Читать книгу Insieme Per Trinity - Bella Settarra - Страница 11
ОглавлениеCapitolo Tre
Zia Sylvia chiamò un taxi per farsi portare con Trinity ad Almondine la mattina successiva.
“Tua zia non vedeva l'ora di passare un po' di tempo tra donne,” annunciò lo zio Frank mentre Trinity si sedeva per fare colazione. “Proprio non capisco perché a voi ragazze piaccia tanto lo shopping,” la prese in giro con un sorriso. “Hai dormito bene, dolcezza?”
“Sì, grazie, zio Frank.” Trinity sorrise. “Mi ero quasi dimenticata quanto fosse tranquillo e silenzioso questo posto. Potrei abituarmi.” Era rimasta sorpresa di quanto bene avesse dormito. Era la prima volta dall'incidente, avvenuto due mesi prima, che non passava la notte a rigirarsi tra le coperte. La stanzetta in cui aveva alloggiato al Fucsia Falls Hotel, nel Nebraska, era caldissima e il letto era il più scomodo sulla faccia della terra.
Lo zio Frank annuì. “Bene. Puoi rimanere tutto il tempo che vuoi.”
“Dovrò tornare in Nebraska, prima o poi,” rispose Trinity, dando un morso a un croissant. “Uhm, questi sono buonissimi.”
“Pensavo che lavorassi come freelance?” Zia Sylvia si accigliò. “Non puoi lavorare da qualsiasi luogo? Voglio dire, non so molto di queste cose, ma non fai tutto sul computer in questi giorni? Di sicuro, non devi essere per forza in Nebraska, no?”
“Penso che tua zia abbia intenzione di rapirti e tenerti qui per sempre,” disse lo zio con un sorriso complice. “Le piace avere un'altra donna in casa.”
“Sicuramente è un cambiamento rispetto a tutti i cowboy che si aggirano nei dintorni,” protestò zia Sylvia, scherzosamente. “Penso che un po' di compagnia femminile mi farà solo bene.” Strizzò l'occhio a Trinity, che ridacchiò.
“Non ti sei mai lamentata di quei cowboy,” la prese in giro lo zio Frank. “Sei praticamente una mamma per la maggior parte di quei ragazzi.”
Trinity si accigliò. “Di chi state parlando?”
“Beh, Aiden e Ben Fielding, tanto per cominciare.” Frank si rivolse alla nipote. “Forse ti ricordi di loro. Possiedono il ranch dall'altra parte della città.”
“Vagamente. Avevano anche una sorella, se ricordo bene. Josie, vero?” Trinity era contenta di ricordare con facilità tutte quelle cose nonostante non tornasse lì da un bel po' di tempo. Le sembrava in qualche modo più familiare.
"Sì, continuo a chiedere a Josie di portare qui il piccolo Curtis, ma è così impegnata che difficilmente riesco a vederli.” Zia Sylvia mise il broncio.
“Curtis?” Trinity si accigliò, cercando di associare un volto a quel nome.
Zia Sylvia sorrise. “Josie ha avuto un bambino. Dovrebbe avere quasi diciotto mesi. È bellissimo. E anche Aiden si è sposato. Sua moglie Maggie è meravigliosa. La adorerai.”
Frank annuì. “E, naturalmente, Cordell e Jarrod, che hai incontrato ieri sera. Potrebbero anche trasferirsi qui in pianta stabile, visto quanto tempo ci passano.” Finse di essere annoiato, ma zia Sylvia stava ridendo.
“Non mi dispiacerebbe affatto,” disse la donna. “Sono i benvenuti in qualsiasi momento. Gliel'ho detto. Valgono tanto oro quanto pesano.”
Trinity alzò lo sguardo sorpresa.
“Beh, devo ammettere che non so dove saremmo senza di loro,” concordò zio Frank, “specialmente quando quel dannato tubo dell'acqua si è rotto lo scorso inverno. Sono arrivati senza che chiedessi loro niente e se ne sono occupati da soli, nonostante lavorassero a tempo pieno al ranch. Hanno lavorato per un giorno intero, assicurandosi che avessimo un qualche tipo di riscaldamento e un posto asciutto dove dormire.”
“Solo perché ti sei rifiutato di trasferirti per un po',” gli ricordò zia Sylvia.
“Non volevo andarmene come se nulla fosse e lasciarli a sistemare il nostro macello,” rispose lo zio.
“Non gli sarebbe dispiaciuto.”
“Beh, ci siamo divertiti molto, no? Nonostante tutto il lavoro che dovevano fare, erano così allegri, sempre a fare battute e cose del genere. In loro compagnia sembrava di essere a una festa.” Ridacchiò, ricordando quel momento.
Zia Sylvia rise, scuotendo la testa. “Ammetto che è stato divertente.”
