Читать книгу Guida per la costituzione e per l'impianto di latterie sociali cooperative - Carlo Besana - Страница 5

Cap. I. Il caseificio domestico.

Оглавление

Indice

Andiamo a visitare un villaggio abitato da piccoli proprietari che hanno qualche vacca da latte, ma non possedono la latteria sociale. Ivi vedremo in funzione il caseificio domestico.

La cucina della famiglia è anche la cucina del caseificio. La caldaia del formaggio è quella che serve anche per la polenta o pel bucato. I minuscoli formaggi preparati si vedono sparsi dappertutto, in cucina, in camera da letto, persino sotto il letto. Le bacinelle che contengono il latte in affioramento sono vasi di ogni forma e composizione; si vedono in cucina sopra una panca, o sopra una sedia ed anche per terra, a disposizione dei bimbi, del fedele cane, del gatto di casa e dei suoi amici.

Ci vogliono alcuni giorni per radunare tanto latte da poter fare una lavorazione, cioè poter raccogliere una certa quantità di panna da far burro e adoperare il latte spannato a fare formaggio magro. Ma intanto il latte in riposo diventa acido e talora si rappiglia; la panna che fornisce, sbattuta in quella zangola imperfetta che è la zangola a pistone, dà un burro infelice, inzuppato di latticello che, messo a friggere in padella, scoppietta maledettamente.

Il formaggio, tirato fuori alla meglio dalla caldaia, stenta a stare insieme; bistrattato nella sua fabbricazione e poscia durante la stagionatura, diventa trastullo dei topi quando non è preda di vermi[2].

Chi si occupa della lavorazione del latte nel caseificio domestico è di solito la massaia; le sue mansioni cominciano colla nutrizione delle vacche e vanno sino alla vendita dei latticini.

La sua arte casearia è basata semplicemente sulla massima: «così faceva mio padre». E del resto, sopraffatta dalle molte faccende domestiche, non potrebbe fare di più e meglio.

Se quel burro che essa prepara vien messo in mercato, è dispregiatissimo, perchè acido, non lavato, non spurgato, carico di latticello. E quando si tratta di vendere la collezione dei formaggi, il compratore osserva che non ve ne sono due di egual forma e di egual cera, trova che l'uno è troppo piccolo, che l'altro è troppo alto, che questo è tarlato, che quell'altro è marcio e che quasi tutti sono deformi, guasti, o prossimi ad andare in malora. In conclusione, bisogna venderli per un prezzo meschinissimo, altrimenti vanno a finire sul letamaio.

Però molte famiglie non vendono i prodotti del loro caseificio minuscolo e primitivo; dal latte quotidiano delle loro vacche prelevano quello che serve pel consumo diretto della famiglia, e col resto fanno burro e formaggio da consumarsi in casa, comunque sia. Di conti non se ne fanno, e quando non bastano il burro ed il formaggio prodotto in casa, si comperano fuori se vi sono i quattrini per pagarli, altrimenti si risparmia di condire la polenta col burro e col formaggio.

Mi pare d'aver detto abbastanza, per dimostrare che il caseificio domestico è il caseificio esercitato alla spicciolata, senza locali, senza attrezzi, senza arte; non ha carattere commerciale, perchè dà prodotti scadenti, non basta ai bisogni della famiglia, perchè trascurato e considerato come un ripiego anzichè un provento dell'agricoltura. È un errore economico, perchè se si valutasse il tempo che si spende a lavorare quei pochi litri di latte e si ripartisse il valore sui meschini latticinii ottenuti si troverebbe che questi non meritano tanta fatica e che quel tempo potrebbesi spendere molto meglio.

Il piccolo proprietario non considera il caseificio domestico come una parte della sua industria rurale, non ne vede il profitto in denaro e quindi trascura il bestiame, il foraggio, la stalla. Non si studia di trovare ed allevare vacche più lattifere di quelle che ha, le nutre cogli scarti del suo campo, somministra loro un mangime che appena sarebbe buono per lettiera, le manda a pascolare tra gli sterpi e sulle rupi, fiaccandole con lunghi viaggi di andata-ritorno in montagna, poi le relega in un bugigattolo buio e senza aerazione, che vorrebbe essere una stalla; infine nessun stimolo sente ad aumentare la produzione dei formaggi, nè il numero delle sue vacche.

Molti villaggi della zona alpina, dove appunto la proprietà è assai suddivisa e le vacche da latte sono da tutti possedute, come strumenti connessi alla piccola azienda rurale, avevano, prima dell'istituzione della latteria sociale, tutti e tre i flagelli che percuotono le popolazioni rurali, cioè la miseria, l'emigrazione, l'usura.

Essi avevano del latte e non lo sapevano sfruttare, avevano delle vacche e le nutrivano male, avevano dei campi e dei pascoli e non s'industriavano di trarne maggior foraggio per poter alimentare maggior numero di bestie lattifere.

La latteria sociale aperse gli occhi a quei poveri agricoltori; fu dessa che combattè e scacciò i tre flagelli sunnominati. Mentre prima del suo impianto, gli abitanti compravano formaggio al di fuori, adesso ne fabbricano più del bisogno locale e ne vendono invece; le persone che prima pasticciavano il latte in casa, per fare poco burro e cattivo formaggio, ora spendono meglio il loro tempo a governare il bestiame e a coltivare il loro terreno. Il bestiame nel comune è aumentato di numero e migliorato di qualità. In quanto al terreno, esso è ancora quello di prima nell'estensione, ma il lavoro dell'uomo lo ha reso più produttivo; dunque nello stesso spazio si nutre maggior quantità di persone. Ed ecco il progresso agricolo, associato al progresso economico ed igienico di una popolazione rurale.

Il caseificio domestico è stato dunque eliminato dalla cooperazione. E così sia.

Auguriamoci che faccia la stessa fine anche laddove vive ancora.

Guida per la costituzione e per l'impianto di latterie sociali cooperative

Подняться наверх