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CAPITOLO DUE

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“Perché sento puzza di bruciato?”

Hannah pose la domanda con voce calma, ma Jessie poté comunque percepire il suo tono d’accusa. C’era solo un motivo per cui qualcosa stesse potenzialmente bruciando: perché Jessie ci stava provando un’altra volta, e di nuovo stava fallendo miseramente.

Scattò via dal tavolo della cucina dove stavano giocando a Trivial Pursuit e andò di corsa al forno, aprendolo e scoprendo che i suoi scone di lampone e arancia avevano un aspetto decisamente nerastro e bruciacchiato. Si infilò frettolosamente un guanto da cucina e li tirò fuori, posandoli senza tanti complimenti sopra ai fornelli. Dal paninetto più annerito si levavano piccoli rivoli di fumo.

Jessie sentì Ryan che rideva dal tavolo. Hannah aveva un’espressione delusa in volto, come se fosse lei la tutor ufficiale che tentava con tutte le forze di trattenersi dal rimproverare la problematica ragazza che aveva in carico. Ovviamente le cose generalmente erano l’esatto opposto, quindi l’espressione di Hannah rivelava anche un pizzico di soddisfazione.

“Non girare il dito nella piaga,” disse Jessie sulla difensiva.

“Non lo farei mai,” rispose la ragazza con finto tono d’offesa.

“Magari potremmo usarli come dischetti per una partita a hockey,” propose Ryan.

“Oppure sassi da tirare?” suggerì Hannah con eccessivo entusiasmo.

Jessie cercò di non sentirsi troppo irritata per le innocenti punzecchiate della sorellastra. Abbassò lo sguardo sui resti fumanti del suo tentativo culinario e sospirò.

“Immagino che dovremo tirare fuori dal congelatore l’ultima scorta di quelli che avevi preparato tu,” disse rassegnata.

“Fai pure,” disse Hannah. “Ma sbrigati. Mi mancano solo due pezzi per vincere questa partita.”

“Dammi un minuto,” disse Jessie, rovistando nel congelatore e trovando il contenitore degli scone. Li infilò nel tostapane e aspettò che si scaldassero, non volendo rischiare di bruciare anche quelli.

“Non capisco,” disse Ryan canzonandola. “Sei la seconda profiler criminale di tutto il sud California, eppure sembri incapace di cucinare qualcosa senza usare il microonde. Com’è possibile?”

“Priorità, Hernandez,” gli rispose. “Qualcosa a metà tra il dare la caccia ai serial killer, l’intrufolarsi nelle politiche del Dipartimento, restare sexy per te…”

“Bleah!” si intromise Hannah.

“E occuparmi di un’adolescente so-tutto-io.”

“Non ho così tanto bisogno che ti occupi di me, se vuoi proprio saperlo,” ribatté Hannah sorridendo.

Jessie insistette.

“Da qualche parte in mezzo a tutto questo, ho dimenticato di prendere lezioni di pasticceria. Vogliate scusarmi.”

“È per questo che il tuo ex-marito ha tentato di ammazzarti?” chiese Hannah, sgranando gli occhi in un’espressione di finta innocenza.

“No,” si intromise Ryan. “Quello era per la sua fesa di manzo. È un crimine contro l’umanità.”

Jessie tentò di non sorridere.

“Non apprezzo particolarmente tutta questa combutta contro di me. E vorrei farvi notare che nessuno, tra coloro che hanno tentato di farmi fuori, ha mai citato la cucina tra i motivi.”

“Volevano essere gentili,” disse Hannah.

Jessie stava per rispondere quando l’allarme del tostapane trillò. Tirò fuori gli scone e li posò su dei piatti, porgendone uno a testa agli altri.  Poi si sedette e diede un morso al suo.

“Mmm,” mormorò sommessamente, incapace di trattenersi.

“Non sono troppo bruciacchiati?” chiese Hannah.

“Vorrei essere sarcastica, ma non posso proprio,” bofonchiò Jessie con la bocca mezza piena. “Come fai a farli così buoni?”

Hannah sorrise, senza mostrare niente del suo innato cinismo. Jessie non poteva fare a meno di notare quando fosse vivace e animata in quei giorni. I suoi occhi verdi, di solito opachi e disinteressati, brillavano. I suoi capelli biondo sabbia sembravano in qualche modo più luminosi. Appariva addirittura più alta, dato che ultimamente camminava a testa alta. Con una statura di un metro e settantanove, era solo un centimetro più bassa di Jessie, ma con questa nuova e migliore postura e la corporatura atletica, poteva sembrare il doppio di sua sorella.

“Il segreto sta tutto in una parola: burro. A dire il vero facciamo tutte e quattro le parole: un sacco di burro.”

Prima che Jessie potesse prenderne un altro morso, il suo telefono suonò. Abbassò lo sguardo e si accorse che era la chiamata che aveva programmato.

Sono già le nove di sera?

Si stava divertendo così tanto che aveva perso il senso del tempo.

“Chi è?” le chiese Ryan.

“È il primo profiler criminale del sud California. Voleva una mia idea su un caso,” mentì. “Datemi quindici minuti.”

“Ok,” disse Hannah, “ma poi saltiamo il tuo turno.”

“Capito,” disse Jessie, portandosi scone e telefono in camera.

Cercò di mantenere il tono allegro. Ma neanche il delizioso impasto di Hannah poteva aiutarla a eliminare il nervosismo che improvvisamente le si era materializzato nello stomaco. Stava per rispondere, quando cambiò idea. Non voleva interrompere questa serata quasi perfetta per discutere di questioni più oscure, quindi decise che non l’avrebbe fatto. Mandò la chiamata alla segreteria e rispose con un messaggio.

Ottima serata con Hannah in corso. Non voglio interromperla. Possiamo parlare domani?

Dopo qualche secondo ricevette la risposta. Poté quasi sentire il tono serio e deciso.

Vediamoci di persona. Sala del personale alla centrale. 7 in punto.

Digitò ‘Ok’ in risposta e lasciò cadere l’argomento. Sapeva che gli piaceva arrivare in ufficio presto, ma non poté fare a meno di pensare che avesse fissato il loro incontro a quell’ora assurda come punizione per quel suo cambio di programma. Però ne valeva la pena, se così facendo poteva passare dell’altro tempo di qualità insieme ad Hannah.

“Ehi,” disse, tornando in salotto. “Ho deciso che farvi il culo era meglio di qualsiasi altro caso. Sarà meglio che non abbiate davvero saltato il mio turno.”

Mentre tornava a prendere il suo posto, Jessie sapeva che stava solo posticipando la discussione su un argomento che la stava ossessionando. Ma una sera in più di giochi non era poi la fine del mondo. Almeno questo fu quello che disse a se stessa. La realtà, in tutto il suo orrore, avrebbe dovuto aspettare l’indomani.

L’alibi Perfetto

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