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LA RIVELAZIONE DELL’ANNO NUOVO
Seconda Novella
CAPITOLO QUARTO

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Leilia fissò Nash come se lo vedesse per la prima volta: ma quello non era l’amico che conosceva! Possibile che fosse…ubriaco?

“Hai bevuto?” gli chiese, sconvolta. Chiuse la porta e si tolse il cappotto. Se avesse continuato a bere così, presto avrebbe avuto bisogno di aiuto!

“Qualche sorso….” farfugliò Nash, sollevando la bottiglia di whiskey quasi vuota.

“Ti prego, dimmi che quella bottiglia era già a quel livello, quando hai cominciato a bere!” esclamò Leilia, fissando il dito di liquore che vi restava dentro. Gli strappò la bottiglia da mano e l’appoggiò sul tavolo. “E’ da oggi che ti comporti stranamente. Allora, mi vuoi dire che cavolo hai? “ lo sgridò.

“Beh, un uomo non può farsi un goccio ogni tanto? – biascicò Nash, accendendo la tv – Guarda, guarda uno dei tuoi cavalieri alla televisione. Non vuoi vedere se magari è pronto a rinunciare a Hollywood e ad essere accalappiato?”

Leilia guardò lo schermo. Gawain Daly stava giocando col pubblico. Era sempre stato così, un uomo sfavillante in grado di monopolizzare l’attenzione su di sé. Gawain era bello. Di sicuro quel viso gioviale e il fisico attraente lo avevano aiutato a bucare lo schermo e ad avere fortuna a Hollywood. Ma non lo conosceva bene; le uniche cose che sapeva di lui venivano da Tristan.

Eh già, Tristan. Una volta lui e sua cugina Salvia erano inseparabili, poi lei lo aveva mollato. Non aveva mai capito perché, ma comunque non erano affari suoi. Salvia era partita nello stesso periodo in cui Gawain era andato a cercare fortuna nel cinema. Talvolta, l’aveva sfiorata il pensiero che tra quei due ci fosse qualcosa.

“Non mi frega niente di Gawain o dei suoi cavalieri! – rispose Leilia, stizzita – Quel terzetto non mi è mai andato a genio!” Sembrava davvero che li odiasse.

“E allora, che vuoi da me?” mormorò Nash, sempre più ubriaco.

“Pensavo di fare compagnia al mio migliore amico, ma evidentemente non sei come credevo!” rispose lei. Poi sospirò.

“Ti va una tazza di caffè? Credo che tu ne abbia davvero bisogno.” Beh, forse avrebbe dovuto berne più di una, rifletté.

“Fa quel che vuoi ma non per me. Il whiskey è ciò che ci vuole. Ridammi la bottiglia.” biascicò Nash.

Leilia si avvicinò alla macchinetta del caffè espresso, vi gettò una capsula, si assicurò che ci fosse abbastanza acqua e poi premette il pulsante. Notò la bottiglia di vino che Nash si era preso dalla sua enoteca. Almeno, non l’aveva sprecata per ubriacarsi! Quel vino doveva essere degustato e apprezzato appieno, non gettato nella gola di un ubriacone!

Quando il caffè nero fu pronto, ne versò una tazza e la portò a Nash.

“Ecco qua – caldo, scuro e pieno di cazzotti! – gli disse – Anche se, a quanto pare, quel whiskey ti ha già messo KO!”

Lui l’annusò e respinse la tazza. “Ti ho detto che non lo voglio! A meno che non ci spari dentro un bel po’ di whiskey!

Lei sospirò, ripose la tazza sul tavolo e si sedette sul divano accanto a lui. “Scordatelo, non ne avrai più di whiskey! Perché invece non mi dici che problemi hai!”

La voce di Gawain quasi esplose dal televisore e Nash ringhiò alla sua volta. Leilia prese il telecomando e spense di nuovo la tv. Aveva capito, ormai. Non era un mistero l’odio di Nash per i tre cavalieri Gawain, Percival e Tristan. Quelli erano le stars del liceo mentre Nash era fisso nella squadra dei Nerd.

