Читать книгу Terre spettrali - Софи Лав - Страница 5

CAPITOLO DUE

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Marie rientrò a casa alle 17:15. Subito prese la bottiglia di cabernet dal piano cucina e la stappò. Si riempì un calice e si sedette sul divano. Dopo averne bevuto una prima lunga sorsata, inviò un messaggio a Chris e gli chiese se fosse libero per passare da lei. In realtà, non si aspettava che avrebbe accettato: ultimamente Chris era sommerso dal lavoro. Ma, poiché amava il suo lavoro, non gli importava di essere così carico.

Cavoli, quanto deve essere bello amare il proprio lavoro, pensò Marie.

Era piuttosto sicura che Chris sapesse quanto profondamente tenesse a lui. La cosa la spaventava, perché solo un'altra volta era stata innamorata, ed era finita male. Quindi, avere adesso una relazione con un uomo che riteneva potesse davvero essere “quello giusto” (e accidenti se detestava quell'espressione) era alquanto terrificante.

Però non sempre era spaventata, tutt'altro: a volte, quando stavano insieme, si sentiva come una scolaretta alla prima cotta. Si chiedeva se il motivo principale fosse che Chris, anche se andava verso i quarant’anni e li dimostrava tutti, aveva un che di tremendamente immaturo. Giocava a Fortnite tutto il tempo e non si perdeva una fiera del fumetto. Lei supponeva che questi hobby lo rendessero più bravo anche nel suo lavoro: concepire e programmare videogiochi per diverse società produttrici di app per il cellulare.

Era sempre stato il sostegno imprescindibile della sua vita in questi ultimi anni, oltre al lavoro. Prima di essere assunta a Pampered Paws, aveva fatto per diversi anni l'assistente veterinaria e Chris era stato al suo fianco quando tutto era crollato e lei aveva disperatamente bisogno di qualcuno a cui aggrapparsi. Era anche sempre disponibile per farsi due risate, baciava divinamente, e sembrava provare un piacere genuino nel cercare di renderla felice.

Chris rispose al suo messaggio con un'inusuale rapidità che la stupì. Aveva persino usato un paio di emoji e diversi punti esclamativi, cosa rarissima. A quanto pareva, era di buon umore: doveva aver avuto una giornata particolarmente positiva al lavoro.

In attesa che Chris arrivasse, Marie restò sul divano con il suo bicchiere di vino, e provò a non pensare ossessivamente all'unica cosa che le mancava del suo lavoro.

I soldi, chiaro e semplice.

In tutta onestà, non si poteva certo dire che Deandra la pagasse molto: poco più del minimo sindacale. Ma le mance spesso erano da capogiro. Certo, gli spilorci erano parecchi, ma in tanti amavano invece dilapidare il proprio denaro, come se volessero ricordare al resto del mondo quanto fossero superiori. Persino dopo la trattenuta del venti per cento su ogni mancia da parte di Deandra, a Marie restava un discreto gruzzolo di contanti da portare a casa ogni settimana.

Ma ora tutto questo era sparito. Provò a non sentirsi spaventata a morte, ma minuto dopo minuto l'inquietudine pareva crescere.

Andò in cucina e provò a imbastire una cena con ciò che aveva in dispensa, qualcosa che potesse preparare rapidamente. Chris aveva uno strano orario di lavoro e, di conseguenza, anche strani orari per i pasti, quindi Marie non sapeva mai se avesse fame. Decise di andare sul sicuro: mise a bollire dell'acqua per la pasta e versò del sugo in una padella. Tenne tutto sotto controllo mentre aspettava che arrivasse Chris, rimanendo accanto ai fornelli mentre scorreva il feed di Facebook. Una mescolata alla pasta, un sorso di vino, uno scroll su Facebook. Mescolata, sorso, scroll, ripeti.

Stava prestando solo superficialmente attenzione agli aggiornamenti degli stati e ai meme che scorrevano sul suo telefono. La sua mente era ancora occupata da quanto era successo poco prima. Era contenta di essersi sbarazzata del lavoro: sapere che non avrebbe mai più rivisto Deandra era una vera soddisfazione. Un'altra cosa che non le sarebbe mancata era dover ascoltare i clienti che le spiegavano quanto lungo, al centimetro, doveva essere il pelo del loro cane. Inoltre, il futuro incerto e un po' preoccupante a cui stava andando incontro le permetteva di ripensare a quei sogni che aveva deciso di accantonare.

