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Lo stesso Muglia si trovava un giorno vestito a Messa nella sagrestia ch'aspettava ch'entrasse un altro Sac.te che diceva Messa per poter uscire a dir la sua. Fratanto due sac.ti conoscendo l'ignoranza e la semplicità del Muglia, si raccapricciarono a far celebrare la Messa, e farle recitare nella Messa di Requiem al sudetto Muglia il Gloria e Credo. Pertanto finse uno di domandare all'altro se v'era Gloria e Credo in quella mattina nella Messa. «Non Signore, rispondeva l'altro, perchè nella Messa di Requie non v'è Gloria e Credo.» Sì, ripigliava l'altro, che nella Messa de' Santi dottori entrava la Gloria e Credo. Or il defonto per cui si celebrava, era stato dottor di Legge; gli toccava questo privileggio. Stava il Muglia a questo gran dubbio coll'orecchio attentissimo, e mostrava di sciogliere il gran dubbio. Quello ch'avea detto, che non toccava a dirsi la Gloria e Credo, mostrò di lasciarsi convincere, e rispose: Aviti ragiuni: non avia fattu riflessioni, chi lu mortu era Dutturi: ci tocca certa lu Credu e la Gloria. Intanto venne l'ora d'uscire il Muglia in Chiesa, per dir la sua Messa. Doppo il Khirie dice intrepidamente la Gloria, e doppo l'Evangelio il Credo, e quelli due furono truffatori nell'ingannarlo, spettatori nell'udirlo, e poi derisori nel beffeggiarlo.

Avvenimenti faceti: Raccolti da un Anonimo Siciliano del secolo XVIII

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