Читать книгу Vicent Ferrer. Projecció europea d'un sant valencià - AA.VV - Страница 14

Оглавление

I Domenicani e lo studio

The Dominicans and the Study

Luciano Cinelli, O. P.

Pontificia Università Gregoriana

https://orcid.org/0000-0002-2518-9984

Riassunto: Il rapporto tra l’Ordine dei Predicatori, lo studio e il mondo dei libri è davvero fondamentale negli otto secoli di vita dei Domenicani. La prima legislazione dell’Ordine evidenzia un legame speciale tra questi: lo studio è lo strumento indispensabile per creare un virtuoso dinamismo fra predicazione e salvezza delle anime, fine ultimo della fondazione dell’Ordine. Nel 1257, Alessandro IV con la bolla Exultante spiritu frequenter concedeva facoltà all’Ordine domenicano di aprire studia generalia ovunque. Fra la fine del XIV secolo e l’inizio dell’età moderna, i famosi studia generalia domenicani crebbero numericamente: dai trenta dei primi anni del XIV secolo ai sessantatré agli inizi del XVI secolo. Vincenzo Ferrer fu un fermo assertore dell’importanza dello studio nella tradizione domenicana, così come si evince dal suo percorso formativo, dalla sua attività accademica e dalla sua produzione teologica nel particolare contesto della Provincia d’Aragona, alla quale apparteneva, tra lo scorcio del Trecento e gli inizi del Quattrocento.

Parole chiave: Predicatori, Studio, Capitoli generali, capitoli provinciali, Legislazione sugli studia, Vincenzo Ferrer.

Abstract: The relationship between the Order of the Preachers, the Studies and the world of books is very intense and decisive during the eight hundred years of the life of the Dominicans. The first legislation of the Order specified this vital link: The Studies are the instruments which create the genetic dynamism between preaching like intermediate purpose for Dominicans and the salus animarum as their supreme goal. In 1257, thanks to the bull Exultante spiritu frequenter of pope Alexander IV, the most important convents took on the role of theological faculties. Between the end of 14th century and the beginnings of the Modern Age, the famous Studia generalia of Dominicans increased from thirteen in 1300 to sixty-three in 1500. Vincent Ferrer was a clear assertor of the high relevance of the Studies in the Dominican tradition because of his education and above all his teaching and his theological elaboration in the particular context of the 15th century Dominican Province of Aragon.

Keywords: Preachers, Study, General Chapters, Provincial Chapters, Studia’s Legislation, Vincent Ferrer.

Ripercorrere lo straordinario rapporto fra l’Ordine dei Predicatori, lo studio e il mondo dei libri secondo coordinate diacroniche nei suoi ottocento anni di vita non è un’impresa facile, soprattutto nello spazio concesso al relatore di un convegno. L’arco cronologico al quale mi riferirò è compreso fra il 1220, anno di promulgazione delle prime Costituzioni dell’Ordine domenicano e gli inizi del XV secolo, momento in cui si colloca la nascita al Cielo di san Vincenzo Ferrer.

«Studium enim est ordinatum ad praedicationem; praedicatio ad animarum salutem, quae est ultimus finis» (Romanis 1889: 28). Così nell’Expositio super Constitutiones il beato Umberto di Romans (1200?-1277), quinto successore di san Domenico di Caleruega alla guida dell’Ordine dei Predicatori dal 1254 al 1263, ne sintetizzava la caratteristica principale, illustrata peraltro nel prologo delle Costituzioni: la predicazione come fine intermedio e la salvezza delle anime come fine ultimo. Lo studio, mezzo di realizzazione di questo dinamismo, si avvale dei libri, vere e proprie «armi» nelle mani dei Predicatori senza le quali nessun frate potrebbe affrontare con successo la predicazione o l’ascolto delle confessioni1. Per acquisire le competenze filosofiche e teologiche necessarie al fine di adempiere il loro ministero, i Predicatori si dotarono fin dai primordi di strumenti legislativi idonei a questo scopo, a partire dalle Costituzioni del 1220, in gran parte redatte dallo stesso Domenico - secondo quanto attestano alcuni testimoni al processo di canonizzazione del Santo castigliano - ed approvate nel 1228, sette anni dopo la sua morte. L’importanza dello studio nella formazione domenicana è evidente anche dall’evoluzione della legislazione in merito (Costituzioni, atti dei capitoli generali e provinciali): infatti, se nelle Costituzioni del 1220-1228 il tema era trattato alla fine della seconda distinzione, al numero 28 insieme a quello concernente il maestro degli studenti («de magistro studentium»), nella seconda redazione delle Costituzioni, che includeva gli esiti delle modifiche apportate durante i generalati di san Raimondo di Peñafort, terzo maestro dell’Ordine (1238-1240), e del beato Umberto di Romans, la normativa ampliata è compresa in un paragrafo, il quattordicesimo della seconda distinzione, dedicato ai destinatari di tale legislazione, i frati in formazione («de studentibus»). Ogni convento doveva istituire al suo interno una scuola o studium in cui studenti e professori erano totalmente dediti all’attività intellettuale, facilitata da una serie di dispense dalla regolare osservanza (recita dell’ufficio, questua, partecipazione ai capitoli conventuali, pratica del digiuno). Agli studenti più diligenti veniva assegnata una cella indipendente dal dormitorio, per continuare a studiare e a pregare anche di notte. Questa consuetudine era già osservata nel 1216 a S. Romano di Tolosa, come attesta Pietro Ferrandi nella biografia di san Domenico (Tugwell, 2015: 314-315 [25]). Proprio per rendere liberi i frati da incombenze amministrative e pratiche, secondo la testimonianza di Giovanni di Spagna al processo di canonizzazione, Domenico avrebbe pensato addirittura di affidarle ai frati conversi illitterati, sull’esempio dei boni homines di Grandmondt, i seguaci di Stefano di Muret (Walz, 1935: 144-145 [27]; Bériou-Hodel, 2019: 722-723). Nel corso del XIII secolo frequenti sono le disposizioni dei capitoli generali a tutela dei frati doctores responsabili dell’attività intellettuale nei conventi e nelle province, per renderli liberi di dedicarsi allo studio, affrancandoli da gravosi impegni materiali, soprattutto dalla carica di priore. Il ricorso all’istituto della dispensa in generale e per ragioni di studio in particolare fu una costante nella legislazione dell’Ordine fin dai primordi. I superiori potevano dispensare coloro che erano impegnati nello studio da ogni obbligo legato alla vita regolare: recita dell’Ufficio corale, partecipazione ai capitoli conventuali, ricerca di elemosine ed altri doveri legati alla professione religiosa. Sempre al fine di facilitare l’attività intellettuale dei più solerti nello studio, veniva loro concesso l’uso della cella, salvo a revocarlo qualora se ne dimostrassero indegni. Questo privilegio consentiva al frate meritevole di immergersi nella lettura, nella scrittura e nella preghiera fino a notte fonda. Nel 1414, il fiorentino Leonardo Dati (Kaeppeli, 1980: 73-77; Kaeppeli-Panella, 1993: 188; Orlandi, 1955: I, 151-152; II, 134-166), appena eletto al suprema carica dell’Ordine (1414-1425), concesse ai frati studenti bolognesi una serie di dispense, già in vigore presso il convento parigino di Saint-Jacques, tra cui quella dell’obbligo della compieta nei giorni festivi, dell’Ufficio notturno della Beata Vergine Maria e della ricreazione tre volte a settimana. Singolare, ma comprensibile se messa in rapporto con lo scopo per la quale fu concessa, è la disposizione secondo la quale il librario era tenuto ad aprire la biblioteca agli studenti secondo le loro necessità, dal momento che: «attinge l’acqua con il setaccio colui che presume di imparare senza libri» («quia aurit aquas cribro qui discere vult sine libro»2. Una cinquantina d’anni dopo, nel 1462, fu Corrado d’Asti (1462-1465), trentesimo maestro dell’Ordine, ad ampliare il numero delle dispense ai frati dello Studio bolognese, che passarono da sette a tredici, quasi il doppio3.

