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CAPITOLO DUE

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Marie guardò davanti a sé, oltre il parabrezza, esaminando da cima a fondo il vecchio bed-and-breakfast. Inclinò la testa, per poterlo osservare da un'altra angolatura, ma le sembrava sempre uguale. Aggrottò le sopracciglia: la cosa non aveva senso.

“È questo il posto?” chiese Marie, guardando Boo. “È questo il bed-and-breakfast?”

Boo era seduto nel sedile posteriore, e scrutava il luogo come se fosse un potenziale cliente.

La casa in sé aveva un che di maestoso, ma la sua solennità era minata da una facciata sinistra. Per meglio dire, era ai limiti del decrepito e dell'inquietante. June Manor, al confronto, sembrava una scintillante reggia da cartone animato della Pixar.

“Beh, Boo, mi sa che tra i bed-and-breakfast inquietanti spaventosi e potenzialmente infestati non siamo certo i primi in classifica.” Ridacchiò alla sua battuta, ma poi si rese conto che non c'era molto da ridere.

Per tutta risposta, Boo sbuffò sommessamente. Sembrava condividere le sensazioni di Marie.

“Cosa succederà se non dovesse funzionare?” chiese Marie.

Boo guaì e con innocenza grattò la zampa contro la portiera. Era come se sapesse che quella era la loro destinazione… e che aveva del lavoro da fare.

“Okay, andiamo. Solo… non avercela con me, d'accordo? Mi dovrò prendere io i meriti per questo lavoro. Capisci, vero?”

Boo si limitò a continuare a grattare la portiera.

Marie osservò nuovamente la casa. Certo, June Manor aveva un certo aspetto dark, ma qui si saliva davvero di livello. Sembrava una sorta di castello in miniatura trasportato via aereo direttamente dalla Transilvania e fatto atterrare nella piccola cittadina di Bloom, nel Maine. Il dettaglio più grazioso e più tradizionale di tutto era il cartello intagliato a mano affisso sopra l'ampia scalinata della veranda, sul quale c'era scritto BLOOM GARDENS AND REST. A parere di Marie, era l'unico elemento che rendeva un po' accogliente l'esterno del palazzo. Certo, era ben tenuto, ma ogni dettaglio sembrava gridare questa è una casa degli orrori anziché vi auguro una piacevole notte di riposo al mio interno.

In altre parole, per la prima volta stava avendo un assaggio di quello che in tanti dovevano pensare di June Manor.

“Ventimila dollari,” si disse Marie. “Non dimenticartelo.”

Uscì dall'auto insieme a Boo e insieme attraversarono il piccolo cortile per raggiungere la veranda. Durante il breve cammino, Marie si prese un momento per fare il punto su come fosse finita lì. Di certo il fatto di essere la proprietaria di un bed-and-breakfast da sole tre settimane non le dava il diritto di mettersi a spiegare a un'altra proprietaria cosa fare con la propria attività, questo era sicuro. Dopo tutto, aveva preso in considerazione la richiesta di questa donna solo per i soldi che le avrebbero permesso di tenere a galla il proprio bed-and-breakfast, il quale aveva decisamente già avuto la sua dose di attività soprannaturale, con tutti i guai che ne erano conseguiti.

Avvicinandosi alla veranda, a Marie venne in mente che stava per varcare di sua spontanea volontà l'ingresso di un luogo che poteva essere veramente infestato. Sebbene si stesse rassegnando all'idea di ammettere che forse c'era davvero qualcosa di paranormale nel suo bed-and-breakfast, entrare di proposito in un posto che la stessa proprietaria aveva definito come “messo a soqquadro regolarmente molte volte a notte” era una faccenda completamente diversa.

Quando giunse sulla veranda, Marie rabbrividì. Era solo la sua immaginazione, o all'improvviso l'aria era diventata un po' più fredda?

