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CAPITOLO XXV

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Breve replicazione, con essempio, di quanto si è detto.

Credo per le suddette tariffe aver in modo tale dimostrato qual sia la forma, la lega o finezza, il peso, il numero ed il valore da osservarsi nel ridurre in monete l'argento e l'oro, che ciascuno potrá facilmente intendere l'ordine che si dovrá tenere nel far pagamenti di qualunque sorte. E per maggior chiarezza addurrò anco questo essempio. S'alcuno che si troverá debitore di scudi novantanove, che in tutto peseranno una libra, come nelle tariffe, valendo ciascuno lire otto imperiali, che fanno la somma di lire 792, nelli quali entrano once undeci di pur'oro, che vale lire 72 l'oncia, pagherá once 132 di argento di coppella coniato ed apprezzato lire 6 l'oncia; dico che non vi sará differenza alcuna. E quello c'ho detto degli scudi di peso, finezza e valore suddetto, il simile s'intenda degli altri contenuti nelle tariffe di minor peso e valore, percioché ritornerá il medesimo. È ben ragione osservare i patti tra i contraenti fatti, perché vi saranno alcuni che vorranno alle volte piú tosto monete d'oro che d'argento, solo per commoditá o del portarle o dello spenderle.

Sará anco lecito, com'è sempre stato alli banchieri ed altri, il cambiare le monete d'oro e d'argento d'una sorte in un'altra, e con quelli debiti laggi che si converranno i cambiatori con quelli che vorranno cambiare; ma ben si conoscerá e chiaramente si saprá che tanto di puro e di fino sará in real proporzione cosí nelle monete che si vorranno cambiare come in quelle che nel cambio si riceveranno, cioè da argento ad argento, da oro ad argento e da oro a oro, come di ciò apertamente nel capitolo XXIX tratterassi.

Economisti del cinque e seicento

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