In vista della realizzazione del principale scopo dell’Ordine, la salvezza delle anime, in special modo la lotta all’eresia, per la formazione dei futuri predicatori la prima legislazione domenicana fu attenta anche a provvedere ogni convento non solo di un priore, ma anche di un professore - doctor o lector e, in seguito magister studentium - con il preciso compito di iniziare i confratelli allo studio della Bibbia, di impartire loro i primi rudimenti di teologia, nonché di verificare il progresso dei frati studenti negli studi e di curare la loro formazione nell’ars praedicandi e nella guida delle anime. Fin dal 1220, Parigi e Bologna, incipienti e già celebri sedi universitarie, furono le mete privilegiate dove i frati più capaci venivano inviati a studiare e dove fino al 1245, alternativamente, ogni anno i Predicatori celebrarono i capitoli generali. Fino al 1248 il convento parigino di Saint Jacques fu la sede dell’unico studio generale dell’Ordine, attivo già nel 1229. L’opzione preferenziale per le due indiscusse capitali culturali della Cristianità della prima metà del XIII secolo aveva in primo luogo lo scopo di assicurare ai frati un’elevata preparazione filosofica e teologica, che consentisse loro di adempiere nel miglior modo possibile l’importante compito di coadiutori dei vescovi. Tuttavia, non tutti gli studenti avevano il privilegio di recarsi a Parigi per attendere agli studi, ma solamente i più lodevoli, in grado di garantire il conseguimento dei titoli accademici nel più breve tempo possibile, con il conseguente inserimento «in medio Ecclesiae» come maestri in teologia, predicatori generali e, con il pontificato di Gregorio IX, come inquisitori, quando il delicato e fondamentale compito di combattere l’heretica pravitas venne sottratto alla competenza episcopale dalla Sede Apostolica, che l’avocò a sé. A partire dalla metà del Duecento, con il pontificato di Innocenzo IV, dalle fila dei Predicatori cominciarono ad uscire vescovi e cardinali, prima ed importante conferma dell’efficacia del sistema educativo domenicano, che sarebbe diventato ben presto un modello di riferimento anche per gli altri Ordini Mendicanti. In secondo luogo l’ambiente universitario, soprattutto quello parigino, si rivelò particolarmente fertile per il reclutamento di nuovi frati. Lo attesta l’aumento esponenziale dei membri del convento di S. Jacques nel primo decennio di vita dell’Ordine: se nel 1217 i frati a Parigi erano soltanto sette e una trentina nel 1219, nel 1223 divennero più di un centinaio. Fu anche per questo che nel 1234 il capitolo generale, tenutosi proprio a Parigi, stabilì che ogni provincia dell’Ordine non potesse inviare a Parigi più di tre frati (Reichert, 1898: 36). Nel 1246, constatando l’insufficiente risposta dell’ateneo parigino all’esigente richiesta dell’Ordine domenicano di avere un adeguato numero di lettori conventuali, il Capitolo generale di Parigi decise di fondare nelle province più grandi propri studia generalia: in Provenza, Montpellier; in Lombardia, Bologna; in Germania, Colonia e in Inghilterra, Oxford (Reichert, 1898: 34-35). Se i primi tre nuovi studi poterono essere attivi a partire dal 1248, Oxford solamente nel 1261 accettò di accogliere frati di altre province, a seguito della sanzione che il capitolo generale di quell’anno, celebrato a Barcellona, inflisse al provinciale inglese, Simon di Hinton, sollevato dalla carica, punito con il digiuno a pane e acqua per una settimana e inviato come lector presso lo studio di Colonia per sperimentare di persona la condizione del frate fuori provincia per motivi di studio. Nella seconda metà del XIII secolo, quindi, l’Ordine domenicano si dotò di una rete di studia, differenziati in base alla tappa della formazione intellettuale prevista dalla ratio studiorum, la cui stesura fu affidata dal capitolo generale di Valenciennes del 1259 (Reichert, 1898: 99ss) ad una commissione composta da Alberto Magno, Bonushomo di Bretagna († 1266), maestro a Parigi dal 1253 al 1255, Fiorentino di Hisdino, anche lui maestro a Parigi, Pietro di Tarantasia, in seguito papa Innocenzo V, e da Tommaso d’Aquino. Il 28 marzo 1257 Alessandro IV con la bolla Exultante spiritu frequenter (Quétif-Échard I, 1729: 333 [150]) riconobbe agli studia domenicani la facoltà di rilasciare l’idoneità all’insegnamento della teologia nei conventi e il privilegio di concedere la licentia docendi valida all’interno dell’Ordine, qualora in quel luogo non vi fosse una facoltà di teologia presso l’università locale. A partire da questa data, quindi, i conventi più importanti assunsero il ruolo di vere e proprie facoltà teologiche.