Boo zampettò su per le scale e rimase in attesa davanti alla porta. Marie lo seguì e bussò, producendo un suono sordo e spaventoso. Si disse tuttavia che era la sua mente a essere sicuramente già tanto suggestionata da farglielo sembrare molto più terrificante di quanto non fosse in realtà.

La donna che le aprì la porta aveva un aspetto completamente opposto a quello della casa. Era una signora sui cinquant'anni, che indossava un abito estivo giallo chiaro. Aveva i capelli biondi, anche se aveva scelto di non darsi troppo la pena per nascondere quel po' d'argento che iniziava a colorarne le radici.

La donna esaminò Marie per un momento e aspettò qualche secondo prima di sorridere. A quanto pareva, anche lei era stranita quanto Marie dalla situazione.

“Lei è Marie Fortune, suppongo?” chiese.

“Sì, signora.”

“Piacere di conoscerla, Marie. Mi chiamo Anna Grace, sono la proprietaria del Bloom Gardens.” Abbassò poi lo sguardo, accorgendosi per la prima volta di Boo. “Oddio, e lui chi è?”

Boo sapeva riconoscere le lodi quando le riceveva, e immediatamente raggiunse i piedi della sua nuova amica. La signora Grace gli fece una grattatina sotto il mento e gli accarezzò la testa.

“Lui è Boo. E le sarei molto grata se potesse rimanere con me, se lei è d'accordo. È il mio aiutante.”

“Oh cielo,” esclamò la signora Grace. “Adoro i cani, e lui sembra davvero un tesoro, ma non ho mai permesso a nessun cane di entrare in casa mia.”

Marie sentì il cuore paralizzarsi. Ci mancava solo quello, aver fatto tutta quella strada fino a lì solo per scoprire di non avere il permesso di usare la sua arma segreta. Se a Boo non fosse stato consentito di rimanere al suo fianco, in breve tempo avrebbe fatto la figura dell'imbrogliona. Sentì accendersi una scintilla di panico, ma immaginò che poteva perlomeno tentare di convincere la signora Grace.

“Oh, capisco. Beh, vede, in un certo senso lui è parte integrante del mio lavoro. È un po' difficile da spiegare.” Ma ciò che davvero stava pensando era che se a Boo fosse stato vietato di entrare, tutto sarebbe crollato come un castello di carte e il giorno successivo avrebbe avuto la reputazione di una grossa ciarlatana.

“Suppongo che è addomesticato e non urina in casa?” domandò la signora Grace.

“Certo. È addestrato a lasciare peli in giro. E comunque, se vuole, posso passare l'aspirapolvere prima di andare via.”

La signora Grace si mise a riflettere ma aveva l’aria irritata. Osservò Boo, che sembrava essere consapevole di essere l'oggetto della conversazione. Sbuffò leggermente e annusò i piedi della signora Grace.

“D'accordo, ha il mio permesso,” concesse la signora Grace. “Ma la prego di tenerlo d'occhio.”

Marie provò subito una sensazione di sollievo ma cercò di far finta di niente, limitandosi a un semplice ma cortese: “Grazie.”

La signora Grace annuì. Si guardò intorno: il pomeriggio stava ormai cedendo il passo al crepuscolo. Anche se diversi giorni prima aveva acconsentito con Brendan a fissare l'appuntamento a quell'ora, ora ne sembrava quasi pentita. “Vi prego, entrate, tutti e due, vi faccio fare un giro della casa.”

La signora Grace fece strada, lasciandoli entrare. Appena Marie varcò la porta d'ingresso, ancora una volta le sembrò che il mondo fosse diventato, d'improvviso, un po' più freddo. Guardò in basso verso Boo per vedere se si comportasse in modo inusuale, ma non sembrava affatto turbato, tutt'altro: aveva invece l'aria entusiasta di poter esplorare una nuova casa.

“Non posso affermarlo con certezza,” disse la signora Grace, guidandoli verso il pittoresco atrio, “ma credo che ce ne siano due. Uno sembra amichevole, l'altro piuttosto cattivo.”