Aveva desiderato possedere e gestire un bed-and-breakfast sin da quando aveva sette anni, quando aveva aperto nella sua cameretta il Big Bright Bed-and-Breakfast di Marie Fortune. Invitava i genitori e la sorella a soggiornare da lei, offrendo loro cibo giocattolo e finte tazze di tè, prima di proporre un'esaustiva visita guidata dei quattro angoli della stanza e dell'armadio. E quando i suoi "clienti" partivano, lasciava loro dei piccoli biglietti scritti a mano invitandoli a condividere i loro consigli e una recensione.

Crescendo, però, si era resa conto di quanto tempo e denaro fossero necessari per esaudire un sogno del genere, e i suoi genitori l'avevano spinta a cercare qualcosa di più promettente. Avevano osservato che ci aveva sempre saputo fare con gli animali e le avevano suggerito di fare una scuola di veterinaria. Non che l'idea la facesse impazzire, ma comunque aveva pensato che potesse essere una strada che l'avrebbe resa felice.

Aveva quindi iniziato l'università, ma persino allora il sogno iniziale del bed-and-breakfast le era rimasto nel cuore.

Era passato del tempo, e la cosa che più si avvicinava alla realizzazione di quel sogno era stata seguire programmi TV in cui degli esperti ristrutturano case.

Cosa mi è successo?

Prima che si perdesse nei meandri di quei pensieri deprimenti, qualcuno bussò alla porta.

Marie rispose subito e appena Chris varcò la porta lo abbracciò. Si baciarono languidamente per un bel po'. Quando lei staccò le labbra, Chris la guardò con un'espressione alquanto sorpresa.

“E buonasera anche a te,” disse.

“Scusa. È solo che… oh cavoli, ho avuto una giornataccia.”

“Non scusarti mai per essermi saltata addosso appena entrato,” commentò lui. “Anzi, se vuoi continuare…”

Fece un cenno oltre il soggiorno e la cucina, verso la camera da letto. Era difficile dirgli di no. Quel giorno era incredibilmente attraente. Marie pensò che dovesse aver avuto un appuntamento con un investitore, perché i capelli non erano il solito disastro e indossava anche una camicia e dei pantaloni eleganti color cachi, anziché i suoi soliti jeans laceri e la maglietta a maniche lunghe.

“Non c'è tempo,” rispose lei. “Ho preparato una cena davvero sofisticata.”

Chris sbirciò in cucina e vide che erano pronti gli spaghetti. “Nessuno dovrebbe mai rifiutare gli spaghetti,” commentò. La baciò sulla fronte e aggiunse: “Proprio una brutta giornata, vero?”

All'improvviso, non sapeva più se dovesse raccontargli cosa aveva fatto. Cosa avrebbe pensato? Era stata avventata? Forse un po' immatura?

“Piuttosto pesante, già.”

“Uhm. Già, che rottura.”

Non era una reazione profonda o particolarmente significativa per un uomo di trentasei anni, ma Chris sembrava eternamente stanco. Non dormiva quasi mai e le sporadiche volte in cui aveva passato la notte da Marie, le uniche cose che aveva scoperto di lui erano che russava incredibilmente forte e che al mattino, quando finiva di mangiare i cereali, abbandonava la ciotola con ancora il latte dentro sul lavandino, come una specie di barbaro.

Davvero una rottura, sì,” concordò lei.

“Mangiamo e mi racconti tutto?”

“Certo.”

Riempirono i piatti e mangiarono al tavolino nell'angolo pranzo tra il soggiorno e la cucina.

“Prima che ti racconti le mie personali pene dell'inferno, dimmi un po', com'è stata la tua giornata?” chiese Marie.

“Tutto a posto,” rispose Chris. “Sono tre settimane che lavoro da casa, davvero niente male.”

Ancora una volta, non era esattamente il tipo di linguaggio che ci si sarebbe aspettati da un uomo della sua età. Concepire e programmare giochi per cellulare in cui la gente doveva far saltare in aria auto o dare la caccia a monete d'oro fino allo sfinimento lo aveva probabilmente fatto regredire in ogni aspetto della sua vita.

“Su che gioco stai lavorando in questo periodo?” gli domandò Marie.

