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1.1 Annie Vivanti: I divoratori (1911) Giovanna Desiderata (Nancy) Avory. L'epopea della rinuncia

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Il romanzo di Annie Vivanti appare nel 1911 per i tipi di Treves, trascrizione in italiano dell'originale inglese The Devourers dell'anno precedente; seguito, come provano le numerose edizioni nella prima metà del secolo (7 dal 1911 al 1920 e ancora 8 dichiarate da Mondadori, dal 1930 al 1949[25]), da un grande successo di pubblico[26].

Si compone di tre Libri, di cui il secondo pari per estensione a quasi il doppio del primo e l'ultimo abbozzato in due pagine. All'interno i due libri effettivi presentano una divisione in capitoli di varia lunghezza ma per lo più brevi, rispettivamente ventuno e trenta (mediamente di più pagine rispetto al nucleo precedente).

Nell'incipit Valeria, giovane italiana rimasta di recente vedova di un pittore benestante inglese morto di tisi, si è appena stabilita con la figlia neonata nella grande “casa grigia” a Wareside nell'Hertfordshire, in Inghilterra, presso la suocera, il vecchio padre di lei (che presto verrà a mancare) e Edith, l'unica figlia sopravvissuta al mal sottile. Qui la piccola cresce in un clima protettivo e sereno (dove pure grava la presenza della morte, sia per i numerosi defunti che per l'incombere della malattia), vezzeggiata da tutti. Nancy è al centro della famiglia; su di lei convergono le aspettative comuni, in particolare della madre, per la quale è la prima ragione di vita. Per questo tutti sono pronti a captare, poi a incoraggiare, le prime manifestazioni di un istinto poetico destinato ad esplodere presto. Poi, alla diagnosi della tubercolosi di Edith seguita dal trasferimento di madre e figlia nel sanatorio di Davos (alcuni anni dopo vi troveranno la morte), Nancy rientra con Valeria a Milano, dove vivono alcuni membri della famiglia con cui la donna ha mantenuto i contatti nel tempo. Sono lo zio Giacomo, affermato architetto, e suo figlio Antonio detto in famiglia Nino, giovane un po' superficiale, privo di ambizioni professionali e legato in una passione torbida e conflittuale a Nunziata Villari, attrice da cui lo separano molti anni. Accanto ad essi sono le figure più pallide della zia Carlotta e della figlia Adele, presso le quali le nuove arrivate si stabiliscono, quest'ultima invaghita di Nino – come del resto anche Valeria, di cui lui, quasi coetaneo, pare non disdegnare le attenzioni.

Nella nuova fase dell'esistenza, a quindici anni Nancy vede pubblicato il suo primo ciclo di liriche presso una (anonima) casa editrice milanese (I divoratori[27], p. 129. D'ora in poi il testo sarà indicato con “D.”). Il trionfo seguito all'opera fa della giovanissima poetessa una celebrità letteraria, ammirata e frequentata da letterati di ogni tipo e rango. Ma subissata di impegni mondani, lei non riesce a dedicare le proprie energie al romanzo in prosa, il nuovo capolavoro che si è prefissa di realizzare: “il Libro”, con la maiuscola ad incutere rispetto. Inoltre, nel frattempo le viene presentato colui che ne orienterà in gran parte il destino.

È Aldo della Rocca, giovane spiantato tanto avvenente e affascinante quanto fatuo, inconcludente e calcolatore. Tra i due è attrazione fatale immediata. Al matrimonio, ovviamente malvisto nella cerchia dei parenti, segue la nascita di Anne-Marie, che in chiusura del Libro primo del romanzo grida affamata nella culla.

La piccola “divoratrice”, poi, si rivela subito tale, accaparrandosi tutto il tempo e le attenzioni della madre. Dopo la sua nascita il romanzo resta bloccato, anche perché si apre per Nancy un nuovo ed inevitabile fronte di lotta. In considerazione del lento scemare della rendita a disposizione, la coppia tenta senza successo la fortuna a Montecarlo; infine decide per l'emigrazione a New York alla ricerca (non strutturata) di fortuna.

Se nel Nuovo Mondo Nancy non riesce a scrivere, è però Aldo che mette a frutto i suoi pregi esteriori con una curiosa attività di “Perfetto Suscitatore di gelosie nei mariti negligenti od infedeli” (D., p. 300); per risolversi in ultimo ad abbandonare la famiglia. Oppressa dalla miseria, attraverso un mazzo di fiori casualmente offertole per strada, inviato da un anonimo mittente che però fornisce un recapito, la scrittrice riprende la penna in una corrispondenza epistolare con lo “Sconosciuto”, in cui si inventa ricca, libera e aliena da preoccupazioni. Poi tenta la sorte a oltranza e si decide a raggiungere sola (affidando Anne-Marie alla premurosa e amorevole governante Fräulein Müller) il misterioso corrispondente a Parigi.

Robert Beauchamp Leese, che conta su un patrimonio accumulato con un'attività nel settore minerario in Sudafrica, è perspicace e concreto. Approfondita la conoscenza della donna di persona, nel viaggio compiuto insieme attraverso la Svizzera e poi in Italia a Napoli e in Liguria – mete simboliche per il limpido mare italiano, forte richiamo per l'istinto dell'artista – egli intende aiutarla a realizzare le ambizioni letterarie di cui è stato nel frattempo messo a parte. Ma la madre non accoglie la sua proposta di trasferirsi con la bambina in Liguria per poter scrivere, e si stabilisce invece “in una brutta strada della vecchia Praga” dove Anne-Marie, di cui è nel frattempo esploso il genio musicale, possa proseguire nello studio del violino ai più alti livelli (D., p. 420).

Robert in Transvaal, Nancy in corsa tra i teatri delle varie capitali europee per le esibizioni della bambina; il manoscritto del Libro, scommessa della sua vita artistica, riposto per sempre. Tuttavia anche la “seconda” divoratrice si innamora e si sposa, e la madre, senza più nessuno di cui occuparsi, resta un essere svuotato senza obiettivi all'orizzonte (D., p. 519).

Si tratta di un romanzo “a tesi” in cui la storia, nonostante gli avvenimenti si susseguano rapidi, spesso nella veste di colpi scena e coincidenze fortunate, presenta un definito carattere ciclico. Una conferma del duplice aspetto di casualità e ripetitività delle vicende è offerta dal personaggio di Fräulein Müller, già governante di Nancy in Inghilterra che, rincontrata inaspettatamente a New York, l'affianca nella cura della bambina e le finanzia generosamente il viaggio a Parigi, accettando il pretesto che si tratti di un'occasione per riprendere utili contatti editoriali.

Infine, ad interrompere il sogno di Anne-Marie puerpera di riprendere il violino e addirittura, in linea con le ambizioni materne, di comporre “una grande Opera in cui darebbe al mondo una nuova musica, una musica pura, splendida, rigenerata”, è il refrain dello strillo del bambino per la fame (D., p. 524) – che per le due precedenti generazioni ricorre rispettivamente al termine del secondo capitolo (D., p. 48) e in chiusura del Libro primo (D., p. 206).

Nell'accenno del Libro terzo si ripropone il pianto neonatale; nel racconto delle vicende di Anne-Marie divorata, subentra l'immaginazione del lettore.

Di chi tiene la penna: immagini di scrittori e scrittura nel romanzo italiano dal 1911 al 1942

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