“Due…?”

“Fantasmi, cara.”

La signora andava dritto al sodo, pensò Marie. Non menava il can per l'aia, nessuno spettrale elefante nella stanza. C'era un che di confortante in quell'atteggiamento, ma anche di disarmante. Brendan avrebbe adorato questa signora, trovò.

Marie ascoltò attentamente, ma si prese anche il tempo di esaminare per bene il luogo. Le sembrò che, tutto sommato, avesse più cose in comune con June Manor di quanto avesse pensato. All'interno, aveva un'aria più maestosa, sebbene sempre spettrale. Era un edificio a due piani, ma risultava angusto come se si fosse trattato di un solo piano. Era una sensazione particolare. Il soffitto nell'atrio era alto almeno sei metri, e si abbassava, ma di pochissimo, mano a mano che si passava da una stanza all'altra. Sul pavimento dell'atrio erano disposte delle piastrelle che assicuravano una transizione elegante verso il corridoio, da cui si accedeva a diverse camere. Come a June Manor, la scala di accesso al secondo piano era una delle prime cose che si vedevano entrando in casa, poiché si trovava dirimpetto alla porta d'ingresso.

“Brendan le ha detto molto in merito alla casa?” domandò la signora Grace.

“Non molto,” rispose Marie. “Credo desiderasse che fosse lei a parlarne.”

La signora Grace li guidò in un piccolo soggiorno caratterizzato da un arredamento sontuoso e bellissimo. Marie si sedette su un piccolo divanetto mentre la signora Grace si accomodò su una poltrona reclinabile dall'aria davvero signorile.

“Va avanti da anni ormai,” iniziò a spiegare la signora Grace. “All'inizio, erano piccole cose. La saliera e lo spargipepe dall'angolo cottura si spostavano fino al lavandino della sala da bagno. I parasole della veranda posteriore si chiudevano appena li aprivo. La cosa che preferivo però era questa: ogni tanto, mentre ascoltavo Frank Sinatra sul mio altoparlante Bluetooth, la musica veniva interrotta dal sibilo di un'interferenza, dopodiché partivano i Beatles. Sempre la stessa canzone, Strawberry Fields Forever. Piccole cose così.”

“Poi però la situazione è peggiorata?” chiese Marie.

“Sì. All'incirca sei o sette mesi fa, ho avuto la sensazione che ne fosse arrivato un altro. Tutti quegli scherzetti di cui parlavo erano opera del primo fantasma. Sinceramente, non so nemmeno se i miei ospiti se ne siano mai davvero accorti. Alcuni mi hanno riferito di aver intravisto qualcosa con la coda dell'occhio, o mi hanno detto che alcuni loro effetti personali sembravano essere spariti, ma che poi erano riapparsi sul loro comodino poco prima del check-out. Ma poi quest'altro… è arrivata quest'altra presenza, ecco, e tutto è cambiato. Ad esempio, gli ospiti hanno iniziato a venire da me al mattino assicurandomi di aver visto una figura imponente ai piedi del letto. Una coppia della Virginia mi ha persino giurato che il loro letto era stato sollevato da qualcuno o qualcosa. Questi poveretti hanno lasciato l'hotel alle due di notte. Il marito era pallido come un cencio.”

“Lei ha mai visto di persona una di queste figure?” le domandò Marie.

“Credo di aver visto quella cattiva. Ho imparato ad accorgermi quando è presente nella stessa stanza dove mi trovo io, perché diventa dannatamente fredda. E quando le dico di andarsene, lo fa… ma con riluttanza. E quando se ne va, in un paio di occasioni mi è parso di vedere qualcosa muoversi, come un'ombra sfocata.”

“La casa ha qualche storia lugubre alle spalle?” chiese Marie.

