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CAPITOLO QUATTRO

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Kat stava già aspettando nell’affollata caffetteria quando lei arrivò.

Ancor prima di sedersi, Jessie capì che l’amica era in ansia.

Era una cosa insolita, almeno ultimamente. Katherine, ‘Kat’ Gentry era una persona molto più intensa una volta. In quanto ex-coordinatrice della sicurezza in un penitenziario psichiatrico, e prima ancora Ranger dell’esercito in Afghanistan, quella caratteristica era la sua definizione.

Ma dopo essere stata licenziata a causa dell’evasione di Bolton Crutchfield, si era reinventata come investigatrice privata, e da allora era molto più rilassata. E in particolare recentemente, dopo che aveva iniziato a frequentare Mitch Connor, un vice-sceriffo in una cittadina di montagna a un paio d’ore da lì, era sembrata decisamente felice. L’uomo l’aveva aiutata quando lei aveva fatto da consulente per uno dei casi di Jessie, e da allora erano inseparabili, facendo entrambi ore di macchina da una parte o dall’altra per passare dei fine settimana insieme.

Ma ora, mentre Jessie le si avvicinava facendosi largo in mezzo alla folla, vide quella vecchia e familiare apprensione sul volto di Kat. In qualche modo la lunga cicatrice che le percorreva il viso verticalmente dall’occhio sinistro, quella che si era procurata in un incidente non ben specificato in mezzo al deserto, sembrava più evidente quando lei era preoccupata.

“Come va, Kat?” chiese Jessie a voce alta prima di prendere un sorso dal caffè che l’amica aveva già ordinato per lei. “Stai ancora facendo un sacco di sesso?”

Sorrise maliziosamente, mentre diverse persone si giravano a guardarle accigliate. Il fatto che l’espressione preoccupata di Kat non cambiò davanti a quella presa in giro, le fece capire che la situazione doveva essere grave.

“Ho bisogno del tuo aiuto,” le disse l’amica senza alcun preambolo.

“Ok,” rispose Jessie, facendosi subito seria. “Che succede?”

Kat si concesse un sorso di caffè prima di lanciarsi nella spiegazione.

“Sai della recente serie di rapimenti di donne del posto?”

“So qualcosa,” rispose Jessie. “So che tre donne sono state rapite nell’ultimo mese o due. Poi sono scappate. Non ho prestato estrema attenzione, dato che non è il mio settore, e nessuno dei casi è di competenza della Stazione Centrale.”

Jessie e Ryan lavoravano entrambi per la Stazione Centrale nell’area centrale del Dipartimento di Polizia di Los Angeles.

“Ho una nuova cliente,” disse Kat. “Si chiama Morgan Remar. È stata la seconda donna ad essere rapita. È stata presa circa tre settimane fa ed è scappata dopo essere rimasta in prigionia per cinque giorni. Sta lavorando con l’unità per le persone scomparse della Stazione del Pacifico. Ma dopo due settimane sono ancora a mani vuote. Negli ultimi due giorni, non sono molto reattivi. Quindi lei mi ha assoldato.”

“Senza offesa, ma se il fatto è accaduto vicino alla Stazione del Pacifico, perché ha assoldato te?”

“È una domanda lecita,” disse Kat. “Lavora a Venice, ma vive qui vicino e suo marito lavora in centro, a due isolati da qui. In effetti l’avevo conosciuta proprio in questa caffetteria circa tre mesi fa e abbiamo fatto amicizia. Poi lei si è sentita recentemente frustrata e mi ha chiesto aiuto.”

“Ok, dimmi quello che sai.”

Kat sospirò profondamente, come se il pensiero di spiegare tutto quello che aveva appreso fosse piuttosto pesante.

“Ti faccio la versione breve,” disse alla fine. “La prima vittima è stata Brenda Ferguson. È una mamma casalinga di trentasei anni con due bambini avuti dal secondo matrimonio. Suo marito è un produttore discografico. L’hanno rapita a metà mattina, mentre faceva jogging lungo un sentiero vicino alla sua casa di Brentwood. Dopo essere rimasta prigioniera per tre giorni in un ricovero per attrezzi da giardino, è riuscita a scappare.”

Jessie scriveva furiosamente appunti mentre l’amica parlava.

“Sto andando troppo veloce?” chiese Kat.

“No. Va bene. Continua.”

“Ok. La seconda vittima era la mia cliente, Morgan. Ha ventinove anni e vive a West Adams con suo marito, a poche miglia da questo posto. Ma lavora in un rifugio per senzatetto a Venice. È stata rapita mentre tornava dal pranzo sulla Boardwalk. Come ho detto, è rimasta prigioniera cinque giorni, prima di riuscire a scappare. La teneva rinchiusa in un vecchio guardaroba.”

