e indossava le sue vesti di monaco al posto di quelle nobili.

Insieme a loro, c’era una mezza dozzina di uomini. Una coppia aveva spade ereditate ovviamente dal servizio militare loro o dei rispettivi padri, mentre gli altri avevano in mano attrezzi agricoli, asce, martelli e persino una falce.

“Erin!” gridò Lenore mentre si avvicinava. Sembrava così felice in quel momento che qualcuno fosse tornato e avesse risposto bene al suo discorso. Erin era felice per lei, ma allo stesso tempo si rendeva conto di quanto fosse piccolo quell’inizio. Gli eserciti avevano bisogno di migliaia di uomini, non di sei.

“Sono venuti perché mi hanno sentita parlare alla locanda,” spiegò Lenore. “Thom e Kurt hanno già servito come soldati in passato, mentre gli altri sono disposti a imparare.”

“Avranno molto da imparare,” intervenne Odd, ed Erin gli lanciò un’occhiataccia, anche se era più o meno quello che aveva pensato lei stessa.

“È un inizio,” riconobbe.

“E si uniranno altri,” aggiunse Lenore. “Harris e Tess ci lasceranno usare la loro fattoria per tutti coloro che verranno. Ci addestreremo qui e produrremo una forza di combattimento che potrà davvero colpire Ravin.”

Erin cercò di immaginare quegli uomini contro i soldati del Regno del Sud. Occorreva addestrarli per bene.

Lenore chiamò Erin e Odd da parte, entrando nel casolare, lontano dagli uomini che avevano appena iniziato a esercitarsi con le loro armi. Harris e Tess andarono con loro.

“C’è un’altra parte in tutto questo,” affermò Lenore, una volta al sicuro all’interno, sistemati davanti a un fuoco che riscaldava la grande cucina dalle pareti di pietra. “Quegli uomini sono un inizio, e ce ne saranno altri, ma se vogliamo vincere, abbiamo bisogno di veri combattenti dalla nostra parte. Ci servono i nobili.”

“Non sono sicuro se vorreste Lord Carrick,” disse Harris. “È… un uomo duro. Parte del motivo per cui la gente non ha reagito al vostro discorso sul nuovo imperatore che ha peggiorato le cose è proprio che Lord Carrick richiede già tasse piuttosto salate.”

“Lascia alla gente a malapena abbastanza per vivere,” aggiunse Tess.

“È lui il signore da queste parti?” chiese Lenore. “Credo di averti sentito pronunciare il suo nome nel giardino del villaggio.”

“Esatto,” rispose Harris. “Vive in un grande castello a sud-est del territorio. Manda i suoi uomini a impiccare i ladri e si assicura che tutti sappiano chi comanda da queste parti.”

A Erin non sembrava diverso dalla metà dei signori del regno. Suo padre aveva cercato di circondarsi di uomini per bene, ma nessuno riusciva a tenersi le terre a meno che non riservasse un pugno duro a banditi e rivolte. Tuttavia, poteva vedere Lenore rimuginarci, e lei stessa stava riflettendo allo stesso tempo.

“Credo di aver sentito parlare di questo Carrick,” affermò Odd. “È, come si dice, un uomo duro, forse anche crudele. Ma una volta era fedele alla corona, quando io ero… beh, prima di diventare questo.”

Si vergognava così tanto di chi era stato? Era così spaventato dalla rabbia che aveva provato? Per Erin, l’ira era l’unica cosa che la faceva muovere in quel momento.

Lenore prese una decisione. “Dobbiamo andare a trovarlo,” disse. “Parlerò con lui e farò tutto il possibile per ottenere il suo sostegno. Se riuscirò a ricordargli la sua lealtà, allora forse avremo i suoi uomini a nostra disposizione.”

“Sarebbe comunque un solo signore,” sottolineò Erin.

Sua sorella annuì. “Lo so, ma dovremo pur cominciare da qualche parte con i lord, proprio come stiamo facendo per radunare un esercito. Una volta che avremo un lord, gli altri seguiranno.”

“Nessuno vuole essere il primo a fare qualcosa,” intervenne Odd. “L’abate diceva che una diga può rimanere intatta per anni, ma una volta che compare la prima goccia, è solo questione di tempo prima che si scateni un’alluvione.”

Erin non sapeva se si trattasse di saggezza, ma per lei era semplicemente irritante. Odd poteva anche indossare le vesti di monaco, ma non c’era nulla di sacro in lui, qualunque cosa fingesse di essere.

“Mentre saremo via, le persone potranno continuare ad aggregarsi,” affermò Lenore. “Questo sarà un luogo di ritrovo e un posto dove potranno iniziare ad allenarsi.” Guardò Harris e Tess. “Se a voi due sta bene. Non voglio mettervi in pericolo.”

“Non ci saremmo offerti se non fossimo stati disposti a correre il rischio,” replicò Tess. “Lasceremo che la gente si riunisca qui, e potranno usare i campi per fare pratica, ma non sono sicura che sapranno come esercitarsi dato che vi sono solo pochi soldati veri.”

Erin colse la sua occasione. “Io resterò.”

Lenore la guardò. “Non vuoi venire?”

“Ci sarà Odd a proteggerti,” replicò Erin, sperando che almeno per quello potesse fidarsi di lui. Era un buon combattente, a prescindere da tutto. “E non c’è bisogno che venga anche io a supplicare qualche nobile per ottenere il suo favore.”

Vide Lenore rifletterci su, ed Erin sapeva il perché. Probabilmente stava pensando a quanto sarebbe stato più cordiale un discorso dove Erin non attaccasse nessuno.

“Potrei iniziare ad addestrare le persone che arrivano,” aggiunse Erin. “I Cavalieri dello Sperone mi hanno cacciata, ma mi sono comunque allenata con loro.”

Lenore non sembrava ancora convinta.

“Almeno una di noi due dovrebbe restare qui,” proseguì Erin. “Solo perché la gente sappia che è tutto reale. Inoltre, questo è il posto dove posso dare il meglio di me. Tu… tu sei abituata a parlare con la gente, sei stata educata a trattare con nobili e cortigiani. Beh, questo è quello in cui sono brava io.”

Alla fine, Lenore annuì. “Se ne sei sicura.”

“Sono sicura,” rispose Erin. Non era mai stata così sicura di qualcosa in vita sua, ma non aveva nulla a che fare con l’eventuale arrivo di altri agricoltori. Aveva un suo piano e se lo avesse applicato bene, avrebbe messo fine a tutto questo, una volta per tutte.

La corona dei draghi

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