Non sempre, tuttavia, era facile aprire uno studio generale, come attesta il caso di quello che il capitolo generale dei definitori, riunitosi a Milano nel 1270 aveva deciso di aprire nella Provincia Romana, insieme ad un altro nella Provincia di Spagna, apportando a questo scopo una modifica alla Costituzioni vigenti. Per essere effettiva, ogni modifica alle Costituzioni doveva essere confermata da tre capitoli successivi, come del resto accade tuttora (Reichert, 1898: 153 [rr. 16-19]). Il successivo capitolo generale dei provinciali (Montepulciano, 1271) non ratificò la decisione precedente (Reichert, 1898). L’anno seguente i definitori al capitolo generale di Firenze reiterarono la proposta (Reichert, 1898: 164 [rr. 1-4]), confermata dal capitolo di Pest nel 1273 (Reichert, 1898: 167 [rr. 6-9]). Nel 1274, tuttavia i provinciali la respinsero nuovamente al capitolo generale di Lione (Reichert, 1898). Nel 1265, il capitolo della Provincia Romana celebrato ad Anagni aveva ingiunto a Tommaso d’Aquino di trasferirsi a Roma, molto probabilmente nel convento di S. Sabina, con l’incarico di fondarvi uno studio per la remissione dei suoi peccati («In remissionem peccatorum») (Kaeppeli-Dondaine, 1941: 32 [8-9]; Torrell, 2015: 190). La situazione dello studio nella Provincia Romana a metà del Duecento non doveva essere particolarmente fiorente, se i capitoli provinciali frequentemente ne deploravano il decadimento. Il capitolo provinciale tenutosi a Orvieto nel 1250, del resto, esortò i frati, soprattutto i più giovani, ad un maggiore ed alacre impegno negli studi, per poter contrastare gli eretici (Kaeppeli-Dondaine, 1941: 10 [rr. 21-24]). Il capitolo provinciale di Viterbo del 1264 (Kaeppeli-Dondaine, 1941: p. 29 [rr.14-21]) e quello di Lucca del 1267 (Kaeppeli-Dondaine, 1941: 33 [rr. 24-28]) intervennero ulteriormente sulla questione dell’attività, sollecitando nuovamente i frati studenti ad una maggiore diligenza nell’impegno intellettuale, evidentemente trascurato in quegli anni. Probabilmente è per questa ragione che Tommaso d’Aquino, a partire dal 1261, partecipò ai capitoli della Provincia Romana, alla quale apparteneva, come membro di diritto. Nel 1272 il capitolo provinciale di Firenze rese esecutiva la decisione del capitolo generale di quell’anno, celebrato nella stessa città, in merito all’apertura di uno studio generale sul territorio della Provincia Romana, a Napoli, affidandone l’incarico ancora una volta a Tommaso d’Aquino (Kaeppeli-Dondaine, 1941: 39 [rr. 28-29]). Le decisioni del capitolo generale del 1274, infine, non permisero concretamente l’apertura di uno studio generale della Provincia Romana, che quindi contava solamente studi conventuali a Lucca, a Firenze e a Siena.

Al capitolo generale di Oxford nel 1280 si fece un altro tentativo, che però venne bocciato al capitolo generale di Firenze l’anno successivo (Reichert, 1898: 208 [rr. 7-10]). Nel 1282, il capitolo generale di Vienna (Reichert, 1898: 217 [rr. 25-28])stabilì che ogni provincia, ad eccezione di quelle di Grecia e di Terrasanta, si dotasse di uno studium generale, provvedimento però respinto dal capitolo generale di Montepulciano nel 1283 (Reichert, 1898: 223 [rr. 4-7]), che ritornò alla proposta di tre anni prima, quella di istituire lo studio generale nelle sei province: Spagna, Provenza, Lombardia, Romana, Teutonia e Inghilterra. Il cambio di strategia si ebbe nel 1288, quando al capitolo generale di Lucca (Reichert, 1898: 244 [rr. 21-23])i definitori proposero l’apertura di uno studio generale nella provincia Romana, a Napoli, con l’appoggio del re di Sicilia, decisione recepita definitivamente nel 1290 dal capitolo di Ferrara (Reichert, 1898: 254 [rr. 30-33]). Con la nascita della Provincia del Regno, territorio staccato da quello della Provincia Romana, lo studio venne trasferito a Firenze. A Napoli ne venne istituito un altro al capitolo di Besançon nel 1303 (Reichert, 1898: 325 [rr. 1ss]), su istanza di re Carlo II d’Angiò.

Se gli studia generalia come anche gli studia artium erano funzionali alla formazione degli insegnanti delle scuole conventuali domenicane, le scholae, erano in realtà proprio queste ultime l’oggetto privilegiato della legislazione domenicana sullo studio. Nella scuola conventuale il magister studentium, che ne era il responsabile, doveva provvedere all’organizzazione delle dispute o di altri esercizi simili al momento del vespro o in altro momento consono. In questo nuovo contesto mutava anche il ruolo della cella che in ambito domenicano si trasformava da solitario riparo di ascendenza eremitica in un vero e proprio studio, dove il religioso approfondiva le proprie conoscenze e ne acquisiva di altre. Ogni domenicano non doveva dimenticare che, come attestano le antiche Costituzioni, era un vir evangelicus ad imitazione di san Domenico, intento sempre a parlare con Dio o di Dio. A questo scopo doveva intraprendere un esigente percorso di studio, regolato dalla ratio studiorum che conferma il ruolo portante della schola nella formazione intellettuale domenicana: dei circa ventiquattro provvedimenti varati dalla commissione nominata da Umberto di Romans, una ventina riguardavano le scuole conventuali. Si prevedevano pene per i frati che disattendevano alle lezioni; in occasione delle visite canoniche annuali, si stabiliva la verifica della preparazione di ciascun lettore conventuale; si vietava di portare in aula libri che non rientravano nei programmi di studio; ai lettori conventuali non in servizio fu ordinato di frequentare le lezioni e di partecipare alle dispute per essere al corrente delle questioni di attualità. In ogni convento si sarebbe dovuto preparare un frate repetitor incaricato di impartire quotidianamente le repetitiones di tutte le lezioni date nella scuola conventuale e ogni settimana quelle di tutte le questioni trattate nelle dispute. Infine, fu stabilito che fosse tenuta due volte a settimana la collatio scientifica, in cui i frati si esercitavano come confessori o come predicatori, dimostrando di saper maneggiare testi come la Summa de casibus.

