Читать книгу Una Maestra D'Asilo Per Il Re - Shanae Johnson - Страница 5
Capitolo Due
Оглавление«Il Principe Azzurro sguainò la spada e corse a salvare la principessa, ma in quel momento...»
«Ma... signorina Pickett?»
A quell’interruzione, Esmeralda Pickett alzò lo sguardo dal libro illustrato. Non era la prima volta che quella storia veniva interrotta. Si era fermata praticamente a ogni pagina del libro per rispondere a una domanda o offrire una spiegazione ai bambini della sua classe dell’asilo, che la guardavano con occhi brillanti. Era orgogliosa di quel gruppetto curioso. Le loro piccole menti erano come spugne, affamate di nuove conoscenze.
«Signorina Pickett, perché la principessa non può sguainare da sola la spada?» Aubrey Thomas arricciò il nasino all’insù mentre cercava di venire a capo del suo problema con la favola. «Hai detto che quello non era il primo principe che cercava di salvarla. E sono tutti nella tana del drago. Quindi ci sono altre spade per terra. Perché lei non ne prende una da sola?»
Quello era un ottimo ragionamento, specialmente da parte di una bambina di cinque anni che Esme spesso sospettava ne avesse cinquanta. Tutt’intorno a Esme, altre dieci testine dondolavano e si inclinavano considerando quella possibile svolta nella storia. Non cercavano subito la risposta nella maestra. No, discutevano tra di loro le possibilità e i fattori in gioco.
Avevano ascoltato attentamente le prime due pagine. Le interruzioni erano iniziate quando la principessa aveva disobbedito al padre ed era andata nel bosco. I giovani studenti di Esme erano rimasti a bocca aperta e con gli occhi spalancati, come se non avessero mai preso in considerazione l’ipotesi di non seguire le indicazioni dei propri genitori.
Erano rimasti senza fiato e aggrappati al filo della storia quando la principessa aveva accettato il cibo da uno sconosciuto. Kurt Willis e Carla Barrow avevano interrotto il racconto discutendo sui pericoli di accettare da qualcuno che non si conosce caramelle o qualsiasi altra cosa che non fosse ben sigillata e con gli ingredienti e gli allergeni chiaramente etichettati, in modo che mamma e papà potessero leggerli.
Ma la parte migliore l’aveva fatta Tracey Chen. Aveva incrociato le braccine sul petto in preda all’orrore, facendo ondeggiare i codini quando Esme aveva descritto il cattivo della storia come una strega malvagia e aveva mostrato la sua immagine. Tracey era stata certa che Esme stesse discriminando le persone anziane, o quelle con psoriasi ed eczema.
Quale bambino di cinque anni conosceva una di quelle parole, era in grado di pronunciarla e ne comprendeva il significato? Beh, almeno erano tutti coinvolti nel racconto. E quello era il succo dell’apprendimento, no?
«Va bene» disse Esme, riferendosi all’ultima domanda che le era stata posta dai bambini. «E se la principessa raccogliesse la spada? Cosa pensate che farebbe?»
«La principessa con la spada potrebbe uccidere il drago» rispose Aubrey, come se fosse la cosa più naturale del mondo. «Poi potrebbe tornare a casa prima di sera, scusarsi con i suoi genitori e non essere punita troppo severamente per le sue azioni.»
«Ma così ucciderebbe un drago!» intervenne Carla. «È crudeltà verso gli animali.» La bimba era vegana e piangeva ogni volta che vedeva uno dei suoi compagni di classe mangiare bastoncini di pollo o hot dog.
«I draghi non sono reali» le disse Aubrey.
«Lo sono nella mia cultura» ribatté Tracey. «In Cina simboleggiano forza, potere e buona fortuna. Ecco perché la mia gente indossa costumi che li rappresentano durante le feste.»
Kurt Willis tirò su col naso come se il pensiero di un immaginario drago sofferente o di uno in costume a una parata lo facesse stare male. «Penso che dovrebbe sedersi, parlare con il drago e risolvere i loro problemi a parole.»
«Queste sono tutte ottime idee» disse Esme. «Ma cosa credete che dovrebbe fare il principe?»
La classe la osservò in silenzio.
«Mi ero dimenticata di lui» disse Aubrey.
«Perché è ancora lì?» chiese Tracy.
«Per salvarla, no?» rispose Carla.
«Ma è lei che ha combinato un guaio» sostenne Aubrey. «Mia mamma dice che se ti trovi in un pasticcio, devi cavartela da solo.»
Esme non faceva fatica a crederci. La madre di Aubrey parlava in continuazione di regole e procedure. Il primo giorno di scuola, la signora Thomas si era presentata con un documento rilegato di dieci pagine intitolato “Conoscere Aubrey”, in cui era indicato per filo e per segno il rituale del bagno a cui la bambina era stata addestrata da quando aveva un anno. E aveva insistito che Esme lo seguisse alla lettera.
«Nelle favole», disse Esme, rompendo il silenzio, «è compito del principe salvare la principessa e le donzelle in pericolo.»
«Donzelle in pericolo?» Sia Tracey che Carla pronunciarono quelle nuove parole come se le sentissero per la prima volta.
«Ma questo è il mondo reale, signorina Pickett» disse Aubrey. «C’è una regina in Inghilterra e un sacco di principesse.»
«Oggi una di loro viene a trovarci» disse Carla saltellando per l’impazienza.
«Ma è solo una bambina.» Aubrey alzò gli occhi al cielo. «Mia madre ha incontrato una principessa adulta. Salvava i bambini dalle zone di guerra.»
«Ooh» disse Kurt. «Sei riuscita a incontrarla?»
Aubrey annuì. «Mi ha portato dei cioccolatini, ma contenevano latte, quindi non ho potuto mangiarli.»
