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III.

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Ma studiando indefessamente, sin quasi ad ammalare di neurastenia, otto giorni dopo Gianni aveva imparato anche gli altri giochi d'ingegno e d'azzardo che appassionavano la signora Verbani, e s'era deliberato a questi termini: «O io rovinerò lei, o lei me; e verrà il giorno che, per rimorso, o per gratitudine, o per necessità, Claudia maledirà le carte e un prete benedirà il nostro amore.»

Con Luisella, la puledra, Gianni Limosa non sarebbe venuto mai a un tal patto:

«io accopperò te; o tu, me.»

Intanto gli amici vecchi e brontoloni, che dalle ville intorno si recavano dalla Verbani per le partite diurne e notturne, cedettero ogni primato al nuovo competitore e, invidiando, assistettero ai singolari certami per cui boni da cento lire sostituirono nelle poste quelli da dieci. Benevola, pur troppo, e d'accordo col proverbio (fortunato in amor....) la fortuna assisteva Gianni Limosa, a cui sarebbe parso meglio rovinarsi; poichè vincendo temeva guadagnarsi anche l'antipatia della signora. E alle occhiate di sfida e di corruccio sempre rispondeva con occhiate dimesse, a rassegnazione e a doglianza, come a ripetere: «Io v'amo!» Ella aveva talvolta sorrisi di scherno e lampi d'odio. Ma poscia la fortuna si stancò di favorire chi non la curava, anzi l'incolpava di danni; e Claudia vinse; vinse tanto, in poche settimane, che la somma, sebbene profusa in beneficenza, scandalizzò la compagnia e il mondo intorno.

Godeva Gianni di quelle voci avverse; ne accrebbe la gravità vendendo, quasi per bisogno, due cavalli; inoltre un giorno, senza bisogno, chiese quattrini in prestito a uno di quegli amici ostili. Repugnanza e rimorso non tardarono quindi ad abbattere la gentile colpevole, e le partite a scopa moderate a poche lire tornavano alla memoria di lei come, dopo il fallo, il bene della virtù perduta. Ah retrocedere! Ah limitarsi alle pure briscole!

Ma Gianni, ch'era sano, robusto e caparbio, procedeva nelle scope, e peggio.

— Quest'inverno vado a Montecarlo — le disse un giorno.

— Non voglio! — ella esclamò. — La roulette è stupida.

Ah sì? Egli tacque dicendo press'a poco con gli occhi:

«La roulette è stupida? E la briscola no? e il macao? e la scopa? e la bestia? e io? e voi? Non comprendete dunque il vostro lungo delitto? il mio lento suicidio? Non potremmo fare qualche altra cosa di meglio?»

Seguì un giorno nuvoloso; di un nuvolo coerente e indifferente, in quella tinta grigia, di latta, onde par greve sino la luce; e solo, a quando a quando, snebbiava un po' di pioggia; minuta, silente, inutile pioggia. Mortificate, le piante del giardino non muovevan foglia; senza tremito eran le frange degli abeti; senza voci gli alberi e il tetto; senza volo gli uccelli; senz'anima la vita; senza vita l'universo; senza l'universo.... Una giornata insomma o da briscola o da suicidio. Ebbene, chi lo crederebbe?...

Claudia mormorò:

— Non ho voglia di giocare, oggi!

E a Gianni, riavutosi dallo stordimento repentino, non parve vero d'esclamare:

— Facciamo qualche altra cosa!

— Chiacchieriamo.

Egli tacque.

— Non andate a Erba, quest'anno?

— No: Gringoire s'è azzoppato.

— E Luisella?

— Non è da corsa a galoppo: l'ho allevata al trotto; e non la sciuperò mai in un ippodromo.

— È buona..., lei?

— Oh sì!

— Senza vizi?

— Un tempo adombrava delle biciclette: adesso, più.

— Bella, è bella — dovè ammettere un po' a malincuore Claudia. Indi chiese: — Siete venuto qua con lei? con la charrette?

— Sì.

Che capriccio le veniva? Andò alla finestra; disse:

— Se non piovesse..., vorrei conoscere anch'io le virtù di Luisella.

— Facciamo una trottata! — gridò Gianni.

Il cielo, a sua consolazione, si rischiarava; non sgocciolava più.

— Posso fidarmi?

— Di Luisella? Garantisco!

— E di voi?

Da uomo leale Gianni tacque prima di portare una mano al petto; ma poi rispose: — Sì.

.... Andarono per la diritta via, che la puledra, con trotto uguale, ampio e sonante, sorpassava recando nella charrette il signore e la signora.

