Читать книгу Una Maestra D'Asilo Per Il Re - Shanae Johnson - Страница 8
Capitolo Cinque
ОглавлениеLeo raccolse con la punta delle dita le ultime briciole di quel dolce che gli ricordava casa e se le leccò. La crosta dorata lo aveva trasportato sulle spiagge sabbiose dell’isola appena a est di Barcellona. Le note dolci e fruttate gli avevano ricordato la regione vinicola francese a nord di Cordoba. E la miscela di spezie aveva dato un calcio ai suoi antenati moreschi che venivano dal sud. La pasticcera aveva catturato tutta la storia e la cultura di Cordoba in un boccone perfetto.
«Puoi ordinarne un po’ per la cena di stasera?» chiese Leo a Giles.
Il suo assistente tirò fuori il cellulare e fece l’ordine mentre Leo si leccava l’ultimo pezzetto dalla punta delle dita. Era maleducato succhiarsi le dita, certo, ma nessuno lo stava guardando. Giles era occupato al telefono con la pasticciera. L’autista aveva gli occhi sulla strada. E la mente di Leo era... altrove.
Poco più avanti, vide il furgone della lavanderia con il disegno del drago verde parcheggiato davanti a un negozio. Se fosse stato in movimento, Leo avrebbe potuto essere tentato di lanciarsi nella mischia ancora una volta. Ma la sua damigella era sistemata al sicuro su uno sgabello nel negozio di torte.
Leo si chiese se, accostando l’orecchio al telefono di Giles, fosse stato possibile sentire la risata tintinnante di quella donna. Lei aveva trattenuto il fiato mentre si chinava in avanti e lo ascoltava recitare i noiosi dettagli del lavoro di un re, un lavoro che lui aveva finto non fosse il suo. Eppure, ne era rimasta comunque affascinata.
Esme lo aveva chiamato cavaliere, un eroe. Da vero re, quelle definizioni non gli appartenevano. Era solo un nobile in giacca e cravatta. Un uomo d’affari. E il titolo lo poneva come una figura di spicco con molte responsabilità. Una di quelle responsabilità era trovare una nuova moglie.
Pensò al sorriso di Esme. A quanto spontanee fossero state le battute tra di loro. Alla sua immaginazione selvaggia. Al suo accento americano e al bell’aspetto da ragazza della porta accanto. Era così americana che di più non poteva essere, e senza una goccia di sangue blu che le scorresse nelle vene.
Era tutta sbagliata per lui, ovviamente. Di certo non era la candidata ideale da far sedere accanto a lui sul trono. Ma una deliziosa compagna seduta accanto a lui su uno sgabello.
Gli era piaciuta la loro conversazione. Gli era piaciuta la fuga che lei gli aveva offerto, anche se solo per un momento. Davanti a una fetta di torta, era stato un uomo normale che chiacchierava del più e del meno con una bella ragazza. Lui non aveva mai fatto niente di banale in vita sua. Ogni sua mossa, pensiero e decisione erano una questione di Stato.
Il tempo passato con Esme era stato come una fuga in un libro di favole. Ora era di nuovo al lavoro mentre l’auto si fermava al quartier generale delle Nazioni Unite.
L’alta struttura in vetro e cemento era simile a qualsiasi altro edificio per uffici in città. Ciò che la distingueva era la schiera di bandiere che sventolavano dai pennoni. Ce n’erano decine. Centonovantatre, per l’esattezza. Leo individuò facilmente la bandiera cordovana con i suoi fedeli colori arancione, rosso e blu.
«Ha i suoi appunti?» chiese Giles.
Certo che li aveva. Era sempre preparato. Ma Giles doveva fare quella domanda, era il suo lavoro.
Leo sapeva che altri nella posizione di Giles avevano vita dura con i nobili che servivano. Alex non riusciva a tenersi un cameriere o un assistente. Uomini e donne si arrendevano nel giro di poche settimane cercando di domare la sua natura ribelle. La maggior parte delle volte, non riuscivano a trovare Alex perché era salito su un jet o su uno yacht ed era in qualche angolo sperduto del globo a riempirsi la pancia di piatti esotici. Leo era il perfetto datore di lavoro, Giles non avrebbe dovuto davvero lamentarsi.
«Che cosa è successo al suo vestito?» Giles lo guardò con orrore. In fondo alla sua giacca erano rimaste alcune macchie, regalo degli istanti trascorsi sull’asfalto con Esme.
«Oh, ho salvato una damigella in pericolo. Esme, la donna del negozio di torte.» Con il suo nome sulla lingua, Leo si gustò un’ultima esplosione di dolcezza che gli era rimasta incastrata dietro gli incisivi superiori, e che in qualche modo si era perso. Ingoiò quell’ultimo bocconcino e lo sentì spostarsi nella parte posteriore della gola e giù per il petto.
Giles non si stava divertendo per niente. «Ecco, prenda la mia giacca.»
Lui lo fece. Per fortuna, lui e Giles avevano la stessa taglia, e la giacca di Giles era elegante quasi quanto quella di Leo. Con quel disastro scongiurato, e le ultime tracce della sua avventura sparite, si diressero verso l’edificio.