Trinity non disse nulla mentre gli zii continuavano a ricordare il giorno in cui i due cowboy li avevano aiutati a riparare la casa dopo che il tubo aveva allagato il piano terra.
“Quindi li conoscete bene?” chiese dopo un po'. Non sapeva perché, ma il pensiero che sua zia e suo zio andassero così d'accordo con i due uomini la irritava un po'. Sarei dovuta essere qui per aiutarli.
“Oh, sì, sono quasi parte della famiglia ormai. Non è vero, Frank?” Zia Sylvia sorrise.
Non era quello che Trinity voleva sentire.
“Si potrebbe dire così,” rispose lo zio Frank, accarezzando la mano di sua moglie.
Trinity perse improvvisamente l'appetito e si alzò. “Vado a prendere la borsa,” disse rivolta verso la zia. “Tra quanto arriverà il taxi?”
Zia Sylvia guardò l'orologio, sorpresa. “Dovrebbe arrivare da un momento all'altro,” rispose, alzandosi rapidamente.
“Mi occupo io di sparecchiare. Vai pure ad incipriare quel tuo bel nasino,” disse zio Frank, mentre Sylvia iniziava a impilare i piatti.
“Sei sicuro?”
“Ma certo. Vai pure. Non vorrai far aspettare il taxi.”
Trinity sorrise di fronte a quello scambio affettuoso. Erano ancora molto innamorati, si vedeva lontano un miglio, e lei desiderava avere una relazione come quella, un giorno. Non sarebbe successo presto, però, rifletté mentre saliva le scale. In passato aveva sognato un certo tipo di futuro con Kevin, ma quella barca era salpata molto prima che quel dannato tubo del gas esplodesse e reclamasse la sua vita.
* * * *
Almondine era più frenetica e molto più grande di quanto Trinity ricordasse. Zia Sylvia si divertì a mostrarle tutti i negozi nella via principale e insistette anche per regalarle dei vestiti nuovi. A Trinity non piaceva per niente l'idea che pagasse tutto sua zia.
“Ti ripagherò non appena l'assicurazione mi avrà rimborsata,” disse Trinity per l'ennesima volta, mentre sua zia aggiungeva altre due magliette alla pila di jeans che avevano già selezionato.
“Vedremo,” rispose la zia scuotendo la testa.
Trinity sapeva che la donna non voleva indietro i soldi che aveva speso quel giorno, ma lei aveva comunque intenzione di restituirle tutto. Aveva sempre pagato tutto da sola e non si sentiva per niente a proprio agio nel dipendere economicamente da loro. Tuttavia, in quel momento non aveva scelta. Fino a quando l'assicurazione non le avesse rimborsato i danni materiali e morali, avrebbe dovuto fare affidamento sui propri risparmi. La maggior parte di quei soldi erano quelli che sua madre le aveva lasciato prima di morire e che, fino a quel momento, Trinity aveva definito il suo "fondo di emergenza". Nonostante quella fosse senza ombra di dubbio una emergenza, era preoccupante vedere quanto in fretta la sua eredità stesse svanendo.
“Tuo zio ha detto che ci avrebbe incontrate più tardi al ristorante di Pelican's Heath,” annunciò zia Sylvia quando lasciarono la boutique e tornarono sulla strada affollata. “Ma possiamo prendere un caffè e mangiare un boccone prima di allora, cosa ne dici?”
Trinity sorrise. Immaginò che fosse un modo implicito per dirle che si stava stancando e che era pronta per fare una pausa. Zia Sylvia era invecchiata dall'ultima volta che l'aveva vista e i capelli di zio Frank erano diventati quasi del tutto bianchi.
“C'è qualcosa di cui hai bisogno?” chiese la ragazza, mentre si dirigevano verso un piccolo caffè. “Abbiamo comprato tutta questa roba per me, ma tu non hai preso quasi niente.”
Zia Sylvia rise. “Ho già tutto ciò di cui ho bisogno, tesoro,” rispose, mettendole un braccio intorno alle spalle.
Trinity sorrise, sapendo che non si stava riferendo ai vestiti o ai prodotti da bagno che avevano comprato poco prima. Zia Sylvia sembrava contenta della propria vita, e Trinity era felice per lei. Non aveva mantenuto i contatti con i suoi zii neanche la metà di quanto avrebbe dovuto, e in qualche modo aveva dimenticato quanto fossero innamorati.
Il sole era sparito dietro le nuvole, facendo diventare l'aria più fresca, e Trinity si sentì subito meglio quando entrarono in un piccolo caffè nascosto in una stradina laterale. Immaginò che non troppe persone fossero a conoscenza di quel posto, perché c'erano molti tavolini vuoti nonostante Almondine fosse caotica e piena di gente.
“Vieni qui spesso?” chiese alla zia, mentre sorseggiavano il loro caffè.