I Predicatori fin dalle origini prestarono particolare attenzione alla qualità della schola conventuale non solo per garantire una buona formazione ai frati, ma anche per assicurare ai laici e ai chierici secolari interessati un insegnamento di alta qualità. Del resto, sia il papato sia i vescovi locali raccomandarono l’inserimento dei frati della nova religio sia per la loro attività di insegnamento sia per il loro servizio pastorale. I Predicatori insegnavano pubblicamente, non solo dal pulpito, ma anche nelle scuole. Ben presto divennero in Europa i professori di teologia per antonomasia, proprio grazie al ruolo svolto dalle loro scuole.

L’iter formativo prevedeva, dopo un triennio dedicato alla formazione spirituale e religiosa del novizio, l’inizio dello studentato con lo studio delle arti liberali, durante i quali i giovani frati apprendevano la logica e la retorica. Successivamente, venivano iniziati agli studia naturarum, cioè alla filosofia della natura. Fin dal 1220 le Costituzioni domenicane proibivano lo studio della filosofia: «In libris gentilium et philosophorum non studeant» (Vicaire 1937: 290; Thomas (1965): 361-362; Bériou-Hodel, 2019: 254), raccomandando esclusivamente quello della teologia. Questo divieto non fu mai abrogato almeno fino alla seconda metà del XIV secolo per cui, per l’erezione degli studia artium e degli studia naturarum, così come per la partecipazione dei frati ai corsi ivi impartiti, era sempre richiesta una speciale dispensa del Maestro dell’Ordine. Sempre per questa ragione i programmi degli studia artium e degli studia naturarum vennero inseriti gradualmente nel percorso formativo domenicano (la logica ebbe un suo spazio solo nel 1259, la filosofia qualche anno dopo e gli studia naturarum in tutte le province dell’Ordine solamente nel 1305).

In questo contesto è comunque attestata una certa osmosi tra gli studia conventuali e le facoltà delle arti, a cominciare dal corpo docente che frequentemente veniva a coincidere in entrambe le istituzioni.

Terminato lo studio delle arti liberali e della filosofia della natura, si accedeva al quadriennio di studi teologici, diviso in due bienni, di cui l’ultimo da frequentare presso uno studio generale.

Per tutto il XIII secolo i testi di riferimento furono la Bibbia e le Sentenze di Pietro Lombardo, che sarebbero state progressivamente sostituite dalle opere di Tommaso d’Aquino, soprattutto la Summa theologica. Ciò avvenne in via definitiva nel XVI secolo con il Concilio di Trento. La Sacra Scrittura fu affiancata per un certo periodo dalla Historia scolastica e dalle summae di Guglielmo Peyraud. Solitamente al baccelliere (sublector) e al cursor era affidata la didattica di questi testi, mentre il lettore aveva l’incarico degli approfondimenti. Il commento al testo del Lombardo si attuava attraverso il ricorso ai grandi commentatori scolastici, tra cui Alessandro di Hales, Bonaventura, Tommaso d’Aquino, Giovanni Duns Scoto e Guglielmo di Ockham e ai più autorevoli esponenti della grande tradizione patristica latina (Ambrogio, Girolamo, Agostino, Gregorio Magno) e greca, sebbene in traduzione latina. Alla fine del XIII secolo si possono distinguere tre tipologie di baccellieri: i biblici, incaricati di leggere la Bibbia; i sententiarii, in grado di commentare le Sentenze di Pietro Lombardo; i formati, chiamati a cimentarsi nelle disputationes. Normalmente con il conseguimento del titolo di baccelliere, il frate cominciava ad espletare il ministero di confessore o di predicatore, mentre i più meritevoli erano inviati presso uno studium solemne nella provincia di appartenenza o presso uno studio generale, dove affluivano i frati da tutte le province dell’Ordine.

Per chi continuava gli studi teologici dopo il conseguimento del baccellierato presso gli studi generali, il cursus terminava con l’esame (rigorosum) con cui si conseguiva la licentia ubique docendi, titolo abilitante per l’insegnamento della teologia in tutto l’orbe cattolico. L’esame verteva su due distinzioni tratte da due dei quattro libri del manuale del Lombardo (o il I e il III, o il II e il IV). Presso i Predicatori, solo una volta conseguito il titolo di «maestro in teologia», il frate poteva sostenere la disputa de quolibet, mentre alla disputa ordinaria erano ammessi indistintamente tutti i lettori. Superato l’esame, il candidato alla licentia doveva cimentarsi in un disputa pubblica, detta «vesperia», durante la quale doveva dimostrare di essere in grado di rispondere a domande di argomento biblico e teologico. Finalmente, il cursus di studi teologici si concludeva con il dies aulae o aulatio, il giorno della consegna delle insegne magistrali o dottorali e con il convito offerto dal neo-dottore.

Tra la fine del XIV e gli inizi del XVI secolo si assiste ad un incremento massiccio degli studia generalia domenicani in Europa, che passano da tredici nel 1300 alla cifra ragguardevole di sessantatré nel 1500, mantenendo comunque pressoché inalterata la tradizionale struttura istituzionale. Nei centri universitari italiani più rinomati, quali Bologna e Firenze, la teologia rimase appannaggio degli studia dei vari ordini religiosi o dei collegi affiliati, sebbene all’interno della facoltà delle arti l’università potesse attivare una «lectura theologica» a proprie spese.

