Читать книгу L'assedio di Firenze - Francesco Domenico Guerrazzi - Страница 9

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Lupo, imperturbato, aggiusta il bronzo, prende la corda infocata e di propria mano dà fuoco. Cap. II, pag. 41.

Francesco Ferruccio, rimosse le mani dal pomo della spada, toltesi le manopole di ferro, scoperta la fronte, levati gli occhi al cielo, come se volesse invocare Dio testimonio della promessa, stringe con ambe le sue la mano destra al moribondo, e quindi imponendole sul capo al giovanotto Ludovico solennemente profferisce queste parole:

«Egli morrà con me!»

E Ludovico solleva dolentissimo la faccia, guarda il Ferruccio in soave atto d'amore e torna a declinarla sulla mano del padre, rompendo il freno a pianto disperato.

Piangevano tutti.

Dopo uno spazio lungo di tempo Nicolò con languida voce riprende:

«I pensieri, gli affetti, la terra cominciano a volgermisi tenebrosi intorno alla mente: il passato si oscura, il futuro mi accieca dentro un mare di luce, sento la eternità: partite. Se in cosa alcuna meritai di voi, compiacetemi, di grazia, in questa ultima preghiera; partite: a morire basto solo. Dai letti dove si addolorano i destinati a morire, male s'innalzano con riconoscenza gli occhi al firmamento. Ornai gli umani soccorsi non possono giovarmi più in nulla: io sto nelle braccia di Dio. Voi consacraste alla patria la vita: ogni istante perduto è un tradimento... un tradimento, intendete? Or via dunque andate... partite... A voi la patria... e Ludovico..., ai posteri raccomando la fama... Addio.»

I circostanti, il voto del moribondo adempiendo, si allontanarono dalla stanza; se non che ora l'uno, ora l'altro senza mostrarglisi, gli resero gli uffici estremi, finchè, aggravandosi il male, il giorno appresso 22 giugno 1527, quando pare che la campana pianga la luce scomparsa dal nostro emisfero, spirò la sua grand'anima Nicolò Machiavelli.

Con poca accompagnatura di amici, ma confortato con molte lacrime e sincere, lasciando inestimabile desiderio di sè in quanti conobbero il cuore ch'egli ebbe, scese nell'avello de' suoi padri nella chiesa di Santa Croce.

E una tenebra fitta di vituperio si condensò sopra questa misera Italia. Le ceneri del Machiavelli stettero per quasi tre secoli ignorate; e fu pietoso consiglio della provvidenza, imperciocchè altrimenti i nipoti le avrebbero date ai venti della terra. Una torma di vermi nati dalla putredine della servitù prese a contaminarne la memoria, una crociata d'infamia bandirono al suo nome, con i terrori della religione lo circondarono, lo conficcarono sopra i patiboli!... Compreso di compassione per la imbecillità della stirpe dalla quale io pure nasco, tacerò, o piuttosto ferocemente animoso le strapperò la fascia dalle piaghe, mostrandole, comunque turpi, alle generazioni future?

Io strapperò cotesta fascia e narrerò come i Gesuiti ardissero effigiare il simulacro del grande e, appostavi la seguente iscrizione: «perchè fu uomo scaltrito e subdolo, di pensieri diabolici maestro, aiutatore del demonio eccellentissimo», lo abbruciassero sopra la pubblica piazza d'Ingolstad in Baviera. E tanto crebbe cotesto osceno baccanale d'ignoranza ribalda e svergognata che fino un principe ne sentì pudore. Così è: a Dio piacque tra i prodigi della sua potenza creare un principe di cui il volto non fosse sconosciuto alla verecondia. Leopoldo austriaco, primo di nome, consentiva gli si ponesse una lapide, e nel sepolcro di lui innalzava un monumento durevole alla propria memoria.

Poichè questo principe s'inchinava a quel grande, egli avrà fama anche dopo che saranno disperse le monete effigiate con la sua immagine: monumento unico al quale il più delle volte è raccomandata la rinomanza dei principi[39].

L'assedio di Firenze

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