Provava questa il piacere d'un sollazzo fanciullesco e quegli d'un rapimento giocondo; e l'uno sussurrava e l'altra ascoltava vezzose apostrofi: — Biondina...; birichina...; capricciosa...; cattiva, etc.; — mentre l'aria, risentita dell'autunno e rinfrescata dalla recente pioggia, al veloce incontro suscitava nel loro sangue brividi di delizia.

— Yop! Via, Luisella!

Luisella volava.

— Mi comprendete, oggi? — chiese Gianni, a un punto, con nuova dolcezza.

E Claudia:

— Comprendo il piacere d'aver domato così bene questa bella bestia.

— Oh c'è una gioia più grande: domare un angelo!

— Difficile impresa per un uomo!

— No: per un asino come me, che ha soggezione di voi anche oggi!

Gianni s'adirava.

— Un altro non si sarebbe messo una mano al petto....

— E io, allora, non mi sarei fidata. Dunque, buono! e.... sperate. Da bravo! Dicono che Amore faccia miracoli.

Divina creatura! Quando parlava sul serio, non si poteva crederle; ma quando scherzava, persuadeva.

Rassegnato, tratto tratto Gianni si specchiava negli occhi di lei, ove gli pareva vedersi più vivo e più bello, o attendeva a vedere come l'aria lusingava que' fini capelli biondi. Intanto Amore preparava il miracolo.

Ecco: modestamente la signora, fra quelle carezze, e arditamente Luisella, guardavano innanzi per la strada diritta e libera, mentre Gianni guardava da un lato; e non si sa quale delle due prima, Claudia.... — oh Dio!...: una bici.... — vide; e Luisella, a tal vista — una bicicletta! — sbalzò, per voltare indietro...; voltò. Un indefinibile, duplice grido: l'urto della ruota a un paracarri: la fredda, rigida sensazione d'un istantaneo volo, d'un rapido rovescio, d'una botta tremenda a terra per cui l'anima s'insaccasse e profondasse nel corpo e il corpo si schiacciasse.... Tutto ciò in due secondi! La catastrofe d'un sogno mortale; la realtà d'un salto mortale!

Dal cielo in terra! Gesummaria, che disastro! In terra, fermi, inerti, tutti e due; anzi, tre, con la charrette senza stanghe.

.... Nè prima Gianni ebbe certezza di non essersi rotto nulla, che si vide appresso, morta, Claudia; vide quel della bicicletta accorrere a loro; vide già lontana lontana correr via, maledetta!, Luisella; poi non vide più che la signora, morta!

— Claudia! Claudia! — invocava disperato, anelante, bianco di terrore in faccia, e tutto inzaccherato. Ma il ciclista giungeva avvertendo: — Io medico! medico, io! —; e affannoso anche lui, colui s'inginocchiò a slacciare il busto della poverina e a richiamarla in vita; mentre Gianni, che non aveva mai vista una donna svenuta, si strappava i capelli e ripeteva: — Morta!

Ma ecco il miracolo: rinvenne: sospirò: emise un gemito lungo....

— Rotta! — fece lo straniero nel deporla con cura.

Gianni lamentava: — Claudia! Claudia! Ah sì! la poverina s'era rotto un braccio! Ora bisognerebbe descrivere l'animo di Limosa, in cui combattevano e si confondevano la voglia di ammazzare il ciclista a pugni, e dolore, amore, disperazione, speranza; bisognerebbe rappresentarlo nell'angosciosa attesa della carrozza mandata a prendere alla villa per un contadino; ma sarebbe cómpito arduo non meno che rintracciar le parole italiane, francesi, tedesche con cui quel medico straniero pregava la pericolata che facesse il piacere di ricuperare i sensi per non ismarrirli di nuovo, subito dopo. Tre volte ella tornò in sè a gemere, da sul cuscino, ch'era caduto con loro dalla charrette; finchè alla quarta rimase, più dolente e piangente, in vita.

Adagiatala, quando Dio volle, su la carrozza — poichè il forestiero raccomandava di portarla al luogo più vicino — la trasferirono senza scrupolo a Villa Limosa. Del resto, il medico ciclista la credeva moglie del signore. E con gran premura accertò Gianni che, fuori del braccio, votre femme non aveva patito danno notevole; e si compiacque a fare lui, benissimo, la fasciatura; e lasciò qualche consiglio pel collega italiano che arriverebbe dal paese; e dimandò, a solo compenso, la firma nell'album dei ricordi. Infine, lieto d'essere stato utile, saltò in bicicletta e buon viaggio! — Al diavolo!

Era a quel che aveva detto e a quel che si seppe poi, un medico di gran nome; il quale per provare i benefizi della ginnastica e per convincere della sentenza mens sana in corpore sano faceva il giro del mondo in bicicletta.

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