Читать книгу Di chi tiene la penna: immagini di scrittori e scrittura nel romanzo italiano dal 1911 al 1942 - Simona Bianconi - Страница 5

1. Sei personaggi per sei opere: storie di lotta e rinuncia, successo e mediocrità

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Nella presente lettura, l'attenzione si concentra sul protagonista-scrittore dei romanzi esaminati, a prescindere dalla figura dell'autore e da una precisa contestualizzazione storico-letteraria del testo principale. L'artista immaginario vive e si muove entro un “sistema” come un qualsiasi altro personaggio, prodotto e a sua volta artefice della creazione letteraria.

Al di là dei termini della sua costruzione, in virtù del suo sapere, e volere, prendere la parola autonomamente nel testo, lo scrittore vi assume sempre un rilievo eccezionale, che viene a sovrapporsi al privilegio intrinseco allo status di protagonista.

Un quasi-esempio per accrescere l'attesa.

Nel film muto Malombra del 1917, diretto da Carmine Gallone e tratto dall'omonimo romanzo decadente di Antonio Fogazzaro del 1881, Lyda Borelli interpreta la coprotagonista Marina Crusnelli. La si osservi nella scena in cui entra casualmente in possesso, insieme ad altri oggetti personali, di un foglio ripiegato, manoscritto dell'antenata Cecilia Varrega reclusa dal marito, il conte Emanuele D'Ormengo, nel “Palazzo” sul Lago di Como per essersi invaghita di un ufficiale, Renato[10]. Dalle movenze eleganti e sinuose dell'attrice si sprigiona un fascino enorme: dal momento della ricerca di un anellino smarrito (occasione del ritrovamento fortuito), all'estrazione dallo stipo del libretto di preghiere che nasconde lo scritto, accompagnata da un'espressione di stupore che, nel corso della lettura, si tramuta in disorientamento e poi in angoscia crescente. Nel manoscritto è la voce di Cecilia, affidata ai posteri una volta preclusa ogni altra via di comunicazione, che destina chi avrà la ventura di leggerlo a divenire la sua reincarnazione.

Si tratta di un “libro” fatale perché decreta l'unione di due spiriti, poi di due storie, infrangendo le barriere della segregazione e nonostante lo scorrere del tempo inesorabile. In questa forma di simbiosi, frutto della sovrapposizione imposta di due biografie parallele – per la comune permanenza nel palazzo, a contatto con i marchesi D'Ormengo (Marina nipote di Cesare che l'ha accolta presso di sé e Cecilia come prima moglie del padre di lui) per cui nutrono una fiera avversione – la persona dell'autrice defunta si identifica con una presenza viva. Così la nipote sprofonda gradualmente in uno stato di follia senza ritorno e viene, a sua volta, condannata all'emarginazione; mentre i sentimenti da lei nutriti per lo zio si esacerbano fino a sfociare in un'incontrastabile sete di vendetta.

Un altro testo è presente in Malombra: Un sogno, racconto di scarso successo precedentemente steso sotto lo pseudonimo di Lorenzo dal protagonista, Corrado Silla, scrittore entusiasta reduce dall'interruzione degli studi di giurisprudenza[11]. Come il narratore esterno di Malombra riferisce, nel libro di Lorenzo si tratta di un giovane che ha un sogno estremamente vivo in cui “crede vedere rappresentato sotto forme allegoriche il proprio avvenire”[12]. La predizione del futuro trova poi riscontro nei fatti: per il protagonista, divenuto serio padre di famiglia, ad un'esistenza serena segue la separazione dall'amante alla quale si è unito in un'impetuosa passione proibita; esito della vicenda è un tranquillo oblio per lui, e per lei la morte. Oltre a rilevare l'acume psicologico del testo e l'uso abbastanza appropriato dell'elemento fantastico, la voce narrante del romanzo identifica le ragioni dell'insuccesso nella carenza di realismo nella rappresentazione, nello stile non abbastanza accessibile, nella debolezza sotto l'aspetto filologico.

Nella storia Silla è anche autore concretamente all'opera su un testo di carattere “mezzo scientifico mezzo letterario” dal titolo “Principii di politica positiva”[13], per la cui stesura è stato invitato nella villa misteriosa dal conte Cesare[14], amico di famiglia della madre defunta. Ben presto però, le opinioni reazionarie del sia pur repubblicano conte, che sostiene con orgoglio aristocratico i privilegi di nascita, urtano le idee democratiche e moderne del giovane letterato che, impossibilitato ad adeguarsi alle direttive del proprio mecenate, distrugge poi lo scritto e si appresta alla partenza[15].