La donna sorrise. “Non molto. Non è divertente farlo da soli.”
Trinity sentì una fitta allo stomaco nel rendersi conto di quanto dovesse sentirsi sola sua zia. Era chiaro che non aveva molta compagnia femminile, ed era certo che le mancasse sua nipote. Trinity pensò a quanto le sarebbe piaciuto vivere nei dintorni e incontrare regolarmente sua zia. I suoi parenti avevano ragione: non stavano ringiovanendo e lei era l'unica famiglia che gli restava.
“Hai comprato solo jeans e magliette,” commentò zia Sylvia con un'espressione accigliata. “Che ne dici di un bel vestito per uscire la sera?”
Trinity rifiutò educatamente con un sorriso. “Non ho bisogno di nient'altro,” rispose. “Non mi servono vestiti per il lavoro perché faccio tutto da casa, e non esco per andare a divertirmi da un bel po'.”
La zia prese un respiro profondo. “Deve essere orribile perdere il proprio ragazzo in quel modo,” disse dolcemente.
Trinity sospirò. “È stato terribile, ad essere onesti,” ammise. “Kevin e io avevamo programmato di uscire quella sera, ma abbiamo litigato, come sempre.” Fece una smorfia, ricordando come erano andate le cose.
“Quindi non andavate molto d'accordo?”
“No. È stata colpa mia. L'ho accusato di cose orribili. Sono sorpresa che sia rimasto con me così a lungo, a dire il vero.”
Zia Sylvia bevve un sorso del suo caffè ma non disse nulla.
Era caldo e tranquillo nella caffetteria, con una radio che trasmetteva della dolce musica country da qualche parte in sottofondo. Trinity non poté impedirsi di ricordare quel periodo.
“Stavamo insieme da circa sei mesi circa quando ho iniziato a notare delle cose,” spiegò. “Cose che prima non sembravano avere importanza. Kev faceva il rappresentante per un'azienda farmaceutica, quindi era spesso fuori casa. Viaggiava molto per lavoro e spesso prenotava una stanza d'albergo nei fine settimana. All'inizio la cosa non mi dava fastidio, ma dopo un po' ho iniziato a notare che stava fuori casa davvero tanto. E, quando era con me, di solito lavorava al computer. Non lasciava molte cose a casa mia perché si portava sempre dietro una valigia. Mi aspettavo di dovergli lavare i vestiti ogni settimana, ma quando tornava diceva che li aveva già lavati negli hotel in cui era stato.”
“Doveva guadagnare un bel po', allora,” commentò zia Sylvia.
“Già,” disse Trinity, scuotendo la testa. “Quando ci siamo incontrati per la prima volta, sembrava avere una buona disponibilità economica e gli piaceva uscire di tanto in tanto. Siamo stati in posti davvero carini. Non so se lo faceva per impressionarmi. Ad ogni modo, non passò molto tempo prima che iniziasse a dire che doveva stringere un po' la cinghia, perché non guadagnava più come prima. Ho pensato che fosse strano, perché stava lavorando molto di più.”
Zia Sylvia si accigliò. “Gli hai chiesto spiegazioni?”
Lei annuì con una smorfia. “Un sacco di volte. Mi ha sempre risposto che non era niente di importante. Ma io volevo capire cosa stava accadendo. Volevo cercare di trovare una soluzione a qualsiasi problema stesse avendo. Sembrava che più lavorasse e meno soldi guadagnasse. Non ero preoccupata per i soldi, perché io avevo un ottimo stipendio e sapevo che in caso di bisogno c'erano sempre i soldi della mamma.” Si interruppe, notando l'espressione infelice sul viso di sua zia.
“Tua mamma non avrebbe voluto che li spendessi in quel modo, tesoro,” le ricordò.
Trinity sospirò. "Lo so. Volevo solo sistemare le cose in modo da poter passare più tempo con lui.”
“E ci sei riuscita?”
“No. Abbiamo finito per litigare ancora di più, e Kevin ha cominciato a passare ancora più tempo fuori casa. Penso che a volte stesse davvero cercando di evitarmi.”
“Non ne hai parlato con lui?” La preoccupazione di zia Sylvia era palese.
Trinity si morse il labbro. “Ogni volta che ci provavo mi diceva che lo stavo accusando di qualcosa, anche se non era vero… non in quel momento, comunque,” le spiegò. “Mi ha chiesto se pensavo che stesse vedendo qualcun altro, spendendo tutti i soldi per un'altra donna o qualcosa del genere. Gli ho detto che non mi era neppure venuto in mente, ma poi mi sono chiesta se non fosse effettivamente quella la verità.”
Zia Sylvia si accigliò. “Pensavi davvero che ti stesse tradendo?”
