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PRELUDJ

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I. Prefazione.

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Leggitrici, avete inteso? No? Respiro: la prefazione colse nel segno come quelle di tutte le grandi opere; vi accenni che anche la presente avrà molta profondità, e sentirà dei concepimenti filosofici del nostro secolo. Mi do animo, e voi..... vivete come vi piace.

II. Piano dell'opera.

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Ecco un'altra superfluità che si pretende nei libri; v'ha egli bisogno che un'opera abbia un piano? o almeno che si sappia trovarlo dall'autore? Alcuni pongono innanzi l'esempio dei maestri di musica o le orecchie di quelli che li sentono: quando fanno la sinfonia del melodramma, in poche note v'infondono tutta l'indole della composizione; in un momento siete trasportati dall'ameno dei campi al rimbombo del tuono, al fragor dei cannoni, agli sdegni di guerra, alle paci degli amanti, e chi se ne intende, pregusta tutta la grande tela che seguita. Eh l'è un bell'esempio! dovrebbero seguirlo tutti gli autori dei libri; porre in principio, se è un trattato filosofico o di scienze, un'idea, come usarono Vico e gli enciclopedisti; se un romanzo, un sunto a forma di novella; sarebbe una cuccagna, il più bel progresso de' nostri lumi: la maggior parte de' lettori, udita la sinfonia, se ne andrebbero, e tutti i giornali ad ogni modo parlerebbero dell'opera dandone l'estratto.... Ma capisco, è un chiedere troppo; non è tanto facile ad un autore compendiarsi, perchè sovente non sa rendere ragione a sè stesso di ciò che abbia cantato in un grosso volume.

Per queste buone ragioni dimando anch'io umilmente perdono, se non valgo più degli altri autori; però, perchè non voglio in tutto rinnegare l'utile, se non so imitare i maestri di musica, seguirò l'esempio de' coreografi. Al primo alzar del sipario, essi sogliono attelare sul palco tutta la gente che hanno parte al ballo, dal re fino al fante, amici e nemici, e sovente anche quelli che devono arrivare da lontani paesi; tutte quelle creature fanno quattro smorfie, una danza fragorosa, si mischiano, si confondono, quasi non se ne cava più nulla; ma in fine a gran ventura capita un messo, un carro, un temporale; si acqueta quel fragore, tutti si dividono e ricomincia l'azione.

Terrò anch'io lo stesso metro; porrò innanzi assembrata tutta la compagnia di maghi e di streghe. Così, amabili lettrici, vi spicciate presto, un'occhiatina mentre fate vista di guardare al volume, e se è gente che non vi garba, lo restituite, e lasciate pure che il librajo faccia compianto coll'autore. Anzi, se volete proprio il mio parere, è meglio che lasciate il libro, non vi è nè ut.... nè dil.... Zitti, udite che baccano; lo spettacolo incomincia, mano ai cannocchiali: vediamolo.

III. Congresso delle streghe o Sabbath.

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È una landa deserta, vasta, rotonda; non vi spuntano erbe, non vi zampilla una fonte, non vi raccoglie il volo un uccello. Sul confine sorge un'alta pianta, chiude l'orizzonte una montagna che ha le creste come i merli di un antico castello. È mezzanotte; in cielo nereggia un temporale, e appena da una nube squarciata trapela un corno di crescente luna; l'aria è quieta e senza mutamento, tutto è bujo e silenzio.

Suona una campana col battaglio di legno, e tosto ecco fischiar per l'aria, strisciare sul suolo, scorrere fra' boschi notturne strigi, sibili di serpenti, miagolati di gatti, scalpitar di cavalli, voci orribili e diverse, e suon di musica strana. Di su, di giù, da ogni parte s'affollano genti a popolare quella landa, diverse di forma, orribili di favella. Sbocca dal suolo squarciato un carro che reca un nume od una bestia, sole creature a cui è concesso il trionfo.

Capita da ogni parte il corteggio: ora un uomo grave in groppa a riverso sur un somaro, prende la coda pel capo, e pare un filosofo idealista; gatti che vanno spiccando salti, rospi che camminano come uomini, animali della terra e dell'aria che tutti stridono e fanno rombazzo. Alcuni gravi sono a cavallo d'un granchio, e vanno come il progresso del nostro secolo; uccelli che camminano lindi, colla testa alzata per essere creduti più grandi degli altri; animali con più teste, uomini con molte gambe, altri colle corna o colle orecchie lunghe; donne a cavallo di scope che pajon poeti lirici che giungono da un volo; fanciulle colla coda come serpi, altre senza cuore, molte senza testa; è il mondo in simbolo: tutti entrano nel cerchio della maledizione.

