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CAPITOLO SECONDO

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Meredith della Casa dei Sospiri giaceva di schiena nel letto di Ravin; coperta dalle lenzuola e con i capelli arruffati, lo guardava mentre le dava le spalle e si esercitava con quella sua spada a due mani con indosso solo le vesti ufficiali. Come aveva fatto spesso nei giorni successivi alla morte della regina Aethe, sembrava ignorarla completamente adesso che gli aveva procurato i suoi piaceri.

Meredith provava odio in quel momento ma, anche se Ravin era girato di spalle, cercava di non lasciarlo trapelare dal suo volto. Sapeva quanto fosse pericoloso e quanto dovesse muoversi come sul filo del rasoio da quando aveva preso Royalsport. Un’occhiata indietro mentre lei appariva come tutto tranne che una cortigiana docile e obbediente, e le avrebbe forse conficcato quella lama nel cuore.

Una cortigiana? Meredith trattenne le risate amare. Ravin la stava trattando come la più indegna delle puttane. Aveva i suoi motivi per farlo, nonostante adesso potesse prendere qualsiasi donna del regno desiderasse. Riportava i lividi a dimostrazione dell’accaduto, e anche quelli erano parte della sua strategia per far capire alla maitresse della Casa dei Sospiri qual era il suo posto in tutto questo.

La cosa peggiore era che se si fosse posto in modo diverso, sarebbe anche potuto piacerle. Ravin era un uomo affascinante, con quella sua barba bruna, un bel corpo muscoloso, la testa rasata e lo sguardo intelligente. Era un uomo forte, brillante e persuasivo, e Meredith capiva bene come avesse fatto a conquistare un impero. Era crudele, però. La maitresse lo aveva sperimentato in prima persona e lo sentiva anche nei rapporti ogni volta che tornava a casa; parlavano di persone lasciate morire di fame o uccise in strada per aver disobbedito.

Ravin si fermò, appoggiando la punta della sua spada sul pavimento senza degnare Meredith di uno sguardo; eppure, era chiaro che si stesse rivolgendo a lei.

“Dimmi,” disse. “Se potessi, mi uccideresti?”

“Certo che no, mio imperatore,” rispose Meredith con il suo tono più docile. “Vivo per servirvi, come tutti noi.”

Si voltò e, ora che quegli occhi erano di nuovo su di lei, Meredith avvertì un fugace brivido di paura.

“Naturalmente una come te dice sempre quello che pensa di dover dire.”

“Sì, mio imperatore,” replicò Meredith, abbassando lo sguardo. “Ma resta fermo il fatto che non vi ucciderei.”

Non che non vi avesse pensato. Una delle sue ragazze si era persino offerta di farlo, nella riservatezza delle sue stanze nella Casa dei Sospiri, ma Meredith era stata costretta a spiegarle il disastro che ne sarebbe derivato, e non solo per chi lo avesse ucciso.

Sarebbe stato abbastanza facile. Meredith avrebbe potuto tagliargli la gola nel sonno o mettergli un veleno nella bevanda, ma poi? Non vi sarebbe stata un’alternativa al trono, e dunque non avrebbero ottenuto altro che ulteriori guerre, con gli eserciti di Ravin determinati a vendicarsi mentre diverse fazioni combattevano per il controllo. Per ora, almeno, l’imperatore era ciò che si frapponeva tra loro e il caos peggiore.

Osò alzare lo sguardo e incrociò gli occhi di Ravin ancora su di lei, impenetrabili e attenti, come stesse cercando di indovinare ogni suo pensiero.

“Come ho detto,” aggiunse lei, “la mia Casa è lì per servirvi.”

Ravin fece un ampio sorriso, mettendo da parte la spada. “Io ti credo; altrimenti, saresti già morta.”

Meredith sospettava che questo avesse a che fare con tutti i segreti che aveva in mano, più che con la fiducia che Ravin riponeva nella sua lealtà. Era un equilibrio delicato: lui doveva sapere che avrebbe obbedito fintanto che le fosse sembrata l’opzione migliore per il regno, ma che avrebbe anche fatto di tutto per aiutare il suo popolo. Aveva dimostrato di volerla umiliare e di volerle mostrare il posto che occupava in quel nuovo assetto, ma allo stesso tempo aveva anche dimostrato di sapere che era troppo preziosa per poterla uccidere.