Trinity sbuffò. “Non lo so. All'inizio gli ho detto che era paranoico e che onestamente non mi era mai passato per la testa. Ma più tempo stava lontano e più mi insospettivo. Poi ho trovato un fazzoletto a fiori nella tasca dei suoi jeans mentre gli riordinavo i vestiti.” Rabbrividì, lanciando un'occhiata cauta a sua zia.
“Glielo hai detto?”
Lei annuì. “Era quel giorno. Il giorno in cui…” Si interruppe e prese aria. “Si è arrabbiato con me per aver toccato i suoi vestiti. Ha detto che stavo curiosando, ma non era così. Gli ho chiesto da dove provenisse il fazzoletto e mi ha detto che l'aveva raccolto dal pavimento dell'hotel. Aveva pensato che l'avesse perso una delle clienti più anziane dell'albergo e stava per consegnarlo alla reception, ma era stato distratto da una telefonata di lavoro e se ne era completamente dimenticato.”
“E non gli hai creduto?”
Trinity sentì un groppo in gola mentre ricordava la furiosa litigata di quella sera.
“Era pieno di un profumo costoso, non il genere di profumo che usa di solito una donna anziana.” Si zittì di colpo, fissando la zia. “Non che io pensi…”
“Va tutto bene, tesoro.” Zia Sylvia alzò una mano per assicurarle che non si era offesa.
“Si è davvero arrabbiato con me. Mi ha detto che aveva ragione quando diceva che non mi fidavo di lui.”
“E non ti fidavi di lui?”
“Non lo so,” ammise onestamente. “Volevo fidarmi, credo. Ma più ci pensavo, più le cose non tornavano. Era sempre stanco quando eravamo insieme. Non voleva più portarmi fuori. Non ho mai saputo in quali hotel alloggiava poiché diceva che spesso cambiava idea all'ultimo minuto e prenotava da un'altra parte, quindi era meglio contattarlo sul cellulare se era importante. Ho sempre obbedito. All'inizio gli piaceva sentirmi, anche se era in riunione. Poi ha iniziato a insistere di chiamarlo solo se era davvero importante. In caso contrario, mi avrebbe chiamato lui quando fosse stato libero. Aveva la segreteria attiva o il cellulare spento la maggior parte delle volte che gli ho telefonato.”
“Ti ha dato qualche tipo di spiegazione?” Zia Sylvia si accigliò.
Trinity scosse di nuovo la testa. "Non esattamente. Diceva solo di essere impegnato. Comunque, eravamo nel bel mezzo di quell'enorme litigio quando gli è squillato il cellulare. L'aveva lasciato sul tavolino e ci sono arrivata prima di lui. Era qualcuno chiamato Poppy. Gli ho chiesto chi fosse, ma lui mi ha preso il telefono di mano e l'ha spento rapidamente. A quel punto mi ha accusata di ogni genere di cosa, sostenendo che avevo curiosato tra i suoi vestiti, controllato il suo cellulare e fatto domande tutto il tempo. Ha detto che si sentiva sotto esame ogni volta che tornava a casa. Gli ho risposto che bastava che non fosse così dannatamente riservato. Lui a quel punto mi ha chiesto se pensavo che avesse una relazione. Non sapevo cosa dire. Gli ho detto che sembrava proprio di sì, visto quanto fosse irritato per l'intera faccenda.”
Le lacrime iniziarono a scenderle lungo le guance e Trinity le asciugò con rabbia. “Quella sera dovevamo andare a bere qualcosa con alcuni amici, ma lui ha detto che non ne aveva voglia. Mi stava ancora urlando contro quando è arrivato il taxi. Ero così arrabbiata che gli ho detto che avrei preferito andare da sola, cosa che ho fatto.” Tirò su col naso. “Era passata solo un'ora quando abbiamo sentito una enorme esplosione mentre bevevamo a pochi isolati di distanza. Dentro di me sapevo che era successo qualcosa di brutto a Kev. Lo sentivo.”
Zia Sylvia le mise una mano sul braccio. “Non è stata colpa tua, tesoro,” le assicurò.
“Ma avrebbe dovuto venire con me,” disse Trinity. “Se non avessimo avuto quella dannata discussione, saremmo stati entrambi fuori casa quando è successo.”
“Non puoi biasimarti per questo,” le disse zia Sylvia. “Era un uomo adulto e ha deciso da solo di non venire con te. Non è colpa tua.”
“Ma se non avessimo litigato…”
Zia Sylvia si alzò e prese posto accanto a lei, prendendola tra le braccia. Trinity iniziò a singhiozzare forte contro il suo petto, lasciando che tutto il senso di colpa e il dolore uscissero fuori dal suo corpo teso. Non sapeva per quanto tempo avesse pianto, ma era sollevata di averlo finalmente detto a qualcuno. Era la prima volta che rivelava cosa fosse successo davvero quel giorno, e sperava che fosse anche l'ultima.