Читать книгу Geschichte und Region/Storia e regione 29/1 (2020) - Группа авторов - Страница 6
Editoriale
Оглавление“Dopo lo sviluppo del linguaggio umano e l’introduzione di complessi sistemi di scrittura, una terza rivoluzione mediatica ha coinciso con l’invenzione della stampa a caratteri mobili nel XV secolo”: così si esprime Reinhard Wittmann, uno dei protagonisti negli ultimi decenni della ricerca in lingua tedesca sulla storia del libro e della lettura.1 E certamente all’invenzione di Johannes Gensfleisch (zur Laden zum Gutenberg) non sono mai mancate valutazioni e giudizi altrettanto perentori. Ad essa è stato attribuito il valore di cesura epocale, basti pensare alla tanto citata espressione con cui Goethe divide “la storia del mondo e dell’arte” in una fase precedente e una successiva all’invenzione dell’arte della stampa.2
Eppure le molteplici conseguenze di quella che in fondo era solo una nuova (certamente geniale) soluzione tecnica, capace di accelerare drasticamente la riproduzione degli scritti, risultano a stento comprensibili nella loro portata. Tra queste conseguenze rientrano, ad esempio, l’ampliamento della diffusione e della registrazione delle informazioni, il cambiamen-to della cornice generale della gene si delle conoscenze dentro spazi di dibattito “virtuali” assai più ampi di prima (che fungono anche come arena per l’azione politica) nonché i profondi effetti sulla storia della mentalità. Tutte le analisi scientifiche, a prescindere da quale dei diversi aspetti di questa rivoluzione si occupino, hanno comunque alla base una costante a priori, anche se non sempre esplicitamente formulata: l’indiscussa convinzione che questi prodotti stampati – dai volantini alle opere in più volumi, dai trattati scientifici ai testi sacri, giuridici e scolastici fino alle relazioni politiche e alla letteratura di intrattenimento – siano dotate di un intrinseco potere:3 quello di modellare la percezione dei loro consumatori, anzi di intere società, della cui realtà sarebbero parte costitutiva.4
Come sostiene Silvia Serena Tschopp (riprendendo Roger Chartier), una storia della lettura non può certo esaurirsi in una descrizione dei materiali di lettura. L’obiettivo prioritario si è da tempo decisamente spostato sull’indagine riguardante la percezione e la ricezione di ciò che veniva letto. Riferendosi allo stato della ricerca storica sulla lettura, nel 2014 l’autrice lamentava ancora la mancanza di studi sistematici sulle abitudini di lettura del passato e sulle loro implicazioni, caratterizzandoli allo stesso tempo come un campo di lavoro “ambizioso” e minato da una serie di incertezze metodologiche. Secondo Tschopp, la lettura rimarrebbe pur sempre “parzialmente illeggibile”.5 Prescindendo da questi limiti metodologici, è comunque possibile proporre l’analisi di numerose questioni relative alla storia del libro e della lettura. Il presente numero raccoglie una selezione di possibili approcci a questo insieme di temi, di per sé molto eterogenei.6
Le questioni fondamentali nel campo della ricerca storica sulla lettura possono essere ripartite in tre grandi aree tematiche.7 Un punto di partenza coincide con le “condizioni che rendono possibile la lettura”. Tschopp le individua nell’esistenza di un mercato per le opere di lettura e in sufficienti risorse in termini di formazione, di tempo e di disponibilità economica. La seconda prospettiva riguarda il “significato che in un determinato momento storico viene attribuito alla lettura”, in altre parole la decisione di leggere o meno. In tal senso, ad esempio, sono rilevanti i diversi parametri socio-economici, confessionali o di genere dei lettori. In quest’ambito rientra anche l’indagine sulle “forme di promozione della lettura”, ad esempio attraver-so le politiche (governative) di alfabetizzazione, come pure l’analisi dei tentativi, anche attraverso la censura, di prevenire o almeno canalizzare alcune abitudini di lettura.8 La terza e ultima area tematica pone come questione centrale la modalità della lettura ed è interessata alle “forme di approccio ai testi”.9
Proprio intorno a queste domande è incentrato il presente volume. L’ampio spettro rappresentato dai singoli contributi, sia sotto il profilo dei contenuti che delle metodologie, dà il segno di quanto diversi possano essere gli approcci alla tematizzazione, avvincente quanto complessa, della storia del libro e dei lettori e lettrici. Lo sguardo si concentra sulla regione alpina a dominanza cattolica e sui suoi versanti meridionali, area che sinora è stata trascurata dalla ricerca (a parte qualche eccezione); come cornice temporale è stato scelto il periodo compreso tra il 1750 e il 1850.10 Da un lato, lo stato delle fonti relative a tale periodo consente sempre più indagini micro-storiche; dall’altro lato, proprio in questo “periodo di cerniera” (Sattelzeit) si sono poste le basi “per la nascita di una moderna ‘industria di prodotti culturali’ e un avanzato sistema di comunicazione culturale”.11 La metamorfosi della società ha generato conseguenze rilevanti anche sul mercato del libro, sulla dimensione degli scrittori e del pubblico di lettori.