Come al solito, spiegò cosa stava facendo scendendo nei minimi dettagli. Adorava il suo lavoro; la passione con cui ne parlava era una delle cose che Marie amava di lui. Quando finì, le chiese della sua giornata. Ma sembrava quasi aver messo il pilota automatico.

“Oggi per me è stata una giornata strana,” cominciò a raccontare. “Dal nulla, mi sono messa a pensare a quando ero bambina, e a tutte le cose che volevo, sai? Ti ho mai parlato del Big Bright Bed-and-Breakfast di Marie? Era il mio sogno.”

“Pensavo volessi fare la veterinaria.”

“Quello era il sogno da adulta. Il sogno verso cui mi hanno spinta i miei genitori, in qualche modo. Il mio grande desiderio da bambina era questa cosa del bed-and-breakfast… Oh, Dio, Chris… Mi sono licenziata, oggi.”

Era fatta. Gettata lì, senza giri di parole, quasi dal nulla.

“Sul serio?”

“Già.” Si aspettava una ramanzina di qualche tipo, sul fatto che aveva quarant'anni ed era senza lavoro.

“Bene così,” commentò lui. “Quel posto fa schifo.”

Certo, a volte avrebbe voluto che non parlasse sempre come un ragazzino. Intuendo che non avrebbe aggiunto altro, continuò. “Lo so che dovrei essere spaventata. E lo sono… solo, non così tanto.”

“Già, certo,” disse Chris. Aspirò rumorosamente gli spaghetti e si avvicinò il cellulare.

“Come ti stavo dicendo, mi ha fatto pensare ai miei vecchi sogni. E questo mi ha portato a pensare a mio papà, a come l'ho perso… ed è lì, mi sa, che ho iniziato ad abbandonare i miei sogni. Ma non posso biasimare la mia famiglia, sai? E perché mai? Mio papà è morto e mia mamma era già scomparsa misteriosamente da qualche anno. Ho dovuto lasciare l'università e rilevare l'attività semi-disastrata di mio padre. Insomma, inutile piangersi addosso, no?”

Chris annuì, continuando a sbafarsi gli spaghetti. Sembrava molto distratto e, peggio ancora, persino a disagio, come se non volesse trovarsi lì in quel momento.

“Chris!”

“Cosa?”

“Ma mi stai almeno ascoltando?”

“Certo. Io…”

Il telefono vibrò: gli era arrivato un messaggio. Fece scivolare verso di sé il cellulare e iniziò a digitare una risposta. Doveva trattarsi di un affare di lavoro, immaginò Marie. Solo una volta lo aveva visto così distratto. Non le era piaciuto allora, e non prometteva affatto bene per il resto della loro serata.

Fu attraversata da un lieve fremito di rabbia, come se avesse iniziato a circolarle dentro del veleno. Ma si trattava di un veleno buono, come tracannare una Red Bull o essere tutti eccitati prima dell'uscita di un nuovo film della Marvel. La rabbia, come una specie di mostro furioso dai mille tentacoli, si irradiò in ogni suo singolo nervo. Non stava domandando a Chris di fare una conversazione profonda; voleva solo che le prestasse ascolto, aveva bisogno dell'attenzione dell'uomo che amava.

“Allora oggi,” continuò, “c'era questo golden retriever che mi ha mostrato un video in cui ha battuto Ninja a Fortnite.”

Chris finalmente alzò lo sguardo. Le sopracciglia aggrottate, aveva un'espressione piuttosto confusa. “Cos'è che hai detto?”

“Proprio così.” Marie portò il suo piatto al lavandino e si versò nuovamente del vino.

“Cosa c'è che non va, Marie?”

“Sono tre minuti che ti parlo e non ti sei nemmeno degnato di guardarmi fino a che non ho accennato a Fortnite.”

“Già… perché tu non parli mai di Fortnite.”

“Lo so. Sono una donna di trentanove anni. Perché mai dovrei?”

Lui sospirò, le diede un'occhiataccia e si alzò in piedi. “Devo andare in bagno.”

Devo scappare, questa conversazione è un campo minato, a Marie sembrò che volesse dire in realtà.

“Sai cosa?” gli urlò lei mentre lui percorreva il corridoio diretto verso il bagno. “Non ti avrei fatto nemmeno entrare nel Big Bright Bed-and-Breakfast di Marie!”

“Il… il cosa?” rispose.

“Il toast era un po' raffermo, ma il tè sapeva sempre di fiori!”