“Sì, anche se ne sono venuta a conoscenza soltanto dopo averla acquistata, otto anni fa. Secondo alcuni rapporti di polizia c'è stato un caso di una donna che ha ucciso il marito, per legittima difesa. E gira anche voce che l'uomo che ha costruito la casa, il primo proprietario, immagino, si sia impiccato in veranda durante un temporale.”

Marie rabbrividì, ma fece del suo meglio perché l'altra non se ne accorgesse. Aveva una gran voglia di scappare ma, allo stesso tempo, si sentiva incollata al divano.

“C'è anche un'altra cosa,” aggiunse la signora Grace. “Mia madre asseriva che la casa in cui era cresciuta da ragazza fosse infestata da uno o due fantasmi. Lei è morta molti anni fa, ormai… e la casa alla fine è stata fatta demolire da una grossa società edilizia. Quando il signor Peck è venuto qui a esaminare il luogo, mi ha detto che cose del genere non sono inusuali, che esistono storie di fantasmi che restano attaccati alle stesse famiglie anche dopo che queste hanno traslocato in un'altra casa. Potrebbe trattarsi di uno di questi casi.”

“Capisco,” disse Marie. Ma non era affatto vero. Aveva soltanto sentito il bisogno di dire qualcosa per non far piombare la casa in una cappa di silenzio.

“Ad ogni modo,” proseguì la signora Grace, “se ha bisogno di me, sarò nella mia seconda casa. La maggior parte del tempo vivo qui, ma da quando si è manifestato quest‘altro fantasma trascorro sempre più tempo nel mio piccolo cottage fuori città.”

“Non rimane qui?” si stupì Marie. Le parve che il mondo le stesse crollando addosso in quel preciso istante.

“No, cara. Non che creda che qui dentro ci sia qualcosa che mi possa fare del male, ma preferisco comunque non essere nei paraggi mentre lei si adopera per disturbare i miei sgraditi ospiti. Mi spiace molto… Brendan non le aveva detto che non sarei rimasta?”

“No, non me ne ha fatto cenno.” Cercò di celare la sua irritazione, perché non provava nessun risentimento nei confronti della signora Grace. Ma di certo avrebbe avuto qualche paroletta da dire a Brendan, se mai lo avesse rivisto.

“Beh, mi spiace terribilmente, ma credo che potrebbe essere molto strano se rimanessi qui. Ho già preso impegni e preferirei non modificarli.”

“Ovviamente no,” assentì Marie. Il terrore la stava paralizzando. Trovò difficile persino pronunciare quelle due parole, che le uscirono con un tremolio infantile che sperava la signora Grace non avesse notato.

“Signorina Fortune, le auguro il massimo della fortuna,” disse la signora Grace, avviandosi verso la porta. “Per qualsiasi evenienza, il mio numero è sul frigorifero. Si serva pure se ha fame, mi raccomando.”

“Grazie. Sa, mi chiedevo se…”

“Oh, sono sicura che se la caverà alla grande. Grazie mille per il suo aiuto! Ci vediamo domattina.” Aprì la porta poi, come se avesse avuto un improvviso ripensamento, aggiunse: “Magari stia attenta alla prima camera del secondo piano. In genere è piuttosto… movimentata.”

“Cosa vuol d…”

La signora Grace se ne andò così rapidamente che il colpo d'aria provocato dalla chiusura della porta investì Marie in pieno. Nel vedere quella porta chiudersi alle spalle della signora Grace, Marie ebbe l'impressione che una lapide fosse stata piantata davanti a una tomba.

“D'accordo,” tentò di scuotersi, cercando lo sguardo di Boo. “Al lavoro, ragazzo. Togliamoci il pensiero, così ce ne potremo andare da qui.”

Boo la guardò con aria interrogativa, poi si voltò e iniziò a zampettare per tutta la casa come se avesse capito perfettamente. Marie esaminò con grande attenzione ogni angolo, ogni buco, ogni nascondiglio, ma nella mente, in realtà, stava abbozzando il testo di un messaggino malevolo da inviare appena possibile a Brendan Peck.