Maurizio Piseri affronta nel suo contributo la fondamentale questione della distribuzione della competenza alfabetica, utilizzando i risultati di indagini demografiche sul periodo napoleonico e ricostruendo la situazione scolastica in due comunità della Bassa Valle d’Aosta.12 In questo contesto delinea i caratteri di una specifica “alfabetizzazione alpina”.13 Secondo l’autore, l’incremento degli sforzi da parte delle autorità comunali per garantire un’istruzione di base al maggior numero possibile di bambini era direttamente proporzionale al grado di precarietà economica. Infatti, un maggiore livello di istruzione scolastica si rendeva necessario proprio a causa del contesto geo-antropico: l’insediamento in aree inadatte a un’economia di sussistenza, a causa delle condizioni climatiche o delle caratteristiche del suolo, richiedeva lo svolgimento di attività integrative. Piseri illustra bene le ragioni per le quali chiunque si trovasse nella necessità di offrire servizi o prodotti in un mercato sovraregionale doveva essere in grado di padroneggiare le tecniche culturali che di solito venivano insegnate a scuola. Tali studi non sono ovviamente in grado di fornire informazioni esaurienti sulle competenze di lettura delle persone dell’epoca, e in ogni caso anche la precisa conoscenza del tasso di alfabetismo consentirebbe di trarre conclusioni solo parziali sull’effetto prodotto dai testi sui lettori. È indubbio tuttavia che gli studi di base su chi in un determinato periodo storico fosse in grado di leggere rappresentano un fondamentale punto di partenza per ulteriori indagini sulla storia della lettura e del libro.14
Nel periodo storico preso in considerazione in questo numero, da un lato si assiste a un diffuso sforzo, messo in atto anche dalle autorità, per incrementare la capacità di lettura; si pensi, ad esempio, all’introduzione dell’istruzione obbligatoria nei domini ereditari asburgici dal Regolamento scolastico generale del 1774.15 Dall’altro lato però viene sviluppato contemporaneamente un insieme di misure intese a limitare la lettura. A tale fenomeno è dedicato il contributo di Daniel Syrovy che applica una prospettiva prevalentemente storico-letteraria. La “libertà dei lettori e delle lettrici” necessitava di limitazioni chiaramente definite e su questo concordavano sia le autorità religiose che statali. In fin dei conti, la lettura era (e in un certo senso è ancora oggi) un atto fondamentalmente “ribelle”, come ritiene anche Roger Chartier16. Analizzando le politiche censorie asburgiche in Lombardia e nel Veneto, Syrovy sottolinea innanzitutto il passaggio del concetto di censura come misura didattico-educativa (nello spirito riformistico dell’istruzione popolare) a quello di misura di polizia, volta principalmente a difendere l’integrità dello stato. Successivamente il contributo illustra come la libertà creativa nei territori dell’Italia settentrionale risultasse profondamente condizionata, anche a livello implicito, da parte dell’imperativo, considerato assoluto, di contrastare le tendenze rivoluzionarie. Indipendentemente dai suoi concreti obiettivi o dalle sue declinazioni regionali, gli effetti del sistema di censura sugli sviluppi in campo letterario erano enormi. È senz’altro riduttiva l’idea che la censura produca l’unico effetto di sottrarre alla libera disponibilità i materiali di lettura. La conoscenza dei meccanismi di censura ha inevitabilmente condizionato il lavoro di autori, editori e librai, come pure il comportamento dei consumatori delle opere a stampa: dalla decisione di acquistarle al loro trattamento, fino all’atto concreto della loro lettura. La lettura di un libro quindi non dipendeva soltanto dalle capacità individuali, ma veniva fortemente condizionata anche dall’esterno.
