Читать книгу Terre spettrali - Софи Лав - Страница 10
CAPITOLO SETTE
ОглавлениеMarie non si vergognò davvero per quell'urlo; l'unica cosa che la preoccupava era che il cuore potesse balzarle via dal petto, raggiungere l'auto e scappare lasciando il resto del corpo alle spalle, sgommando via sul vialetto.
Per la frazione di secondo in cui pensò di stare per morire, fu contenta che almeno sarebbe successo proprio lì, davanti alla casa di June. Sembrava stranamente appropriato.
Accettò in quel secondo la piega che avevano preso gli eventi. Qualcosa sembrava essere uscito da sottoterra per ghermirle la vita. Ma che cos'era? Un enorme pipistrello? Un gigantesco serpente bestiale? Uno strano mostro che aveva abitato il vecchio maniero spettrale insieme a zia June per anni e anni?
Quando fu chiaro che nessuno le avrebbe tagliato la gola e che la bestia che le si era buttata addosso non pesava poi un granché, Marie aprì gli occhi e fu salutata da un naso umido e da una lingua ancora più umida proprio sulla fronte.
Era un cane. Aveva la testa inclinata, e la guardava con sguardo d'attesa. Fu allora, vedendo quanto fosse innocente quel musetto, che Marie iniziò a sentirsi imbarazzata.
Il cane le si levò di dosso, consentendole di mettersi seduta. Quando Marie si alzò in piedi, spazzandosi via la polvere e lo sporco dal sedere, il cane avanzò di un passo verso di lei. Mentre le si avvicinava teneva la lingua penzolante e fiutava l'aria. Questo cane non assomigliava affatto agli esemplari con cui aveva avuto a che fare da Pampered Paws. Molta gente lo avrebbe definito un meticcio. Poteva indovinare l'incrocio di razze alla prima occhiata: il pelo nero era da Labrador, così come le zampe grandi e grosse. Nel muso aveva qualcosa del beagle, anche se dovevano esserci altre razze mescolate.
Ma la cosa più importante era che portava un collare, da cui ciondolava una targhetta.
“Sei un bravo cagnolino?” chiese Marie, accovacciandosi e allungando una mano verso il cane. Quello si avvicinò e gliela leccò rapidamente, come a volerle rispondere di sì, era proprio un bravo cagnolino. Sembrava quasi imbarazzato quanto lei per come era andato quel primo incontro. Era ormai abbastanza vicino perché Marie potesse vedere che era un maschio, anche se era stato sterilizzato.
Marie si chinò in avanti e gli diede una grattatina sulla testa. Controllò la targhetta e vide che vi era inciso il nome Boo.
Appropriato, pensò.
Girò la targhetta. La risata che le sfuggì fu così inaspettata che quasi si spaventò da sola.
Per Marie
SORPRESA!
“Me l'hai fatta,” disse Marie, guardando verso il cielo. “Bello scherzo, zia June.”
Il cane si guardò intorno quando Marie pronunciò il nome, forse cercando di capire dove fosse finita la sua vera padrona.
“Oh, mi spiace, amico. June non tornerà.”
Ovviamente, non pensava che il cane potesse capirla. Ma lui abbassò lievemente la coda e distolse lo sguardo. Marie rabbrividì, chiedendosi se fosse in casa quando June era morta. Forse l'aveva vista sulla sua sedia, immobile per un giorno o due?
“Proprio un bravo cagnolino,” fece lei, accarezzandogli la testa. “Sei stato lasciato insieme alla casa?”
In tutta risposta, Boo ansimò. Iniziava a sembrare un po' sovreccitato, con la coda che non smetteva di sventolare e le zampette che andavano avanti e indietro.
“E così ti chiami Boo?”
Continuava a scodinzolare. Ora sembrava quasi danzare, saltellando davanti a lei. Non era scattante come un cucciolo ma non era nemmeno letargico come un cane più anziano. Doveva avere tra i cinque e i sette anni, pensò Marie.
Boo si voltò a guardare la casa, poi rivolse lo sguardo di nuovo a Marie.
“Sei un cane da appartamento?” gli chiese Marie.