Vincenzo Ferrer (Kaeppeli-Panella, 1993: 458-474; Hodel, 2008; Daileader, 2019), entrò nell’Ordine domenicano nel 1368 (Forcada, 1956: pp. 1-18). Due anni prima, nel 1366 (Robles Sierra, 1996: 129-130, 133) il Maestro dell’Ordine Simone di Langres (1352-1366), reiterando le disposizioni del suo predecessore Ugo di Vaucemain (1333-1341) in merito alla formazione dei lettori in filosofia e teologia, aveva varato i programmi per i collegi della Provincia di Aragona, alla quale apparteneva il Nostro. In esse veniva stabilito che gli studenti iscritti a tali collegi, una volta entrati nell’Ordine, avrebbero dovuto conoscere la grammatica latina, in modo da poter accedere, subito dopo la professione religiosa, agli studi di logica e successivamente a quelli di «filosofia naturale». Una volta acquisite queste conoscenze, i frati della Catalogna sarebbero poi passati a Lérida per attendere agli studi teologici. I migliori però erano inviati allo Studio di Barcellona, dove a poter insegnare con il titolo di «magistri sententiarum» (cioè abilitati a commentare le Sentenze di Pietro Lombardo) erano solo coloro che si erano formati presso lo Studio generale di Parigi. I frati di Aragona e di Navarra invece continuavano gli studi teologici a Saragozza. La sempre maggiore difficoltà di reclutare frati con una sufficiente pregressa conoscenza della lingua latina, atta all’accesso degli studi di logica, è evidente dal crescente numero di religiosi assegnati nei vari conventi per studiare grammatica, a partire dal 1350. Infatti nel triennio 1351-1353 gli assegnati a studiare grammatica superavano quelli assegnati per lo studio della logica. Nel 1371 il capitolo della Provincia d’Aragona destinò uno studente su tre allo studio della grammatica. È opportuno a questo punto spendere qualche parola sulle scuole di grammatica istituite nei conventi domenicani della Penisola iberica. Un tratto distintivo della Provincia domenicana di Spagna, eretta nel 1221, fu proprio la costante preoccupazione dei capitoli provinciali di organizzare scuole di grammatica, ben documentate fin dal 1299. Al capitolo generale di Colonia (1301) vennero staccati da questa provincia i conventi della Catalogna, di Aragona, di Valenza, di Navarra e delle Isole Baleari (Reichert, 1898: ) La difficoltà di reperire professori di grammatica portò alla concessione per i frati assegnati a questo fine degli stessi privilegi riservati ai «doctores actu legens». A quanto pare, però, nemmeno questi vantaggi ebbero l’effetto di aumentare il personale docente. Il priore conventuale poteva ricorrere anche a personale esterno al convento o addirittura a secolari. Nel 1348 il capitolo generale di Lione (Reichert, 1899: 323) concedeva il ricorso a docenti secolari4. Il capitolo generale di Pamplona del 1355 reiterò questa disposizione5 (Reichert, 1899: 367). Nel 1405, tuttavia, la politica dell’Ordine su questo argomento mutò se il capitolo generale di Norimberga (Reichert, 1900: 119) stabiliva che ogni provincia provvedesse all’erezione di almeno uno studio di grammatica e il conferimento dell’insegnamento ad un maestro di grammatica, regolare o secolare che fosse6. Nel 1321 nella Provincia domenicana d’Aragonavenne proibito di accogliere nell’Ordine giovani sprovvisti di formazione grammaticale di base, senza permesso del priore provinciale (Robles Sierra, 1991: 145). Nei conventi catalani, sempre alla fine degli anni ‘20 del XIV secolo, si avvertì sempre più il bisogno dell’istruzione grammaticale per i giovani frati, ai quali venne imposto di rimanere nei conventi dove avevano ricevuto l’abito per attendere agli studi grammaticali. Riguardo all’insegnamento della grammatica, sappiamo che lo scopo da raggiungere era la padronanza della lingua latina, sia parlata, sia scritta attraverso il metodo della ripetizione pomeridiana, come illustra la disposizione di un capitolo provinciale del 1352 (Robles Sierra, 1994: 234)7. Del resto il capitolo generale celebrato a Besançon nel 1353 aveva ordinato che: «ad sacros ordines de cetero nemo promoveatur…nisi…ad minus in grammaticalibus sufficiens sit inventus» (Reichert, 1899: 350), ribadendo quando stabilito dai capitoli di Bordeaux del 1324 (Reichert, 1899: 153) e di Tolosa del 1328 (Reichert, 1899: 179).

Nel 1368 il capitolo provinciale di Tarragona assegnò san Vincenzo al convento di Barcellona per studiare logica (Gómez García, 1997: 260). Nelle province iberiche lo studio della logica fu istituito già nel 1250, anno in cui sono attestate ben due «studia logicales». Alla fine del XIII secolo nei conventi domenicani della Penisola sono attive ventuno scuole di grammatica e altrettante di logica. In linea con la tradizione dell’Ordine si distinguevano le scuole che impartivano l’insegnamento della logica vetus (Isagoge di Porfirio, Categorie e Perihermeneias di Aristotele, e il Liber sex principiorum) da quelle che garantivano l’insegnamento della logica nova (Analitici Primi e Secondi, Topici ed Elenchi sofistici, ai quali poi si aggiunsero i Tractatus di Pietro Ispano) e da quelle che avevano due docenti, uno per la logica vetus, l’altro per la logica nova e per i Tractatus di Pietro Ispano, la cui lettura era affidata solitamente ad un lettore della logica vetus. Per tutto il XIV secolo tuttavia, tranne poche eccezioni, l’insegnamento della logica fu affidato ad un solo frate lettore. Nei capitoli della Provincia d’Aragona del 1357 (Robles Sierra, 1995: 331) e del 1358 (Robles Sierra, 1995: 354-355) si stabilì che i «magistri logicorum» tenessero due lezioni al giorno, leggendo due testi della logica nova e tutta la logica vetus, Tractatus incluso. Contestualmente vennero obbligati a tenere la ripetizione pomeridiana e una disputa settimanale. Dal 1366 il lettore di logica rimaneva in carica per due anni. Nel 1369 il capitolo provinciale di Barcellona inviò san Vincenzo a Lérida per attendere agli studia naturarum (Gómez García, 1997: 372). Riguardo agli studia naturarum, cioè alle scuole di filosofia, nella Provincia di Spagna il primo studio venne istituito a Leon nel 1281 (Hernández, 1983: 36, 2.27.). Ne 1302, nella Provincia d’Aragona, su quindici conventi solo uno è sede di uno studium naturarum; due anni dopo se ne aggiunse un secondo (Robles Sierra, 1990: 243, 256, 266). Nel 1366 venne fissato a tre il numero delle scuole di filosofia nella medesima provincia, numero che però oscillò da cinque a sette. In genere nel XIV secolo, il numero delle scuole di logica nell’Ordine è sempre il doppio rispetto a quello delle scuole di filosofia e questo è motivato dall’orientamento dei vertici dell’Ordine di avviare alla logica i giovani sani e capaci. Terminati tali corsi, i frati destinati ad assumere incarichi all’interno dell’Ordine dovevano frequentare per un biennio gli studia theologiae per ascoltare le Sentenze ed acquisire familiarità con la disputa. Erano destinati agli studia naturarum, invece, i frati con buone conoscenze di logica, con la prospettiva di diventare maestri o lettori in conventi di spicco.