Anche se profondamente diversi a livello metodologico, due contributi di questo numero affrontano la questione della diffusione del libro nel Settecento e delle modalità di accesso alla lettura.17 Liliana de Venuto esamina il panorama di editori, tipografi, biblioteche pubbliche e private in Trentino, concentrandosi in primo luogo sulle città di Trento e Rovereto e secondariamente sulla Val d’Adige e la Val Lagarina. Anche in quest’area si registra quella “rivoluzione della lettura”18 diffusamente diagnosticata nell’Europa settecentesca. In particolare, la sete di lettura dell’élite (funzionariale) aristocratica e borghese (promossa dalle misure governative di spirito “illuminato”) si diffuse e si “professionalizzò” sempre più, portando a un netto aumento in regione della produzione e del commercio di libri. Ciò comportò anche un incremento significativo del numero di biblioteche e una diversificazione della loro tipologia. Accanto alle tradizionali collezioni librarie di personalità e istituzioni ecclesiastiche, alle biblioteche specialistiche di singoli individui, relative a settori professionali come il diritto, la medicina o la farmacia, si sviluppò un numero crescente di collezioni sulla base di finalità di studio o di intrattenimento più generali. Particolarmente significativa è l’attività dei membri dell’Accademia degli Agiati, fondata a Rovereto a metà del Settecento. Sia la biblioteca dell’Accademia che le collezioni dei singoli membri raggiungevano dimensioni considerevoli. L’indagine dell’autrice consente di gettare uno sguardo sulla “Repubblica delle Lettere” settecentesca e insieme di aprire una particolare prospettiva sui profondi cambiamenti a livello di storia dell’amministrazione e della politica.
Con diversa prospettiva il contributo di Michael Span si occupa del possesso di libri riferendo i risultati del progetto di ricerca Reading in the Alps. Obiettivo di questo progetto è l’indagine sulla proprietà libraria privata nelle regioni alpine cattoliche nel Settecento. La base dei risultati presentati in questo numero è l’analisi microstorica degli inventari (prevalentemente di beni ereditari) del Giudizio (Landgericht) di St. Michaelsburg in Val Pusteria, nei pressi della città di Brunico. Partendo dalla quota di inventari che menzionano la proprietà di libri, la raccolta di un’intera serie di specifici dati personali (nomi, rapporti familiari e parentali, professioni, luogo di residenza e valore dei beni) rende possibili ulteriori differenziazioni. Il risultato è un tassello di quella “ricerca di base” che Roger Chartier indicava come “necessaria” per la storia del libro e dei lettori19 e alla quale potranno far ricorso successivi, ulteriori studi. Già nel materiale qui presentato, articolato lungo diversi parametri (genere, gruppo professionale e soprattutto indicatori socioeconomici) si possono intravedere alcune tendenze nella distribuzione della proprietà libraria. Inoltre, sebbene le informazioni bibliografiche negli inventari risultino in genere assai scarse e sommarie, si possono comunque delineare anche le tipologie di lettura più diffuse e presumibilmente preferite. L’emergere qua e là di casi singolari esclude tuttavia l’applicazione di un modello generale e invita a successivi approfondimenti. Proprio in questa direzione il presente contributo potrebbe ispirare ulteriori ricerche.