“Marie, va tutto bene? Se hai bisogno…”

“Ah, vai in bagno e basta!”

La porta del bagno si chiuse silenziosamente pochi secondi dopo: era davvero andato in bagno e basta. Marie si lasciò scappare una singola lacrima che subito asciugò.

Prima che avesse il tempo di riflettere sul suo bizzarro comportamento, il telefono di Chris vibrò di nuovo. Non esitò a prenderlo. Sullo schermo vide l'inizio del messaggio. Non proveniva da nessuno dei contatti salvati, ma il prefisso era quello locale. Questo fu ciò che Marie riuscì a leggere: Non starò sveglia tutta la notte, ma lascerò la porta aperta se tu…

Era tutto ciò che l'anteprima sullo schermo bloccato le consentiva di vedere. Ed era sufficiente. Il dolore immediatamente la travolse.

Incapace di resistere, Marie sbloccò il cellulare di Chris. Lo aveva visto digitare la password diverse volte e non ebbe problemi a ricordarsela. Andò direttamente al messaggio e vide che era solo l'ultimo di un lungo scambio. I messaggi erano brevi, ma raccontavano una storia ben dettagliata e molto esplicita.

Li stava ancora scorrendo quando Chris tornò al tavolo. Vide ciò che stava facendo Marie, e rimase in piedi anziché tornare a sedersi. Marie alzò lo sguardo verso di lui e dovette ricorrere a tutta la propria forza di volontà per non piangere.

Invece di scoppiare in lacrime, lanciò il telefono verso di lui facendolo atterrare rumorosamente sul suo lato del tavolo.

“Cos'è questa roba?” sbottò Marie.

“Perché stai leggendo i miei messaggi?”

“Perché una donna con un prefisso di qui dovrebbe lasciare la porta aperta per te stasera?” controbatté lei. “E, oltretutto, non solo stasera, ma per diverse volte nelle ultime settimane.”

Sapeva di essere stato smascherato. Glielo si poteva leggere in faccia, nel modo in cui i suoi occhi sembravano scandagliare l'appartamento alla ricerca di una via d'uscita.

“Marie… è solo… non è niente di serio.”

“Oh, a me sembra qualcosa di molto serio. Forse emotivamente no, ma fisicamente decisamente sì. Di chi si tratta?”

“Una tipa della compagnia di giochi che abbiamo rilevato il mese scorso.”

“E avevi intenzione di dirmelo, prima o poi, o me lo avresti tenuto nascosto?”

Chris portò il suo piatto al lavandino, poi la squadrò. Prese una postura rigida e un tono autoritario.

“Non vedo questo gran problema.”

“Cosa? Mi prendi in giro?”

“Marie… i tempi cambiano. Abbiamo quasi quarant'anni. Le relazioni al giorno d'oggi sono diverse, sai? Non vedo il problema. Che male c'è ad avere due ragazze?”

“Questa è la cosa più stupida che abbia sentito oggi. E, credimi, ne sento di cose stupide al lavoro.”

“Ma lei…”

“Vai via, Chris.”

“Marie, ascoltami.”

“Oh, l'ho fatto. E ho sentito abbastanza. Ora vattene!”

Avrebbe voluto dire un milione di cose, ma le lasciò tutte da parte. Chris aveva già raggiunto la porta prima che Marie potesse anche solo pensare di dire qualcosa su quanto stava accadendo. Sembrava proprio che lui volesse andare via.

Fu in gran silenzio che chiuse la porta, ma per Marie fu come se l'avesse sbattuta.

Rimase per un momento a fissare la porta, combattendo contro le lacrime, domandandosi se quella pessima giornata potesse addirittura peggiorare.

Non appena elaborò quel pensiero, squillò il telefono.

Era un numero sconosciuto, e il prefisso non era nemmeno quello locale. Rispose, aspettandosi che avessero semplicemente sbagliato.

“Pronto?”

“Buonasera. Parlo con Marie Fortune?” Era una voce maschile, austera, dal tono ufficiale.

“Sono io.”

“Signorina Fortune, sono il vicesceriffo Miles della polizia della contea di Winscott.” Il suo tono era secco ma anche un po' esitante. Era strano, perché le sembrava di riconoscere che tipo di chiamata fosse, ma non aveva familiari in quella zona.

A meno che…

Il cuore le si fermò un istante, in attesa della conferma.

“Mi spiace comunicarle che sua zia June è venuta a mancare.”

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