Il ruolo dell’ONU era quello di mantenere la pace e la sicurezza internazionali. Cordoba non era sotto minaccia e non ne fronteggiava una da secoli. Un tempo, gli antenati di Leo avevano una roccaforte nelle terre di quelle che sarebbero diventate le attuali Spagna e Francia. Ma la storia violenta divide le popolazioni, e i confini erano stati spostati fino a quando, alla fine, i cordovani moderni si erano trovati a vivere su un’isola lussureggiante nel Mediterraneo.
La sua gente non poteva davvero lamentarsi. La loro isola era circondata da spiagge incontaminate. Nell’interno c’erano valli lussureggianti e alte montagne. Il terreno era fertile e c’erano pesci in abbondanza.
Uno degli articoli della Carta delle Nazioni Unite imponeva di proteggere i diritti umani. Cordoba non era accusata di violazioni del genere. Anche in un paese popolato da ex nemici che avevano saccheggiato gli antenati l’uno dell’altro, ora c’era armonia tra i francesi, gli spagnoli e gli africani.
Quando si trattava di aiuti umanitari, grazie alla sua industria della pesca e al petrolio trovato intorno all’isola, Cordoba era abbastanza ricca da aiutare i suoi vicini. Ma c’erano altre opportunità da cogliere. Leo era lì per tendere la mano per un altro degli obiettivi stabiliti dalle Nazioni Unite, quello dello sviluppo sostenibile.
«Siamo un piccolo stato insulare» disse dal suo posto sul leggio. «Abbiamo avuto grande successo e prosperità, e vorremmo condividerle con voi, nostri concittadini internazionali. I nostri antenati hanno affrontato guerre e spostato confini, sono stati segregati e integrati, ma, nonostante tutto, sono sopravvissuti e ne sono usciti più forti. Possiamo essere piccoli, ma siamo potenti.»
Nel suo discorso, non menzionò che l’anno precedente la povertà era cresciuta, o che la gravidanza adolescenziale era pericolosamente in aumento. I cittadini più anziani erano finanziariamente stabili e soddisfatti grazie a industrie economicamente consolidate. Ma i giovani di Cordoba avevano poche prospettive di lavoro e troppo tempo libero. Coloro che erano brillanti e ambiziosi stavano lasciando il paese a frotte. Coloro che vedevano poca o nessuna opportunità stavano procrastinando e procreando.
Il governo doveva creare una nuova industria per tenere occupati i suoi giovani e convincerli a rimanere nel paese. Ma tutte le risorse cordovane erano state sfruttate. Aveva bisogno di sangue fresco, sangue blu fresco.
Alla fine del suo discorso, Leo venne salutato con garbati applausi. Sapeva di essere riuscito nel suo intento quando due individui gli si avvicinarono. Per tutto il tempo, il discorso era stato rivolto solo a loro due.
Il duca di Almodovar era un uomo corpulento con la pancia rotonda e un paio di baffi grigi arricciati. Aveva usato il suo titolo per costruire un impero sul mare, proprio come i suoi antenati pirati. Era suo il favore che Leo corteggiava. Ma, cosa più importante, era l’attenzione della donna che camminava accanto a lui che Leo sperava di catturare.
«Re Leonidas, le presento mia figlia, Lady Teresa Nadal, la futura duchessa di Almodovar.»
Lady Teresa fece un inchino e poi tese la mano. Leo prese la mano offerta, posando un leggero bacio sulle nocche di Lady Teresa. Si era aspettato la zaffata intensa di un profumo costoso. Fu piacevolmente sorpreso dall’odore dolce e speziato della cannella.
«Sono rimasta molto colpita dal suo discorso» disse Lady Teresa. «Mi chiedevo se potesse trovare un po’ di tempo nel suo programma per parlare di affari.»
«Per favore, perdoni mia figlia» disse il duca. «Gli affari di famiglia non sono mai lontani dalla sua bella testolina.»
Quello che era nei pensieri della maggior parte delle giovani aristocratiche era l’attività preferita di famiglia, cioè la linea di successione reale. Aveva sentito dire che Lady Teresa aveva più interessi nell’industria, il che si adattava perfettamente alle sue esigenze.
«Non mi dispiace affatto» rispose Leo. «In effetti, stasera ho organizzato una cena con alcuni ospiti. Solo una piccola riunione a cui parteciperanno il senatore dello Stato, il sindaco e pochi altri dignitari. Mi farebbe piacere se lei e sua figlia voleste unirvi a noi.»
«Mio padre ha un altro impegno» disse Lady Teresa. «Ma io ne sarei felicissima.»
La famiglia Almodovar era uno degli impresari nel settore delle costruzioni navali di maggior successo in tutta Europa. Cordoba aveva massimizzato l’uso della sua terra. Ora Leo mirava a conquistare le acque. Aveva bisogno di una collaborazione con quella famiglia per farlo. Quale modo migliore per costruire un ponte del farlo alla vecchia maniera? Un matrimonio reale.