Quanto sfaccettato e promettente possa risultare lo studio su casi individuali viene mostrato dal contributo di Peter Andorfer.20 Esso si basa su una fonte davvero singolare: gli scritti di Leonhard Millinger, un contadino di Waidring, villaggio tirolese del distretto di Kitzbühel. All’inizio dell’Ottocento scrisse una Weltbeschreibung (“Descrizione del mondo”) in cui mise insieme, a mo’ di enciclopedia, i contenuti tratti da diversi libri. Visto che nomina esplicitamente le sue fonti, si presenta in questo caso la rara occasione di aprire uno spiraglio sull’approccio e sulle modalità di lettura da parte di un contadino di quel tempo. Così si riesce a cogliere non solo che Millinger ha effettivamente letto alcuni libri o passaggi, ma anche quali tra le informazioni in essi contenute ha considerato degne di essere menzionate. E spesso risulta grande l’(apparente) discrepanza tra le probabili intenzioni degli autori dei libri letti da Millinger e il significato che egli ha loro attribuito. Tale discrepanza conferma chiaramente quella “libertà del lettore” cui si è accennato e dimostra quanto sia importante nella ricerca storica sulla lettura abbandonare l’idea di interpretazioni immanenti all’opera in sé.21
Questo numero di “Storia e Regione / Geschichte und Region” vuole dunque presentare una serie di aspetti assai diversi della storia del libro e della lettura. Elemento comune è la convinzione che approfondire gli effetti della rivoluzione mediatica portata dalla stampa di libri consenta una migliore comprensione delle società e dei loro sviluppi storici. Emerge anche la persistenza di lacune nella ricerca sulle quali varrebbe la pena lavorare, nonostante tutti i problemi e le incertezze metodologiche. Sarebbero necessarie ricerche di base – ad esempio per elaborare dati più affidabili sulla scolarizzazione e l’alfabetismo prima dell’introduzione degli ordinamenti dei governi centrali – nonché ricostruzioni dettagliate dei canali di distribuzione e circolazione dei libri anche al di là dell’ormai ben studiata dimensione del commercio librario22, come pure indagini sull’influenza avuta dalle preferenze di lettura da parte del clero secolare, che in virtù del proprio ufficio fungeva da moltiplicatore. Le ricerche di microstoria, in presenza di fonti adeguate, potrebbero qui fornire preziose informazioni. Ulteriori campi da approfondire vengono indicati da Daniel Syrovy relativamente alla censura, proponendo l’analisi di fonti sinora non considerate. E rimane aperta, infine, anche la questione delle forme di appropriazione dei testi, che potrebbe essere sviluppata proprio a partire dagli studi di base indicati.
Michael Span e Ursula Stampfer
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1 Reinhard WITTMANN, Geschichte des deutschen Buchhandels. Ein Überblick, München 32011, p. 22. Wittmann riprende così il giudizio di Michael GIESECKE, Als die alten Medien neu waren. Medienrevolutionen in der Geschichte. In: Rüdiger WEINGARTEN (a cura di), Information ohne Kommunikation?, Frankfurt a. M. 1990, pp. 75–98, qui p. 76.
2 Johann Christian LOBE, Aus dem Leben eines Musikers, Leipzig 1859, p. 131.
3 Le diverse politiche censorie da parte delle autorità rimandano a una marcata consapevolezza di questo potere. L’importanza dell’invenzione della stampa in area tedesca risulta inoltre ampiamente illustrata in Ursula RAUTENBERG (a cura di), Buchwissenschaft in Deutschland. Ein Handbuch, 2 volumi, Berlino 2010.
4 Ovviamente l’importanza della parola scritta precede l’invenzione della stampa, ma fino ad allora essa era accessibile solo a una ristretta élite. A lungo circoscritta soprattutto all’ambiente monastico, la lettura (e la scrittura) cominciò a diffondersi a partire dal Medioevo centrale tra nobili, studiosi e borghesi. Fu però solo verso la metà del XIV secolo, anche in relazione all’aumento delle università, che fu definitivamente infranto il “monopolio dei chierici” sulla lettura. Questa nuova cultura della lettura fu la pre-condizione del così radicale cambiamento apportato dall’invenzione di Gutenberg nella storia del libro, dei lettori e delle lettrici. Inizialmente le nuove opere a stampa, di solito molto costose, erano riservate a pochissimi, ma la nuova tecnica sviluppò presto una sua sorprendente dinamica e già dal Cinquecento ebbe inizio una “democratizzazione” del libro stampato. Cfr. Hans-Martin GAUGER, Die sechs Kulturen in der Geschichte des Lesens. In: Paul GOETSCH (a cura di), Lesen und Schreiben im 17. und 18. Jahrhundert. Studien zu ihrer Bewertung in Deutschland, England, Frankreich, Tübingen 1994, pp. 27–47, qui in particolare pp. 32–38.
5 Silvia Serena TSCHOPP, Umrisse und Perspektiven. In: Internationales Archiv für Sozialgeschichte der deutschen Literatur 39 (2014), 1, pp. 151–165. L’accenno a Chartier si trova a p. 156. Per le sue ulteriori riflessioni su una storia della lettura, si veda ad es. Roger CHARTIER, Lesewelten. Buch und Lektüre in der Frühen Neuzeit (Historische Studien 1), Frankfurt a. M./ New York/Paris 1990, in particolare le pp. 7–24; IDEM, The Order of Books. Readers, Autors and Libraries in Europe between the Fourteenth and Eighteenth Centuries, Stanford CA 1994; Guglielmo CAVALLO/Roger CHARTIER, Einleitung. In: IIDEM (a cura di), Die Welt des Lesens. Von der Schriftrolle zum Bildschirm, Frankfurt a. M./ New York/Paris 1999, pp. 9–57; Roger CHARTIER, The Order of Books revisited. In: Modern Intellectual History 4 (2007), 3, pp. 509–519.