Lui non se ne rendeva conto, ma negli anni si era fatto davvero bello e interessante. Leilia preferiva di gran lunga i suoi capelli biondi e i pallidi occhi azzurri che rivelavano intelligenza.

Nash era un genio: aveva sviluppato un software all’avanguardia che lo aveva reso ricco. Avrebbe potuto permettersi palazzi e ville, e invece preferiva quel minuscolo monolocale nel retro di Serendipity Lane, di proprietà di sua cugina.

“Cosa desideri nella vita? A parte l’enoteca e il vigneto? “ sussurrò lui. Allungò una mano a scostarle dall’orecchio i folti riccioli biondi. Leilia si era lasciato crescere i capelli e li aveva lunghi, ormai.

“Nessuno sa mai cosa vuole davvero – rispose lei – Chiaramente, sono contenta dell’enoteca e del vigneto.”

“Sì…ma dicevo, qualcos’altro…” insistette lui.

“Intendi l’amore e una famiglia? Magari una bella villetta in campagna con un cortiletto per il cane? – rispose Leilia, amaramente – Forse, se troverò la persona giusta.”

A queste parole Nash chiuse gli occhi, come se qualcuno lo avesse colpito in faccia.

“Certo, la persona giusta…Ora lasciami in pace, ho bisogno di dormire…” mormorò.

Leilia annuì. Già era sorpresa della quantità di whiskey che Nash aveva bevuto e del fatto che riuscisse a tenere ancora gli occhi aperti, senza essere andato in coma!

“Ottima idea! – esclamò – Aspetta, che ti aiuto a metterti sul letto.”

“Ce la faccio!” protestò Nash. Cercò di mettersi in piedi, ma subito crollò di nuovo sul divano. “Beh, forse, se mi dai una mano…” mormorò.

Leilia ridacchiò e poi gli allungò una mano per aiutarlo ad alzarsi. “Dai, andiamo, ragazzone!” sussurrò. Nash accettò di buon grado l’aiuto di Leilia. Le mise le braccia intorno alle spalle e si lasciò guidare nella stanza da letto; per fortuna l’appartamento era minuscolo! Più che sedersi, crollò affranto sul suo letto.

“Dai, togliamoci questo maglione puzzolente!” rise Leilia, aiutandolo a svestirsi.

“Mi stai spogliando per poter approfittare di me? “ biascicò Nash.

“Non dire sciocchezze!” mormorò Leilia, arrossendo. Nash era davvero un bel ragazzo, con quel petto muscoloso! Fisicamente le era sempre piaciuto, ma non aveva mai osato dirglielo.

“Comunque… se vuoi, io ci sto – scherzò Nash, lasciandosi sbottonare la camicia – Sarebbe una bella novità…” e si accasciò sul letto, con gli occhi chiusi.

Leilia gli tolse le scarpe e poi gli sollevò le gambe sul letto, in modo da farlo stare più comodo. Lo coprì con una coperta e fece per andarsene, quando Nash aprì gli occhi e la chiamò. “Non andartene…Resta con me…” la pregò.

Lei si chinò per guardarlo in faccia e quello che lesse nei suoi occhi non le piacque affatto; c’era un velo di tristezza che non gli aveva mai visto. E la stava supplicando. “Ok, resto con te finché non ti addormenti.” promise.

“Di più non potrei chiedere…” farfugliò Nash, chiudendo di nuovo gli occhi.

Leilia si stese sul letto accanto a lui e gli appoggiò la testa sul petto. Non sapeva perché, ma le sembrava la cosa più giusta da fare. Non era la prima volta che se ne stavano così sul letto, ma quella volta tutto l’insieme le parve più…intimo.

Lui la strinse forte a sé e le sussurrò: “Ti amo. Ti ho sempre amato.” E posò le labbra su quelle di lei in un bacio casto.

Il cuore di Leilia si fermò. Di sicuro, Nash non intendeva platonicamente. Era lui l’uomo della sua vita? Perché, se lo era, allora qualcosa di magico l’avrebbe legata a Nash, qualcosa che veniva dalla città e dal destino.

Forse, il momento era arrivato.

Baia Di Kismet

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