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CAPITOLO SETTE

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“Questa è la tua auto?” chiese Naomi di primo mattino l’indomani. Lo disse con il suo tipico tono, mentre sollevava la sua valigia per metterla nel bagagliaio della Volvo. “Cioè, sei migliorata in materia di uomini, ma cosa diamine è successo al tuo gusto nei veicoli?”

“Mi serviva qualcosa per muovermi e andare in giro,” rispose Lacey, mettendosi subito sulla difensiva nei confronti della sua berlina, di seconda mano e brutta in modo unico. “Non avevo idea che mi sarei stabilita qui a Wilfordshire.” Lasciò cadere le sue borse nel baule dell’auto. “E poi, con il tempo sono arrivata ad amarla.”

Naomi ruotò gli occhi. “Facevi sembrare così stravagante la tua vita qui, Lacey. E invece salta fuori che lo è veramente, stravagante!”

Rise della propria aspra battuta, poi si accomodò sul sedile posteriore dell’auto. Lacey fece un profondo respiro per calmare i nervi che già erano a fior di pelle.

Era riuscita a superare un’altra serata con la sua famiglia, per lo più grazie alla calmante presenza di Tom e al suggerimento di guardare insieme un epico film fantasy della durata di tre ore. Sembrava quasi che Shirley stesse iniziando a provare una certa simpatia per lui, e c’erano voluti solo altri due piatti di alta ristorazione fatti a mano per portarla a quel punto, dopo la Homity pie. Le linguine alla prugna di Tom avevano fatto faville e la sua sorpresa mattutina con gli hot cross bun per la colazione sembrava aver concluso l’affare.

Proprio in quel momento, Tom apparve al suo fianco, le braccia cariche di bagagli. La stampa floreale di una delle borse le fece capire che appartenevano a Shirley.

“Mia madre ti ha fatto portare i suoi bagagli?” chiese Lacey, prendendo una delle valigie. “Come se fossi una specie di facchino?” Era mortificata.

“Mi sono offerto io,” le rispose Tom, come se non fosse un grosso problema.

Frankie saltò fuori dalla porta del Crag Cottage e montò in macchina, andando dritto al sedile del passeggero. Gridò “Colpito!” e si tuffò a bomba all’interno.

“Non penso proprio, signorino,” disse Lacey avvicinandosi al lato del passeggero prima che lui potesse chiudere la portiera. “Quello è il posto di Tom.”

“Ma io soffro di mal d’auto,” disse Frankie.

Naomi sporse la testa dal sedile posteriore e aggiunse: “È vero. Meglio farlo sedere davanti, sorellina. Non vogliamo certo che si metta a vomitare.”

Lacey strinse i denti.

Tom le rivolse uno sguardo comprensivo mentre le porgeva un pezzo di carta.

“Che cos’è?” gli chiese.

“Le indicazioni per arrivare alla locanda,” le disse lui prima di infilarsi sul sedile posteriore.

Lacey aprì il pezzo di carta e vide che quello che stava guardando era molto, molto più che un insieme di normali e lineari indicazioni. Tom aveva sfruttato lo stesso talento artistico che usava per fare le sue sculture di macarons per la vetrina del negozio e aveva disegnato, con pennino a inchiostro, una mappa della località dove erano diretti, vicino a Dover. Si chiamava Studdleton Bay, e dal modo in cui l’aveva rappresentata, sembrava un posto delizioso. La piccola cittadina aveva molte etichette riportate sopra, a indicare musei, chiese e bei ristoranti dove aveva intenzione di portarli durante la vacanza. C’era una spiaggia per prendere il sole, scogliere per camminare e aveva addirittura disegnato la locanda del faro dove avrebbero alloggiato, con una piccola versione di loro due ritratti a china nell’atto di salutare dalla finestra. Proprio come le fotografie, la mappa era un altro particolare romantico della gita che Tom aveva programmato, per renderla ancora più speciale.

Lacey si voltò a guardarlo, seduto sul sedile posteriore accanto a Naomi e Shirley, schiacciato tra le due, coscia contro coscia.

Proprio come lo volevano loro, pensò mestamente mentre ripiegava il foglietto e se lo infilava in tasca.