6 Accanto al contributo appena citato della TSCHOPP, Umrisse und Perspektiven, un’ulteriore recente panoramica sulle singole linee di sviluppo della ricerca storica sul libro e sui lettori si trova anche in Ursula RAUTENBERG/Ute SCHNEIDER, Historischhermeneutische Ansätze der Lese- und Leserforschung. In: EAEDEM (a cura di), Lesen. Ein interdisziplinäres Handbuch, Berlino/Boston 2015, pp. 85–114. Molto ampia è la prospettiva del quadro storicoletterario di Jost SCHNEIDER, Geschichte und Sozialgeschichte des Lesens und der Lesekulturen. In: Rolf PARR/Alexander HONOLD (a cura di), Grundthemen der Literaturwissenschaft: Lesen, Berlino/Boston 2018, pp. 29–98.
7 TSCHOPP, Umrisse, pp. 158–159.
8 Sull’istituzione e sulla prassi della censura nel Settecento si veda anche Edoardo TORTAROLO, L’invenzione della libertà di stampa. Censura e scrittori nel Settecento, Roma 2011, nonché IDEM, The Invention of Free Press: Writers and Censorship in Eighteenth Century Europe (International Archives of the History of Ideas/Archives internationales d’histoire des idées 219), Dordrecht 2016. Una recente opera di base sul sistema della censura nella monarchia asburgica, assai richiamata anche in questo numero, è Norbert BACHLEITNER, Die literarische Zensur in Österreich von 1751 bis 1848 (con contributi di Daniel Syrovy, Petr Píša und Michael Wögerbauer), Wien/Köln/Weimar 2017. Sulla censura in area italiana cfr. anche Ludovica BRAIDA, Circolazione del libro e pratiche di lettura nell’Italia del Settecento. In: Gianfranco TORTORELLI (a cura di), Biblioteche nobiliari e circolazione del libro tra Settecento e Ottocento. Atti del Convegno di nazionale di studio, Perugia, 29–30 giugno 2001, Bologna 2002, pp. 11–37.
9 TSCHOPP, Umrisse, pp. 158–159. Un elenco simile di questioni è anche in RAUTENBERG/SCHNEIDER, Ansätze, pp. 93–94.
10 Uno sguardo generale, ad es., è in Ute SCHNEIDER, Frühe Neuzeit. In: RAUTENBERG/SCHNEIDER (a cura di), Lesen, pp. 739–763. La storia dei lettori delle aree di influenza cattolica vi viene accennata solo marginalmente, in quanto (seguendo Chartier) si sottolinea come la lettura sia stata scoperta come esercizio devozionale indipendentemente dalle confessioni (p. 745, come pure CAVALLO/CHARTIER, Einleitung, pp. 50–51). Un quadro delle ricerche sulla storia della lettura nella prima età moderna è offerta anche da Alfred MESSERLI, Leser, Leserschichten und -gruppen, Lesestoffe in der Neuzeit (1450–1850): Konsum, Rezeptionsgeschichte, Materialität. In: Buchwissenschaft in Deutschland. Ein Handbuch, vol. 1: Theorie und Forschung, Berlino 2010, pp. 443–502. Sulla storia dei libri e dei lettori nella monarchia asburgica settecentesca risulta particolarmente esaustivo e tematicamente assai articolato il volume collettaneo di Johannes FRIMMEL/Michael WÖGERBAUER (a cura di), Kommunikation und Information im 18. Jahrhundert. Das Beispiel der Habsburgermonarchie, Wiesbaden 2009. Sulla produzione libraria come pure sulle biblioteche in Trentino si veda anche Giancarlo PETRELLA (a cura di), “Navigare nei mari dell’umano sapere”. Biblioteche e circolazione libraria nel Trentino e nell’Italia del XVIII secolo. Atti del convegno di studio, Rovereto, 25–27 ottobre 2007 (Biblioteche e bibliotecari del Trentino 6), Trento 2008; Edoardo BARBIERI, Ai confini dell’Impero: uno sguardo alle biblioteche trentine del XVIII secolo (rassegna bibliografica). In: Studia Scientifica Facultatis Paedagogicae (2014), 5, pp. 9–38.
