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CAPITOLO SEI

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Di buon’ora il mattino seguente, Keira ricevette una chiamata dalla scorbutica agente immobiliare che l’informava che i documenti da firmare erano pronti. Sollevata, la ragazza si diresse verso il suo ufficio e scrisse il proprio nome sul contratto d’affitto, prima di correre all’aeroporto.

Era talmente stordita da quell’accumulo di impegni, che solo una volta che si fu lasciata cadere sul sedile dell’aeroplano si rese pienamente conto di dove fosse e che cosa stava facendo. Almeno ormai a quel punto le era familiare, stare su un aereo. Non era più spaventoso come era stato all’inizio. Per la prima volta, Keira si sentì molto più positiva per il futuro.

Purtroppo non poté fare a meno di pensare che l’ultima volta che era stata a bordo di un aereo, Cristiano era stato nel sedile accanto a lei. Riusciva ancora a ricordare l’eccitazione che aveva provato mentre si avvicinavano a New York, e il modo in cui aveva sgranato gli occhi alla vista del milione di luci al di sotto. Ma ormai era tutto finito. Le rimanevano solo i ricordi. E per la prima volta da quando aveva messo fine alla loro storia, il pensiero di lui non la ferì più. Le spine acuminate che lo circondavano erano finalmente svanite.

Pensò al messaggio della nuova ragazza di Cristiano, su cui aveva tanto rimuginato. Si sentiva così stupida ad essersi arrabbiata in quella maniera solo perché si stava vedendo con un’altra. Ovviamente non significava che la loro relazione fosse stata irrilevante per lui, significava solo che stava voltando pagina.

L’aereo si alzò in cielo, e la sensazione del decollo le ribaltò lo stomaco. Tuttavia essere così in alto sopra al mondo la fece sentire libera, audace e indipendente. Sorrise tra sé e sé e cercò i dettagli della crociera che avrebbe intrapreso di lì a poco nel suo bagaglio a mano.

Quella volta Heather aveva superato se stessa. L’itinerario era laminato. Probabilmente nel tentativo di combattere la tendenza di Keira di versarci sopra il caffè e di farlo cadere giù dalle gondole e dentro i canali. Heather aveva persino rilegato le pagine. Le fece pensare a qualcosa che lei avrebbe prodotto ai tempi del college, e sogghignò tra sé e sé.

Sfogliò rapidamente le pagine dei contatti telefonici importanti, notando con un sorriso sardonico lo spazio vuoto al posto occupato normalmente dal nome e dal numero della guida turistica, e passò subito ai dettagli più succulenti del viaggio. Quasi non aveva avuto tempo di riflettere sul fatto che sarebbe andata in crociera, che sarebbe stata su una grande nave in mezzo al mare aperto. Era un’esperienza tutta nuova per lei. Le balzò in gola il cuore per l’anticipazione. Studiò la lista dei luoghi che avrebbe visitato: Copenaghen, in Danimarca. Helsinki, in Finlandia. Stoccolma, in Svezia.

Heather non era tipa da aggiungere orpelli e non c’erano foto a stimolare ulteriormente l’appetito di Keira (è troppo costoso stampare a colori, la voce della donna le risuonò nella mente) quindi prese il tablet dalla borsa e iniziò a fare ricerche online.

Le immagini che trovò le mozzarono il fiato. A differenza delle città europee che aveva visitato fino a quel momento, gli edifici nei paesi scandinavi avevano tutt’altra forma, a punta come le baite alpine. E c’erano enormi squarci rurali, magnifici alberi sempreverdi, laghi color blu profondo e montagne scoscese. Quasi non riuscì a star seduta per il resto del viaggio, avrebbe voluto arrivare subito a destinazione!

I sonnellini erano sempre un buon modo per passare il tempo, quindi Keira si accomodò nel suo sedile dell’aereo e si lasciò cullare nel sonno.

Sognò di essere in cima a una scogliera, a strapiombo sull’oceano, calmo e blu profondo. Tra le onde c’era un branco di delfini, che balzavano fuori dall’acqua e si tuffavano di nuovo. Li guardò, meravigliata, mentre saltavano in strane formazioni. Era quasi come se stessero ballando o stessero eseguendo una routine sincronizzata per lei. Come se stessero cercando di stupirla.

Ma poi notò qualcosa di strano nei delfini, nei loro musi. Anche da quella distanza, riusciva a distinguere le loro espressioni stranamente umane, e le diverse sfumature dei loro occhi. Uno aveva gli stessi penetranti occhi blu di Shane, e anche il suo sorriso sghembo. Un altro aveva profondi occhi color del cioccolato, e una dolcezza nell’espressione che le ricordò Cristiano. E un altro ancora aveva un’espressione sperduta, e un grande dispiacere e pentimento nello sguardo. Zachary.

Non appena ebbe notato quella somiglianza, le loro aggraziate acrobazie si trasformarono in qualcosa di diverso. Non più una routine coordinata, ma uno spettacolo aggressivo. Uno sfoggio di virilità. Il delfino Cristiano si gettò di testa verso Zachary, rompendogli il naso, o il muso, o come si chiamasse quella parte del corpo in un delfino. Poi Zachary lo colpì a sua volta, agitando la coda sia verso Cristiano che Shane. Il delfino Shane si alzò all’indietro sulla coda, agitando le grandi pinne come se fosse tutto uno scherzo. Poi si buttarono uno sull’altro, facendosi a brandelli mentre lei guardava inorridita, colorando di rosso le acque blu dell’oceano sotto i suoi occhi.

Cercò di gridare: “Smettetela! Non è una gara!” Ma la sua voce fu portata via dal vento.

Poi un nuovo pericolo catturò la sua attenzione. Diretta di gran carriera tra le onde, verso i delfini combattenti, c’era una enorme balena. Non sapeva chi fosse quell’animale, uno sconosciuto, ma si muoveva con risolutezza e una determinazione assassina. I suoi ex-delfini erano tanto impegnati ad attaccarsi l’un l’altro che non notarono nemmeno l’avvicinarsi della balena fino a quando non fu su di loro. In un enorme boccone, li mangiò tutti e tre. Poi svanì sotto le onde, creando un mulinello con il suo tuffo, lasciandosi dietro nient’altro che acqua insanguinata a dimostrazione che fosse mai successo qualcosa.

Keira si svegliò di colpo. Stava sudando, e aveva il collo bloccato in una posizione dolorosa. Se lo strofinò, riabituandosi alla luce della cabina, ai suoni e agli odori dell’aeroplano in volo attorno a lei: il fruscio dei pacchetti di patatine, le allegre chiacchiere dei vacanzieri emozionati, il ronzio dei potenti motori. Tornando alla fine in sé, Keira iniziò a ridacchiare.

Che strana, la sua mente! Trasformare in delfini i suoi ex… ma poi si chiese che cosa significasse la balena. Non un nuovo fidanzato, si disse. Non era nei piani, dopo tutto. Stabilì che la balena era il simbolo della sua carriera, del modo in cui avrebbe dato la priorità a se stessa e in cui avrebbe dimenticato i ex per poter eccellere. Non c’era nessuna relazione di ripiego all’orizzonte. Almeno, era quello il piano…

Una Amore Cosi’ Grande

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