Grazie al Sogno, Marina (come lettrice) e Corrado si sono già incontrati prima di avvicinarsi personalmente al Palazzo, in un breve rapporto epistolare che riceve diversa interpretazione da parte dei due corrispondenti. La marchesina, interessata alla “molteplicità delle vite terrestri di un'anima” – in cui anche Lorenzo crede – vi si ispira nella lettura della sua eredità della sorte dell'antenata; mentre il giovane mira ad un “legame filosofico-sentimentale alla tedesca”[16] con colei che, erroneamente, si figura “donna di gran cuore”, che “potesse commuoversi di problemi tanto superiori alle cure consuete del volgo signorile”[17].

Nonostante la diversa natura dei comunicanti, che sottende una differente concezione del sentimento (per Corrado l'anima non è meno importante dei sensi) e che emerge già nello scambio epistolare, e malgrado la presenza pervasiva di Cecilia, i due, in persona, arrivano ad attrarsi irrimediabilmente.

Per Un sogno di Corrado si tratta ancora una volta di un lavoro già compiuto, un altro libro la cui realizzazione esula dai confini del testo ma è fondamentale ai fini narrativi. Come il testo della defunta, introdotto per il suo influsso determinante sulla storia affettiva e psicologica, poi sullo stesso destino di Marina.

Nel romanzo decadente, attraverso lo scritto si instaura la forma più autentica della comunicazione, altrimenti alterata dagli ostacoli presenti sul percorso biografico dei diversi singoli personaggi principali. Questi, reduci da separazione e lutti nel passato, vivono tutti in uno stato di fondamentale solitudine. La comparsa di Edith Steinnegge, figlia del segretario tedesco del conte Cesare, figura delicata ma solida e profonda, pone fine all'amarezza del padre e, in virtù della sintonia delle anime che si scopre tra la ragazza e lo scrittore, allo stato di malinconia di cui Corrado è preda una volta rientrato a Milano. Nella tranquillità della nuova esistenza, questi ha potuto soffocare il ricordo di Marina “in ostinati studi di greco e di filosofia religiosa alternati con un lavoro fantastico e uno studio morale”[18]. Inoltre è impegnato nella realizzazione di un racconto, Nemesi, che, soluzione non adottata per la prima volta, poi depone insoddisfatto; e in “studi morali dal vero”, cui riconosce una precisa “urgenza” etica[19], tra i quali un saggio sull'ipocrisia. Riprende lavori interrotti, si aggira tra i generi e desiste. Non solo inadatto all'amore, l'“Inetto a vivere” (tale lo definisce Fogazzaro nel titolo di uno dei capitoli finali) ante litteram estende visibilmente la sua qualità alla scrittura. A cui, pure, lega la propria autostima: a infrangere l'idillio della corrispondenza delle due nature, sua e di Edith, è significativamente la freddezza con cui la ragazza accoglie il dono del Sogno, con acclusa una dedica sentita[20] – preludio al successivo rifiuto di lei a lasciar evolvere il rapporto di amicizia[21]. Ben altro era stato l'impatto del testo sulla tenebrosa Marina.

La tragedia è in agguato, e l'effetto benefico della giovane tedesca è impedito definitivamente dalla passione furente della sua “concorrente”, che finisce con l'uccidere l'amato da lei richiamato al Palazzo, dove il conte è in fin di vita[22]. In tal modo, attraverso l'omicidio l'autore del Sogno espia la colpa dell'oblio egoistico del suo protagonista.

Solo due elementi restano inalterati fino all'epilogo della vicenda: l'amore sensuale tra Cesare e Marina e l'assimilazione della realtà interiore di Cecilia Varrega da parte della marchesina, che nell'incontro finale vive della sua seconda esistenza e identifica Corrado con Renato[23]. Entrambi generati dalla potenza del testo.

La passione s'insinua e soggioga chi prima di tutto è autore del Sogno (e come tale la donna lo riconosce nel momento della prima manifestazione del sentimento amoroso tra i due[24]). Lo sguardo investigatore e al contempo allucinato di Lyda Borelli dinanzi manoscritto si commenta da sé.

Rispetto alle tre “situazioni” testuali di Malombra, la scrittura in fieri, al centro dei romanzi in esame, con l'ingrediente essenziale del carattere creativo, si arricchisce però di un valore aggiunto. Si connette agli impulsi e alle reticenze che accompagnano ogni libero atto di coraggio; mentre al lettore si apre la fascinosa impresa dell'autore che vaga e che si orienta nella landa della fantasia. Perciò essa è sempre momento potente e apprezzabile in sé; a prescindere dai suoi effetti concreti, e comunque sempre al di là di questi.

Di chi tiene la penna: immagini di scrittori e scrittura nel romanzo italiano dal 1911 al 1942

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