11 Cfr. WITTMANN, Geschichte, p. 121.
12 La “quantificazione dei lettori” viene considerata anche da Ute Schneider come uno dei “più grandi problemi della ricerca” e quindi un “obiettivo fondamentale della storia del libro e dei lettori”: SCHNEIDER, Frühe Neuzeit, p. 759.
13 Riguardo all’alfabetismo e alla scuola dal XVI al XIX sec., dal principato di Trento alla Valle d’Aosta fino al Ticino, si veda Maurizio PISERI (a cura di), L’alfabeto in montagna. Scuola e alfabetismo nell’area alpina tra età moderna e XIX secolo, Milano 2012.
14 Cfr. CHARTIER, Lesewelten, pp. 18–19.
15 Cfr. SCHNEIDER, Frühe Neuzeit, pp. 749–750.
16 CHARTIER, Order, p. VIII.
17 Un convegno tenutosi a Pisa nel 2014 discuteva queste tematiche, tralasciando però l’area alpina. Cfr. Ludovica BRAIDA/Siliva TATTI (a cura di), Il Libro. Editoria e pratiche di lettura nel Settecento (Biblioteca del XVIII secolo 29), Roma 2016.
18 La definizione è di Rolf ENGELSING, Die Perioden der Lesergeschichte in der Neuzeit. Das statistische Ausmaß und die soziokulturelle Bedeutung der Lektüre. In: Archiv für Geschichte des Buchwesens 10 (1970), pp. 945–1002. L’hanno ripresa, tra gli altri, Reinhard WITTMANN, Gibt es eine Leserevolution am Ende des 18. Jahrhunderts? In: CHARTIER/CAVALLO (a cura di), Die Welt des Lesens, pp. 419–454; Reinhard SIEGERT, Theologie und Religion als Hintergrund für die “Leserevolution” des 18. Jahrhunderts. In: Hans Edwin FRIEDRICH/Wilhelm HAEFS/Christian SOBOTH (a cura di), Literatur und Theologie im 18. Jahrhundert. Konfrontationen – Kontroversen – Konkurrenzen (Hallesche Beiträge zur Europäischen Aufklärung), Berlino/New York 2011, pp. 14–31 e anche TSCHOPP, Umrisse, p. 155. Anche per Hans-Martin GAUGER il Settecento coincide con l’inizio di una “moderna cultura del leggere”, nel senso che nasce ora un “reale pubblico di lettori”: cfr. Gauger, Kulturen, p. 38. SCHNEIDER, Frühe Neuzeit, p. 760, sottolinea la difficoltà di tali univoche cesure (comunque utili nella storiografia per le problematiche della periodizzazione).
19 Cfr. CHARTIER, Lesewelten, pp. 9 e 18–19.
20 Cfr. Peter ANDORFER, Die Weltbeschreibung des Leonhard Millinger. Ein Schlüssel zum Weltbild eines Bauern um 1800, tesi di dottorato, Università di Innsbruck 2015 nonché l’edizione della Weltbeschreibung: IDEM (a cura di), Die Weltbeschreibung des Leonhard Millinger (Editiones Electronicae Guelferbytanae 12) Wolfenbüttel 2013, URL: http://diglib.hab.de/edoc/ed000223/start.htm [10.06.2020].
21 Alfred Messerli sottolinea come le fonti che permettono di gettare uno sguardo sull’”appropriazione individuale della lettura” siano di grande importanza ma anche molto rare. Cfr. Alfred MESSERLI, Leser, Leserschichten und -gruppen, Lesestoffe in der Neuzeit (1450– 1850). Konsum, Rezeptionsgeschichte, Materialität. In: RAUTENBERG (a cura di), Buchwissenschaft in Deutschland, vol. 1: Theorie und Forschung, Berlino/New York 2010, pp. 443–502, qui p. 449. Come esempio di “libertà del lettore” cita il pionieristico studio di microstoria di Carlo Ginzburg sul mugnaio friulano Domenico Scarletta, chiamato Menocchio, che legge e recepisce libri con “aggressiva originalità”. Cfr. MESSERLI, Leser, pp. 447–448.; Carlo GINZBURG, Il formaggio e i vermi. Il cosmo di un mugnaio del ‘500, Torino 1976, p. 40.
22 Cfr. ad esempio WITTMANN, Geschichte.