Tutti i bambini si voltarono e ascoltarono la storia di Aubrey. Il tempo della favola era effettivamente finito, quindi Esme chiuse il libro illustrato.
«Va bene, bambini» disse. «Andate ai vostri materassini. È l’ora del pisolino.»
Ci fu un coro di lamenti, ma tutti fecero come era stato loro detto. Più o meno. Kurt andò all’armadietto per prendere la sua copertina speciale. Aubrey tirò fuori gli auricolari e l’iPhone dal suo zainetto. Una parte del documento di benvenuto di Aubrey diceva che durante il pisolino la piccola doveva ascoltare Brain FM, una app che offriva specifiche sequenze musicali in grado di favorire il sonno e il relax.
Finalmente tutti i bambini si misero stesi per il pisolino di metà mattina. L’insegnante di supporto entrò per permettere a Esme di fare la pausa pranzo, di cui aveva davvero bisogno.
Faceva quel lavoro solo da un paio di mesi, ma quelli non erano bambini normali. Uscita dall’università, aveva sognato di cambiare la vita dei suoi giovani allievi, donando loro la voglia di imparare e ampliando la loro immaginazione. Fino a quel momento, l’unica voglia che le era stato permesso di soddisfare alla Global Learning Preparatory Academy proveniva da prodotti preconfezionati, senza latticini, frutta a guscio e glutine. L’immaginazione veniva soffocata, perché quei bambini non guardavano la TV, e i giochi a cui partecipavano non erano educativi. Esme non stava cambiando proprio un bel nulla.
Afferrò la sua borsa dalla sala insegnanti e si preparò per uscire nella luminosa giornata di New York City. Camminando lungo il corridoio della scuola, sorpassò premi, riconoscimenti ed encomi. I ragazzini degli anni passati catturati nella celluloide sembravano tutti molto seri. Non un sorriso di gioia o occhi che scintillassero di immaginazione.
Esme era ancora determinata a portare divertimento e gioia nella sua classe d’asilo, ma prima aveva bisogno di una pausa. E di qualcosa da mangiare.
«Signorina Pickett.»
Le spalle di Esme si piegarono al suono della voce del preside Clarke. Il modo in cui diceva “signorina” era singolare, e pronunciava male la parte finale, come se la troncasse. Era come se volesse allontanare da lei quel diminutivo in più, e trasformarla, così facendo, in una signora.
Anche a Esme sarebbe piaciuto. Il problema era che non erano molti i ventenni come lei pronti a sistemarsi. Trent’anni. Sembrava fosse quello il momento giusto per fidanzarsi. E guai pensare a fare dei figli prima dei trentacinque, innanzitutto bisognava far decollare la carriera e sistemare la casa, arredarla e renderla a prova di bambino, il tutto seguendo i dettami del feng shui.
Come per la maggior parte delle cose, Esme era una fan dei vecchi metodi. Era una femminista, certo. Del tipo, però, che voleva uguali diritti e pari stipendio, ma gradiva che ci fosse un uomo ad aprirle la porta e pronto a conquistarla. Avrebbe combattuto al fianco del suo principe se un drago, in una torre o durante una parata, li avesse attaccati. Ma perché avrebbe dovuto farlo, quando era a lui che spettava farsi trovare ben equipaggiato?
«Signorina Pickett, ho appena ricevuto un’altra lamentela per del materiale inappropriato letto nella sua classe. Qualcosa su principesse, draghi e spade.»
Esme si voltò di scatto. Come aveva fatto a saperlo? Era appena uscita dalla sua classe.
«La madre di Aubrey Thomas ha appena chiamato.»
Aubrey “Puzza sotto il Naso” Thomas. Quella ragazzina aveva un cellulare. Aveva scritto un messaggio alla madre? Beh, sapeva già leggere. La maggior parte dei bambini di cinque anni della sua classe erano a livello di quelli di seconda elementare, e si annoiavano durante le sue lezioni sull’alfabeto.
«I genitori ci affidano il compito di preparare i loro figli al mondo reale, signorina Pickett.»
Possibile che nessuno credesse all’esistenza del romanticismo, nel mondo reale? Che esistessero ancora uomini disposti a uccidere un drago per il loro vero amore? A quanto pareva, no. La maggior parte degli uomini della sua età sconfiggeva troll virtuali facendo scorrere un dito sulla tastiera e niente più.
«Credo che lei abbia un futuro brillante, qui con noi» disse il preside Clarke. «Ma se continuo a ricevere chiamate…»
«Stavo cercando di dare una lezione morale» rispose Esme. «Ma non sono riuscita ad arrivare alla fine della favola.»
«Provi con una storia differente, la prossima volta. Magari con una biografia.»
Esme respirò attraverso il naso per tenere la bocca chiusa. I fatti nudi e crudi, secondo lei, erano per i ragazzi più grandi.
«Oggi vengono a farci visita due persone molto importanti. Il principe e la principessa di Cordoba. Vogliamo fare una buona impressione.»
Ecco l’unica cosa a cui tutti, in quella scuola, erano interessati. Fare una bella figura. Non stimolare l’immaginazione.
«Vado a prendermi una fetta di torta» disse Esme. «Posso portarle qualcosa?»
«Torta? Carboidrati nel pomeriggio? Mio Dio, lei vive pericolosamente, signorina Pickett.»
Con un altro profondo respiro attraverso il naso, Esme tenne la bocca chiusa e uscì dall’edificio. Tirò fuori il cellulare dalla tasca, e, prima ancora di aver girato l’angolo, scrisse a Jan di scaldarle una fetta del suo dolce preferito.
Premette il tasto INVIA. Quando alzò lo sguardo, faticò a credere ai suoi occhi. C’era un drago in mezzo alla strada. E stava volando dritto verso di lei.