Nel 1303 nella Provincia d’Aragona si stabilì che si potesse accedere allo studio della filosofia, che era biennale, solo dopo aver letto logica (Robles Sierra, 1990: 257). Quali erano i programmi degli studi filosofici? Indicazioni importanti le ricaviamo a partire dal 1357 dagli atti capitolari della Provincia d’Aragona. Il maestro leggeva per un anno un libro principale (la Fisica e la Metafisica di Aristotele) e l’anno seguente altre opere dello Stagirita (Filosofia naturale). Anche la Provincia d’Aragona si attenne alle direttive generali dell’Ordine in merito al pericolo che lo studio della filosofia potesse distrarre da quello della teologia, come già ammoniva il capitolo generale di Montepellier nel 1271: «Monemus studentes quod studio philosophie minus intendant et in studio theologie se exerceant diligenter»(Reichert, 1898: 159).

Nel 1371, Vincenzo Ferrer fu inviato nuovamente a Lérida, questa volta ad insegnare logica dal capitolo provinciale di San Mateo (Gómez García, 2001: 211). A tal proposito si deve ricordare che il maestro dell’Ordine Ugo di Vaucemain, nelle sue ordinationes, prescriveva che il lettore in filosofia naturale doveva aver seguito i corsi di teologia in uno studio provinciale, oltre ad avere un’adeguata preparazione filosofica e logica. I capitoli generali degli inizi del XIV secolo intervennero sulla preparazione del lettore di logica che doveva aver atteso al corso biennale di logica nuova così come quello di filosofia, a differenza del lettore di filosofia che doveva aver letto le Sentenze o almeno aver seguito i corsi di teologia per due anni. Nel 1372 fu inviato presso lo studio generale di Barcellona dal capitolo provinciale, tenutosi in questa città per attendere agli studi biblici (Gómez García, 2001: 224), assegnazione poi confermata l’anno successivo dal capitolo provinciale di Cervera (Gómez García, 2001: 236). Nell’Ordine domenicano fu la provincia di Provenza ad aprire nel 1290 uno studium Biblie in due suoi conventi (Douais, 1894: 333). Il capitolo generale di Padova nel 1308 stabilì che in ogni provincia vi fosse un convento sede di uno studium Biblie (Reichert, 1899: 34). L’anno seguente il capitolo generale di Saragozza portò a due il numero del conventi sedi di studi biblici (Reichert, 1899: 38) e nel 1312, infine, il capitolo generale di Carcassonne stabilì che nessuno potesse essere inviato ad uno studio generale senza aver udito almeno per un anno la Bibbia biblice. Allo stesso tempo si prescriveva agli studia Biblie di procurare lettori di Sentenze, per garantire ai giovani ivi assegnati l’audientia queaestionum (Reichert, 1899: 56). Barcellona fu studio generale dell’Ordine almeno dalla fine del XIII secolo, come si è detto, il capitolo generale di Besaçon nel 1303 (Reichert, 1898: 325) ne confermò lo status giuridico. Nel 1376 il capitolo provinciale di Catalayud assegnò fra Vincenzo a Tolosa, dove effettivamente si trasferì all’inizio dell’anno accademico 1377-1378 (Gómez García, 2002: 351-352). Terminato il corso, rientrò a Valenza dove fu ordinato sacerdote e poco dopo eletto priore del convento. Il santo valenzano iniziò la sua attività di docente alla fine degli anni ‘70 del XIV secolo. Le città in cui esplicò questo incarico furono tre: Lérida, Barcellona e Valenza. Nel 1389 infine è attestato da un documento del 1 febbraio già come maestro in teologia (Teixidor, 1999: 111, 214; Forcada, 1956: 16). Si tratta della Sentencia sobre la cuarta en los derechos de funerales. La cronologia della formazione intellettuale di Vincenzo Ferrer, pertanto, è la seguente: nel 1357 prese la tonsura. Dieci anni dopo vestì l’abito domenicano (1367) e, al termine del noviziato, professò i voti religiosi nel 1368, anno in cui si può collocare il suo insegnamento di Logica a Valenza. Nel biennio 1368-1370 attese agli studi di logica tra Barcellona e Lérida. Negli anni 1370-1372 insegnò logica sempre a Lérida. Nel triennio 1372-1375 studiò la Bibbia e le Sentenze a Barcellona, dove insegnò fisica dal 1375 al 1376, anno in cui venne assegnato a Tolosa. Qui dal 1377 al 1378 proseguì gli studi teologici. Rientrato a Valenza alla fine del 1378 venne ordinato sacerdote. Poco dopo l’elezione a priore del convento di Valenza iniziò la stesura del trattato sullo scisma. Dal 1385 al 1391 le fonti lo attestano lettore di teologia alla Cattedrale della Seu di Valenza. Nel 1388 conseguì il magistero in teologia. La sua formazione quindi, avendo già effettuato studi precedenti al suo ingresso nell’Ordine, durò circa nove anni, a differenza dei 15 o 14 anni riservati a coloro che vestivano l’abito fra i 14 e i 15 anni.