In mezzo, sur un gran seggiolone, siede maestro Leonardo, spirito folletto, preside della congrega: è tramutato in caprone a tre corni, de' quali quello di mezzo gitta lume a rischiarar l'assemblea; gli altri sono inghirlandati di corone nere: ha velli irti, faccia squallida e torbida, occhi di bragia grandi, spalancati, spaventosi, barba caprina, mani simili, dita tutte lunghe ad un modo, curve, adunche; piedi d'oca, coda lunga pari a quella d'asino, e sotto di questa un viso d'uomo nero; manda una voce rauca, fioca, ha il portamento altero, aria melanconica; persona che siede in alto.

Tutte quelle strane creature che in forme diverse convenivano all'assemblea, appena entrate nel circo si tramutano in maghi o streghe; ciascuna va reverente innanzi a Leonardo, lo inchina, gli bacia la faccia che ha sotto la coda, ed ei li retribuisce con vezzi, lodi, denari.

Già l'adunanza è numerosa, il preside si leva, dà il segno e si apre la festa: è il Sabbath. Ecco, vengono parecchi spiritelli, seguaci e cortigiani di Leonardo; uno distribuisce le cure ed i posti; però alterna sempre streghe con folletti e fattucchieri. A tutti vegliano i correttori, piccoli mostri senza braccia; tengono acceso un gran fuoco, e quando qualche strega cade in errore, ve la pongono a purgare, e la ritraggono dopo la penitenza. Giungono anche i cavalieri del Sabbath; sono grandi rospi, serventi delle streghe: vestono di velluto rosso o nero, portano un campanello al collo e un altro ai piedi: camminano ritti, vaghi come damerini.

I ricreamenti incominciano: è apprestato il banchetto, tutti siedono; si servono le vivande; pane di miglio nero, carni d'impiccato o di fanciulli non battezzati, vini fermentati che girano in tazze dorate. Si mangia, si alternano canti nefandi e discorsi sacrileghi.

Finito il vivandare, suona la campana col battaglio di legno, ciascun si leva, le mense scompajono, tutti venerano Leonardo, e s'intrecciano diverse cure.

Qui si tiene ragione delle querele fra le streghe e i rospi loro cavalieri, e se questi provano di non esser ben nudriti, i correttori le castigano col fuoco. Qua streghe e fattucchieri rendono conto delle opere loro, de' mali commessi, e se non riescirono a farne, come era debito loro, punizione.

Ove si creano nuovi rospi a nuovi cavalieri, s'impone loro un nome e si danno in dono alle streghe che hanno meglio meritato dal congresso. Ove sorge un'ara, e un mago celebra un mistero infernale, e intorno alcuni stanno in atto di ossequio. In un lato bolle una pentola immane sopra un fuoco ardente; in un altro le streghe si gittano ignude, menano danze oscene, portando in mano una candela accesa, e a certe cadenze sospendono il ballo e vanno a baciare maestro Leonardo. In un angolo più appartato si confondono amori nefandi di streghe, di folletti, di maghi, nè si conosce parentela o rispetto conjugale.

Più allegra è invece la vicina quadriglia, ove le streghe e i rospi vestiti di velluto rosso menano cantando il trottiglione. È un frastuono, un trambusto orribile, una festa infernale..... Ma tutto è sospeso, tutti tendono l'orecchio, è la chicchiriata mattutina del gallo, è il segno della partenza. Leonardo prende l'acqua lustrale, fa un'aspersione all'assemblea e la licenzia. Un sibilo, un subito fragore; maghi e streghe riprendono le forme onde vennero: sparvero: la landa è deserta.

IV. Ai curiosi.

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Voi leggete ancora? Dunque non gittaste il libro? Dunque?... Eh, non presumo che possiate crederlo qualcosa; forse vi mosse curiosità di sapere tutti i riti di quella festa inusitata. Avete petto d'avventurarvi fra le superstizioni e gli errori de' tempi andati? Ve ne dirò delle strane! Imparerete di molte cose e belle: a diventar ricchi quando vi piaccia, a farvi amare da chi vi aggrada, a viaggiare senza spese, e più di tutto, che il mondo fu sovente una gabbia di matti.

Le streghe dono del folletto alle signore

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