Scrutò i gradini del portico, chiedendosi se per caso ci fosse una ciotola che non aveva visto. Ma prima che potesse raggiungere i gradini, sentì il rumore di un'auto che accostava nel vialetto. Guardò in fondo al viale e vide una Cadillac Escalade che si fermava. Boo si mosse alle sue spalle e guardò il veicolo, in trepidante attesa.
L'Escalade parcheggiò accanto all'auto di Marie, e immediatamente una donna ne uscì. Doveva avere grosso modo l'età di Marie. La prima parola che a Marie venne in mente fu parrocchetto. Odiava giudicare male qualcuno alla prima impressione ma c'era qualcosa nel volto di quella donna che le ricordava un pappagallo. Forse era per via del naso un po' lungo e appuntito, o del modo in cui i suoi capelli corti si arricciavano bruscamente nella parte posteriore della testa.
Marie dovette soffocare una risatina quando la donna le si presentò.
“Buongiorno,” disse avvicinandosi. “Mi chiamo Stacy Hamlett. Detesto essere così diretta, ma ho appena parlato con il legale di sua zia e mi ha detto che l'avrei trovata qui.”
“Okay. A cosa devo il piacere?”
“Sono agente immobiliare, lavoro per la Coastal Gems. E so che ha appena partecipato alla veglia e che potrebbe sembrare un po' rude rivolgermi a lei così presto, ma le devo dire… questa casa è merce preziosa. Più presto agisce, più ne può guadagnare.”
“Sì, può sembrare rude,” concordò Marie seccamente.
“Posso tornare più tardi se desidera,” continuò Stacy, anche se era chiaro che l'idea non era di suo gradimento. “Posso capire che voglia farsi un'idea del posto. Lo ha mai frequentato?”
“Da ragazza, sì. È stato una specie di punto fermo per me, negli anni.”
“Ah, capisco,” disse Stacy in un tono che suggeriva che non capiva affatto. Frugò nella tasca interna della giacca e passò a Marie un biglietto da visita. “Se per qualche motivo non dovessimo più rivederci oggi, mi chiami pure quando è pronta a vendere.”
Marie prese il biglietto lentamente, ma le ultime parole che erano uscite dalla bocca dell'agente le fecero sussultare il cuore.
Quando è pronta a vendere…
“E se decidessi di non vendere?”
La domanda le uscì dalle labbra prima che il cervello avesse il tempo di elaborarla. Ma il fatto che quell'idea era stata ormai formulata forte e chiara, per giunta davanti a un testimone, le causò un moto di eccitazione.
Era evidente che Stacy Hamlett non se lo aspettava. Cercò le parole per un attimo, poi decise di dire: “Ah, quindi vorrebbe trasferirsi a Port Bliss?”
“Forse.”
Per qualche motivo, Stacy iniziava a ricordarle Deandra. C'era qualcosa nel modo in cui aveva provato a presentarsi, come se la sapesse più lunga di chiunque altro.
“Okay. Beh… ha considerato quanto costa mettere a posto una casa come questa? Già solo dal vialetto ho visto parecchi alberi morti nel cortile laterale e delle tegole allentate sul tetto. E so di certo che June aveva problemi con le tubature.”
“Se è così in cattivo stato, mi sembra strano che ci teniate così tanto ad acquistarla.”
Stacy sospirò e scrollò le spalle. A Marie venne in mente un parrocchetto che arruffa le piume. “Guardi, sarò onesta con lei. La casa ha un certo fascino, un'atmosfera un po' alla Stephen King. Sono sicura che lo sa già. Quindi, sì… come agente immobiliare, vedo questo posto e vedo un bel po' di guadagno. Non solo per la Coastal Gems, ma anche per lei. Se agisce immediatamente e lo mette sul mercato, parliamo di un guadagno sui…”
“Gradirei davvero che non mi si parlasse di soldi a così poco tempo dalla veglia di mia zia. E inoltre… sto pensando di tenermi la casa e magari convertirla in un bed-and-breakfast.”
Stacy sbarrò gli occhi e, quando riaprì la bocca, fu con lo stesso entusiasmo simulato di una nonna quando parla a una bambina prima di far apparire magicamente una moneta da dietro il suo orecchio.