Spero di aver illustrato sufficientemente l’importanza dello studio nell’Ordine dei Predicatori, a partire dalla copiosa legislazione pensata per la formazione di un buon frate predicatore, tenendo presente la situazione degli studi nella Provincia d’Aragona, della quale fu figlio san Vincenzo Ferrer. L’enfasi posta sull’attività intellettuale si riverberò sulla legislazione pensata per le biblioteche, strumenti privilegiati per fornire al fedele seguace di san Domenico quelle «armi» indispensabili per insegnare e difendere la verità e la dottrina: «Arma nostra sunt libri et sine libris nullus ad predicacionem vel confessionum audencia securus exoponatur»: senza i libri, nessun predicatore può con competenza predicare o confessare. E di questo fu certamente convinto assertore san Vincenzo Ferrer.

BIBLIOGRAFIA CITATA

Barone, Giulia (1978): «La legislazione sugli «studia» dei Predicatori e dei Minori», in Le scuole degli Ordini mendicanti (secoli XIII-XIV). Atti del XVII Convegno storico internazionale. Todi, 11-14 ottobre 1976, Spoleto, Centro italiano di Studi sull’Alto Medioevo, pp. 207-247.

Bériou, Nicole et Hodel, Bernard (2019): Saint Dominique de l’Ordre des frères prêcheurs. Témoignages écrits, Paris, Les Éditions du Cerf.

Brandmüller, Walter (1974): Das Konzil von Pavia-Siena 1423-1424, III, Münster, Aschendorff.

Daileader, Philip (2019): La vida i el món de Sant Vicent Ferrer, Valencia, Academia Valenciana de la Llengua.

Douais, Célestin ed. (1894): Acta Capitulorum Provincialium ordinis fratrum Praedicatorum: première province de Provence, province Romaine, province d’Espagne (1239-1302), I, Toulouse, Privat.

Duval, André (1967): «L’étude dans la législation religieuse de saint Dominique», in Mélanges offerts à M.-D. Chenu, Paris, Librairie Philosophique J. Vrin, pp. 221-247.

Forcada, Vicente (1956): Sabiduría teológica en la vida espiritual de Predicador según san Vicente Ferrer, Madrid, Pars Dissertationis ad lauream in Facultate S. Theologiae apud Pontificium Atheneaeum ‘Angelicum’ de Urbe, p. 1-18.

Gómez García, Vito Tomás (1997): «Actas de los Capítulos provinciales de la Provincia dominicana de Aragón pertenecientes a los años 1368, 1369 y 1370», Escritos del Vedat, 27, pp. 251-286.

Gómez García, Vito Tomás (2001): «Actas de los Capítulos provinciales de la Provincia dominicana de Aragón pertenecientes a los años 1371, 1372 y 1373», Escritos del Vedat, 31, pp. 199-242.

Gómez García, Vito Tomás (2002): «Actas de los Capítulos provinciales de la Provincia dominicana de Aragón pertenecientes a los años 1376, 1377, 1378 y 1379», Escritos del Vedat, 32, pp. 341-386.

Gómez García, Vito Tomás (2003): «Actas de los Capítulos provinciales de la Provincia dominicana de Aragón pertenecientes a los años 1381, 1387, y 1388», Escritos del Vedat, 33, pp. 389-430.

Gómez García, Vito Tomás (2004): «Actas de los Capítulos provinciales de la Provincia dominicana de Aragón pertenecientes a los años 1389, 1391, 1392, 1393 y 1394», Escritos del Vedat, 34, pp. 275-332.

Gómez García, Vito Tomás (2005): «Actas de los Capítulos provinciales de la Provincia dominicana de Aragón pertenecientes a los años 1395, 1396, 1397 y 1399», Escritos del Vedat, 35, pp. 305-360.

Hernández, Ramón (1983): «Pergaminos des Actas de los Capítulos Provinciales del siglo XIII de la Provincia Dominicana de España», Archivo Dominicano 4, p. 36, 2.27.

Hinnebusch, William, A. (1951): The early English friars Preachers, Romae, Ad S. Sabinae.

Hinnebusch, William, A. (1973): The History of the Dominican Order. Intellectual and Cultural Life to 1500, II, New York, Alba House.

Hodel, Paul-Bernard (2008): Le Tractatus de moderno ecclesie scismate de saint Vincent Ferrier (1380). Edition et étude, Fribourg, Academic Press.

Kaeppeli, Thomas - Dondaine, Antonio (eds.) (1941): Acta Capitulorum Provincialium Provinciae Romanae, Romae ad S. Sabinae, Apud Institutum Fratrum Praedicatorum.

Kaeppeli, Thomas (1970-1980): Scriptores Ordinis Praedicatorum Medii Ævi, I-III, Romae, Ad S. Sabinae.

Kaeppeli, Thomas - Panella, Emilio (1993): Scriptores Ordinis Praedicatorum Medii Ævi IV, Romae, Ad. S. Sabinae.

Maierù, Alfonso (1978): «Tecniche d’insegnamento», in Le scuole degli Ordini Mendicanti (secoli XIII-XIV). Atti del XVII Convegno storico internazionale, Todi, 11-14 ottobre 1976, Spoleto, Centro italiano di Studi sull’Alto Medioevo, pp. 307-352.

Maierù, Alfonso (1999): «Figure di docenti nelle scuole domenicane dalla Penisola iberica fra XIII e XIV secolo», in Le vocabulaire des écoles des Mendiants au moyen âge. Actes du colloque, Porto (Portugal), 11-12 octobre 1996, en Maria Cândida Pacheco (ed.), Turnhout Belgique, Brepols, pp. 45-88.

Maranesi, Pietro (2005): «La normativa degli Ordini mendicanti sui libri in convento», in Libri, biblioteche e letture dei frati Mendicanti (secoli XIII-XIV). Atti del XXXII Convegno internazionale. Assisi, 7-9 ottobre 2004, Spoleto, Fondazione Centro Italiano di Studi sull’Alto Medioevo, pp. 173-263.

Mortier, Daniel Antonin (1909): Histoire des Maîtres généreaux de l’Ordre des frères Prêcheurs, IV, Paris, Alphonse Picard et fils éditeurs.

Mulchahey, M. Michelle (1998): «First the Bow is Bent in Study», in Domincan Education before 1350, Toronto, Pontifical Institute of Medieval Studies.

