Читать книгу Novelle umoristiche - Albertazzi Adolfo - Страница 17
IV.
ОглавлениеImpazienza, ira e litigi promuovono le piccole sventure; non le grandi, le quali abbattono quanti ne sono colpiti in un pietoso filantropico accordo.
— Che volete farci? — mormorava la signora Clotilde dinanzi al terzo «servizio da caffè» e alla muta desolazione dei fidanzati. — Buon viso a cattiva fortuna, figlioli!
Disse finalmente Gustavo:
— Dimani bisognerà ridere; ingoiare la rabbia; fingere che niente sia; se no, ci metteranno su le ventole!
— Sarà bene avvertirli prima, gl'invitati, perchè si meraviglino meno — disse la Gigia, finalmente.
Non era possibile, infatti, nascondere i due primi servizi, il donatore e la donatrice essendo invitati alla colazione; e non volendosi sottrarre il terzo, quello dei colleghi, che appariva, al confronto, magnifico. Per suprema ironia era magnifico!
Nè il domani mattina alla funzione nuziale, in chiesa prima e dopo al municipio, fu alcuno che al vedere la sposa un po' turbata, un po' troppo smorta, non ne ammirasse la commozione del solenne ufficio che si compieva, il verginale panico per il solenne sacrificio a cui era condotta, il trepido cuore per l'amore che la beava: nessuno ci fu che pensasse a un estraneo disturbo di tanta felicità. La poverina aveva, insistente, la visione d'un collegio di chicchere vigilate da matrone, che erano le caffettiere e le zuccheriere. Quanto allo sposo, avanti di arrivare a casa, rivelò a un testimonio una sola causa di cruccio: l'ingratitudine del conte.
— Nemmeno un biglietto! E son dieci anni che lavoro per lui senza aumento di stipendio!
— Pensate — aggiungeva — che ogni volta che capitava in ufficio era sempre lì a dirmi: «Terpallino.... Gustavino....: quando la facciamo la corbelleria?»
— Dov'è adesso? — chiese uno.
— A Firenze col maestro di casa, che mi promise di rinfrescargli la memoria.... Ma sì!...
Esclamò uno dei testimoni, che era socialista: — Tutti uguali i nobili! — L'altro, moderato, tacque.
Avanti d'entrare in casa, Terpalli s'arrestò dicendo:
— Ora vedrete i tre «servizi»!
Tanta serenità e disinvoltura indussero tutti a ridere: anche la sposa e la mamma; anche gli invitati che attendevano, e quelli che sopraggiunsero; toltane, s'intende, la vecchia amica signora Tecla, a cui il suo servizio sembrava il più brutto dei tre, e s'arrovellava a valutare gli altri due.
— Che caso! — Oh che caso!
— Sono casi però che fanno rabbia — disse lo zio materno.
— Son brutti scherzi del destino! — esclamò un secondo. — Una cosa che non si crederebbe! — borbottava un terzo; di guisa che l'ilarità diveniva compianto sincero nell'attesa della colazione.
— A tavola! a tavola! — chiamò la mamma.
— Chi manca?
Mancava lo zio di Gustavo. Ma lindo, nitido, sorridente, senza peli, con una impressione di maschera benevola su la faccia tonda, eccolo, lo zio Tarabusi.
— Fortunato!... felice!... Stieno comodi — rispondeva alle presentazioni, dopo aver baciata su la fronte la sposa, la «cara figliola» — Oh caro: oh! carissimo! — diceva a quelli che conosceva. — Tanto, tanto piacere! — ripeteva alle nuove conoscenze.... Finchè diede una sbirciatina alla tavola dei regali. — To'! quante chicchere! Pare un reggimento di fanteria....
— Eh, zio: che ne dice? — Raccontavano la storia.
— Oh bella! bellissima!... Ma se io avessi potuto prevedere.... Oh senti — aggiunse con quella sua bocca melliflua, traendo a sè lo sposo. Quindi a bassa voce: — Sai? debbo partire...: alle dieci e trenta per Modena....
— Come?
Più piano:
— Eh!... Bella figura m'hai fatta fare!...
— Ma..., zio....
— Dovevi avvertirmi...; tuo dovere.... I confronti sono odiosi.
— Creda....
— Dovevi avvertirmi!
Ogni preghiera fu inutile. Tornò mellifluo tra gli altri.
— Dicevo qui, a Gustavo, che non posso trattenermi.... Mi scusino.... Debbo partire.... per Modena: alle dieci e trenta. Mi scuseranno tutti questi signori....
— Rimanga, zio!
— Resti, signor Tarabusi!
— Diavolo!..., signor Tarabusi!
.... — Non posso, davvero.... Sposina, i miei auguri!
— Due confetti, zio....
— Grazie....
— Il caffè, zio? Un goccio di caffè, almeno...? Offrire il caffè a lui (in quale delle chicchere?) sarebbe stato un grave insulto, se lo zio non avesse compatito il nipote come uno che avendo preso moglie aveva perduta la testa, e se Gustavo non si fosse corretto subito:
— Un cognac, almeno...?
— Bevo di rado cognac... Grazie.... Un'altra volta, caro. Addio! riverisco! addio! Stiano bene.... tutti! — E con un nuovo inchino e un: — Evviva gli sposi! — quel Tarabusi se ne andò.
.... La colazione nondimeno procedè benissimo. Vini e liquori dissiparono ogni ombra dall'anima della sposa, rapirono allo sposo il ricordo dello zio e dell'ingrato conte; avvivaron giocondità e malizia nelle giovani donne; suggerirono motti agli uomini, e bei racconti. Quando, d'improvviso, squillò il campanello. Chi mai?
Alla Gigia era sobbalzato il cuore. E Gustavo correva alla porta gridando:
— Il conte! — Un telegramma forse?..., o il regalo?... — Il conte!... — Il conte.... senza dubbio!
— Oooh!... — fecero tutti, vòlti al facchino dell'agenzia che veniva a deporre una cassetta.
— Viva il conte! — Su la cassetta era scritto fragile; la sposa vi teneva lo sguardo smorto.
— Presto! un martello, un coltello! — Con una lama da interporre alle assicelle del coperchio Gustavo tornò dalla cucina; mentre il testimone socialista gridava:
— Il primo aristocratico galantuomo che conosco!
— Oh ce ne sono! — ribatteva il testimone moderato. — E di cuore!
— Se vuol bene a Gustavo, Gustavo se lo merita: ecco tutto! — osservava un altro.
— Non dico; ma....
— Viva il conte! Viva il conte!
Crac fece l'assicella allo sforzo di Gustavo. Allora tutti tacquero, ansiosi, nell'attesa che la cassa fosse aperta interamente. Ma perchè la cugina aveva scambiato uno sguardo d'intelligenza col socialista, quasi a un vicendevole ridevole dubbio? Perchè lo zio paterno tabaccava adagio, quasi a togliersi d'imbarazzo? Perchè il testimonio moderato fumava in fretta guatando alle donne; e la mamma e l'amica Tecla tenevan gli occhi su la sposa come temessero d'uno svenimento? Quale idea uscita di mente alla sposa o dalla cassetta, e venuta in mente a tutti, accresceva l'ansia e dipingeva nel viso di chi più avrebbe dovuto esser felice il terrore d'un malefizio, e accendeva negli occhi degli altri una perfida speranza di lunghe risa? Gravava un destino assurdo o tremendo su quella cassa, su quelle anime?...
Lo sposo — crac — con l'angustia di quando, ancora in preda a un sogno funesto, si ricorre, nel destarsi, alla vita, sollevò del tutto il coperchio....