Boo, nel frattempo, esplorava la casa come se ne fosse il proprietario, prendendosi il tempo di fermarsi qua e là e di annusare ogni oggetto interessante. Marie lo seguì per un po' poi, quando fu chiaro che il cane non aveva bisogno del suo aiuto, raccolse tutto il coraggio possibile e iniziò a fare anche lei il suo giro della casa.

C'erano quattro camere al piano terra, tutte arredate essenzialmente nello stesso modo: letti matrimoniali con lenzuola dai colori tenui, tutti disposti su un grande tappeto decorativo che copriva circa metà del ben curato parquet della stanza. Visitò anche la camera della signora Grace, e poi quello che sembrava una sorta di studio, uno spazio comune in cui Marie immaginava che gli ospiti venissero a bere caffè o tè, a leggere un libro o a chiacchierare.

Salì poi al piano di sopra, dove c'erano altre due camere identiche a quelle del piano terra. Boo adesso la stava seguendo. Mentre Marie faceva strada, si ricordò dell'ultimo avvertimento della signora Grace: la prima stanza del piano di sopra era, aveva detto, particolarmente movimentata. Gettò solo una rapida occhiata nella camera. Ma quel brevissimo tempo le era bastato per percepire in modo molto netto che c'era qualcosa di strano lì dentro. Solo per un attimo, le sembrò di aver infilato la testa in un'antica voragine in cui l'uomo non aveva messo piede per secoli.

Quella sensazione però svani appena uscì dalla stanza. Mentre si calmava, notò che Boo invece era entrato e che sembrava essere interessato a qualcosa. Qualsiasi cosa fosse, attirò la sua attenzione solo per breve tempo, poi anche lui si girò e tornò in corridoio.

Alla fine del corridoio si trovava una camera più grande che serviva da stanza dei giochi. C'erano un biliardo e un tirassegno per le freccette, ma entrambi erano coperti. Una piccola libreria accoglieva anche una vasta selezione di giochi da tavolo. Dall'aspetto della stanza, Marie ebbe la sensazione che venisse utilizzata raramente.

Il giro continuò di nuovo al piano terra, per proseguire in cucina e poi fuori sulla grande veranda posteriore, che sembrava l'unico ambiente moderno di tutta la casa. Il legno fresco era un chiaro indizio del fatto che era stata ristrutturata o riparata di recente. La veranda affacciava su un vasto terreno che, bisognava ammetterlo, in quel momento, bagnato dalla luce del tramonto, era assolutamente splendido: erano quelli i giardini che davano il nome al bed-and-breakfast. Certo, non si poteva paragonare alla vista sul mare di cui si godeva dalla veranda di June Manor, ma possedeva comunque il suo fascino quieto.

Lasciata la veranda, Marie tornò nel piccolo soggiorno. Riaccomodatasi sul divanetto che aveva già occupato poco prima, cercò di rilassarsi. In fondo, forse si trattava solo di una grande messinscena, o qualcosa del genere. Forse la signora Grace aveva sentito parlare di ciò che era accaduto a June Manor e le stava facendo uno scherzo elaborato.

Eppure, mentre il pomeriggio cedeva definitivamente il passo al crepuscolo e il cortile diventava sempre più buio, Marie avvertì che quelle erano soltanto speranze, nient'altro che pie illusioni. Persino Boo sembrava essersi un po' innervosito, man mano che si avvicinava la notte.

“Va tutto bene, Boo,” cercò di rincuorarlo. “E mi spiace averti trascinato in questa situ…”

Fu interrotta da un rumore sordo proveniente dalla cucina. Marie e Boo voltarono subito la testa. Le spalle di Marie si irrigidirono e la coda di Boo si rizzò, rimanendo immobile. Marie si accorse di essersi alzata in piedi. Sapeva cosa stava per accadere. Fece del suo meglio per evitarlo ma, prima ancora di rendersene conto, stava correndo verso la porta.

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