Era difficile e pericoloso, e significava che qualsiasi cosa avesse fatto Meredith, avrebbe dovuto farla in silenzio. Aveva idee che non avevano nulla a che fare con la banalità di un’aggressione nell’oscurità, idee che potevano bastare a cambiare le cose e far cadere persino un imperatore, ma si trattava di un lavoro delicato e rischioso.

“Ora,” disse Ravin. “Credo sia giunto il momento che tu mi mostri di nuovo perché la tua Casa ha tanto successo.”

Quando si avvicinò al letto, Meredith si costrinse a esibire il suo miglior sorriso. “Certo, mio imperatore. Io esisto per soddisfare i vostri ordini.”

O almeno, così era finché non fosse riuscita a trovare un modo per ucciderlo senza far crollare il regno ai loro piedi.

*

Una volta terminato con lei, Ravin fissò compiaciuto la forma dormiente di Meredith. Doveva ammettere che era davvero bella ma, naturalmente, molte donne lo erano. Anche adesso, i suoi uomini gli stavano procurando le migliori, perché lo intrattenessero quando non se la spassava con la padrona della Casa dei Sospiri.

Ciò che rendeva la cosa ancora più interessante era che entrambi sapevano cosa fossero davvero lei e la sua Casa. Si trattava di una donna che dispensava sussurri taglienti, di quelli che potevano permettere a chi era addestrato come un qualsiasi Taciturno di portare a termine il lavoro della maitresse stessa. Avere una del suo calibro a sua disposizione rendeva l’intera situazione molto eccitante.

Forse, a tempo debito, avrebbe fatto più che mandarla a chiamare per averla nel suo letto. Prima, però, voleva assicurarsi che lei comprendesse a fondo il suo posto, che fosse sua e di nessun altro.

Non che vi fosse qualcun altro, adesso. Aveva inibito ogni rivale nel giorno in cui aveva fatto giustiziare la regina Aethe. I nobili aspiranti ribelli erano stati dispersi e, in ogni caso, non avevano più un capo. Quel codardo di Vars era fuggito, ma chi avrebbe mai seguito un uomo del genere? Anche le figlie della regina erano scomparse, ma solo perché i suoi Taciturni avevano portato a termine il lavoro con la loro solita destrezza.

Quindi, prima o poi, Lady Meredith avrebbe capito che Ravin era la migliore chance di forza e unità per il regno. Forse l’aveva già compreso, perché era tutt’altro che stupida. Poi, lui avrebbe avuto ai suoi ordini i migliori collezionisti di segreti dei Tre Regni, lì per fargli apprendere tutto quello che voleva sui suoi nemici e sui suoi sudditi. Se finora aveva governato seminando il terrore, in un secondo momento avrebbe potuto usare la Casa per far funzionare le cose a dovere, sapendo in anticipo ogni mossa che la gente avrebbe potuto fare.

Quello era per dopo, però. Per adesso, Ravin si era stancato di lei.

“Alzati e vattene,” ringhiò, scuotendola fino a svegliarla. “Adesso.”

Meredith afferrò il suo vestito e si precipitò fuori dalla stanza, per tornare nel posto da cui era venuta. Mentre se ne andava, un Taciturno entrò, senza nemmeno aspettare il permesso prima di farsi avanti e inchinarsi. L’uomo aveva un aspetto insignificante, tranne che per una cicatrice sotto l’occhio sinistro. Indossava semplici abiti rossi da cortigiano e i suoi lineamenti erano insipidi e irrilevanti. Ravin si alzò in piedi e si rimise addosso le sue vesti.

“Sarà meglio che ci sia una buona ragione per questa interruzione,” disse.

“È così, Imperatore Ravin,” rispose l’uomo.

“Questo lo giudicherò io,” replicò Ravin. “Come ti chiami?”

