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IX.

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Quanto diversa da quella di Francesco I, cui faceva capo così ricca fioritura d'arte geniale, la corte di Carlo VI! All'accesa fantasia d'uno dei più potenti coloritori dell'età nostra, essa riapparve nel giorno memorando, in cui la popolazione d'Anversa accolse festante l'Imperatore. Ma in quel quadro magistrale, che è tutta una festa di colori e di forme, Hans Makart non commemora Carlo V, ma scioglie un inno di gloria alle grazie femminili, all'eleganza del costume fiammingo! Per cogliere in qualche modo il carattere della corte imperiale non saprei immaginarmela che il giorno funesto, in cui il vincitore di Mühlberg, tristo e affranto dalla podagra, per sottrarsi alle insidie dell'elettor di Sassonia, lasciò improvvisamente Innsbruck, e traversata in lettiga, tra i rigori del verno, la Germania ribelle, raggiunse faticosamente le Fiandre. Nello scompigliato disordine di quella fuga precipitosa, noi possiamo raffigurarci quasi compendiate le trepidazioni, le ansie, i sospetti, che tormentarono, per lunghi anni, i ministri regi, i grandi prelati, i gentiluomini spagnuoli del séguito di Carlo V, nei disagiati viaggi ch'egli intraprese senza riposo da un capo all'altro del vasto Impero, per raffermare spesso una sovranità, che rafforzata oggi s'infiacchiva domani, e a cui le vittorie non giovavano meglio delle sconfitte. Tribù zingaresca di soldati feroci, di cortigiani servili, di frati fanatici, la corte di Carlo V finì per sdegnare le agiatezze della vita galante, il divino sorriso dell'arte. In essa si rispecchiò mirabilmente lo spirito d'una nazione, che alla gloria delle armi e al trionfo della fede sacrificava allora ogni altro ideale. E quale la corte tale il Principe. Di statura mediocre, pallido in volto, occhi insignificanti, naso aquilino, la sporgenza della mandibola inferiore e la prolissità del mento aggiungevano ai tratti della sua fisionomia una naturale severità. Di complessione robusta e fortificata da continui esercizi, Carlo V amava le armi, e i cimenti delle battaglie. Melanconico d'indole, modesto nei modi, e nelle vesti, parlava poco, e lentamente. Profondamente religioso, più tosto avaro che liberale, nemico d'ogni voluttà e d'ogni fasto, disamabile, talvolta vendicativo, egli ci apparisce quasi l'antitesi vivente dell'emulo suo. — Così la gigantesca lotta, combattutasi tra i due principi, potè sembrare ai contemporanei e a loro medesimi originata e nutrita in gran parte da odio personale, da rivalità dinastiche, da insaziata brama di gloria. Stipulato il trattato di Crepy, Carlo V fors'anche s'illuse d'aver finalmente in pugno la sospirata vittoria; ma i due campioni scesero, secondo noi, nel sepolcro nè vincitori nè vinti. La scomparsa dalla scena politica di Francesco I non impedì alla Francia di proteggere ancora i Principi protestanti della Germania, di coltivare in segreto l'alleanza coi Turchi; la soggezione miseranda d'Italia non disarmò i successori di Paolo III di quei sottili artifizi, coi quali fino allora aveano moderato la politica dell'Impero. Quante volte Carlo V, nella solitudine di San Giusto, non dovè ripensare alla fallacia delle previsioni umane, e se è vero ch'egli raramente ingannavasi nel pronosticare l'avvenire, come afferma Marino Cavalli, come tristi e sconsolati gli ultimi giorni della sua vita! Non l'alleanza col Pontefice, non il concilio di Trento, non l'umiliazione della Francia, non i roghi fumanti in tanta parte de' suoi dominii, non la rovina politica dell'Italia varranno a restaurare un passato senza ritorno, e tanto meno a fermare il corso del pensiero umano. — I vinti di Mühlberg, minacciosi ad Augusta, trionferanno a Münster in Westfalia, e prima che da per tutto si udrà dalla Francia, che lo spirito spagnuolo avea pure abbandonato al demone della tirannide religiosa, una voce di pace, promettitrice di libertà. Certo a Carlo V, non fu negato di assicurare per lunghi anni alla casa d'Absburgo e alla Spagna l'egemonia politica sull'Europa, non gli fu tolto di iniziare la restaurazione dell'edificio crollante del Cattolicismo; ma non era questo soltanto, signore e signori, il sogno luminoso della sua giovinezza.

La vita Italiana nel Cinquecento: Conferenze tenute a Firenze nel 1893

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