“Zia Lacey!” gridò Frankie dal sedile del passeggero. “Possiamo ascoltare musica di cornamusa?”

Lacey fece un profondo respiro tranquillizzante. Quelle poche ore di viaggio l’avrebbero davvero messa alla prova.

*

“Frankie, per la centesima volta: non stiamo andando in Scozia,” disse Lacey

Aveva la testa che scoppiava dopo un’ora di informazioni e chiacchiere su Loch Ness e le Highlands, e la ricetta dell’haggis. L’incessante entusiasmo di Frankie per tutte le cose che appartenevano alla Scozia aveva anche l’effetto secondario di escluderla dalle chiacchiere di Tom, Shirley e Naomi nel sedile posteriore. I tre sembravano andare d’accordo come grossi amici, ridendo di qualche battuta che lei non era riuscita a sentire. Lacey sapeva che avrebbe dovuto essere riconoscente del fatto che il suo compagno e la sua famiglia andassero d’accordo, ma era ancora scocciata per come sua madre e sua sorella si erano intrufolate nel loro viaggio romantico.

“Sai che ci sono più di settemila diversi stili di stoffa scozzese?” chiese Frankie.

Lacey espirò lentamente. “Lo sapevo già. Perché me l’hai già detto. Diverse volte.”

“Guardate!” esclamò improvvisamente Naomi dal sedile posteriore, tanto forte da farle quasi venire un attacco di cuore. “Il cartello di Studdleton Bay!”

In effetti, alla loro sinistra c’era l’indicazione blu dell’autostrada, con la scritta bianca che dichiarava l’attuale distanza dalla piccola cittadina di Studdleton Bay, vicino a Dover. Sotto c’era scritto:

Deal… 8 miglia

Sandwich Bay… 15 miglia

“Sandwich Bay?” lesse Lacey a voce alta. “Per quello c’era la foto del panino?”

Finalmente aveva messo al suo posto l’ultimo indizio fotografico che Tom le aveva passato.

“L’hai capito solo ora?” le chiese Tom ridendo. “Per cosa pensavi che fosse il panino?”

“Ho solo pensato che ci fosse un qualche famoso sandwich che fanno a Dover e di cui non sapevo nulla,” gli spiegò.

Sentì le spalle che iniziavano a fremere, scosse dalle risate. Era bello poter interagire con Tom per quella che le sembrava la prima volta da quando erano partiti la mattina. Ma prima che potesse continuare la conversazione, un altro nome sul cartello le fece quasi fermare il cuore in petto. Canterbury.

Tutt’a un tratto Lacey rivide nella propria mente il messaggio che aveva ricevuto da Xavier Santino. Quando aveva cercato di prendere le distanze da lui – preoccupata che potesse avere un secondo fine romantico per aiutarla – lui le aveva scritto dicendo di sapere dove si trovava suo padre. A quanto pareva c’era stato un recente avvistamento di Francis a Canterbury, ma Xavier era stato tanto vago nei dettagli e incapace di fornire qualcosa di più specifico, che lei aveva immaginato fosse solo un misero stratagemma per mantenere il contatto con lei. Ma ora che vedeva la parola stampata, cominciava improvvisamente a pensare che la cosa fosse possibile. Poteva darsi che suo padre fosse a sole venti miglia dal luogo della sua vacanza?

Ma i suoi pensieri vennero immediatamente distratti da Frankie.

“Guardate! Guardate!” gridò, indicando con gesti frenetici.

In lontananza era apparsa all’orizzonte una fascia argentata di oceano. Era così una bella e soleggiata giornata, che l’acqua luccicava. In alto, stormi di gabbiani volavano leggiadri sopra alle onde. E apparvero anche le frastagliate scogliere di gesso color crema. Le famosissime scogliere bianche di Dover.

Lacey sentì un brivido percorrerle la schiena. Non avrebbe permesso a niente e a nessuno di demoralizzarla. Per quanto la sua famiglia potesse darle ai nervi, o per quanto i pensieri di suo padre le affollassero la mente, si sarebbe goduta questo posto meraviglioso, questa estate strepitosa e questi giorni privi di responsabilità.

Sempre che prima non finissero con l’ammazzarsi a vicenda.

Una visita preoccupante

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