“Quail, mio imperatore.” L’uomo si inchinò di nuovo. “Sono stati trovati tre corpi, vecchi di diversi giorni.”

“Corpi…” scrollò le spalle Ravin. “La principessa Lenore e gli altri? Se mi stai riferendo i successi degli uomini della tua truppa, non è questo il modo di farlo.”

Il Taciturno scosse la testa. “Purtroppo no, mio signore. I corpi… sembrano essere degli uomini a cui avevate ordinato di uccidere la principessa.”

“Che cosa?” ruggì Ravin. “E nessuno se n’è accorto? Nessuno ha notato l’assenza di quei Taciturni?”

“Troppo tardi, vostra altezza,” rispose Quail, “e poi siamo andati a cercarli e abbiamo trovato i corpi. Ma mentre le principesse assistevano all’esecuzione, era ovvio che stessero aspettando il momento giusto per contrattaccare. Si presume che stessero… prendendo tempo.”

“Certo, è evidente,” disse Ravin.

“Perdonateci, Imperatore,” implorò Quail, cadendo in ginocchio questa volta. “Raramente parliamo dei nostri compiti, anche tra di noi.”

Ravin represse la rabbia. Non lo facevano, perché era così che lui preferiva agissero. I Taciturni operavano in piccoli gruppi, per evitare che potessero acquisire troppo potere o iniziare a ignorare le sue istruzioni. In quel caso, però, significava che le principesse erano sopravvissute, e questo gli faceva venir voglia di decapitare lo stolto che aveva davanti. Non sarebbe servito a niente, però. In quel momento, il Taciturno era più utile da vivo.

“Pensi che ti ucciderò, vero?” domandò Ravin.

“La… possibilità c’è,” disse Quail, con voce esitante ma non terrorizzata. I Taciturni subivano delle cose durante l’addestramento che lo stesso Ravin considerava crudeli.

“Eppure sei tu quello che hanno scelto di mandare, anche se sarebbe potuto venire chiunque altro,” affermò Ravin.

Quail annuì a malapena.

“Dunque sarai tu a guidare la possibilità di redimervi dal fallimento,” disse Ravin.

Il Taciturno apparve perplesso a quel punto. “Mio imperatore?”

“Dovete trovare le principesse e ucciderle,” spiegò Ravin e poi pensò per un momento. “Devono morire entrambe, e anche il cavaliere che veglia su di loro. Sono tutti troppo pericolosi per essere lasciati in vita.”

Il Taciturno esitò per un secondo.

“Non sei d’accordo?” chiese Ravin.

“Sono due ragazze insignificanti e un pazzo,” replicò Quail. “Alcuni… alcuni non capiscono perché avete mandato proprio il nostro gruppo a uccidere la Principessa Lenore, quando avreste potuto rivendicarla o farla controllare da Lord Finnal.”

Ravin estrasse la sua spada, facendola vorticare per poi posarla appena sotto l’occhio destro del Taciturno.

“Vuoi un’altra cicatrice speculare alla prima?” domandò.

Il Taciturno mantenne la calma. “Se la desiderate, Imperatore Ravin.”

“Desidero quello che ti ho ordinato, e dovrebbe essere un motivo sufficiente a farti muovere.” Ravin non aveva l’abitudine di dare spiegazioni ai suoi uomini, ma in quel momento sarebbe forse servito. “La Principessa Lenore è sempre stata una potenziale minaccia mentre era qui. Nella mia Tana Rossa, non sarebbe stata un pericolo ma un mero trofeo da esibire. Qui, la gente avrebbe potuto radunarsi attorno a lei e potrebbe ancora farlo. Deve morire e in silenzio. Nessuno deve sapere che è sopravvissuta.”

Il Taciturno. “Ai vostri ordini.”

Si alzò e si voltò per andarsene.

“Quail?” lo interruppe brusco Ravin. “Ricorda che ora ho la Casa dei Sospiri. Se i miei Taciturni falliscono di nuovo, forse alcuni di voi saranno rimpiazzati.”

La corona dei draghi

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