“È una bella impresa,” esclamò Stacy. Il sorriso che sfoggiava fece pensare a Marie che in realtà trovasse l'idea ridicola; la risata che sembrava pronta a esplodere dietro quel sorriso, le fece pensare che Stacy la considerasse una perfetta idiota. “Certo, è un approccio molto comune per le vecchie tenute e case al mare di questa zona. Ma in genere si fa sotto lo sguardo attento di persone che hanno riconvertito e acquistato case per anni.”
“Grazie per gli avvertimenti,” tagliò corto Marie. “La chiamerò se avrò bisogno di lei.”
“Sì, certo, okay. Solo si ricordi di chi è venuto a cercarla per prima.”
Ora era il turno di Marie di sfoggiare una finta espressione allegra. “Oh, lo farò certamente. Grazie per essere passata, signorina Hamlett.”
Dopodiché voltò le spalle a Stacy e si diresse verso il portico. Boo la seguì, borbottando silenziosamente con brevi guaiti. Rimase lì sul portico per un momento, a guardare Stacy Hamlett entrare nella sua Escalade. Non era orgogliosa di quanto bene la facesse sentire l'espressione sconfitta che le si era dipinta sul volto.
Aggrottò le sopracciglia e si abbassò verso Boo. “Che str…ega, vero, amico?”
Boo scodinzolò e iniziò a zampettare verso il portone. Marie lo seguì, accorgendosi che aveva tenuto la sua Dipper stretta nella mano sinistra per tutto il tempo in cui aveva parlato con Stacy.
Entrò in casa appena dietro Boo e si guardò attorno con estrema lentezza. Attraversò la casa zigzagando fino a che raggiunse la porta del patio in cucina. Quando uscì, l'aria dell'oceano le fece venire la pelle d'oca. Chiuse gli occhi, inspirò, e quasi si mise a piangere.
Avanzò verso la ringhiera di legno e vi si appoggiò. Il patio si trovava a quasi tre metri da terra, ma per un momento le sembrò di volare. Guardò in direzione dell'oceano e vide che le onde non erano troppo forti. Il pomeriggio stava per arrivare e sapeva che la marea si sarebbe alzata, e l'acqua sarebbe quasi arrivata a lambire le piccole dune e l'erba sottile.
Rientrò in casa e trovò Boo che la aspettava. Sembrava eccitato per qualche motivo, forse un po' nervoso. Gli sfuggì un gemito sommesso, simile a quello che in genere i cani emettono quando devono uscire per fare i loro bisogni.
“Tutto bene, amico?” gli chiese. “Per caso devi uscire o…”
Fu interrotta da un sottile scricchiolio… e poi un altro. Il suono veniva dal piano di sopra e assomigliava spaventosamente a un rumore di passi.
“Lo hai sentito anche tu?” domandò a Boo.
Sperava che il cane l'avrebbe guardata con indifferenza, così avrebbe potuto mettersi l'animo in pace e dirsi che stava soltanto immaginando cose. Invece Boo aveva inclinato la testa e drizzato l'orecchio. C'era qualcosa che continuava ad agitarlo.
Sì, anche lui aveva sentito.
Marie non riusciva a decidere se questo la facesse sentire meglio o peggio. “Pensi che dovremmo andare a dare una controllata?”
Boo era già diretto verso il salotto, per raggiungere le scale. Sembrava eccitato per via di ciò che aveva sentito. “Va bene, d'accordo, fai strada tu,” disse Marie.
Marie e Boo salirono lentamente al piano di sopra, ma non trovarono nulla. Né spettri né fantasmi, nemmeno zone fredde o spifferi. Al contrario, esplorando le stanze non c'era nulla che li mettesse a disagio. Si chiese se non avessero reagito in modo sproporzionato a ciò che avevano sentito. La casa era vecchia, dopo tutto; probabilmente, doveva produrre ogni genere di scricchiolii e rumori di assestamento.
Marie si ricordò che June una volta le aveva detto che, se anche la casa fosse stata infestata, erano sicuramente fantasmi benevoli. “Mi sveglio felice e raggiante ogni mattina,” le aveva spiegato June. “Se i responsabili sono i fantasmi, allora sono lieta che vivano qui.”