“E la terza donna?”

“Si chiama Jayne Castillo. Ha trentatré anni, sposata, e vive a Mid-City. È stata rapita dal parcheggio di un supermercato una settimana e mezza fa ed è scappata dopo tre giorni di prigionia dentro a un bidone dell’immondizia.”

“Hai contattato le altre due donne?” le chiese Jessie.

“Ci ho provato,” disse Kat, apparentemente frustrata al ricordo. “Ma continuo ad andare a sbattere contro dei muri di cemento. Non parlano. La polizia non parla. Per questo sono venuta da te. Sono arrivata alla fine delle idee qui. Morgan ha le paranoie al pensiero che questo tizio sia ancora là fuori e io non riesco a fornirle nessun modo per rassicurarla, perché non mi sono avvicinata neanche un po’ alla risoluzione del caso, da quando mi ha assoldato.”

Jessie prese un altro sorso prima di porre la domanda successiva. Sapeva a cosa puntava Kat, ma voleva pensare a come risponderle.

“Come posso aiutarti?” le chiese alla fine.

Kat non ebbe bisogno di ulteriori incitazioni per rispondere.

“Puoi metterti in contatto con i detective che gestiscono i casi? Magari saranno più diretti con te. Al momento io sto andando alla cieca qui.”

Jessie sospirò.

“Ci posso provare,” disse. “Il problema è che questi tizi sono tutti di centrali diverse. Non credo siano propensi a condividere dettagli dei loro casi con una profiler di un’altra stazione, dove neanche abbiamo una vittima. Ma tentar non nuoce. Magari riuscirò a trovare qualcuno di gentile.”

“So che ti sto chiedendo molto,” affermò Kat. “Sei sicura di averne il tempo?”

“Stai tranquilla,” la rassicurò Jessie. “Le cose sono piuttosto tranquille al momento. Sto completando le scartoffie di un caso della scorsa settimana e sto aspettando di testimoniare per un altro. Ma non ho niente di attivo al momento. Ovviamente questo significa che il capitano Decker potrebbe assegnarmi qualcosa di nuovo da un momento all’altro. Ma fino ad allora, posso provare a scuotere le acque.”

“Lo apprezzerei davvero.”

“Stai scherzando?” le disse Jessie. “Quante volte mi hai aiutato tu per un caso, quando non volevo seguire i canali ufficiali? Questo è il minimo che possa fare.”

“Grazie, Jessie,” disse Kat con voce apparentemente sollevata per la prima volta da quando aveva iniziato a parlare.

“Nessun problema. Ma lascia che ti chieda una cosa: posso parlare con Morgan? Sentire in prima voce il suo punto di vista mi sarebbe davvero di aiuto.”

“Certo,” disse Kat. “Al momento è a una conferenza fuori città e non tornerà che questa sera tardi. Ma posso programmarti un incontro per domani.”

“Bene. Nel frattempo io vedo cosa riesco a scoprire,” disse Jessie prima di prendere un altro grosso sorso di caffè. “Ora che abbiamo sistemato tutto, ho un’altra domanda.”

“Che cosa?”

“Stai facendo un sacco di sesso?”

Kat finalmente si fece scappare il sorriso che Jessie aveva sperato di vedere quando gliel’aveva chiesto prima. E il suo viso arrossì un poco.

“Mi sto dando da fare,” disse in modo criptico.

“Ci credo bene,” la canzonò Jessie.

“E tu?” ribatté Kat, cercando di fare a sua volta un po’ di pressione. “Come vanno le cose con Ryan?”

Toccò a Jessie arrossire.

“Va tutto bene,” disse. “Facciamo a testa e croce per dove passare la notte, anche se di solito è da me per Hannah.”

“E non ti interessa di vivere nel peccato con una giovane impressionabile sotto lo stesso tetto?” le chiese Kat con le labbra curvate in un sorriso malizioso.

“Credimi, quella ragazza ha visto tanta di quella roba che non penso sia scioccata dal fatto che il ragazzo di sua sorella passi la notte lì. Penso anzi che in qualche modo lo trovi rassicurante.”

“Vedremo se si sentirà così sicura quando cadrete tutti e tre nelle fosse dell’Inferno,” insistette Kat, cercando di non ridere mentre lo diceva.

“Ti stai proprio divertendo, eh?”

“Non hai idea di quanto.”

Nonostante la canzonatura, Jessie si concesse di rilassarsi un poco. Almeno per un secondo poteva dimenticare che non era sicura che la sorellina fosse una sociopatica o se lei e il suo compagno potessero essere fatti fuori sul lavoro. Poteva fare finta di avere una vita normale, con una famiglia normale e i soliti problemi relazionali.

Poi quel secondo finì.

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