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Gabrielle

Udii le prime note del pianoforte e lentamente feci scorrere le mani lungo i fianchi del vestito di seta, azzurro come i miei occhi. Rod, il pianista, introdusse Have I told You Lately, scritta dal suo omonimo Rod Stewart, così io mi avvicinai al microfono per cominciare a cantare. Non potevo immaginare che i versi di quella bellissima canzone potessero riflettere subito i miei sentimenti.

Mentre gli accordi risuonavano, riuscivo a sentire il brusio del Richmont, un esclusivo ristorante a cinque stelle situato nella ricca zona di Raleigh, nella Carolina del Nord. Quel posto elegante era frequentato da personalità dei ranghi più elevati: uomini d’affari di successo, politici, celebrità, e tutti coloro che potevano permettersi una cena da quattrocento dollari. Ovviamente, non era il mio caso, sebbene Louie Richmont, il proprietario, mi pagasse profumatamente per tre spettacoli a settimana.

Ero stata assunta appena tre mesi prima, ma già conoscevo la maggior parte degli habitué. Louie insisteva che, al termine di ogni spettacolo, passassi tra i tavoli a ricevere i complimenti per la mia esibizione sul palco e pretendeva che intrattenessi i clienti, facendoli sentire a proprio agio. Tutto ciò mi faceva riflettere sull’enorme differenza che c’era con la vita che conducevo prima, molto lontano da lì, a New York, dove cantavo in uno di quei bar rumorosi e pieni di fumo che si trovava in una delle zone peggiori della città. Dimenticatelo, Gabby. Questa storia te la sei lasciata alle spalle, pensai tra me e me, cercando di non rievocare tutte le sconfitte e i dolori che avevo dovuto subire negli ultimi anni. Ero lì per ricominciare ed era ciò che avrei fatto, ripartendo dalla mia carriera.

Dopo qualche istante, Rod suonò la battuta d’entrata e cominciai a mormorare le prime parole. Gradualmente, come sempre, il chiacchiericcio diminuì e l’attenzione si rivolse sul palco.

Have I told you lately that I love you?

Have I told you there`s no one else above you?

You fill my heart with gladness, take away all my sadness,

Ease my troubles, that's what you do.

La seconda strofa continuò immersa in un silenzio profondo, persino lo struscio del vestito di seta si fermò, così che le note del piano potessero fluire chiare e limpide in tutta la stanza con un’acustica eccellente, una cosa di cui Louie andava molto fiero.

Con gli occhi chiusi e immersa nella canzone, mi lasciai trasportare dalle dolci parole d’amore. Il palco era l’unico posto in cui concedevo a me stessa di provare passione da quando la vita mi aveva dimostrato innumerevoli volte che non potevo fidarmi di nessuno se non di me stessa.

Non più, almeno.

Su quel palco, non ero più la ragazza sognatrice, scappata da quell’incubo che era la sua vita a New York. Là, indossando quel bellissimo vestito e cantando a una platea di persone rispettabili e di successo, ero qualcuno da ammirare, anche se solo per la mia voce, dato che non sarei mai stata allo stesso livello di coloro che si trovavano lì.

Mormorai le ultime parole e, mentre il pianoforte di Rod suonava le ultime note della melodia, aprii gli occhi, ancora commossa dall’intensità della canzone. La mia attenzione si concentrò sull’entrata del ristorante. In piedi, con i corti capelli neri e con indosso un completo a tre pezzi, probabilmente fatto su misura, che gli donava un aspetto forte e ricco, c’era l’uomo più affascinante che avessi visto in vita mia. Nel momento in cui i nostri occhi si incontrarono, seppi che non sarei più stata la stessa.

La Scelta Perfetta

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