Mulchahey, M. Michelle (2002): «The Rôle of conventual «Schola»«, in Studio e Studia: Le scuole degli Ordini mendicanti tra XIII e XIV secolo. Atti del XXIX Convegno internazionale. Assisi, 11-13 ottobre 2001, Spoleto, Centro italiano di Studi sull’Alto Medioevo, pp. 119-150.

Orlandi, Stefano (1955): «Necrologio» di S. Maria Novella, I-II, Firenze, Leo Olschki.

Piana, Celestino (1977): La Facoltà teologica dell’Università di Firenze, Grottaferrata, Ad Claras Aquas.

Quétif, Iacobus - Échard, Iacobus (1719): Scriptores Ordinis Praedicatorum, I, Lutetiae Parisiorum, J.B. Christophorum Ballard.

Reichert, Benedictus Maria (ed.) (1898): Acta capitulorum generalium Ordinis Praedicatorum, I: ab anno 1220 usque ad annum 1303, Romae-Stuttgardiae, Typ. Polyglotta S. C. De Propaganda Fide.

Reichert, Benedictus Maria (ed.) (1899): Acta capitulorum generalium Ordinis Praedicatorum, II: ab anno 1304 usque ad annum 1378, Romae, Typ. Polyglotta S. C. De Propaganda Fide.

Reichert, Benedictus Maria (ed.) (1900): Acta capitulorum generalium Ordinis Praedicatorum, III: ab anno 1380 usque ad annum 1498, Romae, Typ. Polyglotta S. C. De Propaganda Fide.

Robles Sierra, Adolfo (1990): «Actas de los Capítulos provinciales de la Provincia dominicana de Aragón, correspondientes a los años 1302, 1303, 1304 y 1307», Escritos del Vedat, 20, pp. 237-285.

Robles Sierra, Adolfo (1991): «Actas de los Capítulos provinciales de la Provincia dominicana de Aragón, correspondientes a los años 1310, 1312, 1314 y 1321», Escritos del Vedat, 21, pp. 105-154.

Robles Sierra, Adolfo (1992): «Actas de los Capítulos provinciales de la Provincia dominicana de Aragón de la Orden de Predicadores, correspondientes a los años 1327, 1328, 1329, 1330 y 1331, Escritos del Vedat, 22, pp. 131-178.

Robles Sierra, Adolfo (1993): «Actas de los Capítulos provinciales de la Provincia dominicana de Aragón de la Orden de Predicadores, correspondientes a los años 1345, 1347 1350 y 1351», Escritos del Vedat, 23, pp. 257-321.

Robles Sierra, Adolfo (1994): «Actas de los Capítulos provinciales de la Provincia dominicana de Aragón de la Orden de Predicadores, correspondientes a los años 1352, 1353, 1354 y 1355», Escritos del Vedat, 24, pp. 229-297.

Robles Sierra, Adolfo (1995): «Actas de los Capítulos provinciales de la Provincia dominicana de Aragón de la Orden de Predicadores, correspondientes a los años 1357 y 1358», Escritos del Vedat, 25, pp. 327-374.

Robles Sierra, Adolfo (1996): «Actas de los Capítulos provinciales de la Provincia dominicana de Aragón de la Orden de Predicadores, correspondientes a los años 1363, 1365, y 1366», Escritos del Vedat, 26, pp. 91-139.

Romanis (de), Humbertus (1889): Opera de vita regulari, a cura di Joachim Joseph Berthier, vol. II, Romae, Typis A. Befani.

Senner, Walter (2005): «Gli Studia generalia nell’Ordine dei Predicatori nel Duecento», Archivum Franciscanum Historicum, 98, pp. 151-175.

Teixidor, José (1999): Vida de san Vicente Ferrer, apóstol de Europa, ed. da Alfonso Esponera Cerdán, Valencia, Ajuntament de València, 2 voll.

Thomas, Antoninus Hendrik OP (ed) (1965): De Oudste Constituties van de Dominicanen: Voorgeschiedenis, Tekst, Bronnen, Ontstaan en Ontwikkeling (1215-1237), Louvain, Leuvense Universitaire.

Torrell, Jean-Pierre (20152): Initiation à saint Thomas d’Aquin, Paris, Les Éditions du Cerf.

Tugwell, Simon (ed.) (2015): Petri Ferrandi legenda sancti Dominici, Romae, Angelicum.

Vargas, Michael A. (2011): Taming a Brood of Vipers. Conflict and Change in Fourteenth-Century Dominican Convents, Leiden - Boston, Brill.

Vicaire, Marie-Humbert (1937): «Les institutions des Prêcheurs (1220 et 1221-27)», in Mandonnet, Pierre, Saint Dominique. L’idée, l’homme et l’oeuvre, II, Paris, Desclée de Brower et Cie, pp. 273-292.

Viti, Paolo (1987): «Dati, Leonardo», Dizionario Biografico degli Italiani 33, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, pp. 40-44.

Walz, Angelus (ed.) (1935): Acta canonizationis S. Dominici, Romae, Ad S. Sabinae.

1 «Item cum arma nostra sunt libri, et sine libris nullus ad predicacionem vel confessionum audiencia securus exponatur», cfr. Douais, 1894: 319.

2 Archivio di Stato di Milano, Fondo di religione, S. Maria delle Grazie, busta 1399: Diplomatico, (Bologna 1414, ottobre 26).

3 Archivio di Stato di Milano, Fondo di religione, S. Maria delle Grazie, busta 1399: Diplomatico, (Bologna 1462, settembre 30).

4 «mandamus prioribus provincialibus …, quod …provideant de studiis grammatice et musice …et provideant dictis studiis grammatice et musice fratribus ordinis vel secularibus, ad expensas conventuum, si fuerit opportunum».

5 «Et volumus et mandamus quod in singulis conventibus deputetur aliquis frater vel secularis, qui iuvenes in grammaticalibus instruat diligenter».

6 «Mandamus, quod in qualibet provincia seu nacione ad minus de uno studio et magistro gramatice, frate vel seculari, provideatur, sub quo fratres novicii et alii grammaticam discere possint iuxta formam traditam in iure: extra de statu monachorum».

7 «Magistri vero Gramatice declinationes et coniugationes fieri faciant, et proverbia, et alia puerorum rudimenta».

Vicent Ferrer. Projecció europea d'un sant valencià

Подняться наверх