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III.

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La gravità di questa diagnosi dipende dal fatto che è compita da un uomo il quale non è già nemico dell'Austria, nè predisposto contro di lei; che è anzi suo amico ed alleato, che ha combattuto accanto ai suoi eserciti, che chiede un giorno di esservi ammesso, perchè vede in lei la maggior potenza impegnata contro l'aborrita Repubblica e capace di abbatterla. Il Damas vorrebbe ammirare, sarebbe felice se potesse ammirare l'Austria come la più fedele fautrice delle tradizioni che egli venera, e vorrebbe nascondere agli altri ed a sè stesso la verità cocente; ma la verità è più forte dell'interesse, e il suo sdegno contro la dappocaggine delle legittime dinastie fiaccate o travolte dal ciclone rivoluzionario si accentra sugli Absburgo. L'apparato imperiale dei sovrani apostolici, degli eredi di Carlo V, è imponentissimo e incute un senso di soggezione; «ma quando gli avvenimenti li forzano a togliersi da cotesto teatro d'illusioni e d'inganni, la scena sulla quale si rifugiano mortifica l'immaginazione e lascia che lo spettatore scorga in cotesti personaggi illustri altrettanti poveri istrioni di campagna....»

Si potrebbe ancora spigolare dell'altro nei due grossi volumi di queste Memorie, se non fosse ora di rammentare che, oltre alla diagnosi della mentalità austriaca, esse offrono un altro grande interesse; perchè, come si disse in principio, il Damas servì anche nell'esercito napolitano e direttamente partecipò alla storia nostra nei primi anni del secolo decimonono.

6 settembre 1917.

Al rombo del cannone

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